di private equity ;
2.6 Suddivisione delle risorse e distribuzione geografica delle aziende target
Per analizzare più nello specifico la distribuzione degli investimenti per area geografica e dell’ammontare investito per settore di appartenenza delle aziende
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nel sistema italiano si è deciso di prendere come anni di paragone il 2000, il 2005 e il 2011, i dati in questione provengono ancora dalla società di categoria come per i paragrafi precedenti, la AIFI.Si è preferito iniziare l’analisi per il settore di appartenenza delle società
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poiché è anche da questo motivo che gli operatori scelgono in quale area geografica investire.Dalla figura 2.6.1 si può dedurre come il principale
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di investimento fosse rappresentato dai settori tradizionali dell’industria. I principali risultano essere il settore manifatturiero, il settore dei beni di consumo e il settore tecnologico di cui fanno parte il segmento delle comunicazioni e dell’informatica.85 Figura 2.6.1 Distribuzione dell’ammontare investito Lit/mld per settore di appartenenza delle aziende target 2000 (AIFI, 2000).
Spostando l’analisi al 2005 (figura 2.6.2), con un salto temporale di 5 anni, si possono notare importanti differenze rispetto alle preferenze appena indicate, visto che le
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ideali in quest’anno sono imprese operanti nel settore della produzione di prodotti e l’erogazione di servizi industriali seguite daquelle dell’alimentari e dei beni di consumo. Rispetto al 2000 si ha da un lato il crollo di attrattività delle aziende manifatturiere e di comunicazione e dall’altro l’ingresso nella lista di imprese operanti in settori più di nicchia (automotive, lusso, tesile).
Figura 2.6.2 Distribuzione settoriale dell’ammontare per settore di appartenenza delle aziende target 2005 (AIFI, 2005).
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Va data particolare rilevanza alla grande crescita delle imprese Dot-com avvenuta a cavallo tra il 2000 e il 2001 che ha portato tali aziende a rappresentare ottime occasioni per chi volesse effettuare operazioni di LBO. Questo ha portato ad un vero e proprio bum di operazioni riguardanti il settore dell’high-tech (segnalato come internet in figura 2.6.1). Va sottolineato come la maggior parte di tali operazioni si sia rilevata fallimentare a seguito della bolla speculativa della new-conomy e come tale categoria di imprese sia praticamente scomparsa dalla figura 2.6.2.
L’analisi settoriale si conclude, come già premesso, con i dati aggiornati al 31.12.2011 (figura 2.6.3), anno in cui le imprese attive nel settore dell’energia & utilities hanno rappresentato il principale
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di investimento con un quota del 14% sul totale delle operazioni, si può subito notare come tale settore nel 2005 avesse invece un ruolo marginale. Si confermano come aziende ideali per tali operazioni le imprese del comparto dei prodotti e servizi industriali con l’11%, al primo posto per numero di operazioni anche nel 2005, va sottolineato come tali aziende siano le uniche presenti con un certo grado di continuità nel tempo. Da segnalare la parziale crescita del peso delle operazioni riguardanti il settore dei media & entertainment, così come la crescita del numero di operazioni di settori quali le telecomunicazioni, l’automazione industriale, e il medicale oltre ad una parziale ripresa del comparto manifatturiero.I settori che invece hanno evidenziato una forte contrazione del numero di investimenti effettuati nel corso dei 5 anni sono stati i beni di consumo e l’alimentare.
87 Figura 2.6.3 Distribuzione settoriale dell’ammontare per settore di appartenenza delle aziende target 2011 (AIFI, 2011).
Spostando ora l’analisi sulla distribuzione geografica degli investimenti posti in essere in Italia si nota un preoccupante andamento comune nel corso degli ultimi 12 anni. Prendendo come indicatore la percentuale di ammontare totale investito in Italia si ricava che le risorse sono state destinate per operazioni che riguardano aziende localizzate nel Nord del Paese. Infatti nel 2000 l’ammontare era così suddiviso: 63% nel Nord Italia, 34% nel Centro e solo il 3% investito nel Sud Italia. Purtroppo questa grande differenza è andata ampliandosi nel corso degli anni, infatti nel 2005 le percentuali erano rispettivamente dell’85% al Nord, del 13% al Centro e del 2% al Sud mentre gli ultimi dati a disposizione mostrano come l’82% dell’ammontare totale vada in operazioni al Nord, il 13% e il 3% vadano rispettivamente al Centro del Paese e al Mezzogiorno con il restante 2% impegnato oltre confine.
E’ facile intuire che anche a livello regionale si avranno le stesse tendenze, infatti guardando i dati degli ultimi dieci anni si può vedere come le prime tre regioni siano sempre le stesse, nell’ordine Lombardia Emilia Romagna e Veneto seguite da altre quattro regioni che nel corso degli anni si sono
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scambiate le posizioni tra di loro (Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio e Piemonte).
Storicamente, come già sottolineato, si collocano agli ultimi posti, con un numero di operazioni molto esiguo, le regioni del Sud Italia quali tra tutti la Calabria, il Molise, le Marche e la Basilicata che nel corso dell’intero 2011 non ha visto operazioni di
private
equity
oventure capital
. Caso particolare è rappresentato dalla Valle d’Aosta che, come la Basilicata, non è stata interessata da tali operazioni né nel 2011 né negli anni precedenti.Per schematizzare quanto descritto basti vedere la figura 2.6.4 i cui dati riguardano gli investimenti a livello regionale avvenuti nel corso del 2011 e che vanno a confermare l’analisi appena svolta.
Figura 2.6.4 Distribuzione regionale del numero di investimenti realizzati nel 2011 (AIFI, 2011).
L’analisi svolta in questi ultimi due paragrafi fa capire come l’azienda
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sia di difficile individuazione ma in linea di massima si è potuto vedere come siano preferite imprese grandi, leader nel settore e molto patrimonializzate. Con la crisi si è manifestata una forte difficoltà a reperire quei capitali necessari per effettuare tali operazioni e ha portato i fondi di
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ad orientarsi verso aziende più di nicchia, con tassi di crescita potenzialmente molto alti ma non già consolidati. Quest’ultima affermazione
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verrà meglio analizzata nel corso del terzo capitolo quando si analizzerà il processo delle operazioni di LBO e l’individuazione delle aziende
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ideali.