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Cenni storici, geografici e demografic

IL TAMIL E LE LINGUE DRAVIDICHE

Popolazione 8 gruppo meridionale

2. Cenni storici, geografici e demografic

Le isole Filippine devono il loro nome a Ruy López de Villalobos, un navigatore che, giunto nelle isole negli anni 1542-46 le dedicò all’allora principe Filippo (1527-1598), figlio di Carlo V d’Asbur- go (1500-1558), che divenne re di Spagna nel 1556. La Spagna in base al trattato di Tordesillas aveva occupato l’arcipelago, che da allora rimase sotto il dominio spagnolo come territorio della Nuova Spagna (il Messico) fino al 1821 quando l’amministrazione passò sotto la giurisdizione diretta di Ma- drid a seguito dell’indipendenza ottenuta dai messicani. Ma il primo contatto con gli europei avvenne quando nel corso della circumnavigazione di Ferdinando Magellano, le sue navi visitarono diverse

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isole e in uno scontro con la popolazione locale lo stesso Magellano rimase ucciso il 16 marzo del 1521. La colonizzazione iniziò con Miguel López de Legazpi che fondò un insediamento permanen- te nell’isola di Sebu nel 1565 cui seguirono altri nella baia di Manila nell’Isola di Luzon.

Il trattato di Tordesillas aveva diviso le terre appena scoperte tra Spagna e Portogallo (7 giugno 1494), – come se fossero di loro proprietà e senza chiedere il permesso a chi ci abitava da sempre, – dopo la prima ripartizione effettuata sotto l’egida del papa Alessandro VI l’anno precedente, por- tando la linea di demarcazione a 370 leghe a ovest delle isole di Capo Verde. Fu assegnato così il Brasile al Portogallo assieme ai territori a est nell’Oceano Indiano e le isole poi chiamate Filippine alla Spagna assieme alle terre americane che si affacciavano sull’Oceano Pacifico.

L’Europa non aveva saputo niente dell’esistenza di queste terre fino a quel momento, ma esse erano abitate da millenni; secondo i ritrovamenti degli anni Sessanta del secolo scorso fin da oltre 30.000 anni fa. In particolare nell’isola di Palawan il cosiddetto uomo di Tabon risultò essere un membro della specie Homo sapiens, vecchio di oltre 16.000 anni, ma gli scavi nelle grotte dell’i- sola continuano e reperti molto più antichi sono già stati recuperati. Tuttavia gli studi di paleoan- tropologia nel sudest asiatico sono ancora agli inizi e continuamente riservano sorprese.

Di questi primi abitanti non sappiamo molto. In tempi più recenti troviamo gli antenati dei co- siddetti negritos, probabilmente affini alle popolazioni papua della Nuova Guinea, ma gli abitanti attuali giunsero nell’arcipelago soltanto 3000 anni fa o poco più. Erano popolazioni affini a quelle che popolarono le isole indonesiane e si spinsero poi nel Pacifico. Le loro lingue, della famiglia denominata austronesiana, sono divise in indonesiane, melanesiane, micronesiane e polinesiane e si estendono da Madagascar alle isole Hawaii e all’isola di Pasqua (Rapa Nui) a oriente.

L’arcipelago oggi consta di oltre 7000 isole tra grandi e piccole di cui Luzon e Mindanao sono le maggiori seguite da Palawan, Mindoro, Panay, Negros, Sebu, Samar, ecc. Il clima risente del re- gime dei monsoni che determina tre diverse stagioni (tag-init, o tag-zaraw, stagione calda da mar- zo a maggio, tag-ulan, delle piogge da giugno a novembre, tag-lamig secca e fresca da dicembre a febbraio), e si collocano in una zona soggetta a continui movimenti sismici e a violenti uragani. La superficie della Repubblica è di circa 300.000 kmq (dunque quasi quanto l’Italia) e i suoi abitanti superano i 100 milioni di anime.

Amministrativamente la Repubblica è divisa in 17 regioni e 81 province. La Capitale, Manila, è il cuore del paese con un’area metropolitana che include 16 città tra cui spicca Quezon City che ha quasi 3 milioni di abitanti. Tra le altre città meritano di essere citate Manila stessa con 1.600.000 abitanti, Davao con 1.400.000 e Caloocan sopra il milione di abitanti. Due terzi della popolazione totale è concentrata nell’isola di Luzon.

I filippini sono al 90% cattolici. I musulmani (moros, ca. il 5%) sono soprattutto nell’isola di Mindanao (città di Marawi) in alcune province autonome. Nella stessa isola si trova anche la città di Zamboanga dove vivono gli ultimi abitanti di cultura spagnola (mestizos, oltre 2 milioni), ma i parlanti spagnolo si contano nell’ordine di 100.000, mentre altri hanno dato vita a una forma di creolo chiamato chabacano).

La dichiarazione dei diritti dell’uomo in chabacano inizia così:

Todo el mga genti ya naci libre y igual na dignidad y derecho. Tieni ilos rason y conciencia y debi ilos trata cun uno y otro comu mga hermano.

Vanno inoltre ricordati anche un milione di immigrati cinesi.

La Spagna dominò sulle isole per 333 anni: nel 1898 a seguito della guerra con gli Stati Uniti questi succedettero al dominio della Spagna per 48 anni. Durante la seconda guerra mondiale il Giappone occupò per un breve periodo l’arcipelago fino alla sconfitta nell’agosto del 1945 e i fi- lippini scelsero allora la via dell’indipendenza che ottennero il 4 luglio 1946.

140 Il tagalog (pilipino)

Le prime notizie attendibili sulle isole, dunque, le otteniamo grazie a un navigatore portoghese al servizio del re di Spagna, come abbiamo già accennato. Il suo nome era Fernão de Magalhaẽs (1480-1521), italianizzato in Magellano. Urtatosi col re portoghese don Manoel, egli passò al servizio di Carlo V e lo convinse a finanziare una spedizione per trovare il passaggio a ovest che immetteva nel grande oceano fino ad allora sconosciuto che venne poi chiamato Pacifico. Delle cinque navi partite il 20 settembre 1519 da Sanlúcar de Barrameda riuscì a compiere la circum- navigazione la sola Victoria con a bordo 18 dei 237 uomini partiti, sotto il comando di Duarte Barbosa. A bordo tra i sopravvissuti c’era Antonio Pigafetta, il vicentino che redasse un diario del viaggio, oggi conservato nella biblioteca Ambrosiana a Milano, che ci narra con vivezza e preci- sione gli eventi di quei 2 anni, 11 mesi e 17 giorni di navigazione.

Curiosamente lo spagnolo non si diffuse molto nell’arcipelago, sebbene si calcoli che il 22% del lessico di base in tagalog sia di origine spagnola. Di fatto si verificò che i missionari inviati per evangelizzare gli abitanti preferirono studiare loro le lingue locali piuttosto che insegnare lo spa- gnolo ai nativi. Si ha comunque notizia che nel 1594 il re inviò 154 frati e due anni dopo altri 110 per istruire gli abitanti nella religione cattolica. Molte testimonianze ci sono giunte di religiosi che avevano imparato le lingue locali nel corso del Seicento. Il primo libro stampato nelle Filippine fu una Doctrina Christiana in tre volumi (1 spagnolo, 2 tagalog in scrittura baybayin, 3 tagalog in caratteri latini). La prima grammatica a stampa si deve al domenicano Francisco Blanca (1610)

Arte y Reglas de la lengua tagala e il primo dizionario di Pedro de Buenaventura, francescano, fu

pubblicato nel 1613. Ma il lavoro più importante fu Arte de la lengua tagala di Pablo Clain (Paul Klein 1652-1717), gesuita ceco, pubblicata a Manila nel 1754 dagli “eredi” di Klein, ristampata più volte fino al secolo XIX. Si ricorda anche come prima opera letteraria in tagalog Florante e

Laura di Francisco Baltazar (1788-1862), pure un gesuita.

Ma esistono molte altre testimonianze di attività dopo l’arrivo degli spagnoli. Precedentemente solo un’iscrizione su rame trovata a Laguna testimonia dell’uso di una scrittura locale. Fra questi primi studiosi della lingua si ricordano i nomi dei frati Domingo Navarrete e Francisco Blancas de San José. I domenicani stabilirono un vero e proprio programma di studi che consisteva in un anno di apprendimento e tre di pratica, servendosi di un numero rilevante di grammatiche e dizionari prodotti dai primi studiosi. Sappiamo dell’esistenza di tali grammatiche fin dal 1580, e forse ne furono redatte prima ancora, che circolarono tuttavia come manoscritti. Scrive Fray Navarrete (ca. 1650):

Ho appreso il tagalog senza grandi difficoltà. Se la grammatica e gli altri libri fossero studiati con la stessa serietà come si studiano le lingue in Europa, chiunque in breve tempo potrebbe impadro- nirsene. Dopo cinque mesi eravamo tutti in grado di confessare e di tenere le prediche e in un anno riuscivamo in entrambe le cose e anche discutere i problemi degli Indiani con loro. In quel tempo oltre ai doveri del coro e della chiesa non avevamo altro di cui occuparci. Tutto il nostro tempo era impegnato a sottometterci agli elementi e rudimenti di quelle lingue straordinarie per il benessere e salvezza di quelle anime.

Ma nello stesso periodo T.H. Pardo de Tavera così descrive il metodo di studio e i risultati conse- guiti:

Nello studio delle lingue delle Filippine i frati continuamente ponevano confronti con il latino e il castigliano, modellando su tali lingue, ovunque fosse possibile, il genio e la grammatica delle lingue che imparavano. Come risultato le grammatiche delle lingue filippine che avevano scritto crearono una lingua artificiale molto diversa da quella parlata dalla gente. Chiunque comprenda il tagalog ha dovuto sopportare tormenti mortali migliaia di volte udendo dal pulpito sermoni pronunciati da reli- giosi in quella lingua convenzionale.

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D’altro canto bisognò attendere il secolo XIX perché le autorità spagnole si prendessero cura di raccomandare l’insegnamento del castigliano, cosa che non sortì grande effetti se ancora tra il 1867 e il 1889 furono emanate ben 14 circolari a supporto dell’insegnamento dello spagnolo nelle scuole. Nel 1883 si arrivò a emanare un decreto per premiare i migliori autori di strumenti didattici per lo studio dello spagnolo a partire dalle varie lingue.