2.4. Il rapporto fra il padre e il suo successore
2.4.1. Autonomia giuridica e autonomia economica
Come sappiamo, il modello ideale messo a punto da Platone prevede che, in presenza di più figli d’ambo i sessi, rimanga sul kleros paterno solo il maschio istituito erede, mentre tutti gli altri passano, per adozione o matrimonio, ad altre case cittadine. In teoria, dunque, il loro rapporto con il padre si interrompe; soltanto il figlio candidato alla successione continua ad appartenere alla stessa sfera domestica del genitore. L’analisi della posizione reciproca del padre e del figlio deve partire da una prima, necessaria, constatazione: a partire dal momento in cui il figlio abbandona la minore età, egli diventa giuridicamente autonomo. Da questo punto di vista, Magnesia non è dissimile da Atene e da altre poleis storiche, dove la situazione del figlio adulto era ben diversa rispetto a Roma. La patria potestas romana si esauriva soltanto con la morte del padre, oppure con l’emancipatio, un atto che non poteva essere deciso da altri se non dal genitore432. In Grecia, invece, l’autorità giuridica del padre (o di chi ne fa le veci, come il tutore nel caso dell’orfano) si estingueva quando il figlio abbandonava la fanciullezza:
432 Cantarella 2011a, p. 336 e 2011b, p. 1. Sulla patria potestas, si vedano almeno Lacey 1986; Rawson
122 un dato che le Leggi non rinnegano. Anche a Magnesia il giovane maggiorenne diventa un soggetto di diritto indipendente, cui è riconosciuta la capacità di agire. Seppur non espressamente dichiarato, ciò risulta presupposto da più di un passo delle Leggi; il più significativo è XI, 928 c2-5, dove è detto che l’orphanos che ritenga di aver ricevuto un cattivo trattamento dai suoi tutori può intentare causa contro di loro “non appena
raggiunga la giovinezza” (a{ma d’a]n hJbhvsh/). Nelle poleis storiche, in età classica,
questa soglia era collocata fra i diciotto e i vent’anni433. Ad Atene, l’emancipazione
dalla potestà paterna avveniva nel diciottesimo anno d’età, lo stesso in cui aveva luogo l’iscrizione al registro del demo434
; ma il giovane arrivava a esercitare pienamente i propri diritti solo dopo il biennio dell’efebia, quindi intorno ai vent’anni435
. Anche a Sparta, il raggiungimento della hebe era posto all’incirca nel ventesimo anno, che segnava l’uscita dall’agoge e l’ingresso nell’esercito oplitico436
. Lo stesso doveva accadere sull’isola di Creta, che condivideva con Sparta l’istituto dell’agoge (come testimonia, in particolare, Str. X 4, 16); il Codice di Gortina riconosce al dromeus, il maschio maggiorenne, la capacità di agire437. Presumibilmente, dunque, anche Lg. XI, 928 c2 allude alla fascia anagrafica diciotto-vent’anni; una conferma arriva dall’istituzione dei cori civici e dell’esercito. Prescrivendo che che la popolazione di Magnesia sia ripartita in tre cori a seconda delle età, Platone individua nei diciotto anni il momento in cui si passa dal primo coro, quello dei paides (cfr. Lg. II, 664 c4:
433
Roussel 1942, pp. 11 e 31.
434 Cantarella 2011b, pp. 3-4.
435 L’efebia, nell’assetto che possiede nel IV secolo (l’unico su cui possediamo sufficienti informazioni,
grazie al resoconto di Arist., Ath. 42, 5), è una sorta di servizio militare che comporta la separazione delle reclute dal resto del corpo cittadino. Agli efebi, riporta lo Stagirita, è concesso stare in giudizio solo per particolari ragioni, come raccogliere un’eredità, rivendicare una epikleros, assumere un sacerdozio ereditario (kai; divkhn ou[te didovasin ou[te lambavnousin, i{na mh; provfasi" h/\ tou' ajpievnai, plh;n peri; klhvrou kai; ejpiklhvrou, ka[n tini kata; to; gevno" iJerwsuvnh gevnhtai). È necessario precisare che la giovinezza che si raggiunge a diciotto-vent’anni è uno status sociale definito dalla polis, che non esaurisce la nozione di hebe. Il termine, infatti, designa anche la pubertà biologica, collocata generalmente fra i quattordici e i sedici anni. La teoria delle hebdomades testimoniata dal carme soloniano sulle età dell’uomo (su cui cfr. Musti 1990) vuole che la hebe inizi a manifestarsi alla fine del secondo settennio della vita umana, e si proietti poi sul terzo, contrassegnato dalla crescita della peluria e dall’irrobustimento delle membra (Sol. fr. 27 W., 3-6). Secondo l’interpretazione sviluppata in particolare da Vidal-Naquet 1981, ad Atene, il raggiungimento della hebe era in origine individuato nel compiersi della maturità sessuale durante il sedicesimo anno di vita. L’evento biologico sarebbe stato socialmente marcato da un rito di passaggio, di cui in età classica rimane traccia nella presentazione dell’adolescente alla fratria. Per la città attica, si potrebbe dunque parlare di una doppia efebia: alla più antica (sedici- diciotto anni) si sarebbe aggiunta l’efebia “politica” (diciotto-vent’anni).
436 Lupi 2000, pp. 34-35. 437
Willets 1967, p. 11: la capacità di agire è implicita nel fatto che il dromeus è titolato a comparire come mavrtu" (CG I, 41-42.; III, 21-22; V, 52-53), e che il suo consenso è necessario perché il padre possa vendere o dare in garanzia i beni della madre morta (CG col. VI, 34-36). Il termine dromeus significa letteralmente “corridore”, in opposizione a apodromos, colui che non ha ancora l’età per partecipare alle corse (sulla corsa come attività “virile”, cfr. Vidal-Naquet 1981, p. 139 della tr. it. (Milano 2006).
123 paidiko;"), al secondo, quello dei giovani fino ai trent’anni438
. Inoltre, il filosofo fissa al ventesimo anno d’età l’ingresso nell’esercito cittadino439; ingresso che, conferendo il diritto di partecipare all’elezione delle magistrature elettive440, sancisce l’entrata del
giovane nella vita politica. Intorno ai vent’anni, dunque, un uomo è ormai riconosciuto come un soggetto indipendente, tanto nella sfera privata quanto in quella pubblica.
Se il principio astratto dell’autonomia giuridica del maggiorenne è pacifico, la sua realizzazione pratica lo è meno: nel concreto dell’assetto sociale di Magnesia, infatti, la libertà del giovane si rivela segnata da importanti limiti, che vengono alla ribalta nel momento in cui il figlio del geomoros si sposa. Per un verso, il matrimonio e la
paidopoiia consacrano il suo statuto pienamente autonomo: egli, infatti, crea attorno a
sé un nucleo familiare distinto da quello del padre. La distinzione, nelle Leggi, è anche fisica, visto che Platone prescrive esplicitamente la residenza neolocale441: il trasferimento degli sposi in una dimora diversa da quella dei genitori esprime e riflette l’indipendenza dell’oikos di seconda generazione, diretto dal giovane uomo, e, prima ancora, creato da lui. È lui, in prima persona, a scegliere e a ottenere la propria compagna. Mentre la donna viene data in sposa dal padre, il figlio del geomoros è presentato come soggetto attivo del proprio matrimonio442: egli è kyrios di se stesso, e
438 Quando l’Ateniese istituisce i tre cori, in Lg. 664 c4-d2, esplicita il termine temporale del secondo e
del terzo (rispettivamente trenta e sessant’anni), ma non del primo. Tuttavia, poco oltre (666 a3 ss.), chiarendo a Clinia e Megillo perché il terzo coro è sacro a Dioniso, l’Ateniese afferma che il vino è proibito ai fanciulli fino ai diciotto anni paides (tou;" pai'da" mevcri ejtw'n ojktwkaivdeka to; paravpan oi[nou mh; geuvesqai), mentre possono farne uso i neoi fino ai trenta, ma con moderazione, astenendosi dall’eccesso (oi[nou me;n dh; geuvesqai tou' metrivou mevcri triavkonta ejtw'n, mevqh" de; kai; poluoiniva" to; paravpan to;n nevon ajpevcesqai). Methe e polyoinia sono riservati ai membri del terzo coro; solo coloro che sono ormai entrati nel quarto decennio di vita sono ammessi a far festa nei simposi dove si invoca, assieme agli altri dèi, in particolare Dioniso (tettaravkonta de; ejpibaivnonta ejtw'n, ejn toi'" sussitivoi" eujwchqevnta, kalei'n touv" te a[llou" qeou;" kai; dh; kai; Diovnuson parakalei'n).
439 Lg. VI, 785 b6-7: ciascun cittadino è tenuto a partecipare alla guerra a partire dai venti fino ai
sessant’anni (pro;" povlemon de; ajndri; me;n ei[kosi mevcri tw'n eJxhvkonta ejtw'n).
440 Lg. VI, 753 b4-7: pavnte" me;n koinwnouvntwn th'" tw'n ajrcovntwn aiJrevsew" oJpovsoiper a]n o{pla
iJppika; h] pezika; tiqw'ntai kai; polevmou kekoinwnhvkwsin ejn tai'" sfetevrai" aujtw'n th'" hJlikiva" dunavmesin.
441 Lg. VI, 776 a2 ss.: è “in disparte dal padre e dalla madre” (a2: cwrisqevnta ajpo; patro;" kai;
mhtro;") che il giovane sposo deve “consumare il matrimonio, abitare e nutrire se stesso e i figli” (a2-3: to;n gavmon …poiei'sqai kai; th;n oi[khsin kai; th;n trofh;n auJtou' kai; tw'n tevknwn). Una “convivenza che sazia e non conserva nel tempo il desiderio” (a5-6: katakorh;" de; sunousiva kai; oujk i[scousa to;n dia; crovnou povqon) prima o poi “fa separare l’uno dall’altro” (a6: ajporrei'n ajllhvlwn poiei'). È “per questo” che “bisogna lasciare alla madre, al padre e ai familiari della sposa le loro
abitazioni, andando come in colonia” (a7-b1: w|n dh; cavrin mhtri; kai; patri; kai; toi'" th'" gunaiko;"
oijkeivoi" parevnta" crh; ta;" auJtw'n oijkhvsei", oi|on eij" ajpoikivan ajfikomevnou").
442 Lg. VI, 775 d5-e2: oJpovte ti" ou\n kai; oJphnivka tw'n pevnte kai; ei[kosi gegonovtwn e[th, skopw'n
kai; skopouvmeno" uJp’a[llwn, kata; nou'n eJautw/' kai; prevponta eij" paivdwn koinwnivan kai; gevnesin ejxhurhkevnai pisteuvei, gameivtw me;n pa'" ejnto;" tw'n pevnte kai; triavkonta ejtw'n, …
È giusto segnalare che, sebbene non vi fosse necessità giuridica dell’approvazione del matrimonio da parte del padre dello sposo (come voleva Paoli 1952a), le leggi non scritte della moralità familiare rendevano auspicabile questa approvazione (Cantarella 1964, pp. 147-49). In pratica, i padri spesso si
124 per questo può e deve diventare kyrios della moglie e dei figli, kyrios di un nuovo oikos. Tuttavia, la casa del giovane è, per così dire, incompleta. Sappiamo che la nozione di
oikos fonde in sé quelle di residenza fisica, famiglia, patrimonio; ebbene, all’oikos del
giovane non corrisponde un patrimonio distinto. La casa in cui si insedia la cellula domestica da lui fondata sorge sul lotto paterno443, come ovvia conseguenza del principio dell’immutabilità del numero originario dei kleroi. Ma ciò implica che il nucleo familiare di seconda generazione viva delle risorse della famiglia capostitipite.
In teoria, i maschi maggiorenni sono titolati al possesso di beni; di fatto, Platone talvolta parla dei figli adulti dei cittadini come di persone che hanno delle loro proprietà444. In pratica, però, per più di un motivo la fisionomia socioeconomica complessiva di Magnesia pregiudica la possibilità che i giovani riescano a crearsi un patrimonio personale, indipendente da quello di famiglia. In questo, la polis delle Leggi si allontana significativamente dall’Atene d’età classica, dove l’individuo maggiorenne, se lo desiderava, aveva piena facoltà di perseguire e raggiungere l’autonomia economica. Molto spesso, l’emancipazione patrimoniale del figlio era promossa e resa possibile dal padre. Un’opzione, per il genitore, consisteva nell’assegnare al figlio la quota ereditaria dei patroia a lui spettante, eventualmente mantenendo una parte per sé445. Un’alternativa alla distribuzione anticipata dell’eredità era fornire al giovane il capitale di partenza per intraprendere un’attività economica: nella Contro Atenogene di Iperide, l’attore ricorda che il padre gli aveva assegnato delle terre da coltivare446
; nel
interessavano attivamente ai matrimoni dei loro figli maschi (Cox 1998, p. 82), come testimoniano alcuni passi delle orazioni civili. In [Dem.] XL, 12-13 di Mantia è detto che ha persuaso (e[peiqe) il figlio Mantiteo a sposarsi diciottenne, ovvero precocemente rispetto agli standard ateniesi, perché desidera avere dei nipoti il prima possibile. In Isae. II, 18, il figlio adottivo di Menecle ricorda come questi si fosse preoccupato di cercargli una moglie (ejskovpei oJ Meneklh'" gunai'kav moi), insistendo, con successo, perché si sposasse (e[fh me crh'nai gh'mai). Anche il figlio del suocero di Aristofane, in Lys. XIX, 16- 17, dà retta al padre, che gli consiglia (sunebouvleusen) di scegliere una sposa provvista di una dote modesta, “per essere sicuro di imparentarsi con gente onesta e assennata” (w{ste eu\ eijdevnai o{ti khdestai'" crhsoivmhn kosmivoi" kai; swvfrosi).
443 Lg. VI, 775 e5-776 a1: è “una delle due case del lotto” che “lo sposo deve considerare come luogo per
la generazione e il sostentamento dei suoi piccoli” (nomivsanta d’ ei\nai crh; to;n gamou'nta tai'n
oijkivain tai'n ejn tw/' klhvrw/ th;n eJtevran oi|on neottw'n ejggevnnhsin kai; trofhvn). Ogni lotto di Magnesia, infatti, è diviso in due parti, una vicina e una lontana dalla città, che segna il centro del territorio civico (Lg. V, 745 c4-6). E nelle due parti del lotto sorgono due case (745 e 4-5).
444 In Lg. XI, 932 d4-5, all’interno della sezione dedicata alla punizione del maltrattamento dei genitori, la
distinzione fra i douloi dei maltrattatori e dei maltrattati implica che i figli possono possedere in prima persona degli schiavi. Interessante è Lg. IV, 717 b8 ss., dove Platone evoca quanto un figlio “ha
acquistato e possiede” solo per imporgli di considerare tutto ciò come appartenente ai suoi genitori.
445
In [Dem.] XLIII, 19 Buselo ripartisce l’ousia fra i cinque figli, che, non appena entrano in possesso della loro porzione, prendono moglie. Anche in [Dem.] XLVII, 35 due fratelli ricevono l’eredità prima della morte del padre, che continua ad abitare con uno dei due figli. Lys. XIX, 37 testimonia la possibilità che il padre, dividendo il patrimonio fra i figli, mantenga una parte per sé.
446
125
Trapezitico di Isocrate, Sopeo avvia il proprio figlio, desideroso di viaggiare, al
commercio marittimo di grano447. Nella città delle Leggi, nessuna delle due soluzioni ateniesi è praticabile. Nell’economia ai minimi termini di Magnesia, dove ai politai è proibita qualsiasi attività economica che non sia l’agricoltura, la risorsa primaria - l’unica davvero significativa - è la terra, la cui originaria ripartizione in 5.040 lotti non può essere alterata. L’unica ipotetica via che resta ai giovani per arricchirsi autonomamente, la spartizione di eventuali bottini di guerra448, non potrebbe in nessun caso condurre all’indipendenza economica. Il mantenimento dei figli adulti dei
geomoroi e delle loro famiglie passa necessariamente attraverso il kleros patroios. Alla
separazione residenziale non corrisponde, cioè, una separazione economica: il padre e la madre, il figlio adulto, sua moglie e i suoi figli formano un’unica unità di produzione e di consumo.
Nella stessa Atene, a dire il vero, non era infrequente che due generazioni vivessero in un regime di comproprietà449, in cui il padre e il figlio condividevano le rendite di un patrimonio terriero e immobiliare, oppure di un esercizio artigianale o commerciale. La separazione patrimoniale dei figli dai padri era una possibilità, ma non un obbligo legale, né per loro, né per i loro genitori. La liquidazione anticipata della quota ereditaria era a totale discrezione del genitore; come nessuna legge vietava questa pratica, così nessuna la imponeva. Le cose funzionavano in modo simile a Gortina: il Codice dichiara espressamente che, finché vive, il padre non è obbligato a dividere le sue sostanze fra i figli450, tranne che nel caso di un figlio colpito da condanna, e tenuto pertanto a pagare un’ammenda pecuniaria451. Ad Atene, forse, c’era un particolare nomos volto a garantire che i padri promuovessero l’autonomia economica dei figli:
secondo Plutarco, infatti, Solone avrebbe negato al padre che non avesse insegnato una
tekhne al figlio il diritto alla gerotrophia452. Ma che un padre insegni o faccia insegnare
447 Isocr. XVII, 4: gemivsa" ou\n oJ pathvr mou duvo nau'" sivtou kai; crhvmata dou;" ejxevpemyen a{ma
kat’ ejmporivan kai; kata; qewrivan.
448 L’importanza della guerra come fonte di guadagno è sottolineata da Golden 1990, p. 108.
449 Cox 1998, p. 86. Un bell’esempio è quello di Euctemone e suo figlio Filoctemone in Isae. VI (cfr.
specialmente il paragrafo 38).
450 CG IV, 27-9: a\ ka dovonti, me; ejpavnankon e[men datevqqai. Soggetto del plurale dovonti non è solo
il padre ma anche la madre, che in CG IV, 26-7 risulta karterav dei propri beni, ha cioè il potere sulle sue sostanze e sulla divisione di esse fra i figli.
451 CG IV, 29-31. È giusto notare che il Codice non specifica se il principio dell’anticipazione ereditaria
per motivi penali riguardi tanto la quota sul patrimonio paterno quanto quella sul patrimonio paterno (Maffi 1997b, p. 38).
452 Plut., Sol. 22: novmon e[grayen, uiJw/' trevfein patevra mh; didaxavmenon tevcnhn ejpavnagke" mh;
ei\nai. Si vedano Harrison 1968, p. 82 della tr. it. (Alessandria 2001); Ferreira Leão 2005, pp. 27-28; Cantarella 2011b, p. 7.
126 un mestiere al figlio non implica necessariamente l’intenzione di distaccarlo dalle proprie occupazioni. Al contrario, molti padri avevano interesse a trasmettere ai figli le proprie competenze, per farne dei collaboratori nelle proprie attività, sia che si trattasse dell’amministrazione del patrimonio di famiglia o della gestione di un qualche esercizio453; si arrivava così a una condivisione intergenerazionale delle risorse familiari, che conosceva organizzazione ed equilibri diversi nelle diverse case.
L’ ‘indistinzione patrimoniale’ fra padre e figlio che Platone istituisce nella città delle Leggi non era affatto una situazione straordinaria, nelle poleis greche d’età arcaica e classica. Il problema è che questa situazione, nella realtà storica, era percorsa da significative tensioni. La conflittualità fra padre e figlio per cause economiche è un motivo frequente nelle commedie di Aristofane. Negli Uccelli, l’aspirante patraloias che si presenta a Nefelococcugia istituisce un nesso molto chiaro fra la sua volontà di strangolare il padre e il desiderio di impadronirsi dell’intero patrimonio (Av. 1352: a[gcein ejpiqumw' to;n patevra kai; pavnt’ e[cein). Nelle Nuvole, il giovane Fidippide è una dannazione per il padre Strepsiade a motivo delle sue abitudini dispendiose e della sua scarsa voglia di lavorare. Quando il padre si rifiuta di finanziare i capricci del figlio, questi prende del denaro in prestito, pur sapendo di non essere in grado di restituirlo. Per ottenere il saldo del debito, allora, il creditore si rivolge a Strepsiade454, minacciando di citarlo in tribunale se non otterrà soddisfazione (Nub. 1277-78). Grazie alla capacità di effettuare transazioni in prima persona, il giovane intemperante può arrivare a mettere a repentaglio le sostanze e addirittura la persona del padre. Un simile rischio è il presupposto della norma con cui il Codice di Gortina proibisce al figlio di vendere o dare in garanzia beni appartenenti al padre, finché questi è in vita455. La libertà di iniziativa economica del giovane maggiorenne, ove non si accompagnava
453
Come osserva Golden 1985, p. 109, erano i figli dei cittadini più poveri a essere destinati ad allontanarsi dal padre e dalla famiglia d’origine il prima possibile, non appena raggiunta la maggiore età.
454 “Ordina a tuo figlio di restituirmi il denaro che si è preso”, dice il creditore (Ar., Nub. 1267-68: …moi
ta; crhvmata/ to;n uiJo;n ajpodou'nai kevleuson a{laben). All’episodio delle Nuvole si può accostare quello che Plutarco narra a proposito del primogenito di Pericle, Santippo (Per. 26, 1-2). Al giovane, prodigo per carattere (e sposato con una fanciulla amante del lusso), Pericle distribuisce denaro in piccole quantità e poco alla volta. Santippo, allora, si reca da un amico di famiglia e gli chiede un prestito fingendo di essere stato mandato dal padre; quando il creditore reclama il suo denaro, Pericle si rifiuta di pagare.
455 Maffi 1983, p. 15. CG VI, 2-5: a\" k’ oJ pate;d dovei, to'n to' patro;" krematon par’ uijevo" me;
ojneqqai mede; kataqivqeqqai. Il figlio ha piena disponibilità solo di quanto ha acquistato per suo conto o ha ricevuto come anticipo dell’eredità (CG VI, 5-6). È giusto notare che il Codice proibisce anche che il padre disponga dei beni che i figli hanno acquistato personalmente, oppure hanno ricevuto da lui stesso come eredità pre mortem (CG VI, 7-9: mede; to;n patevra ta; to'n tevknon a[ti k aujtoi; pavsontai e[ ajpolavkonti).
127 all’autonomia patrimoniale, rappresentava evidentemente per i padri una potenziale minaccia456.
Della problematicità dei rapporti patrimoniali fra padri e figli, Platone era ben consapevole, come mostra la rassegna delle politeiai e dei tipi d’uomo corrispondenti in
Rsp. VIII/IX. Nel processo di degenerazione antropologica e politica, i giovani si
caratterizzano costantemente per i loro eccessi negativi nella ricerca del piacere e nel rapporto con i beni materiali; e questi eccessi turbano, in modo sempre più grave, la relazione fra padri e figli. È prima di tutto - e soprattutto - grazie alle intemperanze dei
neoi che si arricchiscono i governanti oligarchici (Rsp. VIII, 555 c1-5): Platone
denuncia come a “quanti dei giovani diventino immoderati” (tw'n nevwn o{soi a]n ajkovlastoi givgnwntai) sia permesso “sperperare e mandare in rovina le loro
proprietà” (ajnalivskein te kai; ajpolluvnai ta; auJtw'n)457. D’altro canto, gli stessi figli
degli avidi governanti sono destinati a sprofondare nella tryphe, e a diventare vittime di lusso e lussuria (556 b8-c2). Anche nella psykhe del giovane democratico l’abbandono al desiderio, all’epithymia, va di pari passo con la “dissolutezza” (560 e2: ajswtivan)458
. Questa tendenza culmina con il tipo d’uomo tirannico, che non a caso finisce per diventare patraloias e metraloias. Dominato dall’eros carnale, egli sperpera tutti i propri averi fra banchetti, bisbocce, festini con le etere, e intrattenimenti di tal genere (Rsp. IX, 573 d2-4:…eJortai;…kai; kw'moi kai; qavleiai kai; eJtai'rai kai; ta; toiau'ta pavnta). Rimasto senza risorse, tormentato dal pungolo del desiderio, tenta allora di “confiscare
una quota dei beni paterni per appropriarsene” (574 c9-10: ajfairei'sqai…ajponeimavmeno" tw'n patrwv/wn). E pur di riuscirci non esita a usare violenza agli anziani genitori (574 b4: biavzoito), compiendo quell’ “azione tirannica” (574 b8-9: ti…tw'n turannikw'n ) che consiste nell’alzare le mani sulle persone (che avrebbero dovuto essere) a lui più care (574 b12-c5). Ricordiamo che, quando, alla fine di Rsp. VIII (569 b4-8), Platone raffigura il tiranno come metaforico patraloias del
demos che l’ha generato, il movente della violenza filiale è sempre di tipo economico. Il
tiranno che attenta alle sostanze dei cittadini è un figlio gaudente che mantiene se stesso