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Se la seconda parte si presenta a uno stadio di elaborazione più avanzato, la terza parte rimase al contrario allo stadio di abbozzo, ma la sua accurata progettazione è testimoniata da una serie di appunti che nelle intenzioni dell’autore dovettero costituire un primo schema della futura opera e che sono utili a noi per comprendere con sufficiente chiarezza quelli avrebbero dovuto esserne i contenuti. Questi sono specificati in una lettera di Cinelli al Magliabechi, scritta da Loreto il 4 ottobre 1704, che di seguito si riporta e che si ritiene particolarmente significativa come testimonianza dello stato dei lavori:

174 Le Bellezze della città di Firenze dove a pieno di pittura di scultura di sacri templi, di palazzi, i più notabili

artifizj, e più preziosi si contengono. Scritte già da m. Francesco Bocchi, ed ora da m. Giovanni Cinelli ampliate, ed accresciute, in Firenze, per Gio. Gugliantini, 1677, p. 195 (d’ora in avanti citata come BOCCHI- CINELLI 1677).

175 BNCF, Magl. XIII, 34, cc. 123r-126v (Fonderia); cc. 229r-234v (Armeria); cc. 80-86v

56 “ Tra gli miei scartafacci, ch’ella consegnò al Monacaccio figlio del diavolo […], vi era un piccolo libretto manoscritto. in 8 di circa due fogli, trattante de’ veleni, modi di fabbricarli e suoi rimedii, e mi spiacerebbe che gli fusse capitato in mano, avendomi il bricerne [?] anche tolto la consolazione delle due lettere ch’ella gli dette perchè me l’inviasse, e le fatiche ch’aveva fatte per il Cavaliere Tidi, e la 3° parte delle Bellezze ch’aveva incominciata per le statue e pitture del nostro contado: Io n’ho scritto al suo Generale, ma non veggo risposta”176

Nel 1704 dunque la terza parte delle Bellezze era ancora allo stadio iniziale, tuttavia se l’elenco di opere sopra citato si può ritenere valido, il progetto esisteva in realtà già prima del 1682. L’elaborazione delle due parti dell’opera che avrebbero dovuto seguire il testo edito risale dunque allo stesso periodo: la seconda parte è notevolmente più completa poiché quegli stessi appunti erano stati raccolti contemporaneamente a quelli poi confluiti nella parte edita; la terza parte rimase solo iniziata e Giovanni Cinelli si vide costretto a interromperla probabilmente in seguito al putiferio suscitato dalla pubblicazione, nel 1682, della quarta Scanzia della sua Biblioteca Volante.

La scelta di comporre una parte dedicata ai dintorni e alle loro bellezze era innovativa in quegli anni e Giovanni Cinelli sembrerebbe aver dunque inaugurato un settore della guidistica fiorentina che iniziò a prendere campo solo a partire dal 1698, anno della seconda edizione di un’altra guida della città, il Ristretto delle cose

più notabili della città di Firenze di Raffaello del Bruno, “Professore di Leggi, e Accademico Apatista”177. Questo agile libello, mai attentamente considerato dalla

critica, comparve anonimo nel 1689 ma quasi dieci anni dopo vide una prima ristampa arricchita da una seconda parte contenente una “succinta, ma ben’effatta relazione della Suburbana Campagna, e suoi luoghi più riguardevoli”178curata

dall’erudito Anton Francesco Marmi (1665-1736)179, professore di lingua italiana nello Studio Fiorentino, esecutore testamentario del Magliabechi e primo ordinatore dei suoi manoscritti.

176BNCF, Magl. VIII, 634, c. 332v. 177 DEL BRUNO 1698, p. V. 178 Ivi, p. VII.

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La prima edizione del Ristretto (1689) si apriva con queste interessanti parole che testimoniano come il problema dell’interesse suscitato dalle bellezze suburbane fosse particolarmente sentito:

“Ed eccovi amico lettore un breve, e succinto racconto delle cose più notabili di Firenze, […], che se di molte notizie lo troverete manchevole, e specialmente intorno alle Chiese e Conventi suburbani, che pur molti ve ne sono non inferiori a quelli della Città, siccome delle Ville, che la vicina campagna rendon si vaga, sovvengavi ciò che abbiamo nella prefazione accennato, cioè d’aver noi intrapresa questa fatica solamente per uso, e commodo del Forestiero, il quale, ne pochi giorni, che si trattiene in questa Città procura solo di veder e intendere le cose più riguardevoli, e le meno importanti e più difficili a vedersi, ò non cura, ò non ha tempo d’agiatamente osservare. Egli è ben vero però che, che se per sorte questo breve ristretto verrà un giorno dal Forestiero gradito, forse colui, che per solo divertimento, e per compiacere all’Amico che instantemente il pregò, si messe a comporlo non usando quella diligenza che richiedeasi, ne quella politezza di stile che l’avrebbe reso più vago, procurerà un giorno farlo comparire più erudito, più adorno, e di maggior notizie ripieno”180

Già dalla fine degli anni Ottanta dunque si sentiva la necessità non tanto di perfezionare gli itinerari cittadini per i quali comunque esisteva una bibliografia a disposizione (le Bellezze del Cinelli, seppur non prive di errori, offrivano comunque un panorama pressochè aggiornato della città) quanto di integrarli con le bellezze suburbane a seguito di un buon successo di pubblico.

Confrontando il testo del Marmi con gli appunti superstiti del Cinelli si scoprono in molti casi evidenti analogie che, seguendo un criterio puramente cronologico, lascerebbero ipotizzare una derivazione della terza parte delle Bellezze dalla seconda edizione del Ristretto, completa dei monumenti dei dintorni, cosa che sposterebbe l’elaborazione del progetto cinelliano a dopo il 1698. Il fatto però che il già citato elenco di opere “da stamparsi”, autografo e databile, come si è detto, tra il 1677 e il 1682181, recasse già la menzione della terza parte delle Bellezze ci

consente di affermare che Giovanni Cinelli avesse inizialmente anticipato un progetto che poi solo il Marmi sarebbe riuscito a dare alle stampe.

180 DEL BRUNO 1689, p. 126. 181 Vedi nota 171.

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L’idea di integrare la guidistica di città con le bellezze suburbane sembrava infatti circolare negli anni che vanno dal 1682 al 1689 proprio nell’ambiente accademico frequentato dal Del Bruno, dal Cinelli e dal Marmi: per i primi due, infatti, un punto di incontro e di scambio di idee dovette essere stata l’Accademia degli Apatisti, per quanto riguarda il Marmi, invece, il suo contatto col Cinelli fu sicuramente reso possibile dalla comune frequentazione del Magliabechi182. La

pubblicazione del Ristretto non dovette però scoraggiare il Cinelli che continuò comunque a lavorare alla sua terza parte delle Bellezze forse servendosi proprio del

Ristretto come fonte, particolare che spiegherebbe le analogie tra i due testi.

Scorrendo gli appunti di Cinelli si nota infatti che la struttura della terza parte sembra prendere spunto più di una volta dal lavoro del Marmi, soprattutto per quanto riguarda l’ordine con cui vengono presentati i luoghi da descrivere: nel caso del Ristretto però quella che doveva essere una guida alle bellezze suburbane si configura invece come uno scarno elenco di ville e di chiese di campagna. Il proposito di Giovanni Cinelli, al contrario, doveva essere quello di comporre un’opera che a differenza del sintetico Ristretto non avesse l’ambizione di elencare necessariamente proprio tutti i monumenti del cosiddetto “contado” fiorentino, tanto meno in una forma esageratamente succinta come quella adottata dal Marmi, ma forse offrire una scelta dei monumenti giudicati più importanti dei quali fornire una descrizione accurata e aggiornata su modello delle Bellezze edite.

Di questo importante progetto che non vide purtroppo compimento Giovanni Cinelli sembra essere riuscito quantomeno, come si è già detto, a definire la struttura: nel manoscritto si trovano varie pagine di appunti che si possono considerare una vera e propria “impalcatura” dell’opera. Da questi appunti si comprende che ogni itinerario verso le bellezze del “contado” iniziava da una porta della città, analogamente a quanto aveva fatto anche il Marmi nella seconda parte del Ristretto; Cinelli, in questa fase solo progettuale, elenca i monumenti che intende descrivere a seconda della loro posizione geografica rispetto alla porta da cui l’itinerario doveva aver inizio, di conseguenza chiese e ville suburbane compaiono schematicamente raggruppate a seconda che si fossero trovate “a diritto”, “a man ritta” o “a man manca” rispetto alla porta di riferimento (tav.

182 Anton Francesco Marmi sarà in seguito incaricato di raccogliere materiali per stilare una vita del

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6)183. Confrontando il Ristretto e ciò che rimane della terza parte delle Bellezze ci si accorge dunque che Cinelli sembra aver operato una visibile “scrematura” del testo del Marmi riprendendo solo una piccola parte di tutte le chiese e le ville nominate nel Ristretto.

Considerando la monumentalità del progetto ci si accorge che i pochi i frammenti esistenti nel manoscritto della Biblioteca Nazionale non sono altro che una minima parte del lavoro che Cinelli si proponeva di svolgere per la stesura della terza parte che rimase allo stadio di abbozzo anche pochi anni prima della morte del suo autore. I frammenti conservati riguardano, nello specifico, la pieve di San Donnino a Villamagna (Bagno a Ripoli), la chiesa (non più esistente) di Santa Maria a Malavolta (Galluzzo), la Villa di Cafaggiolo e il convento di Bosco ai Frati, il convento del Palco (Prato), il Palazzo dei Dini ai Collazzi e la chiesa di San Zanobi a Casignano, la Villa Pucci a Casignano, la villa di Luca Pitti a Ruciano e Villa Bandini al Paradiso, il palazzo Salviati al Ponte alla Badia e la villa di Montughi(Fiesole), villa Borgherini a Bellosguardo e la badia di San Bartolomeo (Fiesole), la villa della Magia, la chiesa di Santo Stefano a Pozzolatico, la chiesa di Monteoliveto e la villa di Poggio a Caiano, la chiesa di San Bartolo in Tuto a Legnaia, il Poggio Imperiale, la Villa di Castello, la villa di Pratolino, la chiesa di Sant’Andrea a San Donnino, la Badia di Settimo, la villa di Careggi184.

Tra le meraviglie suburbane elencate nello schema del Cinelli le ville occupano un posto di rilievo.

Le ville infatti, prime fra tutte quelle medicee, erano sentite come un patrimonio legato alla città al pari di quello compreso tra le mura. Sembra essere stato proprio l’interesse suscitato dalle ville ad orientare la guidistica verso quelli che verranno in seguito conosciuti come “contorni” di Firenze185: anche il Ristretto nasceva infatti

183 In questa sede vengono riproposti gli appunti per questa “Terza Parte” in APPENDICE, IV. 184 BNCF, Magl. XIII, 34, c. 269r (Pieve di San Donnino a Villamagna); c. 272v (chiesa di Santa

Maria a Malavolta al Galluzzo); c. 277r (Villa di Cafaggiolo e convento di Bosco ai Frati); c. 278r (convento del Palco a Prato); c. 285r (Palazzo Dini ai Collazzi e chiesa di San Zanobi a Casignano); c. 286r (Villa Pucci a Casignano); c. 287r (Villa Pitti a Ruciano e Villa Bandini al Paradiso); c. 288r (Palazzo Salviati e villa di Montughi); c. 288v (villa Borgherini a Bellosguardo e badia di San Bartolomeo a Fiesole); c. 289r (la Magia); c. 291r (chiesa di Santo Stefano a Pozzolatico); c. 318r (chiesa di Monteoliveto); c. 320r (villa di Poggio a Caiano); c. 319r (chiesa di San Bartolo in Tuto a Legnaia); c. 321r-321v, c. 324r e cc. 326r-335v (Poggio Imperiale); c. 325r (Villa di Castello); c. 344r e cc. 336r-337r (Pratolino); c. 351r (chiesa di Sant’Andrea a San Donnino); c. 351v (Badia di Settimo); c. 430r (Villa di Careggi). La trascrizione completa viene riproposta in APPENDICE, IV.

185 Basti pensare al fiorire di tutta una serie di guide ottocentesche dedicate a “Firenze e contorni”,

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da un interesse di questo tipo, considerando che l’editore giustificava la commissione al Marmi della seconda parte scrivendo che “ la maggior parte de’Forestieri gradisce molto di vedere le vicine ville”186.

La descrizione cinelliana della Villa del Poggio Imperiale costituisce forse uno dei frammenti più completi e in quanto tale, riesce a dare un’idea sufficientemente chiara di come dovevano essere affrontati i monumenti descritti nella terza parte:

“A sommo dello stradone, che 1600 passi, come si è detto, è lungo ad un balaustrato di pietra serena in forma di mezzo cerchio si giugne, che servendo al prato ch’è davanti al Palagio di parapetto o di siepe d’ogni intorno circondandolo, il chiude sopra la cornice de’ balaustri, che con ugual distanza son da alcuni pilastrini divisati per render più vaga e robusta la fabbrica molte statue di pietra al naturale si veggono tutte fatte da valenti artefici, e son queste fino al numero di dodici, da altrettanti animali per di pietra fra l’una e l’altra statua frapposti tramezzate. Le statue varie azioni villerecce o cacciatrici rappresentano e nell’entrata maggiore del balaustrato, ov’è la catena son due bellissime statue di marmo maggiori del naturale. L’una un Giove in atto di scagliar il fulmine, l’altra un Atlante che sostien le sfere rappresenta. La prima ch’è di Felice Palma, anzi maravigliosa, che semplicemente bella de’ dirsi, perocché avendo figurato un uomo gnudo,

ch’allargato il passo per dar forza all’azzione e tirando la vita in dietro per dar maggior vigore allo scagliar del fulmine acciò con maggior peso cada, fa che tutti i muscoli di quel gran corpo, come universale è di esso la forza così particolarmente ogn’uno di loro faccia quella parte di moto che gli aspetta e che dalla natura gli è destinato; ov’egli del braccio destro che sollevato in alto nella parte diretana col fulmine sostiene, mostrando lor forza par che veramente si muovino, lo stesso fanno tutti quegli del petto che nel girar con prestezza e con rabbia la vita in un tempo medesimo con contrarietà grande fra loro hanno diversi moti e quegli delle gambe e delle cosce per la forza di star bene in piedi, sono ottimamente disposti altresì. E in somma questa statua tenuta dagl’intendenti in grandissimo pregio. Non è però l’Atlante ch’è di mano del Rosso da dispregiarsi, perocché anch’ella benché dell’altra la fierezza non abbia e non sia così svelta, nondimeno la fatica che soffre per lo peso che porta raramente esprime”187

186 DEL BRUNO 1698, p. VIII. 187 BNCF, Magl. XIII, 34, cc. 37r-327.

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Il modus operandi rimane quello già a suo tempo utilizzato per le aggiunte alle

Bellezze del Bocchi, con l’autore che si sofferma sulle descrizioni ed esercita un giudizio sulle opere trasformando così la solitaria visita di un forestiero in una sorta di dotta conversazione tra dilettanti. Se della Villa Imperiale Cinelli stila un’accurata descrizione dell’esterno ma soprattutto degli ambienti interni, al contrario il Marmi, vuoi perché il Ristretto aveva ambizioni ben più contenute, si limita a riferire, più banalmente, che la villa si presentava all’interno “ripiena d’ogni sorte di ricca supellettile di Quadri, ed altre galanterie”188.

Dagli schemi autografi che mostrano la struttura dell’incompiuta terza parte delle

Bellezze si evince che le ville medicee dovevano essere tutte comprese: in realtà Cinelli riuscì a raccogliere materiale a sufficienza solo per la villa del Poggio Imperiale, mentre gli appunti relativi alla villa di Careggi sembrano essere frutto, più che altro, di una frettolosa lettura dello stesso Ristretto nel quale, forniti pochi elementi storici, l’autore tralasciava del tutto la descrizione delle opere d’arte in essa contenute. L’ultima villa della quale Cinelli riesce a stilare qualche riga è quella di Pratolino, alla quale il Marmi aveva al contrario dedicato ampio spazio nel

Ristretto traendo però le informazioni da una fonte ben più antica, i Discorsi di Francesco de’Vieri (1587)189.

188 DEL BRUNO 1698, p. 125.

189FRANCESCO DE’ VIERI, Discorsi di M. Francesco de’Vieri detto il Verino secondo, cittadino fiorentino.

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3. Dopo le Bellezze: l’Itinerario toscano

Del progetto di un non meglio precisato Itinerario toscano rimangono appunti sparsi nelle cosiddette “bozze” delle Bellezze di Firenze e in altri manoscritti di Giovanni Cinelli. Nell’elenco delle proprie opere inserito nel primo volume della Biblioteca

Volante (1677) egli cita infatti un “Itinerario toscano”190, inspiegabilmente assente dall’elenco di opere “da stamparsi” redatto, come si è detto, prima del 1682191.

Allo stato attuale non è possibile proporre una datazione precisa per questo progetto che fu concepito con tutta probabilità in seguito al successo delle Bellezze, allo stesso modo delle altre guide cinelliane rimaste allo stadio di abbozzo, come le

Origini della città di Borgo San Sepolcro192 e la Descrizione di Roma193, la prima quasi

compiuta nel 1677, l’altra appena iniziata nello stesso anno, come testimonia una lettera del Cinelli che in quel periodo risiedeva tra Borgo San Sepolcro e Roma in temporaneo esilio dopo la pubblicazione del Malmantile racquistato194.

Dell’Itinerario toscano rimangono alcuni appunti relativi alle città di Pescia e di Montevarchi rilegati assieme alle bozze manoscritte delle Bellezze di Firenze195. Nel

duomo di Pescia egli fece in tempo a vedere la celebre Madonna del Baldacchino nella sua ultima collocazione prima del passaggio alle collezioni granducali nel 1697196. Di Montevarchi esiste solamente un appunto che si configura piuttosto

come un elenco delle opere più importanti del luogo197. Gli appunti relativi alla città di Pistoia, più dettagliati, si trovano invece rilegati senza alcun criterio logico

190 CINELLI-SANCASSANI 1734, p. CXL.

191 BNCF, Magl. IX, 50. Vedi a quasto proposito la nota 171. 192 BNCF, Magl. XXV, 202.

193 BNCF, Magl. XIII, 35.

194 BNCF, Magl. VIII, 634, c. 29r, lettera al Magliabechi del 21 dicembre 1677: “Qui però non ho

dormito avendo descritte le Bellezze di questi luoghi [di Borgo San Sepolcro], e dato un grande abbozzo a quelle di Roma com’ella vedrà”; nel manoscritto della Descrizione di Roma, in quella che doveva valere come una sorta di prefazione, viene specificato dall’autore che “Le Bellezze di Firenze m’hanno insegnato a scriver le Bellezze di Roma”, cfr. BNCF, Magl. XIII, 35, c. 1r

195 BNCF, Magl. XIII, 34.

196 “Nella Prepositura è una tavola di Raffaello da Urbino è in essa la Vergine con Giesù bambino

in collo sopra un trono assisa due Angioli in aria reggono con graziosissimo scorto i pendoni del baldacchino, ch’ad uso di Padiglione è fatto, dalle bande sono quattro Santi che sono S. Piero, S. Jacopo, S. Agostino e S. Brunone al naturale, e davanti nel mezzo due Agnolini che cantano, a questi non son finiti ne i capelli ne l’ale al S. Pietro son solo abbozzate le chiavi, ed al S.Agostino nella man destra manca il dito indice; le teste ed i panneggiamenti finiti sono, e questo adivenne perche fù questa tavola principiata ad istanza de’Dei per collocarla all’altar maggiore di Santo Spirito [...]. È opera maravigliosa, e di stima grandissima” (BNCF, Magl. XIII, 34, c. 279r).

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in due manoscritti del Cinelli di tutt’altro argomento: una parte piuttosto esigua è stata rintracciata in un manoscritto che riunisce scritti di materia medica198, più

pagine si trovano invece rilegate insieme alle bozze manoscritte della Descrizione di

Roma199. Il maggior livello di completezza di degli appunti relativi a Pistoia

sembrerebbe da imputarsi a una permanenza prolungata di Giovanni Cinelli in questa città200:

“Ha la Città di Pistoia in materia di Pittura molte bell’opere, e perocchè degne d’esser menzionate le credo, perciò di esse breve racconto farassi, e dal Duomo Chiesa dell’altre più ragguardevole e degna darassi principio.

È questa d’ordine Corinto, con bell’ordine di Colonne acconciamente fabbricata ed all’Apostolo S.Iacopo maggiore della Città Tutelare dedicata: fu fatta col disegno di Niccola Pisano, nell’anno [sic] e quantunque non vi sieno miracoli, è tutta via commendabile e da stimarsi in riguardo spezialmente del tempo che fatta fù”201

Gli spazi bianchi che Cinelli spesso lascia quando non conosce l’autore dell’opera o l’anno di esecuzione, testimoniano di un lavoro condotto sostanzialmente in piena autonomia, senza il sostegno sistematico di esperti che provvedessero ad integrare questa raccolta di notizie. Così come nelle Bellezze, anche nei pochi appunti sulle chiese di Pistoia, l’autore non manca di inserire anche le opere più antiche. Quando invece si trova a descrivere una collezione privata e può beneficiare pertanto della guida del proprietario, i risultati appaiono ben diversi, come si evince da questa descrizione della collezione di Alessando Passerini:

“E bench’io abbia nella prima parte delle Bellezze di Firenze a ... [manca il numero di pagina] de’quadri e pitture che ha appresso di se il Signor Maestro di Campo Alessandro Passerini Castellano al ponte dlla fortezza di Pistoia, e Governatore dell’Armi di quella Banda favellato, perocchè nel ricevere gli effetti di sua generosità in Pistoia ho auto fortuna di veder due quadri nel lor genere bellissimi e di pregio ch’egli possiede, ho voluto qui farne menzione

198 BNCF, Magl. II, I, 404, c.94r-95r.

199 BNCF, Magl. XIII, 35, cc. 336r-338v, cc. 353r-353v, c. 359r-364v.

200 Vale la pena precisare che una ristampa delle Bellezze cinelliane venne impressa nel 1678 in

questa città.

64 È il primo un quadro di figure piccole rappresentante una notte nella quale una Venere in mezzo ad alcuni Amorini sotto grazioso padiglione addormita giacendo, e da due giovani furtivamente vagheggiata; gli stà l’uno dalla banda del capo con la lanterna chiusamente per la diretana, l’altro con una lucerna accesa per davanti osservando, e le fattezze di quel bel