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Una lingua nel tempo Le tappe storico-culturali che segnano l’albanese

2.1. Origine

La lingua albanese appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee, formando un ramo indipen- dente e a sé stante in questa famiglia. L’identificazione dell’albanese come lingua indoeuropea fu stabilita da Franz Bopp nel 1854, mentre le caratteristiche e le principali corrispondenze dell’alba- nese con le altre lingue indoeuropee furono studiate da Gustav Meyer negli anni 1880-1890.

L’albanese è un discendente diretto di un gruppo sud-occidentale dei dialetti illirici. Tuttavia, sono state proposte altre ipotesi, meno plausibili, ma che meritano di essere qui menzionate.

a. L’ipotesi pelasgica. Secondo questa ipotesi, in realtà di origine filologica e non linguistica, che risale all’Ottocento, l’albanese è la continuazione del pelasgico, parlato da antiche popolazioni egee. Nel 1854 l’austriaco Hahn propose l’ipotesi secondo cui gli albanesi sono discendenti diretti di Illiri, Macedoni e Epiroti, che nei tempi più remoti erano un’unica popolazione insieme a La- tini e Elleni; venivano chiamati Pelasgi e la loro lingua era, appunto, il pelasgico. Tuttavia questa teoria non ha trovato conferme.

b. L’ipotesi trace. Secondo questa ipotesi (sostenuta per esempio da Hirt) l’albanese è la conti- nuazione della lingua trace, parlata da un’antica popolazione indoeuropea balcanica. Questa tesi, che implica una simbiosi albanese-rumena, è supportata principalmente dagli studiosi di rumeno e bulgaro. Esistono solo pochi resti di questa antica popolazione di Tracia. Già nel primo Medioevo gli albanesi si sarebbero spostati verso ovest dalla parte centrale dei Balcani, ma non ci sono testi- monianze storiche di una migrazione così massiccia.

c. L’ipotesi illirico-trace. Questa terza ipotesi (sostenuta per esempio dall’austriaco Norbert Jokl) vuole che l’albanese derivi da una miscela di illirico e trace, parlata dalla popolazione di una zona intermedia tra Illiria e Tracia. Tuttavia, traci ed illiri non sono popoli molto documentati e quindi risulta assai complicato distinguere i loro elementi specifici o tracciare una linea di demar- cazione tra Illiria e Tracia. Per Jokl gli albanesi sono probabilmente i discendenti della tribù illirica dei Dardani, che vivevano all’interno della penisola balcanica, e che migrarono verso ovest a un certo punto nel tardo periodo romano.

d. L’ipotesi a sé stante. L’illirologo Hans Krahe nei suoi studi afferma che l’albanese sia una lingua indoeuropea a sé stante e senza discendenze da altri gruppi.

Seguendo il metodo rigoroso applicato nei vasti studi etimologici di Cabej, le etimologie al- banesi condurrebbero alle forme illiriche, che a loro volta risalirebbero alle radici indoeuropee, allo stesso modo in cui le etimologie italiane risalgono a forme latine. Lo studioso statunitense Eric Hamp, scomparso recentemente, affermava: “L’albanese non mostra alcuna ovvia affinità con qualsiasi altra lingua indoeuropea; è chiaramente l’unico sopravvissuto moderno del proprio sottogruppo”.

L’intero dibattito sull’origine ruota attorno alla questione dell’area in cui si è formato l’alba- nese e del luogo in cui è avvenuta la sua trasformazione. I reperti archeologici confermano la teoria dell’autoctonia degli albanesi, e i sostenitori della teoria dell’origine illirica rappresentano la stragrande maggioranza. La continuità della stessa cultura materiale è un dato di fatto, tuttavia l’argomentazione linguistica ha ancora bisogno di ulteriori studi (nonostante le notevoli ricerche che hanno sostenuto la parentela illirica dell’albanese e hanno comprovato scientificamente l’au-

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toctonia degli albanesi). La lingua illirica sembra non essere stata scritta, esistono solo circa 500 iscrizioni messapiche per lo più di natura votiva. Essa è testimoniata solo per mezzo degli antichi scrittori, da alcune rare iscrizioni e, in misura maggiore, dai nomi di persone e luoghi che in fin dei conti altro non sono, in origine, che appellativi o sostantivi comuni. Molti dei dialetti illirici sono stati assimilati dal latino dando vita anche a idiomi misti che sono sopravvissuti fino ai tempi nostri e hanno attirato l’attenzione di tanti linguisti e storici della lingua. A questo proposito rima- ne emblematico il caso del dalmatico, usato fino alla fine del XIX secolo. L’ultimo parlante del dalmatico, morto a Veglia nel 1898, si chiamava Tuone Udaina (in italiano Antonio Udina) e di mestiere faceva il “burbur” ossia il barbiere. Udina morì improvvisamente il 10 giugno 1898 e con lui si estinse anche il dalmatico.

Per concludere questo argomento adotteremo la conclusione di Demiraj: “La lingua albanese si è formata proprio nelle regioni dell’Adriatico orientale e del Mar Ionio, zone abitate nell’antichità principalmente da tribù illiriche”.

2.2. Gruppi dialettali e lingua standard

La lingua albanese è divisa in due gruppi dialettali di base: Gheg (it. ghego) nel nord del pae- se e Tosk (it. tosco) nel sud. Il fiume Shkumbin, nell’Albania centrale, che scorre oltre Elbasan nell’Adriatico, costituisce il confine approssimativo tra le due regioni dialettali. Qui, in una zona larga da dieci a venti chilometri, si trovano anche dialetti intermedi. Il gruppo dialettale di Gheg è caratterizzato dalla presenza di vocali nasali, dalla conservazione della vecchia [n] laddove il Tosk trasforma in [r] (es. Venë “vino” per Tosk Verë; Shqypnia “Albania” per Tosk Shqipëria) e da diverse caratteristiche morfologiche distinte. Il gruppo può essere ulteriormente distinto in una varietà di nord-ovest (Shkodra e regione circostante), di nord-est (nord-est dell’Albania e Koso- vo), una varietà centrale (tra Ishëm e il fiume Mat e verso est in Macedonia, comprese Dibra e Tetovo) e un dialetto ghego meridionale (Durazzo, Tirana). Il gruppo dialettale Tosk è in generale più omogeneo, sebbene possa essere suddiviso in un Tosk del nord (da Fier a Valona sulla costa e tutto l’entroterra meridionale dell’Albania a nord del fiume Vjosa), un Labërian o Lab (a sud del Vjosa a Saranda) e un dialetto Çamërian o Çam (nella punta meridionale dell’Albania e in Grecia). La moderna varietà standard fu sancita dal Congresso di Ortografia tenutosi dal 20 al 25 novem- bre 1972, ed è basata quasi totalmente su dialetto Tosk (tosco).

<scheda web: Il rapporto degli albanofoni con l’entità “varietà standard”> 2.3. Cenni di storia della lingua

Chi studia una lingua sa bene che le vicissitudini della sua comunità sono anche le vicende della lingua stessa che appunto ha creato questa comunità e che viene ricreata da lei in perpetuum. Op- pure, per dirla con le parole di Roland Barthes, “ogni lingua ha la sorte dei suoi parlanti”. Vicende storiche come le guerre tra Bisanzio e Occidente, l’arrivo dei Normanni e la creazione di piccoli regni, la caduta di Costantinopoli e poi l’invasione degli Ottomani, la riconquista dell’Indipen- denza, la perdita della libertà e il totalitarismo e di nuovo la democrazia, sono tutte tappe molto importanti nella storia degli albanesi e dei loro avi. Di certo tutte queste “fermate” importanti per il treno della storia sono allo stesso tempo “fermate” di trasformazioni anche per la lingua stessa. E allora possiamo distinguere le seguenti fasi:

1. Albanese antico. Viene considerata tale la lingua fino all’VIII-IX secolo. Questo periodo include l’ultima fase dell’idioma-sorgente (illirico) e la trasformazione in lingua albanese propria- mente detta. Vengono completamente distinti e delineati i due principali dialetti e cessa di agire il rotacismo (la trasformazione della [n] in [r] che, come si è visto in § 2.2, è uno dei tratti principali

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distintivi tra ghego e tosco: raNë in ghego e rëRë in tosco è la parola per “sabbia”, che deriva dal latino arenaria). Dopo avere assunto l’etnonimo nel X secolo, l’identità “albanese” viene consoli- data e insieme a lei anche la lingua albanese. Non sappiamo ancora se esistono o no testi scritti di questo periodo, anche se nelle cronache storiche del XII secolo troviamo affermazioni come “gli albanesi usano nei loro libri delle lettere latine ma la loro lingua è totalmente differente dal latino”, che ci fanno supporre l’esistenza di una forma scritta.

2. Albanese medievale. Per la specificità delle condizioni geostoriche, viene considerata tale la forma di lingua fino al XVII secolo. La denominazione di Arbresh o Arbnesh si diffonde gradual- mente in tutta l’area albanese. La lingua ora non è più in contatto con il greco antico e il latino, ma piuttosto con le diverse fasi storiche di varie nuove lingue in evoluzione, principalmente italiano, greco medio, bulgaro, serbo e turco. Nel XII secolo nascono i Principati Albanesi (detti Princi-

patat e Arbrit). Nelle nuove circostanze, in cui l’uomo comune e la classe dirigente parlavano la

stessa lingua, emerge la richiesta storica di scrivere la lingua albanese: l’albanese si consolida quindi anche come lingua scritta. Le differenze dialettali di questa fase sono minori rispetto al periodo successivo.

3. Albanese moderno. Viene considerato tale il sistema delle tre koinè albanesi: ghego, tosco e arbëresh, a partire dal XVIII secolo ad oggi. Dal Settecento, la lingua viene detta shqip e i suoi parlanti vengono chiamati shqiptarë. Da questo momento in poi, la configurazione e la diffusione di una lingua veicolare utile per l’alfabetizzazione della comunità diventa una questione di prim’ordi- ne, e si parte proprio dall’alfabeto. Il divieto di ogni uso scritto dell’albanese durante cinque secoli di dominio ottomano aveva fatto scaturire un centinaio di alfabeti “clandestini” e si trattava di de- finirne uno ufficiale. La discussione per la scelta dell’alfabeto fu una vera e propria guerra spietata che costò a volte la vita a chi si batteva per le lettere latine, le quali alla fine ebbero la meglio su quelle arabe e greche. Nel novembre 1908 i patrioti riuniti, dopo una settimana di dispute e dibattiti, stabilirono l’alfabeto che è tuttora in uso, quindi interamente con lettere latine e con alcuni digram- mi, visto che si pretendeva all’epoca di assegnare una lettera a ciascun suono dell’albanese.

Anche la stabilizzazione del lessico, e in particolare l’atteggiamento rispetto ai prestiti, diventa- va sempre più un aspetto centrale dell’orientamento culturale. Due fasi importanti possono essere evidenziate: il Risorgimento (circa 1820-1912) e la fase moderna (dopo il 1912), che delineò anche i tratti dell’albanese contemporaneo.