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LA GAMMA DI PRODOTTI E SERVIZI OFFERTI 2.1 L’ASSET MANAGEMENT

2.1.2 L’asset allocation

L’asset allocation è l’attività finalizzata a ripartire nel modo più opportuno tra varie asset class le risorse finanziarie dell’investitore, individuando la migliore composizione

53 MAININI Elena, Ufficio studi AIPB, “Il valore aggiunto della consulenza Private e i trend evolutivi

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di portafoglio sulla base degli obiettivi e del profilo del cliente, nonché dei principi di investimento dell’intermediario. Al di là di questa generica definizione si possono però individuare diverse tipologie di asset allocation, e le principali sono l’asset allocation strategica e l’asset allocation tattica.

-Asset allocation strategica: è l’attività finalizzata alla determinazione della composizione, espressa in termini di asset class, ovvero di mercati/categorie di investimento, di portafogli mobiliari da ritenersi ammissibili e ragionevoli in una

prospettiva temporale di medio-lungo termine (3-5 anni)54; è quindi relativa alle scelte

di medio e lungo periodo nella composizione del portafoglio. L’asset allocation strategica si prefigge, in primo luogo, di individuare una serie di macro-classi di attività che ripecchino gli obbiettivi, l’holding period, e il profilo di rischio del cliente.

La frontiera efficiente di Markowitz rappresenta il paradigma di base sul quale si regge

la moderna teoria di costruzione del portafoglio55; essa esprime (su un piano cartesiano

rischio-rendimento) l’insieme dei portafogli (combinazioni di asset class) che espongono al minor livello di rischio per ciascun livello di rendimento atteso (o che massimizzano il rendimento atteso per ciascun livello di rischio); l’insieme dei portafogli che si collocano sulla frontiera efficiente rappresenta il set di portafogli tra i quali delimitare la scelta di un investitore. La frontiera viene ricavata, con l’uso di una procedura iterativa, sulla base dell’algoritmo di Ottimizzazione media varianza (Mean Variance Optimization, MVO), i cui input sono rappresentati dai rendimenti attesi, i rischi attesi e le correlazioni tra le diverse asset class da inserire nel portafoglio; la procedura permette di stabilire i pesi percentuali da assegnare alle singole asset class per ottenere portafogli ottimi (cioè quelli posizionati sulla frontiera efficiente). Gli input sono stimati a partire dalle serie storiche delle varie asset class (dopo aver individuato un intervallo storico comune per tutte le asset class); gli indicatori utilizzati per la stima di rendimento e rischio sono rispettivamente il rendimento medio aritmetico e la deviazione standard (espressione dell’incertezza, della volatilità dei risultati rispetto alla media) dell’asset class; infine il concetto di correlazione tra le asset class è cruciale

54 MUSILE TANZI Paola, “Manuale del Private Banking”, Egea, Milano, Sesta edizione: 2013, pag.59 55 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Asset management e private banking: gestire con

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nella teoria del portafoglio, in quanto la diversificazione tra asset class aventi una bassa

correlazione incrociata riduce il rischio complessivo del portafoglio56.

Tuttavia l’evidenza empirica mostra che l’approccio di Markowitz restituisce portafogli dotati di scarso valore pratico, difficilmente accettabili (scarso grado di diversificazione dei portafogli efficienti; natura mono asset del portafoglio con massimo rendimento; assenza di alcune asset class in tutti i portafogli efficienti). Il limite principale è che il portafoglio costruito sulla base di tale approccio riflette in modo eccessivo la capacità di stimare i valori di rendimento, rischio e correlazione attesi; poiché tali variabili sono stimate sulla base di serie storiche, assumendo che i loro andamenti passati possano essere perfettamente rappresentativi di quelli futuri, le stime saranno necessariamente esposte a margini di errore capaci di creare indicazioni fuorvianti; la divergenza tra stime degli input ex-ante e loro valore riscontrabile ex-post compromette l’attendibilità delle performance che i portafogli efficienti possono realizzare nell’orizzonte futuro. In altre parole, il modello trascura l’estimation risk (rischio di stima) e gli estimation errors (errori di stima). Inoltre le principali critiche, che poi hanno dato luogo alla Post- Modern Portfolio Theory, all’interno della quale sono ricollocabili i molteplici miglioramenti o ampliamenti della teoria di Markowitz, focalizzano l’attenzione sull’inadeguatezza della varianza (o deviazione standard) come misura di rischio atteso; il motivo principale risiede nel fatto che la varianza è una misura di rischio simmetrica, e si basa sull’assunzione che i rendimenti abbiano una distribuzione normale. In realtà il concetto di rischio di un generico investitore è evidentemente asimmetrico, manifestando una netta avversione al rischio di perdite e non ugualmente al rischio di risultati migliori a quelli medi. Quindi, altre misure di rischio possono riflettere meglio le effettive preferenze degli investitori.

56 Il beneficio della diversificazione deriva dal fatto che il rischio di un portafoglio composto da n asset

class è INFERIORE alla media ponderata dei rischi di ciascuna asset class; in particolare, a parità di allocazione, quanto più è accentuata la dissomiglianza di comportamento tra le asset class incluse nel portafoglio, tanto maggiore è il beneficio della diversificazione. Detta p(i,j) la correlazione tra le asset class i e j, essa può assumere valori compresi tra -1 e 1. Se p=1: correlazione perfettamente positiva, cioè le asset class si muovono in modo perfettamente coincidente (se i aumenta di x, j aumenta di x)(in tal caso il mix delle due classi non determina benefici di diversificazione); p>0: correlazione positiva, cioè le asset class si muovono nella stessa direzione ma non all’unisono; p<0: correlazione negativa, cioè le asset class si muovono generalmente in direzione opposta, ma non perfettamente; p=-1: correlazione perfettamente negativa, cioè le asset class si muovono in modo perfettamente opposto (se i aumenta di x, j diminuisce di x); p=0: correlazione nulla, cioè tra le due asset class non è individuabile un legame significativo di comportamento. Si può concludere che il rischio di un portafoglio dipende da: -la sua composizione; -i rischi individuali delle asset class che lo compongono; -la correlazione tra coppie di asset class.

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I principali miglioramenti all’approccio di Markowitz consistono nell’applicare all’algoritmo MVO dei vincoli (“additional weights constraints”), che rappresentano delle restrizioni imposte al processo di ottimizzazione, al fine di stabilire un quadro all’interno del quale costruire i portafogli, ottenendo portafogli maggiormente diversificati; si può per esempio imporre un limite massimo al peso di una singola asset class all’interno del portafoglio; oppure una soglia minima o massima che un sotto- insieme di asset class, rispetto alla totalità di quelle selezionate, può assumere nel portafoglio. Ovviamente l’introduzione di vincoli presenta un costo in termini di efficienza (rapporto rischio-rendimento teorico), ed è quindi un processo molto delicato. Un’altra strada per ridurre i limiti dell’approccio di Markowitz consiste nell’applicare il modello di ottimizzazione media-varianza con metodologie che prevedono la costruzione di una fascia di frontiere efficienti (anziché di una singola frontiera), la cui ampiezza è variabile in funzione della rilevanza dei potenziali errori di stima associati all’analisi, e la formulazione di scenari multipli che alimentano il processo di stima. Individuata la frontiera dei portafogli efficienti, per determinare il portafoglio da adottare tra tutti quelli che ne fanno parte, occorre riferirsi alle funzioni di utilità dello specifico cliente, le quali individuano le combinazioni rischio-rendimento atteso che egli considera equivalenti e che possono essere posizionate su alcune curve di indifferenza; la funzione di utilità, quindi, individua il livello di rischio sopportabile dal cliente, e il rendimento addizionale che egli richiede per spostarsi da un portafoglio con un livello di rischio più basso ad uno con un livello di rischio più alto (questi due portafogli faranno parte della stessa curva di indifferenza). Il portafoglio ottimo risulta graficamente identificato al punto di tangenza tra la frontiera efficiente e la curva di indifferenza più alta che tocca la frontiera.

-Asset allocation tattica: è l’attività che consiste nella modifica dell’asset allocation strategica per rispondere alle variazioni estemporanee del mercato; riguarda quindi le scelte di breve periodo che nelle fasi congiunturali consentono di individuare le migliori opportunità di investimento. Questo, sovra o sotto pesando le asset class rispetto al benchmark strategico, al fine di migliorare la performance che il portafoglio normalmente registrerebbe nel medio periodo, approfittando di particolari andamenti di breve periodo, e della temporanea divergenza tra aspettative di breve e aspettative di lungo periodo (trarre profitto, rispettivamente con operazioni di smobilizzo e acquisto, da eventuali sopravvalutazioni o sottovalutazioni di classi di attività o di singoli

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strumenti finanziari). L' attività che conduce alla definizione dell'asset allocation tattica è spesso indicata come market timing o anche active asset allocation.

Tali transazioni tuttavia rischiano di alterare il peso delle asset class all’interno del portafoglio, modificando l’asset mix di lungo periodo predisposto nella fase di asset allocation strategica nel rispetto delle aspettative e della propensione al rischio del cliente. Per questo la fase di monitoraggio risulta essenziale.