LE LINGUE SLAVE OCCIDENTALI E MERIDIONALI.
2. Aspetti sociolinguistic
3.1. Il ramo slavo
La famiglia linguistica slava in generale rientra fra le più conservative in ambito indoeuropeo, in quanto mantiene numerose caratteristiche che col tempo sono scomparse in molti altri rami: tra queste la più evidente è forse la presenza di un elaborato sistema di casi nella declinazione di nomi, pronomi, aggettivi e numeri, paragonabile a quello del latino o del greco. La prima lingua slava attestata è il paleoslavo, una lingua del gruppo meridionale in cui nel IX secolo furono tra- dotti diversi testi religiosi nell’ambito dell’opera evangelizzatrice dei fratelli Costantino (Cirillo) e Metodio, “gli apostoli degli slavi” (Giovanni Paolo II). Oltre che per l’immensa cultura e la solida ortodossia, si ritiene che la missione sia stata affidata ai due fratelli proprio perché questi già cono- scevano una lingua slava, parlata da una parte della popolazione della loro città natale, Salonicco (oggi Tessalonica, in Grecia). Se pure il loro dialetto non era identico a quello parlato dalla popo- lazione da evangelizzare in Pannonia e Moravia, certamente doveva essere sufficientemente simile ad esso da garantirne la comprensibilità.
Il paleoslavo divenne lo strumento di religiosi e eruditi, cristallizzandosi spesso in una lingua let- teraria e elevata. I dialetti volgari d’altra parte seguirono un’evoluzione separata, dando vita alle va- rietà letterarie di oggi. Alcune di queste varietà risultano già codificate in epoca medievale (es. ceco), mentre altre ricevettero una vera sistematizzazione solo in epoca molto più tarda (es. macedone). In quest’ultimo caso, la complessa distribuzione dei dialetti sul territorio imponeva una scelta tra due alternative, ossia da un lato l’elevazione di una varietà locale già esistente a lingua nazionale, dall’al- tro la creazione di una koinè mediante l’assemblaggio di vari dialetti. Non a caso la distribuzione geografica dei tratti linguistici fu talvolta utilizzata come argomento per avanzare rivendicazioni ter- ritoriali, come nella contesa tra Serbia e Bulgaria per l’attuale territorio macedone (Friedman 1999). 3.2. La lega linguistica balcanica
Fra le lingue slave meridionali, bulgaro, macedone e serbo rientrano nella lega linguistica balcani- ca, forse l’esempio più noto e discusso di lega linguistica. Si tratta di un fenomeno tipologico per
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cui diverse lingue non imparentate che si trovano a convivere per secoli sul medesimo territorio finiscono per assomigliarsi in termini di lessico e grammatica (Grandi 2013), pur non avendo un’immediata origine comune. È questo il caso dei Balcani, in cui nel corso dei secoli si trovarono a convivere popolazioni (e lingue) di matrice greca, romanza (rumeno e varietà italiane della costa adriatica), illirica (albanese) e slava (lingue slave meridionali).
Tra i più evidenti balcanismi riscontrabili nelle lingue slave meridionali si possono evidenziare l’assenza dell’infinito, sostituto da una proposizione subordinata, e la formazione del tempo futuro mediante il verbo “volere” (Tabella 2, mac.). Un altro tratto notevole è la drastica riduzione del sistema dei casi, di cui si parlerà nella § 4.1.
Assenza dell’infinito saka da najde nešto
vuole che trova qualcosa “vuole trovare qualcosa”
Tabella 2. Alcuni balcanismi in macedone.
3.3. Ortografia
Ceco, slovacco, polacco, sloveno e croato si servono di una versione variamente modificata dell’al- fabeto latino (Tabella 3): i grafemi <č> /ʧ/, <š> /ʃ/ e <ž> /ʒ/ sono diffusi in tutte le lingue di questo gruppo tranne il polacco. Oltre ad alcuni caratteri specifici (es. <ś>, <ł>), quest’ultimo ricorre a numerose combinazioni di lettere che corrispondono però a un solo suono (es. <cz> corrisponde alla <c> di it. ciao). Per questo motivo le parole polacche spesso appaiono molto più lunghe nello scritto che non nel parlato.
Cz příliš žluťoučký kůň úpěl ďábelské ódy
Cro gojazni đačić s biciklom drži hmelj i finu vatu u džepu nošnje Pol koń i żółw grali w kości z piękną ćmą u źródła
Slv kŕdeľ ďatľov učí koňa žrať kôru
Slo hišničin bratec vzgaja polže pod fikusom Tabella 3. Versioni dell’alfabeto latino3.
La Tabella 4 esemplifica le varianti dell’alfabeto cirillico utilizzate da serbo, macedone e bulgaro (si veda il capitolo 5 per quelle in uso nelle lingue slave orientali).
Bul ах чудна българска земьо, полюшвай цъфтящи жита
Mac ѕидарски пејзаж: шугав билмез со чудење џвака ќофте и кељ на туѓ цех Srb љубазни фењерџија чађавог лица хоће да ми покаже штос
Tabella 4. Versioni dell’alfabeto cirillico.
La scelta dell’alfabeto è spesso parallela alla confessione religiosa: l’alfabeto latino corrisponde di norma al cattolicesimo, il cirillico al cristianesimo ortodosso.
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Gli esempi dalle lingue che utilizzano l’alfabeto cirillico saranno presentati nella loro traslitte- razione4 latina, esemplificata per il bulgaro al punto (1).
(1) Ах чудна българска земьо
ah čudna bǎlgarska zemjo “oh, splendida terra di Bulgaria!” 3.4. Fonologia
3.4.1. Consonanti
Le lingue slave dispongono di un imponente repertorio consonantico, con diversi suoni estranei all’italiano. Alcuni dei più diffusi sono riportati negli esempi al punto (2).
(2) [ʒ], come in fr. Jacques, es. cz. žena [ˈʒɛna] “donna” [x], come in ted. ach!, es. cro. hladan “freddo”
[ɫ], come in ingl. Bill, es. blg. Bǎlgarija [bəɫ.ga.riʲa] “Bulgaria”
In talune lingue, le consonanti [r, l] e più raramente [m, n] possono rappresentare il centro di una sillaba, comportandosi come una vocale (3):
(3) a. mac. srce [ˈsr̩ʦɛ] “cuore” b. cz. vlk [vl̩k] “lupo” c. cz. osm [osm̩] “otto”
Alcuni sistemi consonantici comprendono suoni molto vicini tra loro, facili da confondere per l’o- recchio italiano. È il caso del polacco, il quale distingue suoni che in italiano sono percepiti come varianti del medesimo fonema (4).
(4) kasza “polenta” vs. Kasia “Caterina (diminutivo)”, cfr. it. sciabola vs. scimitarra
Caratteristica è la pronuncia delle consonanti doppie in alcune lingue: accanto a una pronuncia paragonabile a quella italiana, è diffusa una variante in cui la consonante doppia è sciolta in due consonanti semplici, ad esempio piz.za.
Le lingue slave permettono accumuli di consonanti molto più massicci di quanto consentito dall’italiano. Tale tratto appare particolarmente estremo in polacco: si vedano i gruppi sottolineati nell’esempio 5, composti rispettivamente di 3, 6 e 3 consonanti.
(5) W Szczebrzeszynie chrząszcz brzmi w trzcinie
[v ʃʧebʒeʃɨɲe xʃoũʃʧ bʒmi v tʃʧiɲe] A Szczebrzeszyn un grillo canta tra le canne
Tutte le lingue slave tranne il serbo-croato (e l’ucraino, nel ramo orientale) sono caratterizzate da un fenomeno per cui una consonante sonora, cioè pronunciata con la vibrazione delle corde vocali, es. [v], quando è seguita da una pausa (tipicamente in posizione finale di parola) è pronunciata come sorda, cioè senza l’attivazione delle corde vocali, es. [f]. Ne risulta che due parole le quali nello scritto differiscono per la sola consonante finale (sorda vs. sonora) sono pronunciate in modo 4 La traslitterazione è un sistema di corrispondenze univoche tra i caratteri dei due alfabeti.
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identico (6a e 6b). La differenza torna invece a essere evidente quando la consonante finale è se- guita da una vocale, come sovente accade nella declinazione (6c vs. 6d).
(6) a. kod [kot] “codice:nom.sg”
b. kot [kot] “gatto:nom.sg”
c. kodu [kodu] “codice:gen.sg”
d. kota [kota] “gatto:gen.sg”
Dal momento che l’italiano non presenta parole che terminino in consonante (con l’eccezione di [r, l, n], le quali però non hanno un corrispondente sordo), tale caratteristica non è fonte di errori in italiano L2, mentre può rivelarsi problematica nell’apprendimento di altre lingue, come l’inglese.
Un’altra importante regola fonologica riguarda l’assimilazione della sonorità, per cui se due consonanti adiacenti differiscono per questo parametro (cioè una è sonora, es. [d], l’altra sorda, es. [k]), la prima assumerà le caratteristiche dell’altra (7).
(7) pol. łódka [wutka] “barca”
A questo proposito è opportuno ricordare che il fenomeno non riguarda tutte le consonanti: in par- ticolare, le sonore [r, l, n, m] normalmente non rendono sonora la consonante che la precede ([s] in 8a, sloveno), come invece avviene in italiano (8b). Anche questo fatto può essere all’origine di errori in italiano L2.
(8) a. sln. sneg [sne:k] “neve” b. it. snervante [znervante]
3.4.2. Vocali
A differenza dell’italiano, il ceco, lo slovacco e il serbo-croato distinguono le vocali lunghe da quelle brevi, formando spesso coppie di parole che differiscono solo per questo tratto, es. serbo- croato grād (vocale lunga) “città” vs. grăd (vocale breve) “grandine”. Alcune varietà di serbo-cro- ato e sloveno sono anche caratterizzate dalla presenza di un sistema di toni, modulazioni nell’al- tezza della voce paragonabili a un sistema di note musicali, il quale interagisce con la lunghezza delle vocali.
Problematico per l’apprendimento dell’italiano può rivelarsi il fatto che in ceco, slovacco, po- lacco e macedone l’accento tonico cada nella medesima posizione in tutte o quasi le parole della lingua: prima sillaba in ceco e slovacco, penultima in polacco, terzultima in macedone. Nel caso in cui una parola perda o acquisti una sillaba per effetto della declinazione, l’accento si sposta di conseguenza (9, polacco).
(9) a. autobus “autobus:nom”
b. autobusu “autobus:gen”
Il bulgaro e in parte il macedone possiedono una vocale centrale, indicata nella traslitterazione dalla lettera <ǎ>, la cui pronuncia si può approssimare a quella della seconda <e> nella parola inglese level (10).
(10) pǎrvata bǎlgarska dǎržava
primo bulgaro Stato
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Il polacco è l’unica lingua slava contemporanea a mantenere le vocali nasali che un tempo carat- terizzavano i dialetti slavi. Questi suoni, indicati graficamente con <ą> e <ę>, in realtà non sono realizzati come vere e proprie vocali nasali, come si trovano ad esempio in francese o portoghese. Piuttosto, essi sono composti dalle vocali /o/ e /e/, rispettivamente, seguite da un elemento nasale (/n/, /m/ oppure una sorta di /u/ nasalizzata) variabile a seconda del suono che segue (Tabella 5).
occlusiva/affricata fricativa fine di parola ą dąb [domb] “quercia” mąż [moṷ̃ʃ] “marito:nom” są /soṷ̃/ “sono”
ę będe [‘bende] “sarò” męża [‘meṷ̃ʒa] “marito:acc” idę /’ide/ “vado”
Tabella 5. Pronuncia delle vocali nasali del polacco.
Come le lingue slave orientali, il polacco distingue due diversi suoni assimilabili a /i/, di cui il pri- mo ricalca il suono italiano (11a), mentre il secondo è simile alla <i> dell’inglese fish [fɪʃ] (11b). La distinzione non è rilevante nelle altre lingue trattate in questo capitolo, come mostra l’esempio serbo-croato in (11c).
(11) a. bić [biʨ] “picchiare” b. być [bɪʨ] “essere”
c. bȉti [ˈbîti] “picchiare” o “essere”
4. Morfosintassi