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ASPETTI PRATICI NELLA GESTIONE DELLA COMPLESSITÀ

ROBERTA BENCINI *

5. ASPETTI PRATICI NELLA GESTIONE DELLA COMPLESSITÀ

Il fatto che la complessità conservi nelle sue dinamiche comportamentali delle caratteristi-che assimilabili ancaratteristi-che in campi molto diversi tra loro (nei sistemi di sicurezza, nei sistemi organizzativi, in quelli ecologici, in quelli economico-finanziari, ecc...) ne giustifica l’attua-le interesse anche fuori degli ambienti accademici.

In particolare, sembrerebbe importante poter dare una risposta ad alcune domande chiave, quali:

• Come si può misurare la complessità?

• Come si può gestire la complessità?

Le linee di pensiero in proposito appaiono in generale ancora divergere.

Ad esempio, si potrebbe ritenere sufficiente gestire le complessità anche cercando sempli-cemente di limitarne i rischi, o, viceversa, pensare d’intervenire a monte per limitarle, magari operando delle apposite scelte nell’ambito della pianificazione aziendale.

La dialettica potrebbe ricordare come si affermasse agli albori della teleinformatica (e pur-troppo solo allora) che una sana gestione delle reti aziendali potesse sostituire l’impiego degli antivirus (non privo di controindicazioni come l’impiego delle medicine).

Ma una terza domanda s’impone sulle altre, anche perché da essa sembrano discendere:

“Al di là della non linearità del modello, che rappresenta il comportamento esterno del sistema, ma che nulla può dirci sulla natura interna dello stesso, a cosa si deve un compor-tamento così poco prevedibile da parte di un sistema complesso?”.

D’altro canto, non sfugge all’attenzione come ai fini della stabilità possa risultare molto diverso il comportamento alle sollecitazioni esterne dei sistemi caratterizzati da un elevato ordine tra le parti rispetto a quelli fortemente disordinati.

Basti pensare, in proposito, alle caratteristiche delle sostanze cristalline rispetto a quelle dei fluidi. In effetti, alla maggiore conoscenza della struttura interna delle prime sembrano ben sposarsi le migliori possibilità di controllo dell’insieme.

Ciò premesso, si possono porre a confronto alcune ragionevoli risposte.

1) Al numero delle parti.

Ciò equivale ad accettare alla lettera la definizione del dizionario Garzanti della Lingua Italiana: se le parti componenti sono tante, il sistema si può definire complesso e conse-guentemente si possono verificare tutte le instabilità in argomento.

L’affermazione in generale potrebbe apparire accettabile, ma cade facilmente in difetto per quei dispositivi, fatti sì di molte parti, ma dove l’unico rischio potenziale appare esserne la definitiva rottura. Si pensi, ad esempio, alle macchine utensili: le parti sono assemblate secondo schemi rigorosi e non godono di gradi di libertà eccedenti quelli strettamente pre-visti in sede di progetto.

Si può obiettare, infatti, che questi casi non possano essere assunti a generalità, trattandosi di sistemi strettamente strumentali, privi d’intelligenza e tantomeno in grado di evolvere o di auto-migliorarsi.

Si può notare, peraltro, come tali tipi di sistemi presentino un’elevata fragilità strutturale:

basta, infatti, la rottura di uno solo dei componenti essenziali per mettere l’insieme fuori servizio.

Ma questo è un aspetto che probabilmente meriterebbe una trattazione a parte.

2) Alle caratteristiche interne delle singole parti.

Anche questa risposta appare plausibile, ma anch’essa può cadere facilmente in difetto, considerato che in un sistema si può scendere nei dettagli quanto si vuole, fino ad arrivare a delle parti con caratteristiche anche molto elementari.

3) Alle caratteristiche delle relazioni esistenti tra le parti.

Questa risposta, altrettanto convincente, mostra i suoi limiti in senso opposto, in quanto si può risalire dai dettagli quanto si vuole, potendo arrivare a parti singolarmente molto com-plesse con relazioni reciproche anche molto semplici.

La risposta più appropriata dovrebbe essere in grado di armonizzare tutti i diversi punti di vista.

Ne tentiamo la formulazione:

Alla mancanza di un ordine relazionale armonico tra tutte le parti componenti, qualunque sia la loro complessità, ivi compreso il livello elementare.

Secondo questa definizione, la numerosità delle parti appare importante ai fini della

com-plessità, ma solo in maniera indiretta: potendone dipendere il peso effettivo proprio dalla qualità delle caratteristiche relazionali esistenti tra dette parti.

La definizione, inizialmente lapidaria, del dizionario Garzanti appare così poter sublimare verso la generalità richiesta.

Il caso delle strutture fisiche ci mostra come misurare la complessità: ci si può orientare estendendo alle altre discipline i principi fisici della termodinamica [4], e assumendo, in definitiva, come grandezza di misura d’elezione l’entropia.

Ne discende in generale che per governare la complessità l’obiettivo strategico da persegui-re dovpersegui-rebbe essepersegui-re mantenepersegui-re basso il valopersegui-re di questa variabile di stato e di porpersegui-re in atto tutte le azioni necessarie per contrastarne la tendenza, peraltro spontanea, alla crescita.

L’ipotesi dell’incidenza nei confronti della complessità della qualità delle relazioni tra le parti appare poter mettere in luce, infine, come risulti sostanzialmente improduttivo forzare l’aumento dell’efficienza in un sistema ove ciò non si facesse corrispondere ad un’effettiva crescita strutturale, e quindi ad un’opportuna armonizzazione delle diverse componenti interessate.

I possibili riferimenti al sistema economico, con particolare riferimento ai tagli di spesa ai quali la società produttiva si sta giorno dopo giorno abituando, appaiono, ancorché non spe-cificatamente obiettivo della trattazione, piuttosto evidenti.

Di questo sembra dar conto, d’altra parte, la stessa cultura popolare.

Chi, infatti, non conosce lo scherzoso aneddoto del padrone del somaro morto per fame che si duole di averlo perso proprio quando gli sembrava che avesse imparato a non mangiare?

Lo scherzo fa sorridere perché è evidente come per un organismo biologico si possa ridurre quantitativamente l’alimentazione solo ove, adottando una dieta più ricca di sostanze, se ne assicuri la necessaria consistenza!

Non si vede perché altri tipi di sistemi dovrebbero funzionare diversamente.

6. CONCLUSIONI

Il termine complessità, a seconda del punto di vista, comprende diversi significati che con-corrono in maniera coerente ad evidenziare l’esistenza di implicite difficoltà di controllo.

La modellistica utile ai fini del governo e del controllo dei sistemi si fonda ancora ampia-mente su modelli di tipo lineare. Questo, ancorché ampiaampia-mente sperimentato, evidenzia sempre più, specialmente nei sistemi complessi, i suoi limiti. Le potenzialità operative offerte dall’informatica favoriscono il raggiungimento e favoriscono il superamento di detti limiti. L’impiego consapevole delle nuove tecnologie costituisce, quindi, una delle prime buone norme per valorizzare le prestazioni dei sistemi senza condurli verso spiacevoli situazioni di cedimento strutturale.

Il verificarsi di situazioni di crisi, potenzialmente tanto distruttive quanto imprevedibili, si fa risalire alle non linearità tipiche dei sistemi reali. Le possibilità esistenti per mantenere elevato il controllo a fronte di una tendenza naturale al crescere della complessità si posso-no ricercare nella conservazione di un ordine relazionale armonico tra le singole componen-ti, da considerare queste fino ai livelli di minor complessità. La misura quantitativa di quest’ultima caratteristica può essere attuata utilizzando, previa un’opportuna estensione concettuale dei principi della termodinamica, la grandezza di stato entropia.

RIASSUNTO

L’articolo, a partire dalla definizione del termine “complessità”, ne esamina i principali significati e le relative implicazioni.

Vengono ricercati, altresì, dei possibili riferimenti per una la sua trattazione teorica.

Vengono affrontate alcune domande strategiche: “Perché gli informatici s’interessano della complessità?”; “La complessità si può misurare?”; “La complessità può essere gestita?”. Le riflessioni, compiute con riferimento a casi reali, cercano di fare chiarezza sugli interventi da ritenere più opportuni.

BIBLIOGRAFIA

[1] JAMES GLEICK: CAOS - La nascita di una nuova scienza, ed. BUR.

[2] TONY CRILLY: 50 grandi idee di matematica, ed. Dedalo.

[3] ROBERTO VACCA: Il medioevo prossimo venturo, ed. A. Mondadori.

[4] PAOLO DI PANFILO: La misura nell’innovazione: possibilità d’impiego per una metrica di tipo universale, ed. INAIL - Quaderni della Rivista degli infortuni e delle malat-tie professionali, anno 2009

SOMMARIO