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4.8 Misurare la fedeltà

4.8.1 Importanza del valore percepito e della customer equity

4.8.1.1 Il modello della switching matr

Un metodo più sofisticato per introdurre nel modello del customer equity i concetti di fedeltà, mantenimento, abbandono, rientro, numero atteso di clienti, valore atteso degli acquisti, consiste nella costruzione di uno stru- mento matematico, la switching matrix (Rust et. Al, 2001).

Si tratta una matrice bidimensionale, il cui elemento di indici i e j rappre- senta la probabilità che un cliente che all’ultimo acquisto ha scelto la marca i scelga al prossimo acquisto la marca j.

L’uso della matrice, anziché dei tassi o probabilità di migrazione caratte- rizzanti i vari modelli presenti in letteratura, ha il vantaggio di specificare le probabilità del prossimo acquisto senza specificare quando esso avverrà, potendo stimare gli acquisiti futuri di un determinato cliente per ogni mar- ca.

Assegnando ad ogni acquisto una stima del valore e attualizzandolo in base al tempo di acquisto si arriva dunque a valutare il customer equity di quel cliente per ogni marca. Un esempio di switching matrix fra due mar- che è

=

5

.

0

5

.

0

3

.

0

7

.

0

S

La probabilità che il cliente dopo l’acquisto della marca A compri ancora A è 0.7, mentre la probabilità che passi all’acquisto successivo alla marca B è 0.3. Se invece il cliente ha acquistato B l’ultima volta, il prossimo acquisto ha la stessa probabilità di essere della marca A o della marca B.

Essendo una matrice markoviana, la switching matrix ha una proprietà importante: le probabilità dello i-esimo prossimo acquisto sono rappresen- tate dalla i-esima potenza della matrice. La seconda potenza di S è

=

40

.

0

60

.

0

36

.

0

64

.

0

2

S

La probabilità che il cliente, dopo avere scelto la marca A, al secondo prossimo acquisto scelga ancora A è 0.64.

È chiaro che disporre della switching matrix significa poter calcolare il numero di clienti al tempo t in modo più raffinato che non usando semplici tasso di mantenimento e abbandono; in più, si può modellare il rientro do- po un temporaneo abbandono.

L’uso della matrice anziché dei tassi o probabilità di migrazione ha anche il vantaggio di specificare le probabilità del prossimo acquisto senza specifi- care quando avverrà questo acquisto (Rust et. Al, 2001). Perciò non co- stringe a usare una sola unità di tempo in tutto il modello e per ogni clien- te; è possibile seguire l’evoluzione nel tempo degli acquisti di un cliente senza imporre una frequenza predeterminata.

Un accorgimento utile è l’inserimento di una marca fittizia, che rappre- senta il non acquisto. Questa permette anche di rappresentare la mancanza di acquisto in un certo periodo di tempo, se si preferisce impostare l’analisi in questo modo.

Infine, la switching matrix permette di modellare simultaneamente varie marche, dell’impresa ma anche altre, e quindi permette di disaggregare in modo elegante le previsioni di acquisto. Disponendo della switching matrix di un cliente si possono stimare gli acquisiti futuri di quel cliente per ogni marca; assegnando ad ogni acquisto una stima del valore e attualizzandolo

in base al tempo di acquisto si arriva dunque a valutare il customer equity di quel cliente per ogni marca.

A questo punto resta la questione del reperimento dei dati empirici da in- serire nel sistema di BI e da elaborare per stimare le grandezze VE, BE, RE in funzione degli 11 subdriver prima introdotti.

Per raccogliere i dati andranno somministrati degli opportuni questionari ai clienti, procedendo poi con le necessarie elaborazioni statistiche.

Il problema di rilevazione sappiamo essere relativo ai valori non osserva- bili specificati in un modello. Essi devono deve essere determinati, abbiamo detto, in base a valori osservabili con un algoritmo: quindi in un DW il valo- re di un attributo non osservabile deve essere correlato usando metadati a valori osservabili esplicitamente rappresentati e ad un algoritmo.

Con la rappresentazione esplicita dei valori osservabili di partenza ci si ri- serva di ricalcolare in futuro il valore non osservabile quando fossero di- sponibili altri dati o altri algoritmi, o forse anche un modello teorico diver- so.

Consideriamo il modello appena visto, che esprime il customer equity in funzione di 3 driver (value equity, brand equity, relationship equity) e que- sti in funzione di 11 subdriver. In questo caso, nei metadati andranno inse- riti i descrittori degli algoritmi che dai subdriver risalgono ai driver e quindi al customer equity. Supponendo che si tratti di algoritmi di analisi delle componenti principali e regressioni logistiche, andranno registrati i modelli usati, le ipotesi di partenza, i protocolli d’uso. Successivamente, andranno inseriti nel DW i valori delle grandezze non osservabili in gioco, quindici nel nostro esempio, correlandoli opportunamente fra loro e con gli algoritmi. Infine si inseriranno nel DW i dati osservabili di partenza. Questi, come or- mai è chiaro, saranno estratti dai questionari compilati dai clienti.

In un contesto di marketing one-to-one è possibile che ad ogni cliente sia somministrato il questionario; in altri contesti invece solo un campione di clienti avrà risposto al questionario. Nel secondo caso i dati del questio- nario saranno attribuiti ai segmenti di clienti, anziché ai singoli clienti (ri- proponendo le considerazioni già svolte sulle implicazioni dell’aggregazione dei dati come euristica).

Quello che in questo contesto ci interessa è capire come le risposte di un questionario possano essere usate nel modello di customer equity presen-

tato. A tale scopo, supponiamo di voler modellare il customer equity dei clienti di una compagnia di trasporto aereo.

Per costruire le probabilità di transizione da una compagnia all’altra (che entreranno nella switching matrix), al cliente andrà chiesto:

1. con quale compagnia ha fatto il suo ultimo volo;

2. con quali compagnie potrebbe fare il suo prossimo volo, asse- gnando a ognuna una probabilità.

Queste due domande non permettono di costruire la switching matrix, perché le risposte sono relative al momento dell’intervista e perché il clien- te al momento si trova in uno stato e quindi può parlare solo delle probabi- lità di transizione a partire da quello stato (una riga della switching matrix).

Tali risposte, ad ogni modo, contribuiscono evidentemente alla determi- nazione della switching matrix, unitamente ad altri dati dello stesso cliente e ai dati analoghi di altri clienti.

L’ideale sarebbe farsi dettare la switching matrix dal cliente stesso, ma naturalmente questo non è realistico.

Successivamente, al cliente andrà chiesto: 1. quali sono le sue frequenze di volo e 2. quale è l’importo medio dei suoi biglietti.

Le risposte serviranno a calcolare il suo customer equity una volta che sia nota la switching matrix.

Quindi sarà necessario chiedere al cliente informazioni relative ai driver del value equity, che sono la qualità, il prezzo e la convenienza. Le doman- de potrebbero riguardare, ad esempio, il giudizio sul grado di qualità sia della nostra che delle compagnie concorrenti prese a benchmark. Quindi, gli si potrebbe chiedere come egli vede il rapporto fra prezzo pagato per il servizio e valore che egli attribuisce al servizio stesso, ancora sia riguardo a noi che ai nostri concorrenti. Una o più altre domande riguarderanno la convenienza, quindi la facilità di prenotazione, la disponibilità delle tratte desiderate e simili.

Le risposte a queste domande sono valori di attributi osservabili. Appli- cando gli opportuni protocolli statistici si arriverà a quantificare dei valori

per i subdriver qualità, prezzo e convenienza e per il driver value equity. Analogamente si procederà per brand equity e relationship equity.

Quanto visto, ossia le attività di valutazione dello stato delle relazioni e della customer equity, rappresentano la prima fase del processo di custo- mer marketing ( glossario), che ambisce alla produzione di contesti di interazione con i clienti adatti a sviluppare le relazioni verso stati, mentali e comportamentali, prossimi alla loyalty, prevedendo la progettazione e rea- lizzazione di tutte le attività aziendali con l’intento di consolidare le relazio- ni con i clienti (Costabile, 2001).

Si tratta di un processo di analisi di tutte le informazioni provenienti dalle tradizionali indagini sulla soddisfazione del cliente, dalle indagini usage and attitude, dall’esame (con gli strumenti di DM) dei customer DB, dai sistemi di profilazione dei comportamenti dei clienti e dei loro descrittori socio- demografici. Tutte queste indagini permettono di quantificare le diverse accezioni del valore per il cliente, mirando alla comprensione degli orien- tamenti, delle opinioni, dei comportamenti di consumo e degli stili di vita della base clienti e indagando sulla soddisfazione dei clienti relativamente a diversi elementi riconducibili alle aree d’interesse per l’impresa (cfr.analisi qualitativa e quantitativa, par.4.3).

Nel caso, ad esempio, di un’azienda che si occupa di telefonia mobile, le aree d’interesse potrebbero essere la rete, i processi di vendita, il servizio clienti, l’offerta, l’immagine e così via.

Nella seconda fase, la gestione del customer marketing prevede la pro- gettazione e realizzazione di iniziative ad hoc per il loyalty management (profilazione del cliente e servizio clienti).

Customer marketing e CRM permettono la progettazione e la gestione di tutte le iniziative volte a potenziare le relazioni e la loyalty. In buona so- stanza, le iniziative di marketing vengono progettate o riprogettate con prioritaria attenzione agli effetti che potrebbero avere sulle relazioni con la base clienti, ma esula dallo scopo di questo lavoro approfondire ulterior- mente.