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b Il caso del geomoros sprovvisto di figli maschi consanguine

1.5. L’oikos a Magnesia

2.2.2. b Il caso del geomoros sprovvisto di figli maschi consanguine

Nelle intenzioni di Platone, la possibilità che un cittadino rimanga privo di figli biologici deve essere il più possibile remota. Come sappiamo, le Leggi mettono a punto tutta una serie di misure perché i geomoroi generino figli, senza lesinare in coercizione: ciascun cittadino è obbligato per legge a sposarsi, pena sanzioni (Lg. IV, 721 b2-3 e d1- 6; VI, 774 a3-8), ed è costretto a impegnarsi nella procreazione dalle donne incaricate della cura delle nozze (VI, 783 e4-784 b1; 784 c2-4273). I coniugi che non riescono ad aver figli vengono separati d’autorità; e vengono ricongiunti soltanto se si trova una soluzione alla loro incapacità di avere figli274, poiché, senza paidopoiia, un matrimonio non ha ragione di sussistere. Un uomo che rimanga vedovo prima di aver avuto figli è obbligato a risposarsi (Lg. XI, 930 b6-c1); lo stesso, vale per le donne, il cui potenziale riproduttivo non deve essere in alcun modo dissipato (930 c6-7).

Tutte queste precauzioni, però, possono diminuire l’evenienza che un geomoros non riesca in alcun modo a procreare, ma non sradicarla. Dal cittadino che, per un motivo o per un altro, non riesce ad avere un figlio maschio, Platone si attende che adotti, possibilmente in vita, uno dei figli in sovrannumero di un concittadino. Il fatto che possa adottare solo il geomoros privo di discendenza maschile appare ovvio nel quadro del regime dell’erede unico. È bene notare, tuttavia, che non si tratta di una peculiarità platonica: la presenza di figli maschi gnesioi è incompatibile con l’adozione anche ad Atene, dove pure vigeva la norma della spartizione ereditaria275.

273 Cfr. anche Lg. VI, 784 c4-e1: quando le donne non riescono a portare un coniuge o una coppia al

ravvedimento, debbono provarci i nomophylakes; e se non ci riescono nemmeno loro, allora procedono a inoltrare pubblica denuncia. Un’eventuale condanna del tribunale comporta, sia per gli uomini che per le donne, la proibizione di partecipare a matrimoni e a compleanni di bambini.

274 Ciò è implicito nell’affermazione – invero, molto generica - che gli sposi debbono devono “deliberare

assieme ai familiari e alle donne preposte sulla soluzione più utile per entrambi” (meta; tw'n oijkeivwn

kai; ajrcousw'n gunaikw'n…koinh/' bouleuomevnou" eij" ta; provsfora eJkatevroi"). Per deliberare, occorre prima capire perché il matrimonio non abbia dato frutto. Su questo punto, Platone non ritiene opportuno addentrarsi nei particolari: essenzialmente, si tratterà di comprendere se la sterilità dell’unione sia dovuta a ragioni fisiche o a problemi di relazione fra i coniugi. Nel caso in cui fra marito e moglie sussista un’irrimediabile incompatibilità di carattere, le donne incaricate dell’epimeleia ton gamon e i

nomophylakes debbono trovare un nuovo partner per ciascuno (Lg. XI, 930 a2-5).

275 Non è da escludere che in altre città greche le cose funzionassero diversamente. Una clausola del

Codice di Gortina assegna al figlio adottivo che concorra nella successione con figli maschi biologici metà della quota ereditaria di costoro (col. X, 48-52). In base a questa clausola, alcuni studiosi (e.g. Sealey 1990, p. 68) hanno ipotizzato che nella città cretese fosse possibile adottare anche al cittadino già in possesso di discendenti diretti. Altri (e.g. Maffi 1997b, p. 78) ritengono che il Codice si riferisca al caso in cui al proprietario nascano figli dopo l’adozione, assimilando Gortina ad Atene, dove gli adottivi

78 Le Leggi non impongono l’adozione come un dovere statutorio; in nessun luogo prescrivono sanzioni per colui che, in stato di apaidia, non adotti, e si preoccupano solo di riconoscere la possibilità di farlo anche in punto di morte, tramite diatheke. Platone prevede e regola il caso di un geomoros che muoia senza figli e senza aver redatto una

diatheke, sia ciò avvenuto per libera scelta o per cause esterne: come ad Atene, la

successione spetta allora ai più prossimi parenti del defunto. L’assenza di un obbligo formale di adozione contrasta con la presenza di tale obbligo a proposito di matrimonio e paidopoiia. Ovviamente, non occorre leggere in questo dato una sorta di implicita autorizzazione, per i cittadini incapaci di generare figli, a disinteressarsi delle sorti del proprio oikos; ciò sarebbe in contraddizione con la martellante insistenza delle Leggi sulla necessità di procurarsi un successore. Si può dare per scontato che, dopo anni di tentativi infruttuosi di paidopoiia (e di ‘consulenza’ con le sorveglianti dei matrimoni), il geomoros abbia interiorizzato questa necessità, e dunque ricorra spontaneamente all’adozione. Non è poi da escludere che le sorveglianti e i nomophylakes esercitino sull’apais una certa pressione perché provveda a darsi un successore. Nel pensiero del filosofo, insomma, l’eventualità che un cittadino muoia senza lasciare un erede sul suo lotto è evidentemente remota.

Il geomoros che scelga di adottare in vita procederà nel modo che abbiamo illustrato nel paragrafo precedente, prendendo accordi con il padre dell’adottato, o, in qualche raro caso, con l’adottato maggiorenne276

. Se arriva in punto di morte senza aver installato un successore nel suo oikos, può farlo designando un figlio adottivo nell’atto di ultima volontà; a questi il testatore deve assegnare tutti i propri beni, ad eccezione della decima parte dell’eccedenza patrimoniale, che può invece donare a chiunque voglia277. È giusto ricordare che la facoltà di adottare un figlio tramite diatheke non era ammessa ovunque, in Grecia. Dalle nostre fonti, l’adozione testamentaria risulta essere

partecipavano alla spartizione del patrimonio su un piede di parità rispetto a eventuali figli biologici nati dopo l’adozione (Isae. VI, 63). L’assimilazione fra la polis cretese e quella attica, tuttavia, non pare pienamente autorizzata dal testo del Codice di Gortina (Gernet 1920, p. 140 n. 3 di Gernet 1955): esso si esprime in termini generali, mentre la norma ateniese specifica che il concorso in successione si dà solo “qualora nascano dei figli dopo l’adozione” (eja;n poihsamevnw/ pai'de" ejpigevnwntai). Platone, nella sua normativa, non sembra aver considerato la possibilità che un geomoros generi un figlio maschio dopo averne adottato uno. Si può immaginare una revoca dell’adozione? La revoca dell’adozione inter vivos non era possibile ad Atene, mentre lo era a Gortina, a patto che il genitore ‘ripudiante’ corrispondesse al ripudiato un risarcimento (col. XI, 10-17; cfr. Maffi 1997b, p. 83).

276

Questo raro caso sarà quello del figlio ripudiato dal padre tramite apokeryxis, per il quale Platone non esclude la possibilità di un reintegro nella comunità tramite adozione da parte di un concittadino (Lg. XI, 929 c3-5).

277 Lg. XI, 924 a2-6: eja;n dev ti" a[pai" w]n to; paravpan diaqhvkhn gravfh/, to; th'" ejpikthvtou

dekathmovrion ejxelovmeno", eja;n ejqevlh/ tw/ dwrei'sqai, dwreivsqw: ta; de; a[lla paradidou;" pavnta tw/' poihqevnti a[mempto" i{lewn uJo;n aujto;n poieivsqw su;n novmw/.

79 un istituto peculiarmente ateniese; non è prevista, ad esempio, nel Codice di Gortina, che pure conosce e regola l’adozione inter vivos278

.

Ad Atene, l’adozione tramite diatheke era, a differenza di quella effettuata in vita, un atto unilaterale, ed è così anche a Magnesia: prescrivendo al testatore di nominare un adottivo, Platone non gli chiede anche di assicurarsi il consenso dell’interessato. Le

Leggi divergono invece dall’ordinamento ateniese per quanto riguarda le formalità

connesse all’adozione testamentaria. Nella polis attica solo i figli biologici e gli adottati

inter vivos potevano entrare direttamente in possesso dell’eredità (ejmbateuvein)279, mentre gli adottati tramite diatheke dovevano inoltrare istanza all’arconte eponimo, chiedendo che l’Eliea attribuisse la successione (ejpidikasiva)280

.

La stessa procedura era d’obbligo per i collaterali titolati alla successione ab

intestato. La legge prevedeva un ordine preciso di successibili, che ci è testimoniato da

[Dem] XLIII, 51: in sostanza, si risaliva all’interno della linea paterna, fino agli ajneyiw'n pai'de", dando la precedenza ai maschi e ai discendenti dei maschi281

. Se la linea paterna non possedeva rappresentanti a nessun livello, si passava a quella materna, seguendo lo stesso ordine. Esaurita la cerchia dell’ankhisteia, i diritti ereditari spettavano al “parente più prossimo da parte di padre” (to;n pro;" patro;" ejggutavtw)282

. Ad Atene, capitava spesso che, in presenza di un adottato per testamento,

278 Maffi 1991, p. 208.

279 L’interpretazione classica della differenza fra lo statuto dei figli adottati in vita, equiparati ai

discendenti consanguinei, e i figli adottati via diatheke vuole che l’adozione testamentaria fosse percepita come incompleta a causa della sua natura unilaterale (Gernet 1920, p. 146 di Gernet 1955). Contra Rubinstein 1993, pp. 46-55, secondo cui l’incompletezza dell’adozione testamentaria sarebbe da ricondurre al fatto che per l’adottato via diatheke il padre adottivo non aveva potuto compiere in prima persona il processo di iscrizione alla fratria e al demo.

280

Per uno studio specifico sull’epidikasia, si veda Karabélias 1979 (cfr. anche Karabélias 1992, pp. 82- 87). L’aspirante erede le cui attese fossero state frustrate avrebbe potuto contestare la decisione del tribunale, sporgendo causa e aprendo un processo (diadikasiva). Nel caso dell’erede adottato per testamento, non è molto chiaro se fossero necessarie altre formalità, oltre all’epidikasia. Si ammette generalmente che la ratifica del tribunale preludesse all’iscrizione dell’adottato alla fratria e al demo del padre adottivo (Rubinstein 1993, p. 39; Cobetto-Ghiggia 1999, p. 167; per una diversa opinione cfr. Maffi 1991, p. 223, il quale ritiene l’aggiudicazione del tribunale titolo necessario e insieme sufficiente a qualificare il designato come erede).

281

Sul principio kratei'n tou;" a[rrena" kai; tou;" ejk tw'n ajrrevnwn, cfr. in particolare Calero Secall 2004, pp. 155-57.

282 A proposito della successione dei collaterali, un contributo specifico è Karabélias 1989a, pp. 55-63. Mi

limito qui a fornire le informazioni essenziali, riportando in primo luogo il testo di [Dem.] XLIII, 51: {Osti" a]n mh; diaqevmeno" ajpoqavnh/,…, touvsde kurivou" ei\nai tw'n crhmavtwn. eja;n me;n ajdelfoi; w\sin oJmopavtore": kai; eja;n pai'de" ejx ajdelfw'n gnhvsioi, th;n tou' patro;" moi'ran lagcavnein: eja;n de; mh; ajdelfoi; w\sin h] ajdelfw'n pai'de", * * * ejx aujtw'n kata; taujta; lagcavnein: kratei'n de; tou;" a[rrena" kai; tou;" ejk tw'n ajrrevnwn, eja;n ejk tw'n aujtw'n w\si, kai; eja;n gevnei ajpwtevrw. eja;n de; mh; w\si pro;" patro;" mevcri ajneyiw'n paivdwn, tou;" pro;" mhtro;" tou' ajndro;" kata; taujta; kurivou" ei\nai. eja;n de; mhdetevrwqen h/\ ejnto;" touvtwn, to;n pro;" patro;" ejggutavtw kuvrion ei\nai. La lacuna della parte centrale può essere colmata grazie a Isae. XI, 1-2, ove leggiamo che, in assenza di fratelli per parte di padre, “la legge chiama in secondo luogo le sorelle agnatizie e i loro figli”

80 gli ankhisteis rivendicassero a loro volta l’eredità, contestando la validità della

diatheke283. La procedura di aggiudicazione, nelle Leggi, non viene assolutamente menzionata; e questo ha un’implicazione di non poco conto. Significa che, una volta aperto il testamento, l’erede designato dal defunto gli subentra automaticamente, senza che i collaterali possano avanzare pretese. L’espressione delle ultime volontà diventa, a Magnesia, più vincolante di quanto non fosse ad Atene284; ancora una volta, dunque, il filosofo rafforza la potestà decisionale del geomoros, il suo potere di crearsi un figlio, e un erede.

La normativa sull’adozione testamentaria contiene una clausola riservata al

geomoros che lasci delle figlie: questi deve adottare “il marito di quella delle figlie che egli voglia”285. Il presupposto di questa prescrizione è la norma ateniese che al padre di sole figlie femmine imponeva di disporre dei propri beni “assieme a queste” (Isae. III, 68: ejxei'nai diaqevsqai…eja;n de; qhleivaı katalivph/, su;n tauvtaiı). Secondo l’interpretazione più consolidata fra gli studiosi moderni (che è, del resto, quella proposta dall’oratore stesso), la prescrizione comporta che, nella sua diatheke, il padre nomini al tempo stesso un figlio adottivo per sé e un marito per la figlia: l’erede è

(deuvteron ajdelfa;" oJmopatriva" kalei' kai; pai'da" tou;" ejk touvtwn). La legge individua dunque le seguenti categorie di successibili, all’interno delle quali la divisione avviene per stirpes e non per capita: 1) i fratelli del defunto e i loro discendenti, 2) le sorelle del defunto e i loro discendenti, 3) zii del defunto, loro figli e nipoti, 4) zie, loro figli e nipoti. Secondo un’altra interpretazione, che comprende sotto la dicitura ajneyiov" anche il cugino di secondo grado, all’ordine su riportato occorre aggiungere due categorie: 5) prozii, loro figli e nipoti, 6) prozie, loro figli e nipoti. Sull’annosa discussione relativa ai limiti dell’ankhisteia, cfr. Karabélias cit., pp. 57-58 (con i riferimenti bibliografici in n. 58).

Anche a Gortina, in assenza di discendenti diretti, la successione va ai collaterali (CG col. V, 9-24). Il Codice nomina esplicitamente due categorie: 1) i fratelli del defunto e i loro discendenti, 2) le sorelle del defunto e i loro discendenti. Vi è poi un’ulteriore classe di successibili, il cui rapporto di parentela con il defunto non è dichiarato; per una rassegna delle proposte di identificazione, rimando a Maffi 1997b, pp. 58-9 (il quale, da parte sua, ritiene che gli aventi diritto anonimi siano gli zii e i cugini del de cuius, in conformità con l’ankhisteia attica) e Cobetto-Ghiggia 1999, p. 49 n. 22 (propenso a identificare gli aventi diritto con i parenti acquisiti del de cuius).

283 Si poteva sostenere che la diatheke fosse falsa, oppure che il testatore non avesse pieno controllo di sé

al momento della redazione dell’atto; la legge (cfr. e.g. [Dem.] XLVI, 14 e 16; Isae VI, 9 e IV, 16) dichiarava infatti non valide le disposizioni lasciate da qualcuno le cui facoltà fossero state menomate da pazzia, senilità, uso di droghe, malattia, circonvenzione di una donna, violenza subita o restrizione della libertà (Karabélias 1992, pp. 110-11). Questa provvisione è recepita da Platone, che la richiama in Lg. XI, 923 b2-4, seppure in modo vago e impreciso; viene menzionato solo il caso in cui uno “aduli con

lusinghe” persone “che vacillano in mezzo a malattie o vecchiaia” (ejavn ti" uJma'" qwpeivai"

uJpodramw;n ejn novsoi" h] ghvra/ saleuvonta").

284 In realtà, nemmeno in Platone la diatheke è totalmente ‘incontrovertibile’. “Qualora qualcuno incolpi

le leggi sul testamento” (Lg. XI, 926 b7-c1: ejavn tine" a[ra peri; diaqhvkh" ejgkalw'si toi'" keimevnoi"

novmoi"), è concesso di sporgere rimostranze ai custodi delle leggi, e, eventualmente, di contestare la decisione dei nomophylakes presso una corte d’appello (926 c5-d5).

285 Lg. XI, 923 e5-6: a[ndra me;n tw'n qugatevrwn h/|tini a]n ejqevlh/, uJo;n de; auJtw/' kataleipevtw,

81 obbligato a sposare la donna286, nel mentre diventa suo fratellastro. Se un uomo è privo di figli maschi carnali, la sua eredità è inseparabile dalla figlia: si tratta di un principio importante, sul quale avremo modo di tornare più avanti, nella sezione dedicata alle prerogative che il padre ha nei confronti delle figlie.