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Tra le parti che compongono pittura e scultura, Raffaello Borghini nel Riposo aggiunge un concetto nuovo, la disposizione, definendola:

“quella bella ordinanza, che si fa di più figure, animali, paesi et architetture, onde tutte le cose, che vi sono appariscono ben compartite e con gli abiti, e ne’luoghi a lor convenevoli ben poste e ben ordinate”339

Nelle Vite vasariane, la disposizione non viene riconosciuta come ‘parte’ costitutiva delle tre arti e raramente si trova citata nel testo; tuttavia il termine era stato usato nel senso, in seguito definito più chiaramente dal Borghini, di ordine compositivo che però sembra riguardare in questo caso solo la distribuzione delle figure nella

istoria: nella biografia di “Pietro Laureati” (Pietro Lorenzetti), infatti, Vasari osserva la “disposizione delle figure”340 affrescate nello Spedale di Santa Maria

della Scala e, nel celebre mosaico della Navicella di Giotto (Roma, San Pietro) la “disposizione degl’Apostoli che in diverse maniere travagliano per la tempesta del

338 BOSCHINI [1660] 1966, p. 754; cfr. anche POIRIER 1976, p. 81. 339 BORGHINI 1584, I, p. 52.

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mare mentre soffiano i venti in una vela”341. La disposizione acquista autonomia solo nelle parole che Vasari fa dire ad Annibal Caro, il quale incaricato di fornire le “invenzioni” a Taddeo Zuccari per gli affreschi del Palazzo Farnese a Caprarola, così si rivolge all’artista:

“I soggetti che il Cardinale [Alessandro Farnese] mi ha comandato che io vi dia per le pitture del palazzo di Caprarola, non basta che vi si dichino a parole, perché, oltre all’invenzione, vi si ricerca la disposizione, l’attitudini, i colori et altre avertenze assai, secondo le descrizioni che io truovo delle cose che mi ci paiono al proposito”342

Raffaello Borghini, recuperando la teoria delle proporzioni formulata dall’Alberti e filtrata da Leonardo343, arriva dunque ad ampliare la riflessione vasariana offrendo

per la prima volta una definizione del termine che viene così elevato al rango di vera e propria ‘componente’ delle tre arti344. Il secondo libro del Riposo è in buona

parte dedicato alla discussione sulla disposizione, in relazione alla quale vengono individuati buoni e cattivi esempi.

Vale la pena notare che il termine, nella definizione del Borghini, fa riferimento alla distribuzione di “più figure”, di conseguenza la figura isolata rimane esclusa dalla discussione sulla disposizione, specificando inoltre che “quando si fanno le statue sole tutte ritonde non vi occorre la disposizione”345 . Di essa viene

riconosciuta la difficoltà esecutiva e, allo stesso tempo, la fondamentale importanza346; essa riguarda, oltre alle figure, anche altri elementi utili a comporre

la scena (“casamenti, paesi [...], animali”) la cui armonizzazione è affidata alla prospettiva347, oggetto di una lunga digressione che mostra la puntuale conoscenza delle teorie di Leonardo, tutto al fine di:

341 VASARI 1568, I, p. 124.

342 VASARI 1568, II, p. 704 (Vita di Taddeo Zuccari). 343 SALVI 2012, pp. 21-60; TEGA 2004, p. 273. 344 Sulla disposizione cfr. PEPE 1978, pp. 158-159. 345 BORGHINI 1584, I, p. 52.

346 “Fra le molte cose che fa il pittore importanti, difficilissima e fra le difficili importantissima è la

disposizione; conciosiacosaché in quella principalmente il sapere et il buon giudicio dell’artefice si conosca” (BORGHINI 1584, II, p. 177).

347“E la prospettiva, che si stende nella pittura dee in tre parti esser distinta: la prima dee contenere

il diminuimento, che si fa della quantità de’ corpi in diverse distanze; la seconda quello de’ colori d’essi corpi e la terza lo scemamento della notizia delle figure e de’ termini, che hanno i corpi in varie distanze” (BORGHINI 1584, II, p. 178).

105 “disporre ogni cosa che ne nasca una concordanza et unione, che come da varie voci e da diverse corde ne risulta concento che diletta all’orecchie, così dalle molte parti disposte nella pittura, dimostrando vaghezza e giudicio, ne nasca a gli occhi piacere e contento”348

Nelle Bellezze Bocchi recupera in alcuni casi il significato albertiano di disposizione come armonica distribuzione delle varie parti dell’edificio349, traducendolo in ordinata distribuzione delle membra di quella che egli chiama “fabbrica del corpo umano”350, mutuando un termine che dopo la pubblicazione del De humani corporis

fabrica di Andrea Vesalio (1543) divenne d’uso abbastanza comune anche nel lessico artistico351. Questo gli consente di estendere l’uso del termine anche alla

figura isolata e alla scultura a tutto tondo352, come nel caso del Giocolatore della

Galleria, del quale Bocchi mette in risalto il “sembiante lieto, di robusta disposizione”353, o del Crocifisso del Brunelleschi in Santa Maria Novella, del quale

nota la “dilicata disposizione delle membra”354, e di un Ercole antico a Palazzo Pitti, per il quale:

“Ammirano la disposizione delle membra quelli che in tali affari sono usati, le quali carnose e con rara intelligenza fabbricate mostrano tutta la persona che sia vera et a quella, che è viva, del tutto conforme in ogni parte”355

348 BORGHINI 1584, II, p. 179.

349 Un eco della teoria albertiana si riscontra molto chiaramente in un passo delle Bellezze relativo

alla chiesa di Santa Trinita, per la quale egli ricorda che “i migliori artefici ne gli edifizi nobili, imitando la pianta di questo tempio e la disposizione de’ suoi membri, confessano tacitamente, quanto stimare si dee et a ragione commendare” (BOCCHI-CINELLI 1677, p. 185).

350 Nel “Cristo, quando risuscita del Sepolcro” del Bronzino nella cappella Guadagni della Santissima

Annunziata Bocchi nota che “Altri [soldati] si veggono, come morti et uno spogliato di panni, caduto indietro, sì come è difficile in sua disposizione, cosi fa fede nella fabbrica del corpo umano bene intesa e nella testa, che scorta, di gran sapere di questo nobile artefice” (BOCCHI-CINELLI 1677, p. 444).

351 PIERGUIDI 2012, pp. 503-520.

352 Vedi anche la discussione di Frangenberg sulla Pietà del Bandinelli nella SS.Annunziata

(FRANGENBERG 1995, pp. 129-130).

353 BOCCHI-CINELLI 1677, p. 102. 354 Ivi, p. 255.

355 “In testa della sinistra loggia dentro di questo palazzo [palazzo Pitti] egli ci ha in una nicchia un

Ercole di marmo di artifizio antico [...]. Ammirano la disposizione delle membra quelli che in tali affari sono usati, le quali carnose e con rara intelligenza fabbricate mostrano tutta la persona che sia vera et a quella, che è viva, del tutto conforme in ogni parte” (BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 139-140).

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Alla disposizione, Bocchi associa spesso il termine membra con una accezione in parte diversa dalla formulazione datane dal Borghini, il quale conferiva ai termini “membri” e “membra” due distinti significati:

“I membri quella proporzione e misura, che hanno fra sé le membra; laonde non appariscano né troppo lunghe, né tropo corte, né in alcun modo storpiate”356

Bocchi non accoglie questa distinzione e utilizza il termine membra ad indicare sostanzialmente la muscolatura, ma nel senso albertiano del rapporto tra le parti (i muscoli) e l’intera struttura (il corpo): questo spiega perchè egli finisca spesso per apprezzare l’”unione di membra”357 che l’artefice riesce a raggiungere solo grazie a

una perfetta conoscenza dell’anatomia umana, la quale si palesa nel corretto intendimento non solo dei muscoli, ma anche delle congiunture tra di essi, secondo una riflessione debitrice anche in questo caso a Leonardo. È quanto accade nella descrizione della Giuditta di Donatello:

“ammirano gli artefici la vivezza, che nella donna apparisce, la santa animosità del volto nell’uccidere Oloferne, il gran disegno e naturale, che mostra la differenza del vivo e del morto, l’abito del panneggiare dicevole alla persona, la languidezza, e ‘l sonno di Oloferne, le membra verso di sé naturali rispondenti al corpo, a cui sono congiunte vivamente; l’ossa e la carne poste a’ suoi luoghi con dolce maniera e con morbidezza tale, che nel bronzo son vive e nell’equivoco paiono vere”358

Infine, se Michelangelo e Baccio Bandinelli costituiscono per Bocchi esempi mirabili per quanto riguarda la resa delle membra, la figura di Andrea del Sarto acquista invece i meriti maggiori nella disposizione delle figure359.

Le aggiunte cinelliane si attengono puntualmente alla definizione di disposizione del Borghini che, come dimostra la sua ripresa nel Vocabolario del Baldinucci360, rimane

356 BORGHINI 1584, I, p. 52. 357 BOCCHI-CINELLI 1677, p. 74. 358 Ivi, p. 73

359 “È dicevole la disposizione delle figure di Andrea e tanto verisimile, che pare che si accordi il

pensiero, che così il fatto di vero passasse” (BOCCHI-CINELLI 1677, p. 302)

360 Nel Vocabolario di Filippo Baldinucci viene infatti recuperata e minimamente rielaborata la

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ancora nella seconda metà del XVII secolo la formulazione comunemente accettata.

Cinelli adopera infatti il termine solo in relazione alla composizione di più figure, come nel caso di uno Sposalizio di contadini attribuito a Michelangelo delle Battaglie che egli potè vedere nella casa del Marchese Gerini e del quale nota:

“Son figure piccole sì, ma tanto graziose l’attitudini, così belli i gruppi e la loro disposizione ch’è una maraviglia il vederli”361

Evidente, in questa descrizione, il richiamo di un passo del Borghini:

“Diremo, -rispose il Sirigatto,- che la disposizione sia fatta con grande arte, veggiendosi bene accomodate tante figure in sì piccola tavola, con varie attitudini con buon rilievo e con bei colori”362

Cinelli tende ad associare la disposizione non con i membri, come aveva fatto Bocchi, ma piuttosto con le attitudini, come nel caso delle lunette del chiostro più antico del convento di San Marco:

“di maniera assai delicata dipinte; è vago il colorito, copiose sono le figure con belle attitudini e buona disposizione. Alcune sono del Puccetti”363

Valuta, contemporaneamente ad essa, anche la buona riuscita della resa prospettica alla quale, come si è visto, Borghini aveva dato notevole importanza:

“Entrando dunque in chiesa [degli Innocenti] si vede all’altar maggiore una tavola nella quale è una Adorazione de’ Magi molto bella, ed oltra la buona disposizione delle figure vi è una veduta d’un gran fiume in lontananza, ch’è cosa di maraviglia; da una parte è figurata in piccolo la Strage degl’Innocenti e dall’altra vi è sopra un colle un figurino che taglia un albero ordinanza, che si fa di più cose, verbigrazia, di figure, d’animali, di paesi, d’architetture; in modo che tutte quelle che sono in opera, appariscano ben compartite, e con gli abiti, e ne’ luoghi a lor convenevoli poste, siccome ancora che gli atti, gesti e movenze, sieno all’invenzione, al luogo e alle figure dicevoli” (BALDINUCCI [1681] 1975, p. 52).

361 BOCCHI-CINELLI 1677, p. 496. 362 BORGHINI 1584, II, p. 191. 363 BOCCHI-CINELLI 1677, p. 262.

108 stimato cosa bellissima, siccome anche tutta la tavola ch’è di mano di Domenico del Grillandaio”364

Nelle aggiunte cinelliane il termine membra viene ormai quasi del tutto sostituito da

muscoli; in due sole occasioni Cinelli usa il primo365 e, non a caso, quando tenta di uniformarsi al lessico bocchiano recuperandone alcuni vocaboli ed espressioni (per lui evidentemente desuete), come dimostra la descrizione delle sculture del Giambologna nella Cappella Maggiore della chiesa di San Marco, la quale si distingue per un’enfasi sulla capacità mimetica dell’artista che riecheggia di fatto accenti bocchiani:

“è oltre modo maraviglioso il S. Gio. Batista, essendosi in questo forzato quell’ingegnoso scarpello dar per così dire moto e spirito al marmo e di verità che nello gnudo tal morbidezza si scorge, che non di pietra, ma di vivente carne quelle membra appariscono”366

Vale la pena segnalare che Cinelli si sofferma sull’osservazione dei muscoli quasi esclusivamente nel caso di sculture a tutto tondo, la cui tridimensionalità e l’impossibilità per lo scultore di servirsi dell’artificio dei colori e dei lumi richiedeva necessariamente una perfetta conoscenza dell’anatomia umana; si tratta di uno degli argomenti più affascinanti della discussione sul paragone tra le arti della quale Cinelli mostra di essere edotto. Nelle aggiunte cinelliane relative alla descrizione dei muscoli spicca il Passignano per quanto riguarda la pittura e, ovviamente, Michelangelo come maestro insuperato in questo tipo di studio:

“Anche Gio. Bologna uomo di così grand’arte, e di maggior invenzione, con tutto che sia ogni sua opera maravigliosa e di pregio, è stato da qualcheduno criticato nell’effigiare i muscoli

del corpo umano, perché non come naturalmente nella notomia si veggono, ma in qualche cosetta

364 BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 413-414.

365 Nel caso di un tabernacolo “alla testata di via del Crocifisso” con un affresco raffigurante “ la

Deposizione di Cristo dalla croce di Cecchino Salviati: è bello il colorito, le membra del Salvatore sono assai bene intese e l’occhio ben tosto dell’eccellenza di suo maestro fa fede” (BOCCHI- CINELLI 1677, p. 344).

109 più tosto a suo capriccio e di propria invenzione gli disegnava. Il che non fece giammai il Buonarruoto, che per 12 anni continovi indefessamente la notomia studiando del sito e positura

de’muscoli padrone si rese”367

Colori

“I colori, non solamente quella vaghezza e dilicatezza, che essi mostrano, quando son ben distesi e con ragione mesticati, ma eziandio la convenienza del significato d’essi a quelle persone et a quei luoghi a cui si danno”368

L’ultima parte della pittura, nella riflessione del Borghini, viene assegnata al colore. Nelle Bellezze del Bocchi, così come nelle aggiunte cinelliane, si alterna l’uso dei termini colore e colorito369. In entrambe le redazioni viene puntualmente osservata la

“vaghezza” del colorito (Cinelli, in particolare, lo qualifica quasi sempre come “vago”); la “convenienza del significato” di cui parla Borghini nella sua definizione di “colore” è una preoccupazione che passa invariata Bocchi, come mostra la descrizione del Cristo alla colonna di Alessandro del Barbiere nella cappella Corsi della chiesa di Santa Croce:

“Poche sono le figure, ma ordinate con somma grazia et acconciamente fanno altrui risovvenire di quello, che nelle sacre lettere è scritto. Perché è divisato il Cristo con molto sapere, in vista umile, ma tuttavia pieno di maestà, i ministri di Pilato mostrano fierezza e l’architettura con industria ordinata, il colorito dicevole al soggetto, che ci è posto innanzi, rendono il tutto raro e pregiato”370

Questa preoccupazione per il decorum anche per quello che riguarda il colore si è invece completamente perduta nelle aggiunte cinelliane le quali comunque mostrano di non essere insensibili al dato cromatico: dell’Annunciazione della cappella Strozzi in Santa Trinita egli osserva “la Vergine vaghissima nel colorito, vivace, devota ed umile nel sembiante”371, descrive gli affreschi di Giovanni da San

367 BOCCHI-CINELLI 1677, p.7 368 BORGHINI 1584, I, 53. 369 Vedi GRASSI, 19782, I, pp. 116-117. 370 BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 318-319. 371 Ivi, pp. 185-186.

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Giovanni sulla facciata di una casa posta dentro Porta Romana raffiguranti “le due Republiche, cioè Firenze e Pisa con la Religione di S. Stefano, le quali assise sopra vago trono hanno attorno una mano di figure benissimo disegnate e vaghe nel colorito”372; Di fronte all’Adorazione dei Magi in San Michele Berteldi , opera di Ottavio Vannini (1585-1643) Cinelli ricorda l’autore come “discepolo del Passignani, che ha imitato assai bene nel colorire il pennello sovrumano del Coreggio”373.

Tra tutti spicca però la figura di Matteo Rosselli (1578-1650), il cui nome compare per la prima volta nell’”Introduzione” nel contesto di una critica a lui rivolta che riguarda proprio il suo modo di colorire:

“[I critici] non lasciano di mordere il Rosselli, ch’ha fatte le sue pitture sì vive e cariche di colore, che anzi sfacciate più tosto che colorite dir si possono, essendo per altro stato uomo di stima”374

Nel trovare una valida difesa del pittore, Cinelli non fa riferimento, ad esempio, al cromatismo che il Rosselli sviluppa a partire dal primo decennio del Seicento in seguito a un probabile soggiorno veneziano375, ma si limita ad opporre una

spiegazione ‘pratica’ che possa confutare ogni sospetto di errore:

“Il Rosselli ha considerato, che tutte le pitture a fresco col tempo lor vaghezza perdono, onde per renderle più durevoli ardito nel colorir s’è tenuto”376

Gli interventi cinelliani su Matteo Rosselli mettono regolarmente in evidenza questa cifra stilistica, come nel caso degli affreschi del chiostro grande della Santissima Annunziata377, delle tavole della chiesa di San Michele Berteldi378 e in quelle di Ognissanti, giudicate le migliori:

372 BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 124-125. 373 Ivi, p. 209.

374 Ivi, p.8.

375 Per la biografia di Matteo Rosselli vedi FAINI GUAZZELLI 1986, pp. 158 - 160. 376 BOCCHI-CINELLI 1677, p.14.

377 “Nella terza facciata dopo la Cappella de’ Macigni, è dipinto nella prima lunetta di mano del

Rosselli quando il Beato Manetto della Antella predicò davanti a S. Lodovico Re di Francia, nella quale è stupendo e vago il colorito” (BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 462-463).

111 “Segue [...] la Cappella Bandeni, nella quale di mano del Rosselli è una bella tavola ov’è dipinto il martirio di S. Andrea Apostolo rimpetto appunto all’altra del medesimo dipintore, sono amendue ben disposte di vago e dilettevol colorito, oltre il disegno molto bene inteso ed accordato, essendo queste due dell’opere migliori di esso artefice, e particolarmente questa di S. Andrea”379

La valutazione del colorito interessa, di conseguenza, anche gli artisti passati dalla bottega del Rosselli, come nel caso del Furini:

“Nel salotto [della casa di Giovan Battista Galli] è un bellissimo bagno di mano del Furino, lungo 5 braccia e mezzo, alto 4 nel quale 4 femmine sono più di mezzo sott’acqua, due quasi fuor d’essa si sforzano di pigliar un giovane per tuffarlo; son tutte figure intere al naturale benissimo disegnate e di bellissimo colorito”380

Nell”Introduzione” Cinelli chiama in causa anche le critiche rivolte a Santi di Tito e riguardano proprio il modo di colorire:

“quell’altro suo cattivo costume, comune assai anche al Macchietti, di servirsi di colori languidi, e colorir sì male, quando disegnava con tanto spirito e sì bene”

Che la posizione cinelliana fosse contraria lo si apprende però dalla successiva descrizione dell’Annunciazione di Santi di Tito nella cappella Vecchietti in Santa Maria Novella:

“È questa una delle più rare opere di questo artefice, avvenga che fuori di suo costume, ha mantenuto in essa la vaghezza de’ colori assai vivi di modo che chi non ha intera contezza, stima questa pittura d’altra mano”381

378 “Dopo seguita [nella chiesa di San Michele Berteldi] la Cappella de’ Martelli, è in questa tavola dipinto

un S. Gaetano di mano del Rosselli come anche gli altri quadri, che sono nelle pareti; sono tutti vaghi e ricchi di colore e molto ben disegnati” (BOCCHI-CINELLI 1677, p. 209)

379 BOCCHI-CINELLI 1677, pp. 225-226. 380 Ivi, p. 370.

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Nel caso della volta della Cappella Mazzei nella chiesa di San Michele Berteldi, opera del pittore e decoratore bolognese Angelo Michele Colonna, Cinelli mette in risalto la capacità illusionistica del colorire:

“La volta di questa è dipinta con molto artifizio dal Colonna, il quale ha saputo così bene ingannar l’occhio col colorito, che la volta, che per altro è piana, pare che vadia in alto molte braccia”382

In ogni caso la riflessione cinelliana pur non presentando elementi di originalità in relazione alla discussione sul colorito, si mostra particolarmente sensibile nei confronti delle sperimentazioni cromatiche dei pittori suoi contemporanei e della generazione precedente, come mostra il caso di Cecco Bravo.

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7. Considerazioni sul testo

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Ulteriori considerazioni circa il metodo critico e gli orientamenti teorici di Giovanni Cinelli si possono sviluppare a partire dall’analisi diretta delle aggiunte all’interno dell’opera.

Il confronto tra il testo originale e gli interventi cinelliani è agevolato dalla immediata riconoscibilità di questi ultimi che si distinguono per l’uso del corsivo, come lo stesso Cinelli chiarisce nell’introduzione:

“Né averei senza la scorta di professori intendenti, pormi a si fatta impresa avuto ardimento, come anche pur menomissima particella dalla prima stampa rimuovere o mutare perché essendo questo libro tenuto in pregio non tanto per la materia che tratta, quanto per la bontà della lingua, la stima primiera non si diminuisse; avendo solo preteso d’accrescerlo per recar diletto a coloro, ch’essendo lontani, veder la bella Fiorenza non possono. E quantunque le giunte per sé stesse dalla rozza differenza del suono conoscer si facciano, ho voluto, ch’in carattere differente sieno stampate, lasciando il testo nel suo corsivo, acciò si riconosca ancora che dalla prima impressione non ho ne meno un iota levato, benché abbia in alcuni luoghi qualche cosa anteposto e posposto, non già per far il pedante ad un tanto uomo com’era il Bocchi, ma perché servendo di scorta a molti forestieri, possin con questo nelle mani, entrando in una delle chiese descritte cominciar da una parte e seguitar per ordine fino al fine, senz’avere con scomodo a tornare in dietro”384

L’analisi delle aggiunte rivela innanzitutto che l’autore è intervenuto sul testo originale bocchiano sia per completamento, nei casi in cui l’aggiunta si inserisce in