di private equity ;
2.2 Soggetti coinvolti nelle operazioni di LBO
Durante gli anni Novanta le operazioni di LBO videro la consacrazione dei fondi di
private
equity
come principali operatori, a conferma di ciò basta vedere come, da statistiche AIFI, a livello dimensionale la quasi totalità diqueste operazioni in Italia siano state effettuate da
investment banks
e dafondi chiusi italiani. Solo in misura più marginale sono da segnalare le banche e le società finanziarie a partecipazione italiana, le quali si concentrano in operazioni di più piccole dimensioni rivolte a PMI, imprese tecnologicamente avanzate e imprese pubbliche, infatti, se è pur vero, che quest’ultima casistica è marginale dal punta di vista dimensionale, va sottolineato che rappresenta la maggior parte delle operazioni svolte in Italia e come, quindi, essa risulti a dir poco essenziale in un contesto come quello qui analizzato (Capizzi V., 2005).
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Come appena sottolineato, seppur di dimensioni contenute, la maggior parte delle operazioni di LBO sono rivolte ad aziende di medie-piccole dimensioni e vengono effettuate da intermediari finanziari nazionali, vista la loro maggior conoscenza del territorio e delle PMI stesse. Tali operatori sono, nella maggior parte dei casi, fondi comuni chiusi di investimento, gestiti da una SGR, che raccolgono liquidità tramite l’emissione di quote per poi investire tale liquidità in operazioni di LBO sotto forma di capitale di rischio. Generalmente tali quote vengono acquistate da altri operatori del settore quali i fondi pensione, assicurazioni o banche o da soggetti privati molto facoltosi e quindi con un patrimonio personale cospicuo.
Al contrario, le operazioni di maggiori dimensioni richiedono altre necessità come grossi capitali di rischio, che sono in grado di essere messi a disposizione solo da operatori più grandi e importanti come ovviamente sono i fondi esteri e le
investment bank
straniere. Tali intermediari finanziari sono chiaramente di origine anglosassone, mercato in cui i fondi di investimento sono di dimensioni impressionanti rispetto a quelli italiani. I fondi operanti a livello sovra continentale vengono denominati fondi chiusi pan-europei, sono caratterizzati da una grande esperienza in queste operazioni e dall’essere regolamentati in maniera leggermente differente rispetto agli altri fondi, ma, in particolar, modo essi si caratterizzano per la grandissima disponibilità di capitali di cui dispongono, tutto ciò fa si che questi fondi siano i più attivi a livello dimensionale nel mercato italiano con ideal
più consistenti e con le aziende interessate di più grosse dimensioni. Particolare rilevanza va data al fatto che i fondi chiusi italiani, e i più grandi fondi internazionali, sono stati in grado di coprire perfettamente, almeno fino all’arrivo dell’odierna crisi, il mercato italiano, in quanto i primi sono sempre stati indirizzati verso le PMI, mentre i secondi verso le aziende di più grandi dimensione effettuando i cosiddettimega-deal
. E’ quindi risultato molto importante sia la capacità di interloquire con il sistema locale, come sono in grado di fare iprivate
equity
domestici, per le operazioni riguardanti le PMI, sia la possibilità di inserimento di ingenti57
capitali internazionali per le operazioni riguardanti imprese di grandi dimensioni (Gervasoni A. e Sattin F., 2008).
Un aspetto fondamentale dei fondi chiusi sta nel particolare rapporto tra il gestore del fondo, che solitamente è il management della società di gestione del risparmio, e i sottoscrittori del fondo in questione. Come verrà meglio analizzato in seguito questo rapporto comporta un continuo controllo sulla SGR e sulle gestione di questa riguardo il fondo da essa gestita, e quindi una maggior responsabilizzazione sulla gestione stessa per la ricerca di una migliore
performance
che va a ripercuotersi direttamente in un migliore rendimento dell’aziendatarget
sia in ottica di breve che di lungo periodo. Ovviamente la capacità del management della SGR di realizzare ottimeperformance
è essenziale anche per il proseguo della vita della società di gestione stessa visto che l’obiettivo principale, per essa, è quello di soddisfare i sottoscrittori del fondo così da poter contare su di essi anche per iniziative future verso nuove operazioni di LBO. Il momento principale per analizzare il risultato dell’investimento del fondo chiuso coincide con la liquidazione del fondo e la restituzione delle quote. Risulta chiaro, quindi, come sia di estrema importanza per la SGR pianificare la durata dell’investimento ed indicare fin dall’inizio la modalità con cui si intende disinvestire.Va ricordato, poi, come dagli anni Novanta in poi il ruolo attivo nelle operazioni di LBO sia stato ad appannaggio del sistema bancario tramite la costituzione di società create appositamente o tramite una sezione specifica della banca stessa.
E’ importante ricordare che l’intervento diretto, con capitale di rischio, in imprese industriali da parte di imprese bancarie è possibile solo dal 1993 con l’entrata in vigore del TUB (Testo Unico Bancario d.lgs. n.385/93), grazie al quale le banche possono, entro certi limiti, entrare a far parte direttamente, e non più attraverso società finanziarie appositamente costituite, del capitale azionario di imprese non finanziarie (Gervasoni A. e Sattin F., 2008).
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Questa modifica normativa ha comportato che il capitale di rischio fosse ad appannaggio della capogruppo o di imprese comunque ad essa legate e, che non venisse raccolto nel mercato borsistico come invece è nella natura di tali operazioni. Va sottolineato come, anche in Italia così come già detto nell’analisi di LBO esteri, la presenza diretta delle banche nel capitale proprio rappresenta un duplice rischio per le banche stesse. Infatti esse, partecipando in duplice veste di enti finanziatori e azionisti diretti, corrono il pericolo di andare incontro ad una perdita sia dell’ammontare erogato in qualità di finanziamento sia di quello erogato sotto forma di capitale. Con l’avvento della crisi le banche hanno tentato, e stanno tutt’oggi tendando, di uscire da questo genere di situazioni per tornare a ricoprire il proprio ruolo di finanziatore, tralasciando possibili extra guadagni.
A favorire la formazione di fondi chiusi non di partecipazione bancaria è stata, al di là della situazione attuale, la crescente evoluzione del mercato di capitali. Tale evoluzione ha dato una importante spinta al mercato del
private
equity
e alla formazione di quei fondi di matrice italiana più interessati verso le PMI, di cui si è appena trattato, e che tutt’ora rappresentano una fetta importantissima del mercato italiano, in quanto secondi, per risorse investite, alle sole banche d’affari internazionali.Meritano una menzione particolare quelle operazioni di LBO di natura pubblica o cooperativa in cui gli operatori si impegnano nel sostenere determinate aree geografiche non troppo floride e/o determinati settori aziendali non coperti dagli investimenti del settore privato. In questo caso tali operazioni vengono effettuate con un obiettivo differente rispetto alla speculazione finanziaria, infatti spesso con esse si intende rilanciare un determinato settore industriale o una determinata area geografica, con la principale finalità dell'aumento dei posti di lavoro (Capizzi V., 2005).
In questi casi risulta importante che l’intervento pubblico venga man mano implementato da risorse finanziarie private così da poter sostituire i capitali pubblici con capitale di rischio. Il disinvestimento dall’operazione avviene in un primo momento con una parziale sostituzione di capitale da pubblico a
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privato, questa può essere vista come una forma di coinvestimento, per poi successivamente passare completamente in mano ad operatori privati. Per operare ottimamente, i fondi mobiliari interessati a investimenti formati sia da capitale privato che pubblico devono essere specializzati rispetto al settore in cui si va ad operare, essere selezionati mediante bandi di gara internazionali, cosi da evitare il fenomeno della corruzione, ed infine devono distribuire le plusvalenze in maniera disomogenea, garantendo un rendimento minimo al capitale pubblico e maggiore al capitale privato, così da rendere tali operazioni particolarmente appetibili agli investitori (Gervasoni A. e Sattin F., 2008).
A supporto di queste idee ed iniziative sono state previste specifiche operazioni dal Dipartimento per l’Innovazione tecnologica che prevedono investimenti pubblici nel Sud Italia tramite la sottoscrizione di una parte di quote in fondi chiusi, aventi ad oggetto operazioni le cui aziende
target
siano operanti nel Mezzogiorno.Va infine messo in risalto come in Italia non siano presenti tutte quelle categorie degli intermediari finanziari già analizzati negli altri paesi, un esempio su tutti è rappresentato dalla posizione dei fondi pensione, che risulta essere molto defilata. Questo può essere sicuramente dovuto alla non perfetta gestione del sistema previdenziale del passato, ma si può affermare che già da qualche anno con la nascita di determinati fondi pensione complementari, essi stiano diventando e/o diventeranno soggetti essenziali per la ripresa delle operazioni di LBO rafforzando il mercato del
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equity
(Capizzi V., 2005).La fase di recessione e di strutturale
deleveraging
ha comunquesignificativamente ridotto, anche in Italia, la possibilità di utilizzo di leva finanziaria e la dinamica dei multipli che in questi ultimi anni si sono rilevati fondamentali per sostenere il processo di creazione del valore. Quanto appena detto ha condotto, indubbiamente, a comportamenti di attesa da parte dei fondi piuttosto che di investimenti su aziende già conosciute, nonché a significativi ripensamenti del loro modus operandi.
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Mentre il
private
equity
cerca, o aspetta, una nuova fisionomia per i prossimi anni, il sistema delle relazioni fra banca e impresa pone al centro dell’attenzione il tema del capitale di rischio e della sua urgenza. Questo avviene alla luce di un contesto creditizio profondamente cambiato, in cui la spinta evolutiva di Basilea 2 sollecita le banche a un più attento controllo del capitale circolante, a un utilizzo selettivo delle garanzie, a una valutazione del rischio progressivamente rivolta alle reali capacità di produzione dei flussi di cassa espressi in un piano industriale sostanziale. L’esigenza di capitalizzare l’azienda diviene, quindi, una esigenza forte, strutturale e definitiva. Il modello concettuale dell’azienda indebitata e sostenuta con garanzie a lato, viene sostituito dal modello dell’azienda capitalizzata, in cui la ricchezza della proprietà deve essere trasferita dallegaranzie all’
equity
. Va poi aggiunto come lo spostamento verso una finanzadell’
equity
matura nel nostro contesto aziendale di piccole e medie dimensioni, in cui i legami patrimoniali si sovrappongono a quelli finanziari e a quelli affettivi che legano la proprietà all’impresa, sia di più difficile attuazione rispetto agli altri contesti internazionali (Caselli S., 2011, pag. 58-59). Per questi motivi si può affermare che la ripresa delprivate
equity
e del LBO sia da ricercarsi in un sostanziale aumento del numero di operazioni rivolte ad aziende di dimensioni piccole, di valenza familiare, con un radicato rapporto con il territorio in cui esse operano.