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I suoni del cinese

IL TAMIL E LE LINGUE DRAVIDICHE

Popolazione 8 gruppo meridionale

3. I suoni del cinese

Il cinese è forse l’esempio più citato nei manuali di lingua “tonale”. Nelle lingue tonali, variazioni nell’altezza musicale di una sillaba vengono usate con funzione distintiva; ovvero, per distinguere tra di loro parole o, comunque, elementi dotati di significato. Vediamo qualche esempio:

(1) 接 结 姐 借

jiē jié jiě jiè

164 Il cinese

Le parole dell’esempio (1) sono costituite dagli stessi suoni, come si può anche vedere dalla tra- scrizione. La differenza tra di loro è data, appunto, dai toni: la prima parola è al cosiddetto “primo tono”, la seconda al “secondo tono”, e così via. Il cinese moderno standard ha quattro toni (più il “tono neutro”, ovvero, le sillabe che non hanno un tono proprio), che vengono rappresentati nella trascrizione con dei “diacritici” (dei segni ausiliari): negli esempi qui sopra, i diacritici dei toni sono aggiunti sopra la vocale e. Per illustrare come si realizza ogni tono, si utilizza, per convenzio- ne, una scala di altezza da 1 (più basso) a 5 (più alto). Si veda la Tabella 2:

Tabella 2. I toni del cinese moderno standard.

Tono Altezza Descrizione Esempio

1° 55 alto e stabile 妈 mā “mamma” 2° 35 alto e ascendente 麻 má “canapa” 3° 214 discendente-ascendente 马 mǎ “cavallo” 4° 51 alto e discendente 骂 mà “insultare”

È importante sottolineare che il tono non corrisponde a quello che chiamiamo “accento”. Se il tono, come detto sopra, coinvolge il parametro dell’altezza, l’accento è piuttosto un fatto di inten- sità: le parole italiane prìncipi e princìpi si distinguono per la sillaba che viene pronunciata con maggiore forza, ottenendo una salienza uditiva maggiore. In cinese, articolare una parola con i toni sbagliati può generare incomprensioni: se 时间 shíjiān vuol dire “tempo”, 事件 shìjiàn vuol dire “evento”, e 实践 shíjiàn vuol dire “fare pratica”. Per intenderci, la differenza è paragonabile a quella che intercorre tra le parole italiane pera e mera, o tra lana e lama. In realtà, anche l’italiano fa uso dell’altezza per distinguere significati, ma non al livello delle singole parole: pensiamo alla differenza, ad esempio, tra caffè? (intonazione ascendente) e caffè!! (intonazione discendente), che esprimono messaggi ben diversi.

Pressoché tutte le lingue cinesi usano i toni con funzione distintiva, ma i sistemi tonali variano molto da dialetto a dialetto: se il cinese standard, come detto sopra, ha quattro profili tonali, il cantonese (di Hong Kong) ne ha (almeno) sei, e il dialetto di Shanghai ne ha solo due realmente distintivi.

Una caratteristica delle lingue cinesi meno citata, ma molto importante, è la centralità della sil- laba: nella tradizione cinese, le unità di analisi fonologica sono le sillabe e i constituenti della silla- ba, piuttosto che i singoli suoni, e il sistema di scrittura ha pure come unità minima la sillaba. Ogni carattere cinese (con un’eccezione) corrisponde ad una sillaba, e non ci sono unità della scrittura che corrispondono a unità più piccole della sillaba (diversamente dalle scritture alfabetiche, come quella italiana). Peraltro, l’inventario di suoni del cinese moderno standard è piuttosto povero, e la struttura di sillaba è molto semplice: si contano generalmente 21 possibili suoni iniziali di sillaba (come d in 多duō “tanto”) e 35 possibili “finali” di sillaba (che possono essere costituite di più di un suono, come óng in 同 tóng “uguale”). Una sillaba può essere costituita anche dal solo nucleo vocalico (饿 è, “affamato”); può avere una consonante semplice come attacco (拉 lā “tirare”), ma mai una combinazione di consonanti (come in spreco), e in coda può avere solo le consonanti na- sali [n] o [ŋ] (南 nán “sud”, 帮 bāng “aiutare”; gli stessi suoni di conto e canguro). Il numero di sillabe del cinese standard è dunque di circa 400, che, se paragonate ad esempio alle molte migliaia di sillabe dell’inglese o del tedesco, è un numero decisamente basso, anche se la presenza dei toni fa sì che il numero di sillabe distinte salga a circa 1200. Altri dialetti hanno un inventario di suoni e di sillabe distinte più ampio, ma comunque relativamente basso e, soprattutto, estremamente rigido. Questa rigidità della struttura di sillaba diventa evidente se guardiamo le trascrizioni delle parole straniere in cinese. Ad esempio, il nome del poeta e drammaturgo russo Vladimir Maja- kovskij viene reso in cinese come:

165 Giorgio Francesco Arcodia e Bianca Basciano

(2) 弗拉基米尔 马雅科夫斯基

Fúlājīmǐ’ěr Mǎyǎkēfūsījī

In questa “trascrizione” cinese, il nome russo viene rielaborato per essere assimilabile nella strut- tura di sillaba del cinese: i nessi consonantici vengono “sciolti”, ogni suono consonantico viene reso come attacco di una sillaba (vla- → fúlā; -vskij → fūsījī). Non vengono “maneggiate” unità di dimensioni inferiori alla sillaba, né vengono ammesse strutture di sillaba diverse da quelle del cinese standard.

Inoltre, il cinese standard e, in generale, le lingue cinesi, non conoscono distinzioni di lunghez- za consonantica del tipo di cane vs. canne, o pala vs. palla; con l’eccezione di alcuni dialetti (tra cui diversi dialetti wu, molto diffusi in Italia; si veda la sezione precedente), non vi è distinzione tra consonanti “sorde”, come la c di callo, e consonanti “sonore”, come la g di gallo. Piuttosto, le lingue cinesi distinguono, tipicamente, tra consonanti “aspirate” e “non aspirate”: le consonanti aspirate sono articolate con un’emissione di aria particolarmente udibile, come il suono iniziale della parola inglese tap “rubinetto”, mentre le consonanti non aspirate non hanno questo tratto, come la t di tenda. Infatti, tornando all’esempio (2), notiamo come le consonanti sonore russe [v] e [d] vengono rese con le consonanti sorde [f] e [ʨ] (fúlājīmǐ”ěr).

Date le caratteristiche riassunte sopra, non è dunque difficile prevedere alcune difficoltà che incontrano i cinesi nell’apprendimento dell’italiano. Se la natura tonale del cinese non dovreb- be influire particolarmente in questo senso, sono invece da aspettarsi difficoltà specifiche con le combinazioni di consonanti e, più in generale, con le strutture di sillaba articolate; difficoltà con la distinzione tra sorde e sonore, anche se non necessariamente per i locutori di dialetti dove que- sta distinzione esiste; difficoltà con la lunghezza consonantica. Naturalmente, questo brevissimo elenco non ha pretese di esaustività: altri aspetti del sistema dei suoni dell’italiano, che non discu- tiamo qui per ragioni di spazio, possono rappresentare un ostacolo più o meno importante per gli apprendenti sinofoni.