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IL CASO INTESA SANPAOLO

4.3 Considerazioni conclusive

In questo capitolo abbiamo analizzato l’attività Private applicata a una esperienza concreta, quella del Gruppo Intesa Sanpaolo, al fine di ricercare se via sia una concreta corrispondenza rispetto agli elementi, delineati nei capitoli precedenti, che teoricamente dovrebbero caratterizzare un operatore Private. A tal fine abbiamo studiato l’offerta predisposta dalla divisione private del Gruppo in esame, che si compone sostanzialmente di due Reti private, quella di Intesa Sanpaolo Private Banking (rete di banker dipendenti) e quella del Gruppo Banca Fideuram (rete di banker promotori). Per quanto riguarda la gamma di offerta, possiamo concludere che quella predisposta da ISPB si avvicina maggiormente all’offerta private/wealth management “tipo”, in quanto affianca all’attività core di gestione patrimoniale e consulenza finanziaria anche quella gamma di servizi che hanno nel tempo arricchito il bagaglio del wealth management, fino a far evolvere l’attività verso una gestione a 360 gradi del patrimonio familiare, finanziario e non, dei clienti d’élite. A titolo d’esempio, ISPB, a differenza di Banca

0 10 20 30 40 50 60 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 C/I Ratio (%)

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Fideuram, offre servizi di Art Advisory e Real Estate. In effetti Banca Fideuram, pur rientrando nella divisione Private del Gruppo Intesa, appartiene più propriamente al mercato dell’Asset Gathering (mercato di riferimento di cui al 31/12/2014 risultava

leader)221, ed è specializzata nell’Asset management; tuttavia è pienamente compresa

anche nella classifica degli operatori italiani di Private banking (aggiudicandosi nel 2014, come sopra esposto, il terzo posto), in quanto in grado di offrire un servizio dedicato al segmento di clientela in esame, a cui appartiene quasi la metà degli asset amministrati da Banca Fideuram. Nonostante questa precisazione, in entrambi i casi in esame, l’offerta si arricchisce (oltre che dei classici prodotti e servizi di banking ordinario) di servizi di consulenza non finanziaria, in particolare consulenza fiscale, legale e successoria; la qualità dei servizi fiduciari è garantita dal supporto, sia per ISPB che per Banca Fideuram, di Società Fiduciarie appartenenti al Gruppo (in particolare, rispettivamente, Sirefid e Fideuram Fiduciaria, oltre che Intesa Sanpaolo Trust Company).

Per quanto attiene l’information and communications technology, e in particolare le soluzioni tecnologiche predisposte al fine di arricchire l’esperienza del cliente nell’ottica della multicanalità, Banca Fideuram risulta forse aver fatto maggiori pasi in avanti, soprattutto grazie alle applicazioni introdotte negli ultimi tempi; in particolare di rilievo sono le applicazioni volte a rendere più “digitale” il rapporto con il proprio private banker (come “Fideuram Mobile Solution”, introdotta a partire dal 2011, e “App Sei”, operativa a partire dal 2014). Per quanto attiene l’operatività personale del cliente, sia ISPB che Banca Fideuram, garantiscono una piattaforma per il banking online, che offre anche servizi online di Trading e Rendicontazione.

Per ciascuno degli operatori presi in esame, è stato analizzato l’andamento delle performance prodotte nel periodo 2007-2014 per cercare di capire se e in che modo esse abbiano risentito della Crisi finanziaria scoppiata nel 2007 e della successiva crisi del Debito sovrano che ha interessato il nostro Paese. Sia con riguardo a ISPB che a Banca Fideuram, possiamo riscontrare un buon andamento delle performance, in grado di superare velocemente gli effetti della crisi; entrambe, dato che l’attività core si sostanzia nell’asset allocation e nell’asset management, hanno risentito essenzialmente dei negativi effetti performance derivanti dallo sfavorevole andamento dei mercati

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finanziari, e dei conseguenti mutamenti nella predisposizione al rischio degli investitori. Tali effetti negativi sono stati circoscritti soprattutto all’esercizio 2008, al pari di quanto riscontrabile nell’andamento dell’intero mercato private italiano; nuove tensioni sui mercati finanziari sono riapparse nell’esercizio 2011 (con effetti più sulle performance di ISPB che non su quelle di Banca Fideuram).

L’evoluzione delle performance appare quindi in linea con le stime effettuate da AIPB, sintetizzate di seguito, circa l’impatto della crisi sul settore del Private Banking222. In base a tali stime il 2008 ha visto una contrazione del mercato Private di 85 miliardi di euro circa, pari ad un decremento del 9,8% rispetto al 2007; la causa è da individuare nel negativo effetto performance dovuto agli effetti della crisi finanziaria internazionale, che ha determinato l’andamento negativo dei mercati finanziari.

Dopo le performance negative del 2008, tuttavia, il biennio 2009-2010 ha registrato una crescita significativa della ricchezza finanziaria detenuta dalle famiglie Private, grazie alla rivalutazione degli stock in essere, al flusso di nuovi investimenti ed ai capitali rientrati in Italia con lo Scudo Fiscale. (A fine 2010, il mercato Private potenziale poteva contare su un totale di circa 892 miliardi di euro, con una crescita di quasi 90 miliardi di euro rispetto al 2008). I flussi di raccolta, le performance globalmente positive dei mercati nel biennio 2009-2010 e gli effetti dello Scudo Fiscale, hanno generato alcune variazioni nel portafoglio medio detenuto dalle famiglie Private; l’asset

mix medio nel 2010 ha visto un aumento della componente investita in polizze

assicurative, e una diminuzione della liquidità e degli strumenti monetari.

Il 2011 ha segnato una battuta di arresto del trend crescente, a causa dell’andamento negativo dei mercati finanziari a partire dal mese di luglio, che ha provocato una svalutazione globale degli asset delle famiglie private italiane. Le dinamiche negative dei mercati finanziari hanno provocato alcune variazioni nell’asset mix medio dei portafogli detenuti dalle famiglie private italiane, determinando una riduzione del peso degli asset più esposti all’andamento dei mercati; rispetto al 2010 si è assistito a un calo della percentuale di azioni nei portafogli private (-1,5%) e, seppur in misura lieve, di strumenti del risparmio gestito come OICR (-0,1%) e gestioni patrimoniali (-0,3%); conseguentemente è aumentato il peso percentuale del comparto obbligazionario, dei Titoli di Stato e dei prodotti assicurativi in generale. Il portafoglio medio a fine 2011

222 Tali stime sono state desunte a partire dai Bilanci ISPB (da 2008 a 2014), nella sezione “Il contesto di

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risultava composto dal 14% di liquidità, 25% di obbligazioni bancarie e corporate, 14% di Titoli di Stato e 6% di azioni (in calo).

A fine 2012 i dati AIPB e Prometeia stimavano una crescita del 4,8% nel mercato potenziale private, crescita derivante quasi esclusivamente da una rivalutazione degli asset finanziari (in un contesto di riduzione di nuovi investimenti da parte delle famiglie), grazie alle dinamiche positive dei mercati finanziari. Per quanto riguarda l’asset mix medio, rispetto al 2011 il portafoglio medio delle famiglie private ha visto una crescita della presenza dei titoli di Stato, favoriti dagli elevati rendimenti e dal disinvestimento in altre tipologie di strumenti; i cali maggiori sono stati registrati da strumenti come le gestioni patrimoniali e le obbligazioni corporate.

Nel 2013 è proseguito il trend di crescita, prevalentemente legato ancora ad un effetto mercato positivo, a fronte di nuovi flussi in leggera ripresa, per effetto del marginale miglioramento nel reddito generato da parte dei clienti private italiani e del perdurare dell’incertezza su investimenti in attività alternative. Per quanto riguarda l’asset mix medio, nel corso del 2013 le dinamiche dei mercati finanziari e la minore capacità di produrre reddito hanno spinto le famiglie private italiane verso una maggiore diversificazione dei propri portafogli, anche in una logica di maggior protezione del proprio patrimonio. In particolare, è stato registrato un incremento degli investimenti in fondi, e più in generale in prodotti di risparmio gestito, ed un contestuale deflusso dai prodotti di raccolta diretta; è cresciuto molto l’interesse verso il comparto assicurativo; la componente azionaria nei portafogli è rimasta stabile rispetto ai dati del 2012.

Nel 2014 la ricchezza finanziaria delle famiglie private italiane è ulteriormente cresciuta, raggiungendo il massimo storico di oltre 980 miliardi di euro. Relativamente all’asset mix medio, nel corso dell’anno, l’allocazione del risparmio delle famiglie private si è indirizzata verso i fondi (+1,5%), polizze (+0,9%) e gestioni patrimoniali (+0,5%). In calo depositi e titoli in amministrato, con l’eccezione della componente azionaria dei portafogli, in lieve incremento (+0,2%) per effetto della ripresa dei mercati azionari.

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La seguente tavola riassume l’evoluzione della ricchezza delle famiglie private italiane

nel periodo 2007-2014223:

Fig. 4.22 Evoluzione della ricchezza delle famiglie private italiane

Fonte: nostra rielaborazione da studi AIPB-Prometeia.

Nel quadro attuale, caratterizzato dal progressivo aumento della concorrenza, dall’andamento non sempre positivo dei mercati e dalla ridotta propensione al rischio degli investitori, una possibile fonte di stabilizzazione dei ricavi è da ricercarsi nell’attività di consulenza. Essa tuttavia, allo stato attuale, contribuisce in minima misura alla redditività complessiva; considerando il caso Intesa Sanpaolo, come evidenziato in precedenza, l’incidenza delle commissioni per Attività di consulenza sulle Commissioni attive totali è stata nel 2014, per ISPB e Banca Fideuram, rispettivamente pari allo 0,94% e al7,48%.

Secondo AIPB, quanto più il private banking riuscirà a proporsi quale “partner” con competenze consulenziali, offrendo servizi individuali, con soluzioni basate sull’analisi dei bisogni del cliente, tanto maggiore sarà il valore aggiunto percepito dal cliente e

quindi la sua disponibilità a pagare commissioni sul servizio225.

La crescita della gestione fai da te (e quindi la richiesta di supporti all’investimento) e l’importanza di offrire al cliente consulenza di elevata qualità rendono sempre più

223 Il contenuto della tabella fa riferimento alle stime elaborate da AIPB e Prometeia nelle seguenti

ricerche: “Stima del mercato potenziale Private al 2010”, “Stima del mercato potenziale Private 2013”, “Stima del mercato potenziale del Private Banking in Italia al 2014”.

224 L’effetto flusso è risultante dalla raccolta netta degli strumenti finanziari detenuti dalle famiglie private

e dall’effetto legato alle entrate ed uscite delle famiglie dal mondo private.

225 MAGGI Simona, Direzione scientifica AIPB, “Quale servizio e quale consulenza per il cliente private

di domani”, AIPB, Milano, 10 aprile 2014, pag.11.

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Stock (mld €) 891 804 869 892 859 900 936 985

Variazione% -9,8% 8,0% 2,7% -3,7% 4,8% 3,9% 5,2%

Effetto Performance -8,5% 3,3% 0,5% -2,4% 4,4% 3,1% 3,9%

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importanti i servizi di advisory, e la loro offerta non può avvenire senza un contestuale adeguamento dei modelli di pricing; occorre individuare soluzioni che possano permettere di trarre ritorno dalla fornitura di tali servizi; quindi ridurre i ritorni derivanti dalle attività di transazione e servizi di banking e puntare sulle commissioni di advisory226.

226 DELOITTE, EFMA, “Wealth management and Private banking: Connecting with clients and

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CONCLUSIONI

Abbiamo affrontato il tema del private banking, inteso in prima approssimazione come “un’attività di produzione e distribuzione di servizi di gestione, amministrazione e consulenza a favore di grandi patrimoni”227. In realtà l’eterogeneità dell’attività in questione, sia dal lato degli operatori che nel tempo si sono confrontati nel mercato in esame, sia dal lato dell’offerta di prodotti e servizi, rende difficile individuare una definizione univoca ed esaustiva. Nella prima parte del Capitolo 1 abbiamo dunque cercato di individuare non tanto una specifica nozione quanto quello che può essere considerato il denominatore comune dell’attività di private banking; lo abbiamo individuato nel concetto di “centralità del cliente”: si pone l’enfasi sull’idea di effettiva personalizzazione e valorizzazione, di capacità del private banker di costruire un’offerta ad hoc in base alle specifiche esigenze del singolo cliente; il private banker deve agire sul processo di interazione con il cliente, al fine di comprenderne i bisogni e costruire poi una proposta tailor made; in tal senso l’offerta deve essere di elevata qualità, cioè a elevato valore aggiunto per il cliente, tale da soddisfarne non solo i più imminenti obiettivi finanziari, ma anche quelli più generali, inerenti la cura intergenerazionale della ricchezza familiare.

Nel proseguo del Capitolo 1 abbiamo analizzato la struttura della domanda e dell’offerta.

Per ciò che concerne la domanda private potenziale, abbiamo anzitutto condotto un’analisi prettamente statistico-quantitativa: una volta inquadrata l’evoluzione e la composizione della ricchezza delle famiglie italiane (come risultante dalle ultime statistiche elaborate dalla Banca d’Italia), ci siamo focalizzati prima sulla ricchezza della clientela private a livello mondiale e poi sulla domanda potenziale private in Italia.

Secondo il “World Wealth Report 2015”228 nel corso del 2014 sia il numero di High Net

Worth Individual (HIWI) che la ricchezza da essi detenuta è continuata a crescere, seppure a ritmi molto più lenti rispetto al passato; con riferimento all’Europa, essa ha mantenuto un tasso di crescita sostanzialmente stabile. Relativamente all’Italia, sulla base dell’indagine annuale sul Private Banking in Italia realizzata da Magstat, è risultato, al 2013, un mercato private potenziale pari a circa 920 miliardi, di cui il 26,3% di masse non ancora catturate dagli operatori private. Secondo Aipb solo poco più della

227 RESTI Andrea (a cura di), “Il private banking: gestione del risparmio e della clientela – Strategie,

strumenti ed esperienze”, Edibank-Bancaria Editrice, Roma, 2003.

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metà della clientela potenziale usufruisce di un servizio di private banking; nel contesto di elevata competitività che ormai caratterizza anche l’attività in questione, è essenziale per gli operatori private riuscire a trasmettere anche agli individui più restii la convenienza e il valore aggiunto di un servizio ad essi rivolto in via esclusiva.

Sempre in tema di domanda, abbiamo proseguito con l’analisi della sua segmentazione; per poter sviluppare ed offrire un servizio “tailor made”, l’operatore è chiamato ad eseguire una segmentazione altamente dettagliata del cliente con cui entra a contatto, segmentazione che deve tener conto di una molteplicità di variabili (patrimoniali e finanziarie; personali e familiari). Un’adeguata segmentazione permette infatti una conoscenza più approfondita del cliente, dei suoi bisogni e delle sue propensioni, elementi essenziali per rafforzare la qualità del servizio e la fiducia e soddisfazione del cliente nel lungo periodo. L’offerta di un servizio ad elevato valore aggiunto per il cliente necessita quindi di una mole notevole di informazioni sullo stesso; l’operazione di costruzione di un database informativo accurato per ogni nucleo-cliente potrà avvenire solo col trascorrere del tempo, con l’evolversi della fiducia che l’individuo ripone nel proprio private banker.

Strumento essenziale per la concreta valorizzazione del set informativo è il sistema di Customer Relationship Management (CRM), che è stato analizzato nel Capitolo 3, nell’ambito delle soluzioni di Information and Communications Technology. A tale proposito, posta la necessità di una conoscenza del cliente dinamica, cioè rispondente ai continui cambiamenti dei bisogni, delle aspettative e delle attitudini dello stesso, l’uso di strumenti digitali di CRM permette l’aggregazione e il feedback della molteplicità di dati, così che l’informazione risulti effettivamente preziosa. In particolare, abbiamo osservato che nell’ambito del private banking la vera fonte informativa risiede nella relazione tra cliente e banker, e quindi è il banker a fare la differenza come vero motore di alimentazione del CRM. Ciò richiede che i relationship manager acquisiscano dimestichezza nell’uso delle piattaforme di CRM, in quanto è a partire dalle evidenze in esse raccolte ed elaborate che si costruirà la specifica offerta. Con l’evoluzione nella gestione dati, la premessa su cui si è sempre fondata l’attività di private banking/wealth management, cioè di trattare ciascun cliente come un singolo individuo costruendo per esso soluzioni tailor made, può diventare sempre più concretamente perseguibile, soprattutto se alle più tradizionali tecniche di customer relationship management si integreranno, in modo equilibrato, nuove fonti informative, quali i social media.

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Proseguendo con Capitolo 1, abbiamo analizzato l’offerta private, individuando le categorie di intermediari che nel tempo si sono confrontate con l’attività di private banking/wealth management, e i nuovi player che potrebbero rappresentare una minaccia competitiva per le private bank tradizionali (primi fra tutti gli “Automated Advisory Services” o “Robo-Adviror”). In particolare, abbiamo evidenziato quali sono gli operatori di spicco che ad oggi risultano attivi nel private banking a livello domestico (Banche commerciali italiane, Banche d’affari straniere, Private bank indipendenti, Reti di promotori finanziari, Family Office, boutique finanziarie, Sgr, Sim).

A conclusione del Capitolo 1 abbiamo analizzato le opzioni implementabili dagli operatori in termini di struttura organizzativa, focalizzando l’attenzione sulle soluzioni adottabili dalle banche commerciali (che rappresentano nel nostro Paese le strutture più diffuse); alla luce dell’evoluzione della gamma di servizi e prodotti, sempre più orientata verso la gestione a 360 gradi del patrimonio familiare, finanziario e non, del cliente, le competenze e il know how richiesti si fanno più complessi ed eterogenei; riteniamo pertanto necessario che il modello organizzativo adottato garantisca una chiara distribuzione delle skills all’interno e all’esterno della divisione private, con una netta suddivisione dei ruoli e la creazione di un network esterno di specialisti, così da garantire un’offerta ad elevato valore aggiunto in tutti i campi di interesse, senza ovviamente compromettere il carattere di riservatezza della relazione banker-cliente. Il Capitolo 2 è stato dedicato all’esposizione della gamma di prodotti e servizi ricompresi nell’offerta private.

Nonostante l’evidenza empirica dimostri che l’attività di private banking si è ormai spostata verso una gestione a 360 gradi su tutte le sfere, finanziarie e non, di interesse delle famiglie degli HNWI, l’asset management, e in particolare la Consulenza in materia di investimenti e la Gestione di portafogli, continua a rappresentare a tutti gli effetti il core business del wealth management. Alla luce della Direttiva MiFID, è stata posta l’attenzione sulla valutazione di adeguatezza richiesta agli intermediari nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento appena citati, sulla base delle interpretazioni elaborate anzitutto dagli Orientamenti ESMA e a seguire dall’ABI e dall’AIPB; quest’ultima è intervenuta sul tema al fine di individuare gli eventuali contenuti di differenziazione del servizio di consulenza Private, specificando da un lato l’effetto del principio di proporzionalità sulla profilazione cliente/prodotto e sulla

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valutazione di adeguatezza, dall’altro il ruolo che il private banker deve svolgere nell’ambito della valutazione stessa.

Sempre in relazione all’attività di asset management, e in particolare alle scelte in termini di composizione della gamma di offerta, le evidenze dimostrano che le banche private sono sempre più orientate verso una “specializzazione ragionata”; si allontanano cioè dalla produzione totalmente in house, optando per modelli che garantiscano anche la possibilità di selezionare prodotti di case di investimento terze, presenti “a scaffale”, da sfruttare in modo complementare tra loro e in funzione delle peculiarità della propria clientela.

Per quanto riguarda il modello operativo di erogazione dei servizi di consulenza e gestione patrimoniale, questo è stato delineato nelle sue varie fasi: Diagnosi, Profilazione, Definizione della strategia di investimento, Distribuzione, Operation, Monitoraggio; secondo studi AIPB risultano cruciali, per la customer satisfaction, le fasi a monte del servizio; fondamentale per mantenere la fiducia del cliente e assicurare la continuità del rapporto nel lungo periodo è anche la fase di monitoraggio.

La trattazione dell’attività di asset management si è conclusa con cenni all’attività di asset allocation, e con una sintetica esposizione della asset class, tra quelle “alternative”, che attualmente risulta la più rilevante, cioè quella degli Hedge Fund.

Come già premesso, un’offerta private che possa considerarsi completa non può limitarsi all’attività di asset management; la private bank deve soddisfare il cliente lungo tutte le sue necessità, a partire dalle esigenze di banking ordinario, continuando con le esigenze di finanziamento, di protezione, di consulenza fiscale, di pianificazione previdenziale e successoria. A conclusione del Capitolo 2 abbiamo, in particolare, approfondito il contenuto dei servizi di Real Estate wealth management e Art Banking, il cui interesse trova ragione nell’elevato tenore di vita della clientela private, che alimenta la propensione verso investimenti in grado di offrire un rendimento emozionale intangibile, connesso al piacere estetico o al prestigio sociale.

Nel Capitolo 3 sono stati individuati i punti focali che dovrebbero guidare la value proposition di un operatore private, tali da renderlo in grado di cogliere le nuove istanze della domanda e di fronteggiare al meglio le minacce provenienti dalla concorrenza. I principali fattori che dovrebbero connotare un’offerta private integrata e completa riguardano da un lato la modalità con cui l’operatore predispone la gamma di servizi e prodotti, dall’altro la modalità con cui viene gestita e curata la relazione con il cliente.

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Sotto il primo aspetto, la risposta può essere individuata nel concetto di “open architecture”: in un contesto in cui i clienti private non si accontentano più della sola gestione del patrimonio finanziario, ma richiedono un servizio di gestione e consulenza