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LE AVVENTURE DI PINOCCHIO: IL NAUFRAGIO COME METAMORFOSI E RINASCITA DEL PERSONAGGIO

L’OTTOCENTO IN ITALIA E IN EUROPA 5.1 IL NAUFRAGIO OTTOCENTESCO: IL RAPPORTO UOMO

THE MAELSTRÖM

5.5 LE AVVENTURE DI PINOCCHIO: IL NAUFRAGIO COME METAMORFOSI E RINASCITA DEL PERSONAGGIO

Il romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino fu pubblicato dallo scrittore fiorentino Carlo Collodi per la prima volta sulla rivista Giornale per i Bambini, suddiviso in puntate, dal 7 luglio 1881 al 27 ottobre 1883, e come romanzo unitario presso l’editore Paggi a Firenze, nel 1883.

L’opera è dotata di una grande duttilità e accoglie in sé sia tematiche della tradizione letteraria, che fantasie e motivi tratti da una emergente cultura “subalterna”: la storia narrata da Collodi, infatti, presenta degli influssi provenienti dalle fiabe, dalle favole, dal teatro popolare e dal patrimonio classico e moderno, sia italiano che straniero. Le fonti che lo scrittore fiorentino utilizza sono numerose, a partire dai libri di meraviglie e da quelli di viaggi mitici, traendo spunto dai classici Omero, Luciano, Apuleio fino ad arrivare a Dante, Ariosto, Rabelais, ecc.

Pinocchio, il burattino protagonista, è il tipico eroe fiabesco che, allo stesso tempo, presenta anche le caratteristiche di una nuova tipologia di personaggio, quella del ragazzino per bene che deve trovare la giusta via per realizzarsi e sviluppare se stesso. Egli, infatti, rappresenta la scoperta del mondo dell’infanzia, diventato di fondamentale importanza per la società e la famiglia dell’Italia postunitaria.

Le avventure di Pinocchio sono varie e molteplici e si susseguono in un viaggio che non ha limiti e che spalanca davanti a sé nuovi scenari e favolose esperienze che gli consentono di passare dallo stato innocente ed irresponsabile dell’infanzia a quello della piena maturità e coscienza di sé. Il burattino sceglie di perdersi per il mondo, di intraprendere un viaggio che lo porta a recitare sul palcoscenico sconfinato della vita e ad affrontare straordinarie prove che gli consentiranno di liberarsi dalla sua scorza di legno ed iniziare una vita nuova: la natura intrinseca del burattino, infatti, è costantemente divisa tra un forte desiderio di rinascita e la paura della morte.226 Pinocchio, dunque, decide di avventurarsi nella vastità del mondo, armato solo ed esclusivamente della sua curiosità: egli si abbandona al rischio della peripezia e intraprende una quête, volta sia alla ricerca del padre che a quella di se stesso. Il viaggio, poi, si tramuta in esperienza di vita e in un iter il cui obiettivo sarà quello di

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approdare ad una piena conoscenza di sé, al fine di trovare il modo di vivere in maniera responsabile.

Nel romanzo sono presenti avventure sia di Terra che di Mare, distinte però in due sezioni differenti dell’opera: le prime si svolgono nei capitoli I-XIX; le seconde nei successivi capitoli da XX a XXXVI. La bipartizione tra i due luoghi, però, non è sempre netta dato che spesso il mare si affaccia anche nello scenario terrestre e, viceversa, nel paesaggio dominato dall’Oceano si trovano scogli ed isole abitate. Collodi, comunque, cerca sempre di armonizzare la descrizione di questi luoghi, addomesticando le situazioni fantastiche, che provocano ansia e turbamento, attraverso metafore tratte da campi semantici familiari e, in maniera inversa, turbando i luoghi quotidiani e più intimi con intrusioni fantastiche e favolose. Il paesaggio marittimo, generalmente, è inquietante e pauroso, a causa della sua immensità, i suoi abissi ed i suoi mostri.

Il primo episodio marittimo che Collodi ci presenta è quello del naufragio di Geppetto che, nel vano tentativo di ritrovare il figlio, decide di far vela verso il Nuovo Mondo, incurante del mare grosso e del pericolo. La vicenda viene descritta, inizialmente, dal punto di vista di Pinocchio che, sulle ali del Colombo, entra nella scena con un movimento dall’alto verso il basso: si tratta di un’immagine di verticalità che, partendo dal punto più alto, prosegue nella profondità del mare, seguendo la linea direttrice del naufragio. La funzione del Colombo è quella di messaggero e aiutante magico, il cui compito è quello di riavvicinare il figlio e il padre. Egli, infatti, in veste di narratore supplente racconta al povero Pinocchio che fine abbia fatto il padre Geppetto e poi si offre volontario per ricondurlo da lui:

“— Conoscerai dunque anche Geppetto? — domandò al burattino.

— Se lo conosco? È il mio povero babbo! ti ha forse parlato di me? Mi conduci da lui? ma è sempre vivo? rispondimi per carità: è sempre vivo?

— L’ho lasciato tre giorni fa sulla spiaggia del mare. — Che cosa faceva?

— Si fabbricava da sè una piccola barchetta, per traversare l’Oceano. Quel pover’uomo sono più di quattro mesi che gira per il mondo in cerca di te: e non avendoti potuto trovare, ora si è messo in capo di cercarti nei paesi lontani del nuovo mondo.

— Quanto c’è di qui alla spiaggia? — domandò Pinocchio con ansia affettuosa. — Più di mille chilometri.

— Mille chilometri? O Colombo mio, che bella cosa potessi avere le tue ali!… — Se vuoi venire, ti ci porto io.”227

227 C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, Fiabe e Racconti, a cura di E. Trevi, Newton Compton Editori,

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Arrivato sulla spiaggia la mattina dopo, il burattino trova tantissima gente che sta guardando verso il mare:

“— Che cos’è accaduto? — domandò Pinocchio a una vecchina.

— Gli è accaduto che un povero babbo, avendo perduto il figliuolo, gli è voluto entrare in una barchetta per andare a cercarlo di là dal mare; e il mare oggi è molto cattivo e la barchetta sta per andare sott’acqua…

— Dov’è la barchetta?

— Eccola laggiù, diritta al mio dito, — disse la vecchia, accennando una piccola barca che, veduta a quella distanza pareva un guscio di noce con dentro un omino piccino piccino.

Pinocchio appuntò gli occhi da quella parte, e dopo aver guardato attentamente, cacciò un urlo acutissimo gridando:

— Gli è il mi’ babbo! gli è il mi’ babbo! —

Intanto la barchetta, sbattuta dall’infuriare dell’onde, ora spariva fra i grossi cavalloni, ora tornava a galleggiare: e Pinocchio, ritto sulla punta di un alto scoglio, non finiva più dal chiamare il suo babbo per nome, e dal fargli molti segnali colle mani e col moccichino da naso e perfino col berretto che aveva in capo.

E parve che Geppetto, sebbene fosse molto lontano dalla spiaggia, riconoscesse il figliuolo, perchè si levò il berretto anche lui e lo salutò e, a furia di gesti, gli fece capire che sarebbe tornato volentieri indietro, ma il mare era tanto grosso, che gl’impediva di lavorare col remo e di potersi avvicinare alla terra.

Tutt’a un tratto venne una terribile ondata, e la barca sparì.

Aspettarono che la barca tornasse a galla: ma la barca non si vide più tornare. — Pover’uomo! — dissero allora i pescatori, che erano raccolti sulla spiaggia: e brontolando sottovoce una preghiera, si mossero per tornarsene alle loro case. Quand’ecco che udirono un urlo disperato, e voltandosi indietro, videro un ragazzetto che, di vetta a uno scoglio, si gettava in mare gridando:

— Voglio salvare il mio babbo!―

Pinocchio, essendo tutto di legno, galleggiava facilmente e nuotava come un pesce. Ora si vedeva sparire sott’acqua, portato dall’impeto dei flutti, ora riappariva fuori con una gamba o con un braccio, a grandissima distanza dalla terra. Alla fine lo persero d’occhio, non lo videro più.

— Povero ragazzo! — dissero allora i pescatori, che erano raccolti sulla spiaggia; e brontolando sottovoce una preghiera, tornarono alle loro case.”228

La descrizione del naufragio fatta dalla prospettiva degli spettatori sulla spiaggia consente a Collodi di creare un effetto di amplificazione della grande vastità del mare, attraverso la tecnica della miniaturizzazione: si noti, ad esempio, l’utilizzo degli aggettivi e sostantivi piccola barchetta e omino piccino piccino.229 Pur nella tragicità del momento, lo scrittore riesce comunque a smorzare leggermente i toni, dando rilievo alla forte emozione per il ritrovamento del padre e non alla disperazione per la situazione terribilmente pericolosa. I due si ritrovano in una circostanza estrema e in un luogo lontanissimo da quello familiare che ostacola il loro incontro e la loro salvezza: l’Oceano li metterà alla prova al fine di far riscoprire loro un ritrovato rapporto

228 Ivi, pp. 276-277. 229

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parentale.230 Collodi, infatti, non chiude la vicenda ma la lascia aperta ed irrisolta: la barca di Geppetto affonda, ma egli è perito insieme ad essa?

La scena prosegue con un secondo naufragio, quello di Pinocchio che con un prodigioso tuffo, sfidando l’impeto dei flutti, tenta di salvare il padre. Anche questo evento, come il precedente, viene descritto dai pescatori sulla spiaggia che chiudono la scena borbottando una preghiera sia per il padre che per il figlio.

Il narratore, abbandonando Geppetto al suo destino, si concentra adesso su Pinocchio, il quale dovrà affrontare numerose avventure in luoghi fantastici che ruotano tutti intorno al mare. Il burattino nuota per tutta la notte, alla ricerca del padre, e solo alle prime luci dell’alba approda sulla spiaggia di un’isola, quella delle Api industriose. Qui incontra un Delfino che sta nuotando vicino alla riva e decide di chiedergli informazioni sulla barchetta del padre:

“— Mi dica un’altra cosa. Lei che passeggia tutto il giorno e tutta la notte per il mare, non avrebbe incontrato per caso una piccola barchettina con dentro il mi’ babbo?

— E chi è il tuo babbo?

— Gli è il babbo più buono del mondo, come io sono il figliuolo più cattivo che si possa dare.

— Colla burrasca che ha fatto questa notte — rispose il Delfino — la barchetta sarà andata sott’acqua.

— E il mio babbo?

— A quest’ora l’avrà inghiottito il terribile Pesce-cane, che da qualche giorno è venuto a spargere lo sterminio e la desolazione nelle nostre acque.

— Che è grosso di molto questo Pesce-cane? — domandò Pinocchio, che di già cominciava a tremare dalla paura.

— Se gli è grosso!… — replicò il Delfino. — Perchè tu possa fartene un’idea, ti dirò che è più grosso di un casamento di cinque piani, ed ha una boccaccia così larga e profonda, che ci passerebbe comodamente tutto il treno della strada ferrata colla macchina accesa.”231

Da questo momento in poi, tutte le avventure di Pinocchio avranno come perno il mare: dal Paese delle Api industriose, infatti, Pinocchio finisce nella rete del Pescatore verde. Dopo essere stato arrestato dai carabinieri a causa di una zuffa con alcuni suoi compagni di classe, proprio mentre si trovavano in riva al mare per cercare di vedere il Pescecane, Pinocchio riesce a scappare, tuffandosi in acqua e nuotando il più velocemente possibile: il mare infatti è diventato il suo principale aiutante in situazioni disperate e il suo più efficace educatore.232 Proprio mentre sta per raggiungere la

230 Ivi, p. 437.

231 C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, cit., p. 278. 232 M. Mannocchi, Tempeste e Approdi, cit, pp. 54-59.

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scogliera, il burattino viene catturato dalla rete di un pescatore che, scambiandolo per uno specialissimo pesce, sta per friggerlo in padella insieme a naselli e triglie.

La figura del Pescatore verde funge da prima presenza mostruosa che manifesta le suggestioni inquietanti che Pinocchio prova nei confronti dell’Oceano e, per la sua funzione di divoratore, anticipa la comparsa dell’orribile Pescecane.

Fortunatamente, il burattino viene subito salvato dal mastino Alidoro, che si trova a passare dalla grotta attirato dall’odore della frittura, e viene riportato al Paese delle Api industriose. Qui, però, si lascia convincere dall’amico Lucignolo a partire con lui per ad andare nel Paese dei Balocchi, un luogo di divertimenti, senza scuola, né maestri. Dopo cinque mesi di bella vita e spensieratezza in questo paese di cuccagna, un mattino Pinocchio, dopo essersi svegliato, scopre di avere delle orecchie di asino al posto delle sue e si trasforma piano piano in un ciuchino. L’uomo di burro che li aveva condotti in quel luogo con il suo carro, decide di addestrare il ciuchino Pinocchio, in modo che possa esibirsi al circo e fargli guadagnare molti quattrini. Rimasto azzoppato proprio durante lo spettacolo, il ciuchino viene venduto ad un uomo che vuole scuoiarlo per fare un tamburo con la sua pelle. Per ucciderlo, il compratore lo conduce sulla riva del mare e lo getta in acqua, legandogli un macigno al collo: la Fata, però, decide di aiutare il suo protetto, inviando dei pesciolini magici che rosicchiano la sua pelle asinina, restituendolo alla sua vera realtà di burattino.

Riuscito, finalmente, a sfuggire al perfido compratore, Pinocchio si allontana, nuotando leggero e libero nella vastità dell’Oceano, quando improvvisamente gli si pone incontro l’orribile Pescecane:

“[…] quand’ecco uscir fuori dall’acqua e venirgli incontro un’orribile testa di mostro marino, con la bocca spalancata come una voragine, e tre filari di zanne, che avrebbero fatto paura anche a vederle dipinte.

E sapete chi era quel mostro marino?

Quel mostro marino era nè più nè meno quel gigantesco Pesce-cane ricordato più volte in questa storia, e che per le sue stragi e per la sua insaziabile voracità, veniva soprannominato «l’Attila dei pesci e dei pescatori.» […]Ma oramai era tardi! Il mostro lo aveva raggiunto. Il mostro, tirando il fiato a sè, si bevve il povero burattino, come avrebbe bevuto un uovo di gallina, e lo inghiottì con tanta violenza e con tanta avidità, che Pinocchio, cascando giù in corpo al Pesce-cane, battè un colpo così screanzato da restarne sbalordito per un quarto d’ora.

Quando ritornò in sè da quello sbigottimento, non sapeva raccapezzarsi, nemmeno lui, in che mondo si fosse. Intorno a sè c’era da ogni parte un gran buio: ma un buio così nero e profondo, che gli pareva di essere entrato col capo in un calamaio pieno d’inchiostro. Stette in ascolto e non sentì nessun rumore: solamente di tanto in tanto sentiva battersi nel viso alcune grandi buffate di vento. Da principio non sapeva intendere da dove quel vento uscisse: ma poi capì che usciva dai polmoni

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del mostro. Perchè bisogna sapere che il Pesce-cane soffriva moltissimo d’asma, e quando respirava pareva proprio che soffiasse la tramontana.”233

L’attesa per la comparsa dell’orribile mostro è sicuramente accresciuta da tutti quei racconti fatti in precedenza che ne ingigantivano le proporzioni, come quello fatto dal Delfino e quello dei compagni. Anche in questo episodio, infatti, Collodi cerca di esaltare la grandezza del mostro, attraverso tecniche di ingrandimento che ne aumentino la terribilità: egli pone in evidenza la sua orribile “bocca spalancata come una voragine” e la sua “lingua così larga e così lunga, che pareva il viottole d’un giardino”.234

Lo scrittore fiorentino, però, cerca di addolcire il naufragio di Pinocchio, rivelando i punti deboli del mostro marino, come il fatto che soffra d’asma o che dorma come un ghiro, e utilizzando delle metafore tratte dal mondo familiare, come “si bevve il povero burattino, come avrebbe bevuto un uovo di gallina” e “m’inghiottì come un tortellino di Bologna”.

All’interno del ventre del grande Pescecane, avviene finalmente l’incontro tra padre e figlio: il burattino riconosce il padre Geppetto che tanto aveva cercato, mentre sta seduto a tavola, intento a mangiare dei pesciolini vivi. Il loro ricongiungimento è un ritrovarsi inaspettato che realizza la speranza di quell’incontro che era avvenuto a distanza, nella prima scena di naufragio. La gioia del ritrovarsi viene subito seguita dal desiderio di conoscere le storie l’uno dell’altro e così Pinocchio racconta tutte le sue avventure al padre, facendogli capire che è ormai cresciuto ed è diventato un burattino responsabile.

Non volendo rassegnarsi ed essere digerito dal Pescecane, Pinocchio convince il babbo a scappare:

“Ora bisogna sapere che il Pesce-cane, essendo molto vecchio e soffrendo d’asma e di palpitazione di cuore, era costretto a dormire a bocca aperta: per cui Pinocchio affacciandosi al principio della gola, e guardando in su, potè vedere al di fuori di quell’enorme bocca spalancata un bel pezzo di cielo stellato e un bellissimo lume di luna.

— Questo è il vero momento di scappare — bisbigliò allora, voltandosi al suo babbo. — Il Pesce-cane dorme come un ghiro: il mare è tranquillo e ci si vede come di giorno. Venite dunque, babbino, dietro a me, e fra poco saremo salvi. — […] Appena Geppetto si fu accomodato per bene sulle spalle del figliuolo, il bravo Pinocchio, sicuro del fatto suo, si gettò nell’acqua e cominciò a nuotare. Il mare era tranquillo come un olio: la luna splendeva in tutto il suo chiarore, e il Pesce-cane seguitava a dormire di un sonno così profondo, che non l’avrebbe svegliato nemmeno una cannonata.”235

233 C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, cit., p. 319 234 G. Cerina, Pinocchio e il pescecane, cit., p. 446. 235

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Scampati finalmente alla loro ultima avventura marina e arrivati sulla spiaggia grazie all’aiuto del Tonno che era anch’esso sfuggito dal ventre del Pescecane, Pinocchio e Geppetto trovano alloggio presso una capanna che scoprono essere quella del Grillo Parlante. Il burattino per cinque mesi studia e lavora sodo per provvedere alla salute e al sostentamento del padre e, dopo aver aiutato anche la Fata turchina caduta in disgrazia, viene finalmente trasformato in un bambino vero.

Pinocchio, dunque, completa la sua metamorfosi staccandosi dalla sua identità di personaggio magico e picaresco ed entrando a far parte del mondo degli adulti. La sua ultima trasformazione, da burattino a bambino, diventa una morte necessaria al fine di aderire alla normalità: egli abbandona il mondo fantastico e tutte le avventure vissute da burattino di legno per diventare un bambino per bene. Alla fine del romanzo, dunque, il concludersi delle avventure determina la creazione di un nuovo personaggio: il Pinocchio burattino, dotato di un’indole vagabonda e girovaga, non può accettare questo stato di quiete e normalità.

All’interno del romanzo, si è visto come Collodi si serva del topos narrativo del mare come luogo di metamorfosi sia esteriore che interiore. Pinocchio, infatti, ha sviluppato una particolare attrazione per il mare e per lui il naufragio rappresenta un evento risolutivo delle avventure sia marine che terrestri. In particolare, l’Oceano diventa il luogo prediletto per l’apprendistato della morte e per la salvifica metamorfosi.236 All’interno del romanzo, infatti, il binomio morte/rinascita è sempre presente nella vita del burattino che, incalzato dalla morte, è sempre pronta ad accogliere una radicale trasformazione.

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