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Aspetti pragmatic

LIBRETTO DI ISTRUZIONI PER INSEGNANTI DI UNA CLASSE PLURILINGUE

6. Aspetti pragmatic

Durante una conversazione, quali sono le abitudini di un arabofono?

trasmissionedell’informazione. In Italia la conversazione tende ad arrivare in fretta all’ogget-

to del discorso: «Ciao, come va? Senti, ti ho chiamato per dirti se andiamo al cinema». Nella cul- tura araba, invece, si arriva al punto solo dopo lunghi preamboli: «Ciao, buongiorno! Come stai? Tutto bene? Novità? Che fai di bello? Stavo pensando, se non hai di meglio da fare, che quando vuoi, è uscito un bel film. Magari, se ti va, si potrebbe andare al cinema».

distanzainterpersonale. Lo spazio fisico che separa due persone diminuisce man mano che

dal Nord Europa ci si avvicina al Mediterraneo. Nella cultura araba è più ridotto rispetto alle abi- tudini italiane: avvicinarsi e toccare il proprio interlocutore è del tutto normale.

i pronomidicortesiae “l’autorità”. Il sistema dei pronomi di cortesia tu/Lei dell’italiano non

ha equivalenti in arabo, poiché in genere si dà del «tu» accompagnandolo con un appellativo che si riferisce alla professione dell’interlocutore: «Per favore, mi rispiegheresti l’esercizio, Professo- re?». Si badi, inoltre, che in una lezione in Italia le domande degli studenti sono in genere benac- cette: lo studente arabo, invece, interpreta ciò come una continua interruzione che dimostra che chi sta dietro la cattedra ha poco polso e scarsa autorità.

gestualità. I gesti dell’italiano non sono universali, tanto che

la cultura araba ne condivide alcuni assegnando però loro un signi- ficato differente. Come interpretereste questo gesto se fatto da un italiano?

Ebbene, se si tratta di un arabo, non prendetela a male: vi sta sem- plicemente dicendo «Aspetta!».

191 Giuliano Mion

Bibliografia

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Ferguson, Ch. (1959), Diglossia, in “Word”, 15, 325-340; disponibile in traduzione italiana: La di-

glossia, in P.P. Giglioli, G. Fele (a cura di), Linguaggio e contesto sociale, Bologna, Il Mulino,

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<scheda web: Esempi di italiano scritto da arabofoni> <scheda web: Esempi di italiano parlato da arabofoni> <scheda web: Approfondimento sul sistema verbale arabo>

Capitolo 12

L’AMARICO

Graziano Savà – Centro Studi Africani, Università “l’Orientale” di Napoli

1. Introduzione

«Lʼamharico1 è una lingua impossibile, complicatissima. In Italia solo due studenti, allʼIstituto Orientale di Napoli, lo stanno studiando» (Semplici 1996, 167). Queste due frasi risulterebbero spa- ventose a chi si appresta a studiare lʼamarico, ma non devono intimorire gli utenti di questo capito- lo, poiché essi dovranno conoscere piuttosto che imparare la lingua. Dʼaltro canto, lʼaffermazione che lʼamarico sia così complesso rivela implicitamente che è tanto diverso dallʼitaliano, un fatto che interessa i docenti e le docenti che si serviranno del presente capitolo. Ci sono infatti cose “strane” in amarico che è bene sapere per assistere al meglio i madrelingua nellʼapprendimento dellʼitaliano. Per quanto è possibile, il capitolo cerca di delineare queste “stranezze” e confrontarle con la situazione dellʼitaliano.

Lʼamarico è una lingua semitica parlata in Etiopia, un paese grande quanto Francia e Germania insieme, che conta circa cento milioni di abitanti e la cui storia si incrocia con quella dellʼItalia per via delle mire coloniali di questʼultima. Questo legame ha fatto entrare alcuni nomi ed espressioni di origine etiopica nellʼuso dellʼitaliano. Un esempio è negus2, cioè lʼimperatore etiopico Haile Selassie. Un altro termine è “ambaradan”, versione modificata di Amba Aradam, unʼaltura3 sulla quale nel 1936 lʼesercito italiano riportò la prima vittoria sulla strada della conquista di Addis Abeba e dellʼoccupazione dellʼEtiopia. In Italia “ambaradan” indica “grande confusione, cose alla rinfusa” a ricordo della situazione militare molto convulsa e confusionaria che ha caratterizzato lo scontro ad Amba Aradam. Poi cʼè “lingua di Menelik”, il fischietto con unʼappendice di carta che si srotola, tipico gioco carnevalesco per bambini. Menelik è stato un grande imperatore illu- minato dellʼEtiopia, che ha internazionalizzato ed espanso lʼimpero e che è altresì ricordato per aver inflitto una sconfitta allʼesercito italiano in quel di Adwa nel 1896 respingendo così un primo tentativo di colonizzazione a partire dallʼEritrea già italiana. Infine Macallé, capitale della regione del Tigray, nel nord dellʼEtiopia, ma anche dolce tipico siciliano (una sorta di cannolo soffice). Il docente potrebbe utilizzare queste informazioni per avere un primo approccio amichevole con lo studente di lingua amarica mostrando un certo interesse verso la sua cultura e dimostrando lʼesistenza di una connessione con quella italiana.

1 Questa versione di amarico, amharico, sarebbe più corretta perché indica la lingua degli Amhara. Ma è uso comune

chiamare lʼamarico così, senza h, anche se il nome dellʼetnia resta Amhara e non è mai Amara.

2 La trascrizione dei termini amarici in uso in italiano e dei nomi di origine etiopica è semplificata per facilitarne la

lettura. Per essi non viene quindi adottata la trascrizione fonologica presentata in § 7.2. e § 7.3.

194 L’amarico

Il docente potrebbe anche fare notare che in amarico ci sono alcuni prestiti italiani e quindi dimostrare che lo studente conosce varie parole italiane, senza saperlo. I prestiti possono grosso modo essere classificati in: motori (makina “automobile”, gomma), materiali (fero “ferro”), cibo (arosto “arrosto”), trasporti (banzina “benzina”), giochi (dama), burocrazia (firma), casa (bagno), termini militari (feshale “ufficiale”), abbigliamento (mutanta “mutande”), cultura (derama “dram- ma”) (Savà 2012).

Come già menzionato, il presente contributo mira ad essere uno strumento per la conoscen- za dellʼamarico sotto lʼaspetto storico, sociolinguistico, letterario e grammaticale. Questʼultimo aspetto è quello più rilevante per il docente che insegna ad un parlante amarico. Esso viene svilup- pato in tre sezioni: fonologia e fonetica, ortografia, morfo-sintassi e pragmatica. La formazione e lʼordine delle parole sono due punti introdotti preliminarmente.

Magari alla fine della lettura lʼamarico sarà più familiare e non apparirà così terribile. In effetti i due studenti menzionati nella citazione lʼamarico lʼhanno imparato, e uno dei due sta scrivendo il presente capitolo4.