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Small Business Investment Companies Act , le Small Business Investment Companies (SBIC) Le quali sono intermediari rivolti solo ed esclusivamente

1.7 L’attività di private equity ogg

Il mercato del

private

equity

e delle operazioni di LBO negli ultimi anni ha vissuto di alti e bassi, infatti dal 2007 si è innescata una crisi del mercato del credito legata ai mutui

subprime

. A causa di questa crisi il numero di operazioni di LBO è calato considerevolmente, così come il valore totale dei

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capitali impegnati. Ovviamente l’ulteriore inasprimento della crisi finanziaria ha provocato, dal 2008 ad oggi, un grande blocco di LBO specialmente per quanto riguarda la possibilità di disinvestire da tali tipologie operazioni, vista la difficoltà a trovare nuovi acquirenti.

Le banche fino al 2007-2008 concedevano prestiti per operazioni di LBO con molta facilità, senza tenere granché conto del rischio cui andavano incontro, visto che i crediti, tramite le cartolarizzazioni, venivano poi rivenduti. Va anzi evidenziato come in quegli anni non solo i fondi avevano molta facilità a recepire capitale di debito ma, anzi, erano gli enti finanziatori stessi a contattare i fondi e a proporsi per erogare capitale di debito per le operazioni di LBO. A conferma di ciò basti pensare che nel 2007 una operazione tipo era caratterizzata da un livello di indebitamento pari all’80%, lasciando le aziende coinvolte con un debito raddoppiato rispetto alla loro situazione iniziale, questo unito al grande numero di passaggi di proprietà ha portato ad un innalzamento dei prezzi delle società

target

, prezzi che ormai non sono più raggiungibili in sede di disinvestimento (Filippetti S. e Longo M., 2008).

Il rischio che si sta manifestando è quello che i fondi di

private

equity

possano trovarsi in portafoglio molte aziende pagate a caro prezzo e difficilmente rivendibili, a meno di un notevole calo di prezzo. Il blocco di liquidità sta dando, quindi, una svolta inaspettata alle operazioni di LBO, infatti, se da un lato vengono meno i presupposti per una speculazione finanziaria, dall’altro i fondi di

private

equity

si vedono costretti ad aumentare le proprie competenze manageriali così da permettere comunque un aumento della redditività. La crisi ha quindi provocato una rivisitazione dei prezzi verso il basso e può dunque rappresentare l’opportunità per valorizzare maggiormente gli aspetti reali ed economici di un LBO, piuttosto che concentrarsi nella mera speculazione finanziaria. Anche secondo Michele Russo, del fondo italiano Opera, il risvolto economico di questa situazione non deve essere letto solo dal punto di vista negativo, anzi può ritenersi “salutare perché riporta alla ragionevolezza i prezzi e conduce i

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fondi di

private

equity

a fare il loro lavoro originale: acquisire società, farle crescere, migliorarne la gestione, aumentare il loro valore per poi rivenderle”.

Fin dall’inizio della crisi di liquidità si è notata una mutazione di molti fattori tipici di un’operazione di LBO:

• orientamento dei fondi verso operazioni di minori dimensioni;

• contrazione del numero di banche finanziatrici, specialmente per le

operazioni di più grandi dimensioni (250 milioni di euro);

• inserimento da parte delle banche di clausole a loro vantaggio che possono anche prevedere l’immediata esigibilità del credito;

• volontà dei

private

equity

di disinvestire rivendendo la propria

partecipazione ad altri fondi;

• prezzo dei finanziamenti in forte aumento tramite l’aumento dello

spread

applicato ai tassi di interesse;

• maggior utilizzo di

equity

con conseguente minor leva finanziaria e minor rendimenti attesi;

• ridefinizione delle strategie di mercato del

private

equity

, con

conseguente orientamento verso operazioni di

turnaround

;

• maggior selettività nella scelta delle acquisizioni (D’Ascenzo M, 2008).

Anche a causa di tutti questi fattori l’iniziale rallentamento delle operazioni

di LBO si sta trasformando in una caduta libera, gli stessi fondi di

private

equity

sono passati dall’avere una grande liquidità a dover riconsiderare molte operazioni, sia quelle che erano in procinto di essere intraprese sia quelle già in corso d’opera. Un esempio esemplificatore può essere quello della

ProSieben-Sat1

, importante gruppo televisivo tedesco rilevato nel 2006 da due fondi,

KKR

e

Permira

, per oltre 3 miliardi di euro e che, a seguito della crisi di liquidità, ha rischiato di non mantenere i

covenant

stabiliti con i finanziatori, e ha visto i fondi in questione costretti a comprare parte dell’esposizione debitoria, 100 milioni, con l’obiettivo di salvare l’investimento in

equity

, evitando un possibile fallimento o la necessità di rinegoziare i termini e le condizioni di finanziamento.

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Anche tra le banche, quindi, si vede la volontà di vendere il debito impegnato nelle operazioni di LBO a prezzi decisamente inferiori rispetto all’esposizione del debito stesso. Per fare ciò la maggior parte di esse sta intraprendendo operazioni con investitori speculativi con lo scopo di vendere pezzi di debito a prezzi molto bassi, inclusi generalmente tra i 0,5 e 0,8 euro per euro di debito (Festa C., 2008).

Negli ultimi anni, con il consolidamento di questa situazione negativa del mercato della concezione del credito, si può notare un cambiamento sempre più frequente nell’operatività dei fondi di

private

equity

per evitare di rimanere fermi quali:

• aumento della selettività degli operatori da parte delle banche

finanziatrici;

• uso di leva finanziaria molto più bassa;

• aumento dei

secondary

buy-out

, investimenti dei fondi che prendono il posto di altri fondi;

• tendenza a operazioni svolte da cordate di

privateequity

;

• concentrazione a operazioni di più piccole dimensioni rispetto alle grandi

operazioni tipiche del 2007, e tendenza a detenere solo una parte delle quote senza arrivare alla partecipazioni di controllo;

Va oltremodo sottolineato come le aziende, una volta entrate nel mondo delle operazioni di LBO, siano spesso state soggette ad un gran numero di compravendite tra i diversi operatori di

private

equity

, ciò ha creato sicuramente un aumento del valore da un punto di vista finanziario, ma con un relativo vantaggio se si parla di valore industriale.

Si è già dimostrato come l’intervento del

private

equity

in un’azienda si sia rilevato, nella maggior parte dei casi, un effetto benefico per le imprese sia finanziariamente che operativamente parlando, con l’avvento di una

governance

molto qualificata. Ovviamente questo vantaggio è difficilmente replicabile in un

secondary

buy-out,

visto che, generalmente, già il primo fondo è intervenuto nella gestione dell’azienda apportando importanti migliorie. Ciò implica che il fondo subentrante deve intervenire in altri

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aspetti per migliorare ulteriormente la

performance

e garantire un IRR maggiore rispetto al precedente agli investitori. Tali interventi possono essere rappresentato da tagli di costi o da altre azioni che solitamente vanno a discapito dell’operatività dell’azienda. A questo aspetto va data particolare importanza, specialmente in un periodo molto difficile come quello attuale, con bassi margini di profitto, ed in cui il debito cui si trovano gravate le società

target

diventa un peso molto più pesante rispetto agli anni di massima espansione (Filippetti S. e Longo M., 2008).

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CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

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