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Risorse e strumenti util

Una buona grammatica per chi abbia voglia di imparare il rumeno è Negritescu, Arrigoni (2014²). Una grammatica descrittiva recente, molto dettagliata e con solide basi linguistiche, in inglese è stata curata da Pană Dindelegan (2013). Dizionari bilingui per il rumeno e l’italiano sono Ne- gritescu (2016) e Hanachiuc Poptean (2017). Il dizionario d’uso monolingue, anche disponibile on-line, che dà anche delle informazioni sulle origini delle parole è il DEX (“Dizionario EXplicati-

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vo della lingua rumena”). Per la storia della lingua, l’utile manualetto di Sala (1998) è stato tradot- to in italiano da Roberto Merlo. Un articolo panoramico sul rumeno si trova in Tagliavini (19826, §64, “Il rumeno”) nonché (in inglese) in Mallinson (1988). Una sintesi della dimensione storica della struttura del rumeno (in inglese) è data da Alkire, Rosen (2010): i più importanti sviluppi della grammatica storica dal latino al rumeno vengono confrontati con quelli dell’italiano (cfr. anche <scheda web: Cenni di grammatica storica>). Per la formazione delle parole è una buona fonte d’informazione Grossmann (2012; 2015; in inglese). Per chi abbia voglia di informarsi sui dialetti del rumeno (anche il non-dacorumeno), si raccomanda la panoramica, sempre in inglese, di Maiden (2016).

Bibliografia

Alkire, T., Rosen, C. (2010), History and structure of Romanian: an overview, in Id. (2010), Ro-

mance Languages: A Historical Introduction, Cambridge, Cambridge University Press, 252-

286.

Hanachiuc Poptean, G. (2017), Romeno compatto. Dizionario romeno / italiano, italiano / romeno, Bologna, Zanichelli.

Grossmann, M. (2012), Romanian Compounds, in “Probus”, 24, 147-173.

Grossmann, M. (2015), 151. Romanian, in P.O. Müller (a cura di) (2015), Word-Formation: An

International Handbook of the Languages of Europe, Berlin, de Gruyter, 2731-2751.

Maiden, M. (2016), Romanian, Istro-Romanian, Megleno-Romanian, and Aromanian, in A. Ledgeway, M. Maiden (a cura di) (2016), The Oxford Guide to the Romance Languages, Ox- ford, Oxford University Press, 91-125.

Mallinson, G. (1988), Rumanian, in M. Harris, N. Vincent (a cura di) (1988), The Romance lan-

guages, London, Croom Helm, 391-419.

Negritescu, V. (2016), Dizionario di Romeno. Romeno-italiano, italiano romeno, Milano, Hoepli. Negritescu, V., Arrigoni D. (2014²), Grammatica Romena. Morfologia, sintassi ed esercizi, Mila-

no, Hoepli.

Pană Dindelegan, G. (a cura di) (2013), The Grammar of Romanian, Oxford, Oxford University Press.

Sala, M. (2009), Dal latino al romeno. Introduzione a una storia della lingua romena, edizione ita- liana a cura di R. Merlo, Alessandria, Edizioni dell’Orso, nuova edizione interamente riveduta. Tagliavini, C. (19826), Le origini delle lingue neolatine. Introduzione alla filologia romanza, Bo-

logna, Pàtron.

Capitolo 3

L’ALBANESE

Ledi Shamku-Shkreli – Università di Bologna

1. Introduzione

1.1. Uno stretto di mare per una stretta di mano. Dove si trova l’Albania?

Mettetevi in viaggio verso il sud d’Italia e arrivate a Otranto. Giunti lì, proseguite verso il porto per raggiungere Punta Palascìa. Arrivati? Bene, ora guardate le montagne di fronte a voi. Per gli italiani sono gli Acrocerauni (ossia “le vette dei fulmini”), invece per gli abitanti albanesi si chia- mano Malet e Çikës (ossia “i monti di luce”). Seguite con lo sguardo queste vette scendere verso il mare. Notate come si sdraiano sul blu come una specie di linguetta? Ecco, quell’estremità che tocca il bel Mar Ionio in italiano si chiama proprio il Capo della Linguetta e in albanese Kepi i Gjuhëzës. “Gjuhëz”, infatti, è il diminutivo di “gjuhë” che in italiano si traduce “lingua”, e come in italiano indica sia la lingua come organo posto all’interno della bocca, sia il codice per mezzo del quale ogni comunità parla, scrive, gioisce, si dispera e con il quale si identifica. Ecco, proprio tra

Figura 1. Le montagne dell’Albania viste da Otranto. Foto dal web (http://www.lecceprima.it/speciale/foto-giorno/l- albania-vista-dal-porto-di-otranto.html).

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Punta Palascìa e Kepi i Gjuhëzës nasce lo stretto d’Otranto che è anche il punto più vicino tra Italia e Albania e che misura meno di 70 chilometri. Uno stretto di mare giusto per una stretta di mano.

E allora qua la mano, presentiamoci: io sono Shqiptar, il mio popolo viene da me chiamato

Shqiptarët, ma per gli stranieri siamo: Albanesi (it.), Albanich (ted.), Albanian (ingl.), Alvanos

(gr.), Arbanasi (ant. srb.). Il mio paese Shqipëria dagli altri viene chiamato Albania o Albanien o Alvania e la lingua è albanese, albanian, oppure arbanaski. Queste parole derivano dal nome

Albanoi di una antica tribù illirica e dal loro centro Albanopolis, menzionato dall’astronomo di

Alessandria Tolomeo nel II secolo. Alban potrebbe essere un plurale di alb-/arb- che indica gli abitanti delle pianure. In seguito il nome è stato generalizzato a tutti gli albanesi, e quindi i miei avi per tanti secoli si sono chiamati arbënesh / arbëresh, il loro paese Arbëni / Arbëri e la lingua

arbëneshe / arbëreshe.

Pare che verso la fine del XVII secolo questi nomi siano stati sostituiti rispettivamente da

shqiptarë, Shqipëri e shqip. La radice primaria di questi ultimi è l’avverbio “shqip”, che significa

“in modo chiaro, comprensibile”: in parole povere parla “shqip” quella comunità di persone che riescono a intendersi fra loro. Pare che non siamo gli unici ad autodefinirci in base alla intellegibi- lità linguistica; esiste un parallelismo semantico molto vicino a questo nel termine “tedesco” (ori- ginante dalla parola per “popolo”), oppure nel caso di “slovo” (it. parola), all’origine di “sloveni” e “Slovenia”. Comprendersi, quindi, l’un l’altro, cioè capire l’un l’altro in modo “shqip”, chiaro, è alla base della comunità.

1.2. Siamo una nazione linguistica. Dove si parla albanese?

La lingua albanese è parlata da circa tre milioni di persone che vivono nella Repubblica d’Albania e da altri tre milioni di albanofoni che vivono in Kosovo, Macedonia e Montenegro. A queste cifre vanno aggiunte le diverse ondate di migrazione insediate principalmente in Grecia, Italia, Germa- nia, Stati Uniti e Svizzera, che contano altri due milioni di albanofoni.

In prospettiva diacronica si possono distinguere diversi gruppi di albanofoni:

a. L’area albanese - comprende tutti i territori dell’Albania e le zone limitrofe in Kosovo, Ma- cedonia, Montenegro e nel nord-ovest della Grecia, dove la lingua albanese è stata parlata inin- terrottamente dai tempi antichi. Questo è il territorio storico in cui ha avuto luogo l’evoluzione dell’albanese come entità e mezzo di intesa e identificazione di un’intera comunità.

b. La diaspora - include gli albanesi emigrati fino alla fine del periodo albanese medio (e co- munque non oltre l’inizio del XVIII secolo). Di conseguenza, riferendosi anche a quanto men- zionato più su, questi parlanti non si definiscono con il nome moderno “shqiptar”. Nella diaspora distinguiamo principalmente gli italo-albanesi e i greco-albanesi.

Gli italo-albanesi, la cui emigrazione di massa risale al XV secolo, si definiscono arbëreshë e vivono nell’Italia meridionale (Calabria e Sicilia).

I greco-albanesi, la cui emigrazione risale al XIV secolo, si definiscono arbëreshë, ma sono chiamati arvaniti dai Greci. Sono stabiliti sulla costa ionica, nel Peloponneso, intorno ad Atene e su varie isole greche. Alcune piccole enclave della diaspora albanese si trovano anche in Bulgaria e Ucraina.

La lingua albanese della diaspora rappresenta un dialetto storico che si evolve in una situazione bilingue e senza una connessione diretta con l’area albanese.

c. Le colonie - includono gli albanesi che si stabilirono in paesi stranieri all’inizio del XVIII secolo, chiamandosi “shqiptar”. Le più grandi colonie nacquero in Turchia, Romania, Stati Uniti ed Egitto. La lingua di queste comunità si evolve come ci si aspetta in situazioni di diglossia (in cui le varie lingue di un parlante sono in rapporto gerarchico e si distinguono nettamente per ambiti d’uso) e mantiene sempre più un uso solo intragenerazionale.

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d. Gli emigranti - compresi quelli che parlano un albanese contemporaneo prevalentemente uni- tario. Ovviamente il grado dell’omogeneità linguistica va relativizzato per ogni individuo in base al suo grado di scolarizzazione ma anche correlato al suo luogo di provenienza prima di migrare (città o campagna).