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2. L’ESPERIENZA VIRTUALE, ANALISI PSICOLOGICA

2.5 Aspetti Social

I riferimenti concettuali e pragmatici a sostegno del fatto che gli ambienti virtuali ed il futuro Metaverso nel suo complesso possano rappresentare una trasformazione in ambito sociale sono molti.

A partire dagli studi condotti da Heim118 e Turkle119 già negli anni ‘90 del secolo scorso,

diverse sono le ricerche effettuate sul tema ed il pensiero comune è quello che, vivere in un’era digitale in cui pensieri, sensazioni ed azioni vengono espressi attraverso il proprio

avatar, implica nuove dinamiche che promuovono la trasformazione dell’identità e della

cognizione umana.

Di particolare interesse per gli studiosi è la comprensione del modo in cui queste dinamiche siano simili a quelle del mondo reale e, tra gli altri, un interessante studio in questo ambito è stato condotto da Bailenson e colleghi.120

Scopo della ricerca era la misurazione della distanza interpersonale tra soggetti coinvolti all’interno di un ambiente VR. In particolare, essi inserirono un gruppo di partecipanti all’interno di un ambiente virtuale in cui altri avatar, gestiti degli studiosi stessi, erano presenti. Una parte di quest’ultimi coinvolgevano i partecipanti attraverso lo sguardo, altri invece venivano ignorati.

121 HOYT C. L., BLASCOVICH J., SWINTH K. R., Social inhibition in immersive virtual environments, Presence

Teleop. Virt. 12, 2003.

122 SLATER M., GUGER C., EDLINGER G., LEEB R., PFURTSCHELLER G., ANTLEY A., et al., Analysis of

physiological responses to a social situation in an immersive virtual environment, Presence Teleop. Virt. N° 15,

2006.

comportamento tenuto nelle interazioni sociali reali: quando l’avatar guardava il partecipante, quest’ultimo manteneva una distanza personale maggiore rispetto a quando l’avatar non lo stava guardando.

Un altro studio sull’argomento è stato condotto da Crystal Hoyt e colleghi12 del Dipartimento di

Psicologia della University of California di Santa Barbara, il cui scopo era quello di replicare gli aspetti psicologici classici nell’inibizione sociale attraverso l’utilizzo di un ambiente VR. Essi formarono un gruppo di partecipanti rispetto ad un task specifico e successivamente chiesero loro di eseguire lo stesso nell’ambiente virtuale sia in presenza di un altro avatar, sia da soli.

In accordo con la letteratura classica sull’inibizione sociale i partecipanti registrarono performance peggiori in presenza dell’altro avatar.

Lo studio dimostra dunque che, la presenza di un partner di interazione nello stesso ambiente spesso aumenta l’eccitazione nelle interazioni sociali virtuali nello stesso modo in cui accade negli ambienti reali.

Gli stessi risultati sono stati verificati da Mel Slater122, del dipartimento di scienze informatiche

del University College of London. Slater verificò i livelli di eccitazione, misurati attraverso risposte fisiche, come, ad esempio, il battito cardiaco e l’arrossamento della pelle, di un gruppo di soggetti all’interno di un ambiente virtuale. I risultati confermarono che i partecipanti registravano livelli di eccitazione più elevati quando all’interno dello stesso ambiente erano presenti altri avatar rispetto a quando i soggetti effettuavano le sessioni di training da soli e, quanto più gli avatar presenti coinvolgevano i partecipanti nella relazione, tanto più alto era il livello psicologico di eccitazione registrato.

Altri studi condotti sul tema, inoltre, hanno verificato questo tipo di relazioni attraverso l’utilizzo di elementi emotivi.

Dyck e colleghi, ad esempio, usarono il sistema FACS (Facial Action Coding System) per ricreare artificialmente negli avatar le espressioni facciali reali corrispondenti a sei emozioni. I risultati dimostrarono come le espressioni facciali delle emozioni manifestate dagli avatar furono dai partecipanti riconosciute come accurate e molto vicine alle naturali espressioni riprodotte dall’uomo reale. La conclusione fu dunque che gli avatar possono realmente essere utilizzati per comunicare emozioni:

“Virtual and natural facial displays of emotion may be equally effective. Improved technology (e.g. better modelling of the naso-labial area) may lead to even better results as compared to trained actors. Due to the ease

123 DYCK M., WINBECK M., LEIBERG S., CHEN Y., GUR R. C., MATHIAK K., Recognition profile of emotions

in natural and virtual faces, PLoS ONE N° 3, 2008.

124 QU C., BRINKMAN W.P., LING Y., WIGGERS P., HEYNDERICKX I., Conversations with a virtual human:

synthetic emotions and human responses, Comput. Human Behav. N° 34, 2014.

125 BENTE G., ESCHENBURG F., AELKER L., Effects of simulated gaze on social presence, person perception

and personality attribution in avatar-mediated communication, Presence, The Massachusetts Institute of

Technology, 2007.

with which virtual human faces can be animated and manipulated, validated artificial emotional expressions will be of major relevance in future research and therapeutic applications.”123

Sempre nell’ambito delle espressioni facciali, in uno studio condotto da Qu e colleghi124, fu

chiesto ad un gruppo di partecipanti di intrattenere una conversazione con una donna virtuale la quale, mentre dialogava con i partecipanti, era in grado di mostrare le proprie espressioni facciali, sia negative che positive.

I risultati dimostrarono che le emozioni esternate dalla donna virtuale attraverso le espressioni facciali durante l’interazione con i partecipanti evocavano negli stessi uno stato emotivo congruo. Inoltre, è stato notato che il grado di coinvolgimento nella situazione virtuale e l’estensione attraverso cui i partecipati hanno percepito l’interazione sociale virtuale come reale sono diversi tra gli individui.

Anche Bente e colleghi125 condussero uno studio sulle interazioni sociali in ambito VR. In

particolare studiarno le interazioni di un gruppo di partecipanti impersonificati in un avatar all’interno di un ambiente VR in cui erano presenti dei partner di interazione.

A questi partner venne manipolato lo sguardo in modo che il contatto visivo con i partecipanti durasse di più o di meno a seconda dell’incontro. I risultati mostrarono come i partecipanti valutarono in modo più positivo i partner il cui sguardo diretto durava più a lungo.

La realtà virtuale è dunque dimostrato essere un ottimo strumento per lo studio delle interazioni sociali e, questo tipo di esperimenti, possono essere d’aiuto per la comprensione di come diverse variabili interagiscono tra loro e permettono un avanzamento nella comprensione teorica del comportamento e dei processi cognitivi e sociali umani sia in ambienti virtuali sia, di riflesso, in quelli reali.

C’è evidenza in letteratura, infatti, che le sensazioni fisiche, il comportamento e le reazioni psicologiche di un soggetto durante le interazioni con altri avatar sono molto simili a quelle mostrate durante le interazioni tra uomini reali e questo grazie all’elevato senso di presenza e co-presenza permesso da questo tipo di ambienti.

Con l’evolversi delle tecnologie informatiche, inoltre, si sta sviluppando un senso sociale nuovo, il cui significato si riferisce ai comportamenti interpersonali dei soggetti coinvolti in interazioni sociali mediate dalla tecnologia e vissute sotto forma di simulazione. Secondo diversi studiosi, questa nuova forma di senso sociale ricoprirà un ruolo importante negli sviluppi futuri della comunicazione tra partecipanti e tra partecipanti ed assistenti virtuali, qui intesi come umani virtuali (avatar) dotati di intelligenza

126 GOFFMAN E., The presentation of self in everyday life, Anchor Books, New York, 1959.

127 JONES E. E., PITMAN T. S., Toward a general theory of strategic selfpresentation, Psychological

perspectives on the self , Vol. 1, General Learning Press, 1982.

artificiale il cui funzionamento all’interno di un ambiente VR non è controllato da un essere umano, bensì precedentemente programmato e controllato da algoritmi gestiti da computers. Gli umani virtuali che mostrano comportamenti simili agli umani reali, ad esempio avatar in grado di dare senso ad un’interazione e rispondere in modo naturale durante una conversazione, sono in letteratura chiamati Embodied Conversational Agents e, nelle ricerche condotte, è tipicamente fatta distinzione tra questo tipo di agenti e gli avatar controllati da persone e che rappresentano il proprio sé digitale.