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LBO e Private equity Private equity Private equity in Italia Private equity in Italia in Italia in Italia

LBO e LBO e

LBO e Private equityPrivate equityPrivate equity in ItaliaPrivate equityin Italiain Italia in Italia

Il capitolo che segue si concentra sull’attività di LBO svolta dai fondi di

private equity

in Italia. Infatti, dopo aver analizzato nel capitolo precedente le motivazioni che hanno portato alla nascita di queste operazioni, si passa ad inquadrare la loro evoluzione nel sistema italiano. Per fare ciò si esaminano, nella prima parte del capitolo, gli ostacoli incontrati dagli operatori nell’intraprendere tali operazioni, ostacoli dovuti a fattori finanziari, normativi e culturali, andando poi a vedere gli interventi avvenuti nel corso degli anni atti a facilitare l’espansione di questo mercato. Si inquadrano, poi, tutti i soggetti coinvolti direttamente ed indirettamente dalle operazioni di LBO, con particolare rilievo dei fondi di

private equity

, evidenziando gli interessi di ogni parte e, conseguentemente, approfondendo i rapporti che intercorrono tra di essi.

La seconda parte del capitolo è più analitica, in quanto va a vedere i dati storici riguardanti le operazioni effettuate dai fondi di

private equity

in Italia, e più specificatamente tutte quelle riguardanti il settore del

buy-out

. Questa analisi si svolge grazie ai dati disponibili nel database di AIFI, gli anni interessati partono dal 1998, per poi concentrarsi maggiormente sugli anni 2000-2008, durante i quali si è manifestata la crisi di liquidità tuttora presente nei mercati, ed arrivare, infine, ad analizzare i dati riguardanti il 2011, ultimo anno disponibile, con lo scopo di provare ad emettere un giudizio in prospettiva sull’andamento del mercato. Lo studio mette altresì in evidenza le differenze sull’ammontare degli investimenti effettuati a livello geografico e a livello settoriale, così da rendere la lettura dei dati più completa.

Il capitolo si conclude sviluppando l’evoluzione degli aspetti normativi che interessano le operazioni di LBO, tale lavoro si svolge inquadrando i problemi affrontati dal legislatore nel corso degli anni e mettendo in evidenza le differenti norme che hanno interessato il LBO così da arrivare

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determinare quelle con le quali il legislatore ha deciso di rendere chiaramente lecite tali operazioni.

2.1 Come e quando si è affermato il LBO in Italia

Come già anticipato, la nascita delle operazioni di LBO è avvenuta negli Stati Uniti per poi diffondersi, una decina di anni dopo, in Europa e di conseguenza anche nel nostro Paese. Ovviamente il livello di operazioni tra quelle italiane e quelle americane non sono neanche paragonabili, l’evoluzione e la crescita in termini relativi invece sono sempre state molto simili, e generalmente in aumento sia per dimensioni sia per numero di operazioni; un’analisi più dettagliata dei dati verrà effettuata successivamente nel corso di questo capitolo.

Inizialmente l’evoluzione del LBO in Italia fu frenata da un paio di fattori molto importanti per l’operazione stessa quali:

• un sistema finanziario e bancario più arretrato rispetto ai mercati più aperti quali sono quelli americano, inglese, tedesco e francese;

• i problemi economico-culturali che sono, anche al giorno d’oggi, elementi

determinanti per lo sviluppo di operazioni di questo tipo.

A conferma di quanto appena scritto bisogna fare una piccola analisi del periodo in cui tali operazioni si sono affacciate per la prima volta nel nostro Paese, gli anni Ottanta. In quegli anni il sistema italiano non era ancora pronto, sia per la mancanza di soggetti equiparabili a fondi di

private

equity

, sia per l’assenza in Italia di strumenti di debito facilmente liquidabili, quali le obbligazioni ad alto rendimento (

Junk Bonds

1) che sono

invece risultati determinanti nel mercato americano.

L’emissione di tali strumenti fu ostacolata direttamente dallo Stato vista l’intenzione di tenere estremamente sotto controllo l’intero sistema

1

Il Junk bond è un'obbligazione dal rendimento elevato e con un alto rischio. Tale tipologia di titoli viene emessa da società disposte, pur di ottenere denaro, a pagare tassi di interesse elevati. L'elevato

indebitamento della società emittente comporta una elevata probabilità di fallimento della stessa. Il rating è di livello speculativo, inferiore alla tripla B.

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finanziario-bancario e, nello specifico, i tassi d’interesse, così da poter collocare più facilmente le proprie obbligazioni necessarie per supportare l’elevato debito pubblico dell’Italia. Anche ragionando nell’ottica del mercato di capitali, l’emissione di

Junk bonds

non fu facilitata, vista la poca fiducia verso il nostro sistema da parte dei mercati finanziari stessi.

Per finanziare i LBO si è dovuto quindi passare a una serie di alternative; la prima fra tutte fu quella di utilizzare finanziamenti di società finanziarie private, banche d’investimento e istituti di credito mobiliare, che si assunsero sia i rischi sia i proventi di tali operazioni. Questo fu possibile grazie alla discreta concorrenza e all’elevata frammentazione di banche e operatori del settore che obbligò gli stessi a cimentarsi in differenti operazioni andando alla ricerca di nuove forme di profitti.

Si è rilevato, però, che anche il sistema bancario italiano non era, e in parte non è tuttora, completamente idoneo ad appoggiare le operazioni di LBO in quanto le banche tendevano, e tendono, a investire in operazioni con profili di rischio inferiori (Grassini F., 1989). Vista la necessità di cambiamento nel rapporto banca-impresa derivante dalle nuove forme d’investimento si analizza in seguito ed in maniera più dettagliata con il proseguo del capitolo il ruolo delle banche con le imprese interessate da LBO.

L’altro principale ostacolo fu rappresentato dalla poca propensione e predisposizione degli operatori del settore, del management e degli azionisti delle imprese

target

ideali ad affrontare questo genere di situazioni. Ovviamente, come è per ogni nuova forma d’investimento, non si avevano casi da prendere a modello, se non quelli di altri paesi che, però, erano favoriti da una situazione regolamentare positiva, come abbiamo già visto nel precedente capitolo parlando delle SBIC americane e dei veicoli inglesi introdotti più recentemente, nel 1997 (Sattin F. e D’Anzi P., 1988).

Va poi considerato che, una fase essenziale delle operazioni di LBO è il momento del disinvestimento e che per effettuarla è di fondamentale importanza il mercato borsistico, il quale in quegli anni era di piccole dimensioni e dal valore esiguo rispetto ad altri paesi europei. Infatti l’idea

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era quella di intervenire nelle aziende di medie dimensioni per poi realizzare possibili guadagni, tramite gli interventi effettuati, liquidando l’operazione proprio attraverso il mercato borsistico. Da quanto detto risulta facile da capire come l’aumento della dimensione della Borsa Italiana, avvenuto negli anni Ottanta e Novanta, abbia conseguentemente agevolato le operazioni di LBO nonché la nascita e la crescita dei fondi comuni di investimento come i fondi di

privateequity

(Sattin F. e D’Anzi P., 1988). Un altro aspetto molto importante che bloccò la diffusione dei LBO in Italia è rappresentato dalle caratteristiche delle aziende italiane, con riguardo all’assetto proprietario della maggior parte delle aziende negli anni Ottanta- Novanta, e comunque essa è una caratteristica che contraddistingue tutt’ora il mercato italiano. Infatti il sistema economico italiano era ed è formato da moltissime aziende di medie e piccole dimensioni che, di conseguenza, non hanno accesso alla quotazione in borsa, va sottolineato che all’epoca le aziende di grandi dimensioni e già quotate in borsa erano molto poche. Come appena evidenziato il mercato borsistico italiano non era sufficientemente maturo per permettere la dismissione con interi pacchetti azionari, vista la concentrazione degli operatori verso pochi titoli ma con certa remunerazione. Questa difficoltà si è quindi ripercossa nella crescita delle operazioni di LBO visto che la quotazione in borsa, se possibile, rappresentava, specialmente in quegli anni come si è già visto nel caso americano, il principale way-out per gli investitori in

equity,

permettendo oltretutto il passaggio della proprietà a soggetti generalmente più sicuri dal punto di vista finanziario e gestionale e in grado di garantire una continuità aziendale (Grassini F., 1989).

Si può concludere che da un punto di vista economico le operazioni di LBO in Italia incontrarono una serie di ostacoli che però non bloccò completamente queste operazioni. Si può infatti affermare che in Italia questa tecnica finanziaria fu meno esasperata rispetto agli altri paesi e ciò comportò che le aziende oggetto di queste operazioni fossero acquisite da soggetti interessati non solo alla speculazione finanziaria ma anche in

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particolar modo alla crescita dell’azienda

target

in ottica di lungo periodo (Grassini F., 1989).

Spostando l’analisi da un punto di vista economico ad uno giuridico va innanzitutto sottolineato come le operazioni di LBO siano molto complesse e come esse vadano a toccare vari aspetti, quello legale, civile, commerciale, tributario e penale. Ognuno di questi aspetti è ovviamente differentemente regolamentato e, di conseguenza, essi vengono analizzati più nello specifico singolarmente nei paragrafi successivi.

Rimanendo nel periodo della nascita e crescita di queste operazioni si può notare come, da un punto di vista giuridico, vi sia stato un continuo evolversi della giurisdizione in materia di LBO che ha permesso una evoluzione, sia quantitativa che qualitativa, degli operatori presenti nel settore. Inizialmente non vi era una vera e propria regolamentazione di questo fenomeno, ma fin dall’inizio il contesto normativo in cui si potevano inserire tali operazioni è stato generalmente positivo.

Le operazioni di LBO si affacciarono in Italia agli inizi degli anni Ottanta, in quegli anni il sistema bancario era sottoposto ad una regolamentazione molto stringente e, di conseguenza, non poterono essere parte attiva nelle prime operazioni. I pionieri di tale attività furono quindi altri soggetti quali i finanziatori privati (

private

equity

), in particolar modo gli investitori internazionali intenzionati ad entrare nel mercato italiano impegnando il proprio capitale in imprese di medie dimensioni.

Solo a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta vi fu una deregolamentazione che permise anche alle banche ad intraprendere tali operazioni sia con la nascita di società ad hoc sia con la creazioni di specifiche divisioni interne, ciò diede una grande spinta al mercato del LBO italiano.

Come appena indicato, la nascita di queste operazioni in Italia influenzò in modo radicale l’impegno di capitale dei più grossi investitori italiani così come di molti investitori internazionali vista appunto l’impossibilità del sistema bancario di partecipare direttamente in maniera attiva a tali operazioni (Gervasoni A e Sattin F., 2008).

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Nel maggio 1986 vi fu la costituzione di AIFI (Associazione italiana del

private

equity

e

venture capital

) che sancì a tutti gli effetti la nascita degli investitori in capitale di rischio, fu creata con lo scopo di sviluppare, coordinare e rappresentare tali investitori nelle varie sedi istituzionali e per sviluppare tale mercato in Italia.

Attualmente gli associati ad AIFI sotto il profilo della struttura operativa e organizzativa sono rappresentati da:

• società finanziarie di partecipazione; • società di gestione di fondi chiusi italiani;

advisory companies

di fondi chiusi internazionali;

• banche italiane ed internazionali aventi una sezione dedicata all’attività