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Elisa Chiaf

volontariato 1.649.216.820 399.834.477 2.049.051.297 80,5 Cooperazione e solidarietà

3.4 Le att ività

Analizzare il valore dell’impresa sociale non può prescindere dal considerare il suo operato, in che modo e att raverso quali att ività essa entra in relazione con la collett ività. Ai sensi del d.lgs. 112/2017, modifi cato dal d.lgs. 95/2018, le impre- se sociali “esercitano in via stabile e principale un’att ività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per fi nalità civiche, solidaristiche e di utilità so- ciale, adott ando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggett i interessati alle loro att ività” (art. 1, d.lgs. 112/2017).

Mantenendo il focus sui sett ori citati nel paragrafo 3.3, le att ività svolte dalle imprese sociali sono sopratt utt o quelle riportate nelle Figure 3.1, 3.2, 3.3,

3.4, che fanno riferimento all’intero mondo delle organizzazioni non profi t nel 2015 e che includono quindi anche le imprese sociali.

Prevalgono per numerosità le organizzazioni che erogano servizi di assi- stenza sociale (più di 29 mila), mentre nell’ambito della sanità operano 11.190 realtà. Seguono le organizzazioni att ive nell’istruzione primaria e secondaria (6.945) e le organizzazioni che creano inserimento lavorativo (5.897).

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Servizi di assistenza sociale (24.944) Protezione civile e assistenza nelle emergenze (3.802)

Erogazione di contributi monetari e/o in natura (2.132)

Figura 3.1 Organizzazioni non profi t att ive

nell’assistenza sociale e protezione civile. Anno 2015. Valori assoluti. Fonte: Elaborazioni proprie su dati Istat.

Mensa sociale e/o pasti a domicilio 3.022

Trasporto sociale 6.042

Sviluppo economico e coesione sociale

Addestramento, avviamento professionale e inserimento lavorativo

Orientamento professionale 4.666

Inserimento lavorativo in impresa o cooperativa 5.096

Tabella 3.4 Organizzazioni non profi t per att ività svolte: focus su quatt ro sett ori. Anno 2015. Valori

assoluti. Fonte: Elaborazioni proprie su dati Istat.

L’immagine che emerge è senza dubbio quella di un sett ore att ivo in ambiti di uti- lità sociale le cui fi nalità sono ulteriori rispett o al semplice fi ne di “fare impresa”: att raverso lo svolgimento delle att ività “tipiche” le imprese sociali perseguono anche l’inclusione sociale dei citt adini, in particolare di quelli più fragili. Questa è la sostanziale diff erenza tra l’impresa sociale e le imprese for profi t che svolgono att ività fi lantropiche, utilizzando parte degli introiti derivanti dall’att ività princi- pale, sott o forma di Corporate Social Responsibility.

Fare della responsabilità sociale la principale att ività, realizzare l’inclusio- ne delle persone più fragili, supportare i citt adini nei propri bisogni educativi, sociali, assistenziali e culturali, tutelare l’ambiente e diff ondere tale approccio, costituiscono la natura stessa dell’impresa sociale. Così come consentire a cir- ca 700 mila persone di far diventare tale att ività il proprio lavoro, e contribuire a creare una cultura aziendale legata fortemente a tale mission.

Misurare il valore dell’impresa sociale signifi ca dunque considerare non solo il numero delle organizzazioni, dei lavoratori dipendenti, o il valore della produzione. Signifi ca considerare cosa sarebbe il Paese, oggi, se non vi fossero più le oltre 100 mila organizzazioni att ive nel garantire i diritt i e nel consentire lo sviluppo del singolo e della collett ività. Tutt o questo vale molto più del 3% del prodott o interno lordo e sposta l’att enzione verso il Benessere Interno Lordo, un concett o che con la legge 163/2016, è entrato per la prima volta nella defi nizio- ne delle politiche economiche, portando l’att enzione sul loro eff ett o anche su alcune dimensioni fondamentali per la qualità della vita, quelle di cui si cerca di tenere conto con gli indicatori del BES, il Benessere Equo e Sostenibile.

Provando a misurare “quanta parte del Benessere Equo e Sostenibile” è prodott o dalle imprese sociali e più in generale dalle organizzazioni non profit

market oriented, si rileva subito che le 12 dimensioni del benessere considerate

per misurare il BES di un territorio (att raverso un set di indicatori),2 si ricollegano

strett amente ai temi presidiati dall’impresa sociale.

2 Si veda il Progett o BES su htt ps://www4.istat.it/it/benessere-e-sostenibilità Le 12 macro variabili considerate sono: Salute / Istruzione e formazione / Lavoro e Un’analisi più precisa delle att ività svolte (che vada oltre l’att ività prevalente) è

possibile presentando tutt e le att ività in cui le organizzazioni considerate opera- no (Tabella 3.4).

Istruzione e ricerca

Istruzione primaria e secondaria

Istruzione in scuole dell’infanzia (materne) 9.991 Istruzione in scuole primarie (elementari) e/o scuole secondarie di primo grado

(medie) 8.537

Istruzione in scuole di secondo grado (superiori) 4.260 Corsi integrativi del curriculum scolastico (corsi e/o laboratori di musica, lingua,

teatro, ecc.) 11.514

Supporto all’istruzione 5.031

Sanità

Altri servizi sanitari

Servizi sanitari a domicilio 2.603

Servizi ambulatoriali 2.426

Soccorso e trasporto sanitario 4.409

Donazioni di sangue, organi, tessuti e midollo 5.239

Att ività di Pet Therapy 1.751

Servizi di accoglienza e/o orientamento (sportelli per immigrati, servizi di accesso

all’assistenza sanitaria) 3.515

Promozione della salute ed educazione agli stili di vita salutari 10.405

Assistenza sociale e protezione civile

Servizi di assistenza sociale

Gestione di strutt ure socio-educative per la prima infanzia (asili nido) 3.466 Gestione di centri diurni (anche estivi) e strutt ure semi-residenziali 5.981 Gestione di strutt ure socio-assistenziali residenziali (escluse quelle che forniscono

servizi sanitari) 5.038

Assistenza domiciliare (aiuto domestico e/o sostegno in ospedale o residenza

protett a) 6.654

Gestione di centri/sportelli di accoglienza, orientamento e/o ascolto tematico 9.423

Pronto intervento sociale 3.970

Interventi per l’integrazione sociale dei soggett i deboli o a rischio (incluse le misure

alternative alla detenzione) 13.123

Interventi di supporto alle vitt ime di reati 1.257 Accoglienza temporanea di minori stranieri non accompagnati 1.364 Sostegno socio-educativo scolastico, territoriale e domiciliare 11.037

Mediazione e integrazione interculturale 6.018

Per quanto att iene la “partecipazione culturale”, è importante tenere presente il ruolo dell’impresa sociale nel mondo della cultura, uno dei sett ori a maggior pre- senza di organizzazioni non profi t e – in percentuale – anche di imprese sociali. Sono più di 10 mila le organizzazioni che operano nella gestione delle biblioteche e degli archivi, sono più di 46 mila quelle che operano nel mondo del teatro, della musica e della cinematografi a, più di 27 mila le realtà che organizzano esposizioni e/o mostre, più di 35 mila quelle che propongono corsi tematici, più di 30 mila quelle che tutelano, valorizzano e promuovono il patrimonio culturale.

Se poi si guarda alle variabili e agli indicatori che – nella misurazione del BES – si riferiscono al tema della povertà e al suo contrasto, è impossibile ra- gionare oggi in Italia senza considerare le organizzazioni non profi t e le imprese sociali quali concreti att ori delle politiche contro la povertà. Nel “contrasto alla

povertà materiale, alla povertà abitativa, alla diffi coltà economica”, nel “suppor- to al lavoro” sopratt utt o delle fasce deboli si trovano tutt e le organizzazioni che

sostengono i citt adini più fragili sia con aiuti (10.800 realtà che si occupano di raccolta e distribuzione di vestiario, pacchi alimentari, medicinali e att rezzature), sia con contributi in denaro (le 5 mila realtà che erogano contributi economici a integrazione del reddito), sia con azioni che mirano all’housing sociale, all’inseri- mento lavorativo (più di 5 mila realtà att ive in questo ambito, di cui circa la metà sono cooperative sociali di tipo B), all’off erta di servizi di bassa soglia, a sportelli di ascolto e indirizzo. Se poi si considera la dimensione della “qualità dei servizi”, le variabili che riguardano i “posti lett o nei presidi residenziali socioassistenziali

e sociosanitari”, il “numero di anziani tratt ati in assistenza domiciliare”, la “diffi - coltà di accesso ad alcuni servizi” rimandano in maniera dirett a al tasso di diff u-

sione di imprese sociali nei territori di riferimento.

Questa presenza diff usa si ricollega dirett amente all’elemento che contri- buisce in misura più incisiva al BES, la “generazione di fi ducia”. Poiché la fi ducia dei citt adini nella società, nel proprio futuro, nel sentirsi in grado – o quantome- no avere la possibilità – di vedere soddisfatt i i propri bisogni e vivere una vita migliore dipende fortemente da chi quella società la abita (Volpato, 2019), più un contesto è popolato da soggett i del terzo sett ore, da organizzazioni non profi t, da imprese sociali, più il grado di “fi ducia generalizzata” avrà modo di esprimer- si e migliorare. Eurispes4 ogni anno, nel suo “Rapporto Italia”, misura il grado di

fi ducia degli italiani verso le istituzioni, da cui risulta che particolarmente sal- do (in crescita anche nel 2020) è il grado di fi ducia verso le “associazioni di vo- lontariato” (dal 64,2% al 70% nel 2020, +6,2%), termine generico a cui è naturale associare una gran parte del terzo sett ore.

4 Maggiori informazioni su htt ps://eurispes.eu/news/eurispes-risultati-del-rapporto- italia-2020/

Approfondendo le varie dimensioni e i rispett ivi indicatori, è evidente come le imprese sociali abbiano un chiaro ruolo nel contribuire al miglioramento del be- nessere del Paese. Non solo nel dominio delle “relazioni sociali” dove un indica- tore specifi co riguarda la “numerosità delle organizzazioni non profi t”, ma anche in altri ambiti in cui operano in via prevalente.

Considerando lo “stato fi sico e psicologico dei citt adini” sovvengono le imprese sociali att ive nel campo della salute e del supporto alla stessa; alla “partecipazione alla scuola dell’infanzia” contribuiscono le numerose imprese sociali che gestiscono scuole. Se si considera il totale delle scuole d’infanzia in Italia (22.720 realtà) e si esclude la componente pubblica, le scuole d’infanzia private sono praticamente tutt e in gestione ad organizzazioni non profi t, parte delle quali sono imprese sociali. Sempre ragionando sulla “partecipazione alla

scuola” ed ampliando la rifl essione ad ogni ordine e grado, si devono considerare

le 11 mila imprese sociali che consentono alle persone con disabilità di usufruire del diritt o allo studio tramite l’assistenza ad personam.

In merito all’indicatore “numero di giovani che non studiano e non lavora-

no” va tenuto in considerazione il ruolo crescente dell’impresa sociale nel con-

trasto alla povertà educativa. Su quest’ultimo tema, è evidente come sia stata l’impresa sociale il motore di cambiamento, da quando nel 2016 con l’alleanza tra le fondazioni di origine bancaria e il Governo è stato creato un fondo per il con-

trasto della povertà educativa, destinato “al sostegno di interventi sperimentali

fi nalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori”. Le fondazioni di origine bancaria alimentano il fondo, ma l’operatività dello stesso è assegnata ad un’impresa sociale, le scelte strategiche sono defi nite da un ap- posito comitato di indirizzo nel quale sono rappresentate le fondazioni di origi- ne bancaria, il Governo e le organizzazioni del terzo sett ore. Ad oggi sono stati fi nanziati 355 progett i in tutt a Italia per 281 milioni di euro, che hanno interes- sato dirett amente circa 6.600 organizzazioni, prevalentemente organizzazioni di terzo sett ore e scuole3. In questa interessante dinamica, l’apertura del bando

ha consentito alle imprese sociali di spaziare nella proposta di progett ualità in- novative, sperimentando in tutt o e per tutt o il ruolo di imprenditori del sociale, e impostando il lavoro sui cambiamenti che si volevano generare, più che sui servizi che si intendevano proporre.

conciliazione tempi di vita / Benessere economico / Relazioni sociali / Politica e istituzioni / Sicurezza / Benessere soggett ivo / Paesaggio e patrimonio culturale / Ambiente / Innovazione, ricerca e creatività / Qualità dei servizi

za, solidarietà, accoglienza; imprese e lavoro che consentano un solido sviluppo economico; istituzioni del terzo sett ore che connett ano la cultura solidale diff usa e l’imprenditoria e le orientino verso i bisogni, innovando i servizi e condividendo- ne le fi nalità con l’ente pubblico, pronte ad accett are le sfi de del presente.

Si tratt a di un mix complesso, ma che esiste in molti luoghi del Paese, dove la fi ducia generalizzata è più diff usa, dove le possibilità esistono e si realizzano, dove ai bisogni si trova risposta.

Dalla Figura 3.5 tratt a dal rapporto BES 2019 dell’Istat, che riporta gli in- dicatori del BES suddivisi per ripartizioni territoriali, emergono le diff erenze tra Nord, Centro e Sud, diff erenze che rifl ett ono anche la diff usione e presenza di imprese sociali e che enfatizzano i possibili spazi di ulteriore sviluppo - dai servi- zi, all’occupazione, alla qualità delle relazioni sociali – al fi ne di portare i territori su livelli di indicatori più omogenei.

In conclusione, e dato il legame che unisce l’impresa sociale al Benessere Equo e Sostenibile del Paese, seppure non esatt amente quantifi cabile, è pos- sibile aff ermare che il valore del terzo sett ore non sta principalmente nella sua valenza economica (anche se rilevante), quanto nel suo apporto alla formazione del capitale sociale, alla produzione di beni relazionali, all’incremento del grado di inclusione e coesione sociale [Bobba, 2015].

3.5 I destinatari

Valutare l’importanza e il ruolo dell’impresa sociale signifi ca anche considerare l’impatt o che essa ha sui principali destinatari del suo operato. Quando si parla di misurazione di impatt o la principale domanda da porsi è “quali cambiamenti ha generato quel progett o? Cosa sarebbe accaduto se quell’azione non fosse stata realizzata?”. Tale visione qualitativamente controfatt uale aiuta immediata- mente a confrontare un prima e un dopo, una presenza rispett o ad un’assenza, un cambiamento rispett o ad uno status quo.

Quanto vale l’impresa sociale per i suoi benefi ciari? La domanda sarebbe da porre ai milioni di italiani che, nel corso della propria esistenza, si interfac- ciano con l’operato di un’impresa sociale: citt adini, lavoratori, genitori, ragazzi, bambini, persone con disabilità, anziani, ecc.

Traendo spunto dai dati Istat, è possibile cercare di ricostruire il profi lo dei soggett i a cui si rivolgono le imprese sociali, nonostante non sia disponibile un’a- nalisi precisa di quanti sono, ma si sappia solo a quali categorie essi appartengano. Nel 2015, delle 336.275 organizzazioni non profi t, il 78% operava per la col- lett ività in generale, il 22% per soggett i in condizioni di disagio. Ciò signifi ca che l’impresa sociale non è per pochi, non solo per un gruppo marginale, ma è per tutt i. Se oggi si vuole valutare un paese, una citt à, un territorio, una regione, che in-

dicatori si possono considerare? Si potrebbero valutare le bellezze naturali, la presenza di patrimoni artistici di valore, la numerosità delle imprese, il reddito medio dei suoi abitanti, la speranza di vita, ecc. Molte possono essere le variabili che conducono ad una valutazione che, in quanto tale, non è mai univoca. C’è però un elemento che andrebbe tenuto in considerazione in maggior misura, che esula da mere valutazioni quantitative e consiste nella “capacità di rispondere ad un bisogno”: quanta risposta può trovare – in questo paese/citt à/regione – una persona fragile? Ciò signifi ca orientare l’att enzione verso il capitale sociale e re- lazionale, la presenza di servizi, la qualità e accessibilità degli stessi, la fi ducia tra citt adini e istituzioni. Un capitale che dipende dalla presenza di una pluralità di fatt ori: enti pubblici capaci di amministrare la “cosa pubblica” in risposta ai biso- gni dei citt adini in maniera effi cace ed effi ciente; una cultura diff usa di vicinan-

Figura 3.5 Indici compositi del BES per Nord, Centro, Mezzogiorno e Italia. Anno 2017/2018. Italia

2010=100 Fonte: Elaborazioni proprie su dati Istat.

70 130 120 110 100 90 80 Salute Istruzione e formazione Occupazione Qualità del lavoro Reddito e disuguaglianza Condizioni economiche minime Relazioni sociali Politica e istituzioni Qualità dei servizi

Innovazione, ricerca e creatività Ambiente Paesaggio e patrimonio culturale Soddisfazione per la vita Reati predatori Omicidi

Le organizzazioni che operano nei contesti del disagio e della vulnerabilità, tutt a- via, dovrebbero agire non solo erogando un servizio, ma con l’obiett ivo di ridurre il bisogno e generare un cambiamento signifi cativo nei benefi ciari. Se si considera il disagio in un’accezione più ampia, è la “vulnerabilità” il concett o a cui fare riferi- mento. Ciò spiega perché le imprese sociali non intervengono esclusivamente in caso di disagio “conclamato”, ma operano anche a sostegno di coloro che corrono il “rischio di cadere o ricadere” nel disagio. La vulnerabilità è infatt i il prodott o di più fatt ori [Mazzoli, 2015]: l’impoverimento, generato anche dalla crisi culturale, oltre che economica, e l’evaporazione dei legami sociali.

Se l’impresa sociale deve operare per ridurre la vulnerabilità, ancor prima del disagio, è importante che ponga in att o tutt e le misure per contrastare ed evi- tare non solo l’impoverimento, ma sopratt utt o l’evaporazione dei legami sociali. Una delle principali sfi de per l’impresa sociale è propriamente questa: riuscire ad andare oltre il servizio che eroga, la prestazione, il progett o o il programma, per riprendersi a pieno titolo il ruolo di creatore di capitale sociale che caratt eriz- za tutt e le organizzazioni non profi t, dal volontariato all’impresa sociale stessa.