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L’INFORMATION AND COMMUNICATIONS TECHNOLOGY COME FATTORE CHIAVE DI SUCCESSO

VALUE PROPOSITION E RAPPORTO BANCA BANKER-CLIENTE La value proposition di una Private bank deve essere in grado in primo luogo d

3.2 L’INFORMATION AND COMMUNICATIONS TECHNOLOGY COME FATTORE CHIAVE DI SUCCESSO

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ITC) sono l’insieme dei metodi e delle tecnologie che realizzano i sistemi di trasmissione, ricezione ed elaborazione di

informazioni (tecnologie digitali comprese)110.

Le innovazioni tecnologiche in generale hanno avuto un impattato notevole sulle imprese di servizi come le banche, influenzandone la strategia sotto una molteplicità di aspetti111:

110https://it.wikipedia.org/wiki/Tecnologie_dell%27informazione_e_della_comunicazione

111 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Wealth Management: oltre il private banking. Le

nuove strategie integrate della gestione patrimoniale”, Il Sole 24 ORE, Milano, 2002 (prima edizione), pag.16,17.

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-Internet e tutta l’economia online aiutano le società nell’analisi dei bisogni e della soddisfazione della clientela; il CRM è oggi uno dei pilastri nella strategia commerciale delle società finanziarie.

-Controllo dei rischi: l’asset liability management112 (ALM) è la nuova frontiera

dell’efficienza finanziaria delle banche nella loro attività di assunzione dei rischi e di gestione degli asset finanziari.

-Riduzione dei costi operativi, grazie all’automazione dei processi.

-Miglioramento della relazione cliente-banca: tale aspetto assume primaria rilevanza per gli operatori private, per i quali la costruzione di un rapporto di lungo termine, personalizzato e basato sulla fiducia rappresenta il must della value proposition; lo strumento è il rapporto che il banker, in particolare il relationship manager, costruisce con il cliente; la tecnologia, e in particolare la multicanalità, rappresenta un importante supporto per tale rapporto, migliorando e rendendo maggiormente dinamica l’interazione tra le due parti; la tecnologia si pone quindi come un sistema di canali che integra la relazione tra il cliente e il relationship manager.

I principali obiettivi degli investimenti in Information Technology (IT) (di cui fanno

parte hardware, software, e servizi IT113) sono:

-il miglioramento della qualità del servizio attraverso la gestione dell’informazione sul cliente (customer information management) e l’automazione dei canali di vendita; -la razionalizzazione del processo interno di gestione e controllo (strumenti IT quali Decision support system, Executive information system, Enterprise resource planning), al fine di ridurre i costi nel medio-lungo periodo114.

112 L’asset and liabilities management è un modello che consente di misurare per tutta l’operatività

finanziaria delle banche il livello di rischio di tasso e di esplicitare il potenziale di perdita o di profitti derivante da oscillazioni di tassi di mercato. Con ALM si intende normalmente l’insieme degli strumenti, delle regole e delle procedure organizzative finalizzate alla ottimizzazione del profilo di rischio- rendimento di una banca. FONTE: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/asset-and-liability- management-banche167.htm

113 Per servizi IT l’autore Beccalli Elena (si veda nota successiva), intende servizi di consulenza, servizi di

implementazione e installazione, addestramento e formazione, servizi di supporto.

114 BECCALLI Elena, “Investimenti in tecnologia e performance delle banche in Europa”, In: Banche e

87 3.2.1 Customer Relationship Management

Nel private banking il marketing è impegnato su molteplici fronti, tutti volti alla costruzione di un rapporto professionale e di fiducia con la clientela; in particolare i principali micro-obiettivi sono i seguenti115:

-customer knowledge (conoscere i propri clienti), -sviluppo di prodotti e servizi,

-comunicazione (come comunicare ai clienti attuali, a quelli potenziali e al mercato i generale),

-customer satisfaction (come verificare la soddisfazione e la fiducia dei clienti).

Il punto di partenza e elemento essenziale, che incide poi sugli altri obiettivi, è la conoscenza del cliente, da sviluppare attraverso la costante raccolta ed elaborazione di informazioni. È necessario che tale conoscenza sia dinamica, cioè risponda ai continui cambiamenti dei bisogni, delle aspettative e delle attitudini del cliente. L’infrastruttura tecnologica diviene basilare al fine di supportare la creazione di nuova conoscenza, attraverso tecniche di lettura e ricombinazione delle conoscenze esistenti, e di sostenere l’interazione e la relazione con i clienti116. In quest’ottica il CRM rappresenta uno strumento essenziale.

Il Customer Relationship Management (CRM) è definibile come un processo globale che permette ad una organizzazione di identificare, acquisire, mantenere, e nutrire

clienti redditizi, costruendo relazioni di lungo termine con essi117. È uno strumento di

marketing che, attraverso un sistema di tools integrati, permette di superare i limiti della “massa” e di approcciare segmenti di clientela in modo particolare. Attraverso il CRM è possibile analizzare ogni relazione con il cliente, definendo il valore di quest’ultimo e il suo potenziale di acquisto, fino a giungere alla conoscenza dei suoi interessi, delle sue abitudini, a monitorare, capire e soddisfare i suoi bisogni118, al fine di migliorarne la relazione con la banca e con i suoi rappresentanti (private banker).

115 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Marketing e Private Banking: il futuro delle

strategie commerciali nel Wealth Management”, Egea, Milano, 2004 (prima edizione), pag. 149.

116 PERSICO Sonia, “Aspetti di CRM nel settore bancario”, In: Banche e banchieri, Vol.34, n.4, 2007,

pp.341-346.

117 SIN, L. Y., TSE, A. C., and YIM, F. H., “CRM: Conceptualization and scale development”, In:

European Journal of Marketing, Vol. 39, n. 11/12, 2005, pp. 1264-1290

118 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Wealth Management: oltre il private banking. Le

nuove strategie integrate della gestione patrimoniale”, Il Sole 24 ORE, Milano, 2002 (prima edizione), pag.16.

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Il CRM è divenuto oggetto di ampia trattazione dalla fine degli anni Novanta, rientrando nell’ambito di studio della disciplina del marketing management, in quanto strumento orientato ai bisogni specifici del singolo cliente e alla gestione e mantenimento della relazione con quest’ultimo; il CRM è stato alimentato anche dal relationship marketing, che pone in rilievo l’importanza della dimensione relazionale all’interno delle dinamiche economiche, sia nei mercati dei beni industriali sia in quello dei servizi119.

Condizione essenziale per lo sviluppo di un programma di CRM è una cultura di impresa basata su valori guida incentrati sugli aspetti relazionali e fiduciari che ne

favoriscano la creazione di valore di lungo termine con i clienti120; e in ciò una private

bank dovrebbe essere ben preparata e avvantaggiata.

Una classificazione dei sistemi di CRM ampiamente accettata è la seguente (Shahnam, 2000): sistema di CRM analitico, sistema di CRM operativo, sistema di CRM collaborativo121.

-CRM analitico: insieme delle attività statistiche di analisi dei dati dei clienti (anagrafici, di prodotto, di comportamento,..)122, che utilizzano supporti informatici quali business intelligence e decision support system, e architetture informatiche basate sui data warehouse (database in cui vengono raccolti, dopo opportune operazioni di ripulitura e omogeneizzazione, tutti i dati che si ritengono importanti per l’attività della banca). Il CRM analitico gestisce e valuta le informazioni sui clienti, per una migliore comprensione di ciascun cliente, attuale e potenziale, e del suo comportamento; permette la segmentazione e profilazione comportamentale della clientela, anche tramite tecniche di data mining (servono per estrarre informazioni significative da dati grezzi, permettendo sia di creare un modello che descriva una specifica variabile target in termini di dati disponibili, sia di stabilire una ben precisa relazione tra tutte le variabili in gioco).

Nell’ambito del CRM analitico quindi si procederà alle attività di gestione delle informazioni sui clienti (customer data management) e di analisi dei dati clienti

119 PERSICO Sonia, “Aspetti di CRM nel settore bancario”, In: Banche e banchieri, Vol.34, n.4, 2007,

pp.341-346.

120 SIANO A., “Competenze e comunicazione del sistema impresa. Il vantaggio competitivo tra

ambiguità e trasparenza”, Giuffrè, Milano, 2001.

121 GEIB Malt, KOLBE Lutz M. and BRENNER Walter, “CRM collaboration in financial services

networks: a multi-case analysis”, In: Journal of Enterprise Information Management. Vol. 19, n.6, 2006 pp. 591-607.

122 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Marketing e Private Banking: il futuro delle

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(customer decision analysis). Il primo punto è fondamentale: è la fase di integrazione dei dati provenienti da tutti i canali di contatto (fondamentale sarà l’apporto del relationship manager; in più altre fonti interne sono le fabbriche prodotti interne), e prosegue con l’arricchimento delle informazioni sui clienti attraverso fonti esterne (fabbriche prodotti esterne, data provider finanziari, data provider commerciali) per giungere a ottenere una segmentazione (patrimoniale, comportamentale, ecc.) della base clienti. Con il secondo punto viene sviluppata un’analisi dei profili e dei bisogni della clientela che aiuta alla definizione di offerte commerciali (marketing automation, ossia generazione automatica di eventi commerciali).

Sulla base di questi input il private banker approccia il cliente in modo più sistematico, interattivo e personalizzato, essendo egli stesso il principale responsabile dell’attività di insight driven marketing (monitoraggio, automazione e personalizzazione degli eventi commerciali generati da sistema).

-CRM operativo: migliora l’efficienza dei processi di CRM e include soluzioni per l’automazione della forza vendita e del marketing, e la gestione dei call center e dei centri di interazione con i clienti123. È quindi quell’attività che consente alla banca di analizzare e coordinare le transazioni dei clienti attraverso i vari canali (nel wealth management principalmente attraverso il private banker, ma nei casi più evoluti anche attraverso mail, ATM, internet banking).

-CRM collaborativo: gestisce e sincronizza quegli strumenti e applicazioni (telefono, email, web) volte a migliorare le interazioni con il cliente.

L’attività di gestione delle informazioni è nel tempo divenuta sempre più complessa, a causa della sempre maggiore mole di dati reperibile da svariate fonti; l’esplosione dei “big data” (enorme quantità di dati archiviati che devono essere opportunamente classificati, trattati e analizzati, al fine di trarne indicazioni strategiche), se da un lato permette una conoscenza più approfondita e dettagliata del cliente, dall’altro può rendere fortemente complesso il processo di gestione e elaborazione dei dati stessi, rischiando che essi si presentino all’operatore come una mole infinita e indecifrabile di informazioni, che non aggiungono alcun valore al processo. Per tale motivo le private bank dovrebbero dotarsi, internamente o tramite partnership, di Data Scientist, cioè specialisti nella gestione e utilizzo dei big data; dovrebbero inoltre costruire una nuova

123 GEIB Malt, KOLBE Lutz M. and BRENNER Walter, “CRM collaboration in financial services

networks: a multi-case analysis”, In: Journal of Enterprise Information Management. Vol. 19, n.6, 2006, pp. 591-607.

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infrastruttura dati funzionale all’esigenza non solo di immagazzinare e archiviare

enormi quantità di dati, ma anche di gestirne la complessità e la variabilità124.

Tra le specificità del CRM nel private banking si possono annoverare particolari strumenti a supporto del private banker nella gestione del cliente, quali schede cliente aggiornate per ogni cliente trattato; moduli di campaign e alerting, per suggerire ai clienti nuovi prodotti o servizi sulla base dei vari feedback; cruscotto commerciale private banker, per valutare in termini statistici e dinamici il portafoglio clienti; integrazione CRM core con i moduli di e-wealth investment advisory o personal

financial planning; sviluppo metrica, per misurazione customer satisfaction125.

Fondamentale è la relazione tra relationship manager e servizio di CRM; i primi sono spesso convinti di conoscere i propri clienti e sono restii a concedere alla propria direzione tutte le informazioni in loro possesso sulle caratteristiche della clientela, e questo è un problema. Il triangolo relationship manager-CRM-wealth product è infatti la sfera centrale intorno alla quale far ruotare l’intera strategia della banca, ed è un punto molto delicato126.

Nel private banking deve prevalere un’analisi della clientela c.d. “soggettivamente relazionale” e “intima”127. Ciò significa che la vera fonte informativa risiede nella relazione tra cliente e banker, e quindi è il banker a fare la differenza come vero motore di alimentazione del CRM, essendo il primo soggetto in grado di fornire le corrette indicazioni alle strutture centrali per alimentare un completo set informativo necessario per analisi di CRM. Occorre quindi andare oltre la profilazione del cliente limitata alla mappa rischio/rendimento (sulla base di dati anagrafici, dati patrimoniali standard come patrimonio, prodotti utilizzati e numero di operazioni effettuate, e bisogni prettamente finanziari; tutte queste informazioni risiedono nelle piattaforme tecnologiche e da esse possono essere facilmente recuperate) e procedere verso una visione familiare e intergenerazionale della relazione (informazioni sulla vita quotidiana del cliente e della sua famiglia, sul patrimonio finanziario e non finanziario, sulla competenza finanziaria del cliente). Il traguardo ultimo del banker dovrebbe essere l’instaurazione di un

124 AVERY Helen, “Wealth management: big data, better relationship”. In: Euromoney, November

2015, p.56-58. www.euromoney.com

125 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Marketing e Private Banking: il futuro delle

strategie commerciali nel Wealth Management”, Egea, Milano, 2004 (prima edizione), pag. 165.

126 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Wealth Management: oltre il private banking. Le

nuove strategie integrate della gestione patrimoniale”, Il Sole 24 ORE, Milano, 2002 (prima edizione), pag. 229,230.

127 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Marketing e Private Banking: il futuro delle

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approccio “intimo”, nell’ambito del quale egli ha accesso a quelle informazioni riservate sul cliente e la sua famiglia ottenibili solo se il cliente di sua iniziativa e volontà si apre (informazioni complete sul patrimonio finanziario e non, anche presso altre banche e all’estero; informazioni più intime sulla sfera personale o familiare;..). Come esposto nel precedente paragrafo, le private bank, vista l’eterogeneità della gamma di offerta, hanno predisposto nel tempo sistemi di open architecture al fine di trarre valore aggiunto dalla collaborazione con professionisti esterni specializzati nei vari ambiti di disciplina. L’adozione di una piattaforma aperta influenza necessariamente le modalità di implementazione dei sistemi di CRM. Si manifesta cioè la necessità di creare un approccio integrato di CRM all’interno del network; non solo nel caso estremo di network strategico tra società indipendenti ma anche all’interno di un Gruppo bancario. A tal fine occorrerebbe integrare gli esistenti processi e sistemi di CRM dei vari operatori coinvolti nel network, e incentivare lo scambio e la condivisione delle informazioni, nel rispetto della privacy del cliente. In un network i sistemi di CRM devono essere perfettamente integrati; non è ad esempio accettabile la presenza di CRM operativi tra loro differenti e distinti, perché questo impone al relationship manager di dover consultare manualmente non una singola interfaccia utente, ma una molteplicità, e dover poi integrare i dati estrapolati dai diversi sistemi di CRM operativi. Una soluzione è l’adozione all’interno del network di un federated data storage (archivio dati “federale”), che permette una memorizzazione dei dati in parte centralizzata, in cui i relationship manager devono depositare le principali informazioni sul cliente e sul suo profilo di investimento, mentre i fornitori di prodotti (specialisti esterni) depositano le informazioni riguardanti i loro prodotti e servizi e i dati relativi alle transazioni. Inoltre occorre implementare meccanismi che consentano il consolidamento dei dati provenienti da differenti databases, attraverso ad esempio l’utilizzo da parte dei vari database dello stesso numero di identificazione per il singolo cliente (ID), oppure l’utilizzo di un algoritmo di corrispondenza in grado di individuare i dati appartenenti allo stesso cliente128.

Riassumendo, il CRM potrebbe essere definito come “una filosofia aziendale e una strategia di business volta a selezionare e a gestire le relazioni con i clienti di maggior

128 GEIB Malt, KOLBE Lutz M. and BRENNER Walter, “CRM collaboration in financial services

networks: a multi-case analysis”, In: Journal of Enterprise Information Management. Vol. 19, n.6, 2006, pp. 591-607.

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valore per l’azienda, attuando a tal fine un approccio di tipo integrato che coinvolga persone, reparti, procedure e tecnologie attraverso una cultura aziendale cliente-centrica, tale da poter supportare gli appropriati processi di raccolta dati e di azioni di marketing, vendite e fornitura di servizi per mezzo di applicazioni, organizzative e tecnologiche, in grado di veicolare delle efficaci relazioni con la clientela, stabilendo una comunicazione a due vie anziché solo da azienda a cliente, così da fidelizzarlo e accrescere la profittabilità”129.

Migliore gestione dei dati significa migliori relazioni. Con l’evoluzione nella gestione dati, la premessa su cui si è sempre fondata l’attività di private banking/wealth management, cioè di trattare ciascun cliente come un singolo individuo costruendo per esso soluzioni tailor made, può diventare sempre più concretamente perseguibile; si pensi all’enorme potenziale offerto dai social network, che permettono di venire a conoscenza di informazioni sulla vita quotidiana del cliente difficilmente ottenibili da un incontro formale. In tale ottica l’uso di strumenti digitali di CRM permette l’aggregazione e il feedback della molteplicità di dati, così che l’informazione risulti

effettivamente preziosa130. Secondo Paul Greenberg, uno dei massimi esperti mondiali

di CRM (inteso come gestione delle complesse relazioni tra imprese e consumatori), alle più tradizionali tecniche di customer relationship management le imprese sono chiamate ad integrare in modo equilibrato i social media e le dinamiche digitali, arrivando all’implementazione di un CRM che sia anche “social”; Facebook, Twitter e altre community non possono sostituire canali tradizionali come telefono, email o

messaggi, ma devono andare a costituire parte di un mix integrato131.

La sfida più grande posta al CRM è fare dialogare in maniera armonica i vari strumenti, creando un database informativo unico che consenta di gestire in modo coerente i dati provenienti dalla molteplicità di canali in gioco, generando valore per i clienti in ogni canale. Occorre che i big data siano raccolti tempestivamente e soprattutto siano centralizzati presso le piattaforme CRM; ciò richiede che i relationship manager, che rappresentano la principale fonte di raccolta delle informazioni, acquisiscano

129 PERSICO Sonia, “Aspetti di CRM nel settore bancario”, In: Banche e banchieri, Vol.34, n.4, 2007,

pp.341-346.

130 AVERY Helen, “Wealth management: big data, better relationship”. In: Euromoney, November

2015, p.56-58. www.euromoney.com

131 GRATTAGLIANO Fabio, “Aziende efficienti se il CRM è anche social”, In: IL SOLE 24 ORE, 10-

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dimestichezza nell’uso di tali piattaforme132. A partire dalle informazioni così raccolte,

resta infatti un compito del relationship manager quello di sfruttarle per intrattenere con il cliente conversazione approfondite e ricche di contenuto e scambio reciproco, indispensabili per entrare nell’ottica delle esigenze del cliente e della famiglia.

3.2.2 Multicanalità

Mentre il wealth management è da sempre un settore ancorato alle tradizioni e alle relazioni personali, i clienti oggi sono esposti a innovazioni continue che permeano molti aspetti della loro vita quotidiana; e i clienti percepiscono i benefici di queste innovazioni. Una sfida per il wealth management è quindi quella di migliorare l’esperienza del cliente sfruttando i nuovi canali digitali, senza rinunciare alla riservatezza e alla protezione del cliente133. Infatti, la lentezza nella diffusione delle tecnologie digitali nel wealth management è probabilmente da ascriversi alla natura

della relazione banker-cliente, connotata da riservatezza, privacy, rapporto personale134.

Posta la centralità del relationship manager nella strategia di una banca private, occorre però riconoscere che il suo ruolo non è probabilmente sufficiente per offrire alla clientela private un servizio eccellente, rendendosi necessario un approccio multicanale, cioè l’adozione di modelli di business basati su un utilizzo intenso dei canali virtuali on e offline integrato e a supporto dell’attività tradizionale dei private banker135.

In un contesto di multicanalità la soddisfazione del cliente dipenderà allora dalla qualità di tutti i canali offerti, e dalla possibilità di utilizzare l’uno o l’altro in modo alternativo in base alla specifica convenienza; da un lato i canali fisici (es. filiali) permettono la comunicazione diretta e face-to-face tra cliente e professionista/operatore; dall’altro i canali virtuali permettono un’interazione priva di contatto fisico, cioè tramite web o ATM, offrendo perciò la possibilità di un servizio disponibile sempre e ovunque; i canali virtuali, in particolare Internet, rappresentano inoltre una potentissima fonte di

132 AVERY Helen, “Wealth management: big data, better relationship”. In: Euromoney, November

2015, p.56-58. www.euromoney.com

133 “Wealth management and Private banking: Connecting with clients and reinventing the value

proposition”, DELOITTE, EFMA, 2015, pag.11.

134 PriceWaterHouseCoopers, “Global Private Banking and Wealth Management Survey 2013”, pag.45.

www.pwc.com/wealth

135 DELIA RUSSEL Theo, DI MASCIO Antonello, “Wealth Management: oltre il private banking. Le

nuove strategie integrate della gestione patrimoniale”, Il Sole 24 ORE, Milano, 2002 (prima edizione), pag. 242.

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informazione. Nello specifico, la qualità di un’offerta multicanale dipende da tre

fattori136:

-la qualità dei servizi fisici; -la qualità dei servizi online;

-la qualità dell’integrazione tra i precedenti.

Questi tre fattori influenzano in positivo la soddisfazione del cliente. È interessante notare che senza una buona integrazione tra i vari canali adottati, la qualità complessiva dell’offerta può essere compromessa; la qualità dell’integrazione multi-canale è la capacità di servire i clienti attraverso una molteplicità di canali con una esperienza di servizio “senza soluzione di continuità”; (quindi la possibilità per il cliente di passare facilmente da un canale all’altro con continuità e coerenza di contenuto).

Analizzando il concetto di multicanalità nell’ambito del settore bancario (quindi in modo generico e soprattutto riferito all’offerta retail) i canali digitali possono svolgere tre ruoli per il consumatore137:

1) Ricerca e informazione online: il consumatore utilizza canali digitali per raccogliere informazioni e indirizzare le proprie scelte di acquisto. I clienti bancari, soprattutto in Italia, generalmente preferiscono il face-to-face per concludere un affare, ma questo