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2. L’ESPERIENZA VIRTUALE, ANALISI PSICOLOGICA

2.1 Il concetto di presenza

Il concetto di presenza è da sempre ritenuto fondamentale per la comprensione dell’esperienza umana seppur diversi siano gli approcci utilizzati dagli studiosi nell’analisi della stessa nell’esperienza VR.

Alcuni ricercatori, ad esempio, enfatizzano l’utilità della presenza in relazione alle prestazioni dell’utente, altri rilevano come all’aumentare del grado di presenza percepito aumenti la

89 SLATER M., USOH M., Body Centred Interaction in Immersive Virtual Environments, in Artificial Life and

Virtual Reality, John Wiley & Sons, 1994.

90 SCHOLOERB D.W., A quantitive measure of Telepresence, Presence, Vol. 4, N° 1, The Massachusetts Institute

of Technology, 1995.

possibilità che il comportamento degli utenti in un ambiente virtuale sia simile, in condizioni analoghe, a quello della quotidiana realtà, altri ancora rilevano invece il valore euristico intrinseco che rappresenta lo studio della presenza in quanto utile alla comprensione del processo cognitivo umano.

Se diversi sono gli approcci nello studio della presenza, diverse sono anche le definizioni ad essa attribuite dagli studiosi. Tra queste, Mel Slater, docente presso il Department of Computer

Science dell’University College di Londra definisce la presenza come “la (sospensione della dis-) credenza” di essere situati in un mondo diverso da quello fisico89. Un altro interessante

punto di vista è proposto da David Schloerb, membro del MIT Touch Lab, che divide invece il concetto di presenza in presenza oggettiva e presenza soggettiva:

“A person is objectively present in a remote environment where the person is not physically present, if there is some type of causal interaction between the person and the environment. Clearly, a person can also be objectively present in his or her weal environment (where the person is physically present). It should also be clear to the reader that objective presence, without further specification, implies nothing about how the person feels. The degree of objective presence may be defined based on the probability that a given task is completed successfully. For example, a baseball player’s batting average is his or her degree of objective presence in the task of get- ting a hit. (...) An important category of objective presence is the case where the specified task is for a person to perceive that he or she is physically present in a given environment. For example, if you stop and think about it you will (no doubt) perceive that you are physically present in some environment (wherever you happen to be right now). This is subjective presence. The degree of subjective presence is defined to be the probability that a person perceives that he or she is physically present in the given environment.”90

In contrasto alla visione dualistica di Schloerb sono Giuseppe Mantovani e Giuseppe Riva che propongono una visione alternativa in cui il concetto di presenza è considerato come un costrutto sociale:

The meaning of presence depends on the concept we have of reality and that different ontological positions generate different definitions of Presence, Telepresence, and Virtual Presence. We believe that the definition of

91 MANTOVANI G., RIVA G., Rea Presence: How Different Ontologies Generate Different Criteria

for Presence, Telepresence, and Virtual Presence, Presence, Vol. 8, N° 5, The Massachusetts Institute of

Technology, 1999.

92 LOMBARD M., DITTON T., At the hearth of it all: The concept of presence, Journal of ComputerCommunication,

2007.

presence based on physical presence is not only critically unfounded but also deleterious for the development of VR and TS systems, which may thrive if used as effective tools to promote cooperation and communication in work environments. We propose an alternative conception of presence as a social construction, following an approach which is now strongly emerging in social psychology (Gergen, 1994). “Reality” is not out there in the world, somewhere “outside” people’s minds, escaping social negotiation and cultural mediation; reality is co- constructed in the relationship between actors and their environments through the mediation of the artifacts. If we arrive to view reality as socially constructed language is the most precious tool we have, as it circum scribes and structures the realm of “reality,” assigning precise places to things, actors, actions, and even intentions then we realize that all the experience that social actors can have of environments, both “natural” and “artificial,” is mediated.”91

Carrie Heeter, invece, propone di nuovo una suddivisione del concetto, individuando questa volta tre diversi tipi di presenza: la presenza personale soggettiva, la presenza ambientale e la

presenza sociale.

La prima, quella personale, è intesa come l’estensione attraverso la quale (e la ragione per cui) ci si sente in un mondo virtuale. La presenza ambientale è l’estensione attraverso la quale l’ambiente pare percepire la nostra presenza reagendo di conseguenza, mentre quella sociale rappresenta l’estensione attraverso la quale gli altri esseri (viventi o sintetici) esistono nel mondo ed interagiscono con noi.

Se diverse sono dunque le definizioni elaborate del termine presenza, un tentativo di darne una comune è dato dal contributo di Lombard e Ditton che analizzano i vari approcci utilizzati in letteratura nel concettualizzare il termine presenza al fine di dare una spiegazione unificata al costrutto. Il risultato della loro analisi sintetizza così la definizione di presenza:

“Presence is defined as the perceptual illusion of non-mediation (...), an illusion of non-mediation occurs when a person fails to perceive or acknowledge the existence of a medium in his/her communication environment and responds as he/she would if the medium were note there.”92

Al di la delle varie definizioni disponibili in letteratura sulla presenza, è utile notare come tra gli studiosi ci sia però accordo sui concetti base che la caratterizzano.

93 WITMER G.B., SINGER M.J., Measuring presence in virtual environments: A Presence Questionnaire,

Presence, Vol. 7, N° 3, The Massachusetts Institute of Technology, 1998.

94 LESSITER J., FREEMAN J., KEOGH E., DAVIDOFF J.D., A Cross-Media Presence Questionnaire: The ITC

Sense of Presence Inventory, Presence, Vol. 10, N° 3, The Massachusetts Institute of Technology, 2001.

95 WITMER B.G., SINGER M.J., Measuring presence in virtual environments: A Presence Questionnaire,

Presence, Vol. 7, N° 3, The Massachusetts Institute of Technology, 1998.

La letteratura sulla presenza, ad esempio, fa spesso riferimento al termine immersione, termine definito da Witmer e Singer, membri della U.S. Army Research Institute for the

Behavioral and Social Science, come uno stato psicologico caratterizzato dal percepire se

stessi avvolti, coinvolti e attivi in un ambiente che fornisce un flusso continuo di stimoli ed esperienze93.

Secondo Lassiter e colleghi, inoltre, approccio alternativo per definire il senso di presenza in un ambiente virtuale, è quello di considerare la realtà virtuale come un media, ovvero un mezzo di comunicazione attraverso il quale l’utente vive la propria esperienza.

In questo senso, essi suddividono le variabili che determinano il senso di presenza nell’esperienza dell’utente in due categorie: a) le caratteristiche del media e b) le caratteristiche dell’utente.

A loro volta, le caratteristiche del media sono state suddivise in a) forma del media e b) contenuti del media.

La forma del media si riferisce alle proprietà del mezzo di visualizzazione come, ad esempio, l’estensione delle informazioni sensoriali presentate, il grado di controllo che il partecipante ha nel posizionare i suoi sensori nell’ambiente e la capacità dell’utente di modificare aspetti dell’ambiente stesso, mentre i contenuti del media si riferiscono agli oggetti, agli attori e agli eventi rappresentati dal media.

Le caratteristiche dell’utente, invece, includono rilevanti aspetti individuali come le abilità percettive, cognitive e motorie dello stesso, le sue esperienze mediate precedenti, la durata dell’esposizione e/o interazione nelle precedenti esperienze VR e la propensione a sospendere l’incredulità94.

In fine, un altro fattore considerato influenzante nell’esperienza VR è, come sopra accennato, l’attenzione. In questo senso, Witmer e Singer sostengono che allocare sufficienti risorse nell’attenzione all’ambiente virtuale è una determinante importante della presenza95. Secondo

questa ipotesi, quanto più un utente focalizza la sua attenzione agli stimoli dell’ambiente virtuale, tanto più esso viene coinvolto nell’esperienza VR.