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Raffaello Borghini nel Riposo aveva individuato l’attitudine come una delle cinque ‘parti’ di pittura e scultura275, definendola:

“quegli atti e quei gesti, che fanno le figure o di sedere o di star dritte o di chinarsi o d’alzarsi o d’altri, che più sieno all’invenzione, alla persona et al luogo dicevoli”276

La definizione del Borghini appare riduttiva a confronto con la formulazione datane da Leonardo nel Trattato della pittura e il cui senso era stato invece perfettamente recepito dal Vasari nelle Vite:

“Siano l’ attitudini degli huomini con le loro membra in tal modo disposti, che con quelle si dimostri l’intentione del loro animo”277

Questa corrispondenza tra l’azione della figura e i suoi “accidenti mentali”278 sembra non essere stata del tutto recepita dal Borghini che tendeva ad identificare

Dufresne accenna essendo parzialissimo di Michelagnolo, non ne parla con quella stima ad uomo si grande dovuta” (BNCF, Magl. IX, 67, cc. 1088-1089).

274 Vale la pena ricordare, come testimonianza dell’interesse della comunità scientifica per gli studi

di Leonardo, che l’edizione del Dufresne del Trattato della Pittura venne finanziata dall’archiatra della regina di Svezia, Pietro Bourdelot, come da lettera dedicatoria in apertura del testo.

275 Per una breve rassegna sui significati e sull’uso del termine vedi GRASSI 19781, I, p. 58. 276 BORGHINI 1584, I, p. 52.

277 LEONARDO 1651, p. 64 (ma p. 62 perchè la numerazione è errata), CAP. CCXVI

“Dell’attitudini de gl’huomoni”

278 Ivi, p. 52: “CAP CLXXXVII De’moti delle parti del volto.

Li moti delle parti del volto, mediante gl’accidenti mentali, sono molti; de’ quali i principali sono ridere, piangere, gridare, cantare [...], ammirazione, ira, letitia, malinconia, paura, doglia, e simili, delle quali si farà mentione, e prima del riso, e del pianto, che sono molto simili nella bocca, e nelle guancie, e serramento d’occhi, mà solo si variano nelle ciglia, e loro intervallo: e questo tutto diremo al suo luogo, cioè della varietà che piglia il volto, le mani e tutta la persona per ciascun de gl’accidenti, de’ quali a te, pittore, è necessaria la cognitione, se non la tua arte dimostrerà veramente i corpi due volte morti. Et ancora ti ricordo che li movimenti non siano tanto sbalestrati

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l’”attitudine” più semplicemente con il concetto di atteggiamento (“di sedere o di star dritte o di chinarsi o d’alzarsi”)279 mentre, scorrendo il testo, si può notare

come il termine venga di sovente accompagnato dal giudizio sulla disposizione delle “membra” in movimento. La riflessione del Borghini rimane però ambigua, poichè a dispetto di quanto espresso nella definizione non mancano nel Riposo occasioni nelle quali il termine sembra contemplare anche l’attenzione all’espressività della figura in relazione all’azione nella quale è impegnata, riprendendo dunque il precetto leonardesco, così come debitrice agli scritti del Da Vinci sembra anche la puntualizzazione sul decorum (“fece una tavola a tempera entrovi un Cristo morto con le Marie e Niccodemo con altre figure in attitudini dolenti et affettuose”280). Infine individua in Masaccio il pioniere della resa delle

“belle attitudini”281.

L’uso del termine attitudine nelle Bellezze del Bocchi possiede sfumature concettuali precedentemente non contemplate dalla scarna riflessione del Borghini, pur riferendosi entrambi alla stessa fonte.

Della riflessione di Leonardo, infatti, Bocchi recupera innanzitutto l’idea di

attitudine come una sorta di ‘banco di prova’ delle conoscenze anatomiche del pittore. In un passaggio relativo a Baccio Bandinelli, infatti, la resa dell’attitudine diventa il punto di arrivo di un percorso artistico iniziato con lo studio dettagliato dell’anatomia umana:

“Era intendente questo nobilissimo artefice delle parti del corpo umano a maraviglia: come l’ossa con la carne, i nervi con le membra sono congiunti, come si fa il moto del corpo umano, come dal moto procede l’attitudine, come il portamento della persona si governa, così bene nella notomia aveva contemplato, che con giudizio portando nel marmo quello che intendeva, non è maraviglia, che di vero al mondo piaccia, come cosa

[...]: e sopra il tutto che li circonstanti al caso per il quale è fatta l’historia siano intenti con atti che mostrino ammiratione, riverenza, dolore, sospetto, paura, o gaudio, secondo che richiede il caso”.

279 “dee il pittor giudicioso cercar di far le prime figure o chinate o a sedere o in qualche attitudine

bassa, acciò vi rimanga spazio per altre figure casamenti e paesi” (BORGHINI 1584, II, pp. 177- 178).

280 BORGHINI 1584, III, p. 302.

281 “Egli fu il primo che desse principio alle belle attitudini e che desse alle figure fierezza, vivacità,

91 di natura, poscia che con disegno conforme del tutto alla natura con sottilissima industria è fabbricato”282

Interessa anche al Bocchi il legame, già studiato da Leonardo, tra l’atteggiamento delle figure e le connotazioni dei loro moti interiori, che si traducono nei gesti, come mostra la descrizione dello Sposalizio della Vergine del Franciabigio nel cortile della Santissima Annunziata:

“Uno poscia a cui, come avvisava, non era fiorita la sua mazza, si mostra adirato e mentre che la spezza, esprime una attitudine fiera molto e naturale”283

Tuttavia anche Bocchi sembra non insistere più di tanto su questa corrispondenza, consapevole egli stesso dell’ambiguità della formulazione di Leonardo, tanto da scindere le emozioni transitorie che si traducono in gesti e che rientrano più propriamente all’attitudine, da quelle che invece appartengono alla personalità dell’effigiato e, in quanto tali, hanno carattere permanente. Queste ultime costituiscono il costume284, concetto chiave della teoria artistica del Bocchi285, definito nelle Bellezze come “l’animo del volto et il pensiero [della figura]”286, la cui

282 BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 76-77. Questo brano costituisce forse uno dei passaggi del

Bocchi più debitrici al testo leonardiano, basti considerare, oltre l’accento posto sullo studio anatomico, il tema dell’importanza delle giunzioni tra le membra che diventa centrale nella discussione del Crepuscolo di Michelangelo: “si come ha fatto nel ginocchio sinistro di questa figura; il quale dolcemente disteso mostra l’ossa e le congenture ottimamente: ma nel ginocchio destro, il quale si sforza, resta il tutto pulito, et accecato: et in ciò con tanta bellezza è chiaro l’artifizio, che pare che il tutto sia fatto dalla natura, anzi da virtù sopra umana e mirabile, senza fallo in questa statua si conosce una sicura e rara intelligenza del Buonarroto nella fabbrica del corpo umano, in cui però che egli pose studio molto grande, anzi intese senza errore, come il corpo mercé de’ nervi e dell’ossa opera il suo moto, come sono verso di sé unite le membra, con qual mezzo insieme si congiungono, egli perciò non è maraviglia, che tutti gli artefici da questo siano superati, il quale nel formare i corpi nel marmo, di tutti meglio intese questa fabbrica mirabile” (Ivi, pp. 530-531).

283BOCCHI-CINELLI 1677, p. 425.

284 GRASSI 19785, p. 134. Il concetto, dalla retorica, venne trasferito in ambito figurativo a partire

dal XVI secolo con il significato di stato d’animo che i volti dipinti o scolpiti esprimono, o di comportamento e azione dei personaggi in rapporto all’età.

285 La riflessione bocchiana sul costume prende avvio da alcuni scritti giovanili come l’ Eccellenza del

San Giorgio di Donatello scritto nel 1571 ma pubblicato solo nel 1584 nel quale si definisce il costume come “una delle più singolari parti e più nobili, che faccino quasi vive le statue e perfette, poichè e’ci mostra e fa palesi i pensieri dell’animo e la natura sua” (cfr. Trattati d’arte del Cinquecento, a cura di Paola Barocchi, Bari, 1962, III, pp. 125-194). Nel Discorso sopra l’eccellenza dell’opere di

Andrea del Sarto, pittore fiorentino (1567) il costume è “quella vivezza, che nel volto scoprendosi, scuopre ancora l’animo nostro” (WILLIAMS 1989, p. 113).

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resa è “incredibilmente malagevole”287 e di conseguenza appannaggio solo dei maestri più abili (tra i quali, eminentemente, Andrea del Sarto).

L’attitudine è tanto più lodevole, per Bocchi, quanto più riesce a suggerire un’impressione di vivezza nella figura in movimento, argomento che sembra ancora una volta richiamare l’ammonimento di Leonardo a prestare una cura particolare alla resa dei “movimenti” insieme del corpo e dell’animo per non correre il rischio di effigiare corpi “due volte morti”288:

“È ammirata la Madonna, che tiene in collo Cristo con attitudine tanto naturale, che par viva e di vero si mostra, che adoperi quello con bellissima movenza, per cui dal singulare artefice è stata effigiata”289

Si confronti questo brano relativo alla cosiddetta Madonna della Seggiola con la descrizione vasariana di un’altra celebre opera di Raffaello, la Madonna del cardellino nella quale all’attitudine viene similmente riconosciuto un ruolo fondamentale nel conferire vita alla figura dipinta:

“dipinse un quadro, nel quale fece fra le gambe alla Nostra Donna un putto, al quale un San Giovannino tutto lieto porge un uccello con molta festa e piacere dell’uno e dell’altro; è nell’attitudine d’ambidue una certa simplicità puerile e tutta amorevole, oltre che sono tanto ben coloriti e con tanta diligenza condotti, che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori e disegno”290

Bocchi, così come aveva fatto a suo tempo Borghini ispirato dagli scritti di Leonardo, non manca infine di ricordare il rispetto del decorum, come si addice peraltro al clima controriformato nel quale operarono i due scrittori291:

287 BOCCHI-CINELLI 1677, p. 144. 288 LEONARDO 1651

289 BOCCHI-CINELLI 1677, p. 230. 290 VASARI 1568, II, p. 66.

291 L’attenzione verso il decorum, chiaramente definito anche negli scritti di Leonardo, torna in auge

proprio nel contesto culturale e artistico post-tridentino nel quale prendono le mosse gli scritti di Borghini e di Bocchi e probabilmente finì per influire sulla circolazione della versione abbreviata del trattato di Leonardo, cfr. FARAGO 2009, pp. 3-106, in part. p. 93-97.

93 “ Si mostra in attitudine da disperato uno ignudo, che è tra dannati, che ponendosi amendue le mani al viso, si vuole squarciar la bocca”292

Anche in questo caso il vero terreno nel quale Bocchi finisce per distinguersi dal modello vasariano e del Borghini è di fatto quello letterario: egli infatti individua una rosa di qualità associabili all’attitudine ( “viva”, “pronta”, “gentile”, “stizzosa”, “bella”, “onesta”, “dicevole”, “mirabile”, “vaga”, “vera”, “naturale”, “leggiadra”), fino a coniare la felice espressione di “bella attitudine donnesca e graziosa” per la

Samaritana di Alessandro Allori nella Cappella Bracci in Santa Maria Novella293 che

ricorda la suddivisione leonardiana tra le azioni proprie degli uomini e quelle più confacenti alle donne294.

Il rispetto del decorum e il naturalismo ai quali la resa dell’attitudine deve mirare non costituiscono però per Bocchi un ostacolo alla descrizione e al giudizio su opere nelle quali, ad esempio, prevaleva l’elemento virtuosistico. Egli infatti sembra essere consapevole che il rigido legame imposto da Borghini tra attitudine, disposizione delle membra e decorum non si dimostrerebbe del tutto adeguato per la valutazione di opere come, ad esempio, il Giorno di Michelangelo, che resterebbe problematico se descritto secondo lo schema teorico del Borghini e invece risolto dal Bocchi appellandosi alle infinite capacità dell’artifizio che riesce a rendere con “agevolezza felice” un’attitudine non del tutto corretta dal punto di vista anatomico:

“ è in questa figura attitudine molto viva, e piena di vigore e pare, che voglia operare, quantunque sia a giacere e mostra destra movenza, et attiva. Ha messa vivezza il Buonarroto gagliarda molto nella testa e nelle membra con gran ragione. Perché si come adopera l’uomo, mentre che è giorno et in quello, mentre che dura, è vigilante; cosi di azzioni vive e di fattezze virili ha di bisogno nostra vita, come con mirabil senno in questa figura è stato espresso. Egli sembra di svegliarsi vivamente e volgendo la testa verso chi il mira, piega le membra in tale attitudine, che come che sia in cosa vera malagevole, da questo maraviglioso artefice è stata tuttavia con agevolezza felice effigiata. Perché si

292 BOCCHI-CINELLI 1677, p. 398. 293 Ivi, p. 252.

294 “Pronunziansi gl’ atti de gl’huomini secondo le loro età e dignità, e si variano secondo le spetie,

cioè de’maschi & delle femmine” (LEONARDO 1651, p. 64, ma 62 per errore di numerazione, CAP. CCXVII “Varietà d’attitudini”

94 veggono le spalle e del corpo, che muove, alquanto della parte dinanzi; ma talmente è intesa ogni cosa, io dico le ossa sotto la carne, i nervi, onde le membra si congiungono, che non con maggior grazia è la bisogna in sua diffinizione, che quì ha potere l’artifizio nell’equivoco”295

Il concetto di attitudine, così come formulato dal Borghini, finisce per passare pressochè inalterato al secolo successivo. Nel Vocabolario di Filippo Baldinucci (1681), infatti, essa viene definita come:

“L’atto, o l’azione, o il gesto che fa la figura, cioè, di star ferma, chinarsi, alzarsi, o altrimenti muoversi in qualunque modo, per esprimere gli affetti, che si vogliono rappresentare”296

Il termine finisce per essere più strettamente associato all’atteggiamento e trova corrispondenza, sempre all’interno del Vocabolario, con il verbo “atteggiare”, che Baldinucci spiega di fatto come:

“Dare l’attitudine, o il gesto alle figure, acciocchè elle esprimano gli affetti che si vogliono rappresentare. Lat. Ad vivum exprimere”297

Gli “accidenti mentali” di Leonardo vengono sostituiti dagli “affetti” nella definizione baldinucciana298 e la citazione latina richiama il requisito della vivezza per l’attitudine sulla quale tanto avevano insistito Vasari e Bocchi.

Giovanni Cinelli, che all’epoca della ristampa delle Bellezze (1677) non poteva ancora consultare il Vocabolario del Baldinucci, si vede costretto ad attenersi alla riduttiva definizione del Borghini, in quanto mostra di intendere l’attitudine quasi esclusivamente in relazione ai gesti e alle azioni della figure, compiendo di conseguenza un’involuzione rispetto alla più complessa riflessione del Bocchi, come nel caso dello Sposalizio della Vergine di Francesco Poppi nella chiesa di San Niccolò:

295 BOCCHI-CINELLI 1677, cit., p. 525 296 BALDINUCCI [1681] 1975, p. 17 297 Ibidem.

298 L’espressione degli affetti è una questione che interessa molto al Baldinucci: in una lezione del

1691 egli infatti la annovera tra le parti fondamentali, accanto a disegno, proporzione e colorito “per far bellissima una pittura” (cfr. BALDINUCCI 1765, p. 74).

95 “di buonissimo disegno, con pronte e svegliate attitudini, che veramente pare che adoperino, com’è costume di questo raro artefice”299

A differenza del Bocchi, Cinelli non recepisce la riflessione sul costume in quanto il termine, al tempo in cui egli scrive, sembra aver quasi del tutto perso il suo significato figurativo tornando a indicare soprattutto l’essere adusato a far qualcosa300. Tuttavia la preoccupazione di mantenersi quanto più possibile fedele al proprio modello, spinge Cinelli a utilizzare, seppur in una sola occasione, il concetto di costume nel senso bocchiano:

“Entrando a mano manca [nella chiesa di Santa Trinita] vi è la Cappella degli Strozzi, nella quale è la tavola rappresentante l’Annunziazione di M. V. di mano di Iacopo da Empoli. È la Vergine vaghissima nel colorito,

vivace, devota ed umile nel sembiante ed esprime il costume di così alto mistero”301

In altri casi Cinelli accompagna il discorso sull’ attitudine con quello relativo alla disposizione, come nel caso delle lunette del chiostro grande del convento di San Marco, opera in parte del Poccetti:

“A questo chiostro d’architettura antica arricchito, come si è detto in oggi di 50 lunette con gli spazi che vi sono sotto sino in terra di maniera assai delicata dipinte; è vago il colorito, copiose sono le figure con belle attitudini e buona disposizione”302

Le figure del Poccetti, in particolare, sembrano sollecitare Cinelli a notare e valutare la resa dell’attitudine, come nel caso del Cenacolo realizzato dal pittore nella Casa di Andrea Pitti, le cui figure “hanno movenza ed attitudini svegliate e pronte”303; lo stesso accade per gli affreschi del Chiostro dei Morti nella Santissima

Annunziata le cui figure si distinguono per le “attitudini rare e considerate”304.

299 BOCCHI-CINELLI 1677, p.271.

300 Nel Vocabolario del Baldinucci il termine ricorre nell’espressione “fu costume degli antichi”. 301 BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 185-186.

302 Ivi, p. 262 303 Ivi, p. 286. 304Ivi, p. 462.

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L’associazione tra attitudine e resa dei membri è un altro aspetto che accomuna la riflessione del Cinelli a quella del Borghini, come nel caso della descrizione del

Santo Stefano di Domenico Passignano della Cappella Petrini in Santo Spirito:

“Vedesi il Santo intento alla contemplazione di Dio e di suo martirio non curante; i lapidatori con vaghe attitudini scagliono con molta fierezza le pietre e nella forza che fanno in tal atto, ha ben mostrato questo valoroso artefice l’intendimento e cognizione ch’aveva de’ muscoli del corpo umano, i quali son così ben fatti, ch’ingannano l’occhio di chi attentamente gli mira”305

Tuttavia, nel notare l’abilità del Passignano nel risolvere la resa delle attitudini grazie alla sua perfetta conoscenza dell’anatomia umana, Cinelli sembra mostrare una conoscenza più o meno diretta dei precetti leonardeschi relativi alle caratteristiche e ai movimenti dei muscoli.

Nei casi in cui Cinelli nota il modo in cui l’artista ha risolto il problema dell’attitudine delle figure, fa seguire di solito al suo giudizio una breve descrizione della scena raffigurata, mostrando dunque di riconoscere nella resa corretta dell’attitudine un presupposto fondamentale affinchè la istoria, l’episodio raffigurato, risulti comprensibile. È quanto accade per il Santo Stefano del Passignano, per il Cenacolo del Poccetti (“le figure hanno movenza ed attitudini svegliate e pronte con panneggiamenti risentiti. Benedice Cristo il pane ed il mistero altissimo dell’Eucaristia raramente esprime e gli Apostoli nell’attenzione lor devozione dimostrano”)306, della tavola dello Stradano nella chiesa di Santo Spirito307, dell’Adorazione dei Magi del Cigoli308, della tavola del Butteri in Santa

Maria Novella:

305 BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 148-149.

306 “Poco più oltre rimpetto a questa è la Casa del Senatore Andrea Pitti, la cui facciata ancorché

piccola fu dipinta a fresco dal Puccetti. Del medesimo poi dentro vi è un Cenacolo bellissimo lungo un braccio e dua terzi nel quale è una vaga lontananza di prospettiva: le figure hanno movenza ed attitudini svegliate e pronte con panneggiamenti risentiti. Benedice Cristo il pane ed il mistero altissimo dell’Eucaristia raramente esprime e gli Apostoli nell’attenzione lor devozione dimostrano” (BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 285-286).

307 “Ma procedendo più avanti si trova la Cappella de’ Cambi rimpetto alla Cappella di San Tommaso

da Villanova. È in questa una bellissima tavola di mano dello Stradano, nella quale è dipinto il

Salvador del mondo, che con la sferza scaccia quelli che vendano e comprano dal tempio, i quali messi dal terrore di quella Maestà in fuga, fanno vari scorti ed attitudini, tra le quali vi sono alcuni bracci, ch’escon dal quadro molto bene intesi, e con somma franchezza condotti” (BOCCHI-CINELLI 1677, p. 148).

97 “Dopo questa segue la Cappella Gambereschi, ove di mano del Butteri è effigiato il

Centurione, che inginocchiato avanti a Cristo gli chiede la sanità del figliuolo. Dalla parte di Cristo sono molti suoi discepoli con bella attitudine e dalla banda del Centurione sono molti soldati ch’esprimono assai bene la maraviglia causata in loro da questa novità”309

Se Bocchi si era limitato a valutare l’attitudine nelle sole figure dipinte, Cinelli, come Vasari prima di lui, estende questo giudizio anche alle sculture, come nel caso dell’Ercole della collezione Niccolini310 o del Sant’Alesso di Giovanni Caccini

sulla facciata della chiesa di Santa Trinita:

“A canto all’altra porta meridionale in una nicchia è una statua di marmo effigiata per un

S.Alesso in posar reale, di mano del medesimo Caccini, figura maggior del naturale, molto graziosa, sì per attitudine, come per lo panneggiamento, che scopre lo gnudo, la quale dagl’intendenti è tenuta in grandissima [sic]” 311

Anche i bronzetti possono suscitare considerazioni sulla resa dell’attitudine, come mostra il caso del Gladiatore di Francesco Susini che Cinelli vede nella casa del Marchese Gerini:

“ Evvi ancora [...] uno stipo di pietre commesse assai vago sopra del quale posa un

Gladiatore di bronzo in graziosa attitudine carico d’armi tutte ben disposte di mano Francesco Susini scultore assai rinomato”312

308 “Esprimono graziosamente i Re la loro devozione e riverenza, ed uno di loro bacia con bella

attitudine un piede al Bambino Giesù. Porge un paggio con bellissimo scorto ad uno de’Re doni per offerire a Giesù con somma leggiadria e grazia, ed è vago oltre ogni credere un braccio che da una parte si posa a segno che inganna l’occhio. E finalmente questa in ogni sua parte pregiabile, ed è delle più famose opere, che escissero dall’eruditissima mano di sì sovrano maestro, ove s’ammira