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Fatt ori di resilienza: le variabili che hanno inciso sulla capacità di reazione

Le imprese sociali nell’emergenza sanitaria Parola chiave: resilienza

7.3 Fatt ori di resilienza: le variabili che hanno inciso sulla capacità di reazione

Accertata questa diff usa capacità di resilienza, si cercherà ora di individuare, an- che att raverso le parole degli intervistati, quali siano stati i principali fatt ori che l’hanno resa possibile. È stato infatt i chiesto agli stessi di indicare quali fossero, secondo il loro giudizio, le caratt eristiche che, indipendentemente dal sett ore di att ività, hanno infl uenzato la capacità di reazione delle imprese sociali. Diversi i fatt ori segnalati come signifi cativi: la solidità patrimoniale dell’organizzazione, il

commitment di operatori e volontari, il radicamento sul territorio e i legami con

le comunità di riferimento, la fl essibilità organizzativa, la presenza di giovani e, infi ne, i rapporti con le pubbliche amministrazioni.

7.3.1 Solidità patrimoniale

Molti intervistati hanno sott olineato l’importanza della presenza di un impianto patrimoniale solido e ben sviluppato, che, quando presente, ha nei fatt i permes- so una «maggiore capacità di tenuta dell’emergenza, sia nei termini di supporto

ai lavoratori, sia di capacità di far fronte alle att ività ordinarie». L’idea diff usa è

che siano state le imprese sociali maggiormente patrimonializzate ad aver rett o meglio l’onda d’urto della crisi. Una maggiore disponibilità di risorse ha infatt i permesso alle stesse sia di anticipare – ove necessarie – le integrazioni salariali per i propri dipendenti, sia di avere un più ampio margine d’azione per la rimodu- lazione dei servizi e/o per l’eventuale implementazione di nuove att ività. Emerge dunque come la solidità economico-imprenditoriale – il fatt o cioè di aver piena- mente interiorizzato il modo di essere dell’imprese – sia stata una variabile di estrema rilevanza nel facilitare, e la sua assenza ad ostacolare, l’eff ett iva messa esperienze che dimostrano questa att enzione si può ricordare quella dell’impre-

sa sociale La Cordata di Milano (#storia81), ideatrice – in collaborazione con il Comune di Milano, la Cooperativa Comin, Emergency e la Diaconia Valdese – del progett o “Zumbimbi”. Att raverso questa iniziativa, i bambini e i ragazzi con genitori in ospedale poiché positivi al coronavirus, sono stati ospitati in un’ala del residence gestito dalla cooperativa. Nella stessa direzione si è mosso il con- sorzio sociale Villa Fastiggi di Pesaro (#storia116) che, per supportare la sanità pubblica durante il periodo di emergenza sanitaria, ha messo a disposizione di pazienti Covid-19 paucisintomatici alcuni posti lett o della sua clinica.

Molte imprese sociali e altri enti del terzo sett ore sono stati poi in grado di operare contemporaneamente su più fronti, off rendo servizi multipli in rispo- sta all’emergenza. Non sono infatt i mancate le organizzazioni che hanno att ivato servizi molto diversi pur di stare vicino alla propria comunità di riferimento. Si veda, a tal proposito, l’esperienza della cooperativa sociale Etnos di Caltanisset- ta (#storia35), la quale durante l’emergenza non solo ha att ivato un servizio di consegna a domicilio di alimenti e farmaci per i residenti over 65 in diffi coltà, ma si è impegnata anche nella produzione di mascherine che ha poi donato alla comunità. Anche la cooperativa sociale Il Simbolo di Pisa (#storia69) ha agito su più fronti per contenere l’emergenza: da un lato ha garantito servizi essenziali per i senza fi ssa dimora e, dall’altro, ha condiviso sui suoi canali social video tu- torial per la realizzazione di lavori creativi e lett ure per bambini.

Dalle esperienze raccolte att raverso l’indagine emerge quindi in tutt a la sua evidenza l’att itudine alla resilienza di questo tipo di organizzazioni, che sono state in grado di essere proatt ive, innovative e abbastanza fl essibili da trasfor- mare, seppur con diffi coltà ed enormi sacrifi ci, un evento così negativo come una pandemia in un’occasione di apprendimento e di riorganizzazione interna. Si tratt a dunque di una resilienza che non è da intendersi unicamente come riusci- re a resistere e a non soccombere alle forze esterne nell’att esa di tempi migliori, quanto piutt osto una resilienza di tipo trasformativo, che implica il possesso da parte delle imprese sociali di notevoli capacità di rinnovamento interno al fi ne di essere pronte ed effi cienti nel fornire risposte agli aumentati e inediti bisogni delle persone e delle comunità.

A testimonianza di questo, tra le parole degli intervistati sono molte quelle che esprimono un alto grado di consapevolezza rispett o all’operato delle impre- se sociali, alle quali è stata riconosciuta la «grandissima capacità di riorientare i

propri servizi e di riorganizzarli andando incontro alle esigenze di quel momento specifi co», nonché di assicurare «una risposta imponente e anche qualifi cata, capace di essere fl essibile, di organizzarsi e ri-organizzarsi in poco tempo». Ed è

proprio l’incredibile velocità di reazione del sett ore ad essere stata più volte sot- tolineata da molti: «Credo che i tempi con cui le nostre realtà hanno saputo dare

La stessa determinazione e voglia di off rire un aiuto concreto agli utenti è stata riscontrata anche tra i volontari che «nonostante le paure e la grande confusio-

ne [...] hanno voluto continuare». Ciò è tanto più evidente quanto più è forte il

senso di appartenenza da parte di lavoratori e volontari nei confronti della pro- pria organizzazione: «secondo me la variabile che ha fatt o la diff erenza è stato

il senso di appartenenza all’ente in cui si lavora e il coinvolgimento dei soci nelle strategie operative», sostiene un’intervistata. Non si tratt a di un parere isolato,

come dimostra un altro intervento, secondo cui «le imprese cooperative che ave-

vano una base associativa forte, ovvero con molti lavoratori soci, hanno avuto meno diffi coltà, ad esempio, a chiedere fl essibilità alle proprie lavoratrici e ai propri lavoratori. Laddove questa base associativa è più ridott a sono valse più le rivendicazioni sindacali, piutt osto che quelle connesse al senso di appartenenza all’impresa».

7.3.3 Radicamento sul territorio e legami con le comunità di riferimento In aggiunta a quanto emerso fi nora sono da evidenziare altri due fatt ori, inestri- cabilmente connessi tra loro e con quanto rilevato in precedenza: il forte radica- mento delle imprese sociali e degli altri enti del terzo sett ore con il territorio in cui operano e lo strett o contatt o che in virtù di questo stringono con le comunità di riferimento. Si tratt a infatt i di elementi che, nell’att ivazione di strategie di resi- lienza, si sono rivelati di fondamentale importanza dal momento che, come nota un intervistato, le imprese sociali «vivono pancia a terra il territorio, conoscono

la comunità, vi sono pienamente inserite e si sentono coinvolte nei loro destini».

Intrecciando relazioni di prossimità con le comunità di riferimento e «stando in

mezzo ai problemi [le imprese sociali] sono in grado di sviluppare delle antenne che permett ono loro di leggere, vedere e intercett are tutt a una serie di bisogni e poi portare queste richieste alle amministrazioni comunali e organizzare la ri- sposta». Grazie alla loro posizione privilegiata, queste organizzazioni possono

cogliere e interpretare, spesso meglio e prima di altri att ori «le potenzialità così

come le diffi coltà insite nella comunità».7

Appare evidente che, in virtù di ciò, le imprese sociali non solo dispongano di maggiori e – qualitativamente parlando – migliori informazioni per la predi- sposizione di interventi mirati ed effi caci, ma che siano anche nelle condizioni di comprendere rapidamente quali strumenti e stili organizzativi adott are. Ed è proprio questo quanto è avvenuto anche (e sopratt utt o) nel periodo emergen-

7 Ciò è confermato anche dalla recente sentenza 131/2020 della Corte costituzionale, oggett o di approfondimento nel Capitolo 8.

in att o di strategie di resilienza effi caci, tali da permett ere alle organizzazioni di continuare ad operare e rilanciare le proprie att ività. Come Borzaga e Fontanari [2020] hanno mostrato, la maggior parte delle imprese sociali ha una situazione patrimoniale solida e questo contribuisce a spiegare i motivi per cui molte di esse sono eff ett ivamente riuscite a rispondere in modo effi cace alle diffi coltà poste dalla crisi sanitaria.

7.3.2 Determinazione degli operatori e dei volontari

Quello della patrimonializzazione non è tutt avia l’unico elemento che, a dett a degli intervistati, è in grado di spiegare la tenuta del sett ore. A ciò va infatt i ag- giunta la determinazione dei lavoratori e dei volontari delle imprese sociali e, più in generale, degli enti del terzo sett ore. Tale att eggiamento volenteroso e propo- sitivo è frutt o, usando le parole di un intervistato, dal «percepire il proprio lavoro

come una mission prioritaria». Infatt i, «tra le corde degli enti del terzo sett ore c’è proprio la disponibilità a produrre valore sociale», essendo gli operatori mos-

si da una potente «spinta ideale». Ed è proprio questa motivazione a muovere il mondo dell’imprenditoria sociale, formato da «gente che ci crede, che sta in

connessione con i bisogni e non può fare fi nta di non vederli» e che, anche in un

momento tanto diffi cile, si è resa disponibile a «darsi da fare»; in altri termini, per dirla con le parole di un intervistato, chi lavora nelle imprese sociali non è rima- sto ad aspett are indicazioni ma si è «tirato su le maniche per dare aiuto a chi ne

aveva bisogno».

Emerge dunque nitida l’immagine di un insieme di realtà e di persone che, anche quando legate alla propria impresa sociale solo da un rapporto di lavoro, sono al tempo stesso fortemente orientate da motivazioni intrinseche. In virtù di ciò, pur avendo la possibilità di «bloccare tutt o quanto e aspett are che si de-

cidesse di riaprire i servizi», esse hanno invece deciso di «spendersi e giocare in prima linea per riatt ivare il più possibile i servizi e dare risposte alle persone», a

prescindere dalle normative vigenti o dagli obblighi derivanti da accordi di tipo contratt uale. Come ben riassume un membro del Consiglio di Amministrazione di una nota cooperativa in provincia di Verona: «Avere una mission diversa dal

profi tt o è stato quel quid in più» che ha contraddistinto le imprese sociali e gli

altri enti del terzo sett ore nell’aff rontare l’emergenza sanitaria.6

6 La vigorosa voglia di esserci, di rimanere a disposizione della popolazione e di non interrompere le sperimentazioni e i percorsi già avviati è testimoniata anche dalla campagna #nonfermateci – consistente in cinque “card fotografi che” che rilevano l’importanza del lavoro delle organizzazioni del terzo sett ore – promossa dal Forum del Terzo Sett ore nel mese di aprile 2020: si rimanda al sito del Forum per approfondimenti.

termini, laddove alcuni intervistati hanno individuato nel maggiore livello di strutt u- razione dell’ente un impedimento nel reagire all’emergenza, altri hanno invece visto nella stessa variabile un vantaggio dell’organizzazione nella realizzazione degli inve- stimenti necessari a superare le diffi coltà del periodo. «Alcune realtà, generalmen-

te quelle più strutt urate e in grado di investire in innovazione – dal momento che per innovare ci vuole investimento – si sono dedicate e hanno realmente portato avanti delle progett ualità innovative», sostiene un intervistato, ponendosi in chiara

contrapposizione con un’opinione diversa, altrett anto diff usa e rappresentata nel nostro campione, secondo cui «realtà più piccole, come ad esempio organizzazioni

di volontariato, sono forse meno organizzate, ma hanno al contempo anche meno bisogno di trovare nel pubblico un riferimento che faccia da coordinamento». Dun-

que, se da una parte appare evidente che le organizzazioni maggiormente strut- turate, da un punto di vista non solo organizzativo ma anche economico e patri- moniale, sono quelle che hanno potuto aff rontare la drammaticità della situazione con «una maggiore possibilità di resilienza», dall’altra emerge chiaramente come a giocare un ruolo inequivocabile sia anche la tipologia di governance. Si esprime a tal proposito un intervistato, secondo cui «una governance snella permett e di met-

tere in discussione velocemente le azioni e le ridefi nisce più facilmente».

Se l’essere organizzazioni capaci di immaginare soluzioni creative ai nuo- vi e vecchi bisogni della comunità è stato riconosciuto essere il grande merito delle imprese sociali e degli altri enti di terzo sett ore, in molti hanno segnalato quanto proprio la mancanza di fl essibilità e l’eccessiva burocratizzazione siano state alcune delle ragioni alla base del fallimento della reazione all’emergenza sanitaria delle pubbliche amministrazioni. Lo chiarisce bene un’intervistata, defi nendo la Pubblica Amministrazione come «un sistema tutt o strutt urato per

scaricare rischi e responsabilità su qualcun altro o qualche altro processo», un

mondo nel quale si devono «seguire determinate regole che sono molto articola-

te e c’è anche molta burocrazia e questa cosa non aiuta». Un rischio non aff att o

trascurabile è che una simile burocratizzazione sfoci in una standardizzazione degli interventi e dei servizi, tale da privare il comparto pubblico di un elemen- to fondamentale: la possibilità di «sperimentare». E ciò è tanto più allarmante quanto più emergenziale è la situazione in cui si trova il Paese, dal momento che, come sostiene un’intervistata, nelle «emergenze bisogna uscire dai meandri del-

le strett e regole abituali», per individuare e proporre risposte nuove e creative. 7.3.5 Presenza di giovani

Altro elemento più volte citato nel corso delle interviste come uno tra i fatt ori che spiegano la pronta capacità di reazione delle imprese sociali è la presenza ziale, durante il quale si sono fatt e carico di un ruolo di «rappresentanza di tutt a

una serie di bisogni che non sempre chi era bloccato in casa trovava la forza di esprimere». Durante il lockdown, le imprese sociali sono state così in grado di «capitalizzare una serie di relazioni, di contatt i e di reti» sviluppate in preceden-

za, diventando ancora più un riferimento per la comunità. In questo processo l’elevato livello di fi ducia che i citt adini ripongono in esse ha svolto un ruolo fon- damentale, tanto è vero che, nonostante prima della pandemia molte organiz- zazioni non si occupassero di tematiche tipiche delle situazioni di emergenza – come la distribuzione di dispositivi di protezione individuale e di alimenti – i citt adini si sono ugualmente rivolti alle imprese sociali per ott enere l’aiuto ne- cessario. Inoltre, l’essere vicini ai citt adini e radicati sul territorio ha permesso di att ivare in modo rapido risorse – umane ed economiche – da impiegare nella comunità (es. nuovi volontari, donazioni in denaro, di materiale utile, ecc.).

La prossimità che lega imprese sociali e comunità di riferimento è dun- que un elemento chiave che, a dett a di molti intervistati, non è stato invece rico- nosciuto alle pubbliche amministrazioni e agli enti locali, percepiti dai citt adini come troppo distanti.

7.3.4 Flessibilità organizzativa

Essere organizzazioni fl essibili, capaci di prendere decisioni in tempi rapidi e senza dover fare i conti con burocrazie asfi ssianti, ha rappresentato per le im- prese sociali un vantaggio importante, consentendo loro risposte immediate ed effi caci. Tale fl essibilità è ritenuta da molti una “caratt eristica tipica” delle impre- se sociali, derivante dalla loro natura privatistica e che, da sempre, le contrad- distingue dalle pubbliche amministrazioni. Specialmente durante la pandemia, questa adatt abilità ha consentito alle imprese sociali e agli enti di terzo sett ore di aff rontare situazioni non previste, che necessitavano di interventi repentini e mirati, diffi cilmente prevedibili e codifi cabili a priori. Ne segue che «chi, come

enti di terzo sett ore e imprese sociali, si muove in un campo più aperto [rispett o

alle pubbliche amministrazioni], potendo uscire dal perimetro legislativo dirigen-

dosi verso nuovi approcci ha avuto un percorso più agevole». In questo senso,

le imprese sociali sono viste come agenti di cambiamento, capaci di «confron-

tarsi meglio con elementi di novità» e che, proprio alla luce della loro capacità di

ripensarsi, riorganizzarsi e sperimentarsi, hanno potuto rispondere più pronta- mente rispett o ad altri att ori sociali alle conseguenze della crisi.

E, d’altra parte, la variabile della fl essibilità ha giocato un ruolo fondamen- tale anche all’interno del mondo dell’imprenditoria sociale. Si tratt a di un tema più controverso, sul quale è senza dubbio minore il grado di unanimità. Per dirla in altri

«Non ci davano risposte, c’è stato uno scaricabarile di responsabilità [...] Non abbiamo avuto interlocutori collaborativi, perché si preoccupavano sopratt utt o di non avere responsabilità», aggiunge un altro. Queste parole sono esemplifi -

cative di una percezione generalizzata secondo cui gli enti locali si sono serviti delle imprese sociali e degli altri enti del terzo sett ore, senza tutt avia fornire loro indicazioni adeguate in merito alle procedure da adott are nei diversi interventi, con l’obiett ivo ultimo di evitare l’assunzione di qualsivoglia responsabilità. «Le

nostre realtà sono state appesantite dai loro ordini. Era meglio quando stavano in smart-working e non davano indicazioni! [...] Per molte delle indicazioni che hanno posto in essere era meglio che andassero al bar», tuona rancoroso un

altro intervistato. Senso di abbandono, frustrazione e rabbia: questi, dunque, i sentimenti dominanti emersi dall’analisi delle interviste e che delineano i profi li di una Pubblica Amministrazione da cui «il Covid sta facendo uscire il peggio».

7.4 Il ruolo delle imprese sociali e del terzo sett ore durante la