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Voltaire, su i quali potrebbe osservare l’avvocato Linguet, se vi sieno stati piuttosto determinati dalla tragedia

del Manfredi abbigliata alla greca, che da’ gotici drammi del Virues e del Calderón.”: Ivi, pp. 113-114 [paragrafo dal titolo “Ed il Linguet ed altri simili seppero mai di quanto colla Semiramide il Manfredi precedette il Virues, il

Calderon, il Crebillon, il Metastasio ed il Voltaire?”]; “Per quanto si abbia di amore e di rispetto per gli antichi,

convien confessare che essi, tuttochè vadano fastosi per un Sofocle ed un Euripìde, se fossero stati contemporanei del Tasso, ci avrebbero invidiato l’Aminta […]. Si è veduto come ben per tempo e più volte s’impresse e si tradusse in Francia, prima che quivi si conoscessero Lope de Vega, Castro e Calderón; il che sempre più manifesta il torto del Linguet nel pretendere che le prime bellezze teatrali avessero i Francesi imparate dagli Spagnuoli.”: Ivi, vol. VI, pp. 20-21; “Prima però che Cornelio si avvedesse della proprie forze nel genere tragico, e che comprendesse quanto la regolarità contribuisca all’accrescimento dell’istruzione e del diletto col partorir l’illusione, il Trissino servì da modello a Mairet nel comporre la Sofonisha rispettando le tre unità (I) [(I) Voltaire negò questo in luogo delle sue opere, e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet

fut le prémier qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la régle des trois unitès. Prima dunque che

Cornelio imitasse gli Spagnuoli, Mairet aveva imitati gl’Italiani con vantaggio. quante volte ci ha dimostrato la storia la falsità dell’asserzione di M. Linguet!]; ed il popolo nella rappresentanza seguitane nel 1629, ad onta de’ suoi difetti e della debolezza dello stile, ne sentì il pregio e l’applaudì.”: Pietro Napoli Signorelli, Storia critica

de’ teatri antichi e moderni divisa…, cit., vol. X, pp. 5-6. Si noti quanto afferma Lampillas in merito al debito

della drammaturgia francese nei confronti di quella italiana, con particolare riferimento al dibattuto “caso Trissino”: “Alcuni Italiani pretendono, che i loro tragici abbiano servito di modello a’ tragici Francesi, imperciocchè Giovanni Mairet nel 1633 diede la sua Sofonisba sull’esempio del Trissino. Essa nondimeno non acquistò al Mairet il titolo di Padre della tragedia francese; titolo glorioso, che meritò Pietro Cornelio soccorso dai Poeti Spagnuoli.”: Saverio Lampillas, Saggio storico-apologetico…, cit., vol. IV, 1781, p. 216.

101 Simon-Nicolas Henri Linguet, “Épitre a l’Académie Espagnole”, cit., p. IV.

102 Napoli Signorelli commenta in proposito: “Lo spirito d’ingenuità e di gratitudine che mosse prima il Cornelio, indi il Linguet a confessare il debito contratto con Guillén de Castro pel Cid, non avrebbe dovuto stimolarli ugualmente a riconoscere nell’Orazia dell’Aretino gli Orazii del padre del Teatro Francese, componimento d gran lunga superiore al Cid?”: Pietro Napoli Signorelli, Storia critica de’ teatri antichi e moderni divisa…, cit., vol. V, pp. 60-61 [paragrafo dal titolo “Rimprovero moderato al Cornelio, ed al Linguet”].

103 Simon-Nicolas Henri Linguet, “Épitre a l’Académie Espagnole”, pp. IV-V. 104 Ivi, p. V.

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trouve souvent une force & une délicatesse dont notre siecle n’a plus n’idée”, le quali sono

state “toutes traduites, ou du moins imitées de l’Espagnol”

105

. Si noti come nel Saggio

storico-apologetico Saverio Lampillas si avvalga delle parole di Linguet a sostegno della

propria difesa nei confronti della drammaturgia aurea, riportando in traduzione questa

ampia prima parte dell’“Épitre” – da lui stesso definista una “franca critica lontana da ogni

adulazione” – alla lettura della quale incoraggia il Bettinelli:

Alquanto più lunga [rispetto a quelle appena riportate di De Saint-Évremond e di Voltaire], ma insieme più interessante è la confessione fatta da altro moderno critico Francese ben noto alla Repubblica letteraria per la sua franca critica lontana da ogni adulazione. Abbia la bontà il Sig. Ab. Bettinelli d’ascoltarla, e sentirà qualcosa di consolante. M. Linguet nella lettera all’Accademia Spagnuola stampata sul principio del suo teatro Spagnuolo scrive: “Signori, Questa opera dee servire per dar a conoscere parecchie produzioni di quelle, che più arricchita hanno la lingua vostra, e per eccitarne il gusto di essa. Però non si può ella esser meglio indirizzata, che ad un corpo particolarmente consacrato a perfezionare la detta lingua, e che ne disimpegna con tanta felicità. Un tale omaggio reso da un Francese potrebbe senza ingiustizia riguardarsi come un effetto di riconoscenza. Voi foste già nostri Maestri in ogni genere, ma particolarmente nelle arti dello spirito. I vostri Scrittori ci sono stati più utili, che i Greci stessi, e che gl’istessi Romani. Questi ci hanno dati modelli più perfetti; ma se i Romanzieri, e i comici Spagnuoli non ci avessero preparati alla lezione de’ Sofocli, e de’ Terenzj, è più che probabile, che noi non avessimo giammai pensato ad imitare questi. La bontà delle acque de’ rivi ci ha spinti a salire sino alla sorgente. Io non so pèrché questa verità sia oscurata tra noi. Ella è cosa certa, che i Francesi debbono cento volte più agli Spagnuoli che a tutto il resto de’ Popoli dell’Europa. Non si parlano se non che del secolo di Leone X, e degli sforzi del genio fatti tra gl’Italiani in quella epoca felice. Pare ch’essi siano soli gli Autori del risorgimento delle lettere, e che la luce sparsa allora sopra l’Europa sia sortita da Roma esclusivamente. Eppure è verissimo, che l’Italia su questo particolare appena ci ha reso verun servizio. Non è tra gl’Italiani, che si siano formati i nostri prosatori né i nostri Poeti. fra voi, Signori, tra li buoni Autori Castigliani è dove i nostri hanno ritrovata la prima idea delle bellezze da essi diffuse sul teatro, e ne’ loro scritti. Né il Dante, né l’Ariosto, né l’istesso Tasso hanno avuto di allievi tra noi. Il Lope di Vega, il Guglielmo di Castro, il calderone sono quelli che hanno fatti. Questi sono senza contraddizione a cui è dovuta la nostra superiorità drammatica. Cornelio senza il Cid, e senza le sofferte contraddizioni, probabilmente giammai si sarebbe elevato a produrre il suo Cinna, né il suo Polituo. Ora dunque il solo nome di questa bella imitazione ricorda l’idioma, nel quale trovò egli scritto l’originale. Il suo minor fratello, inferiore di lungo, senza dubbio, al maggiore, ma nondimeno degno di essere annoverato tra i Poeti drammatici della prima età del teatro, altro quasi non fu, se non che traduttore degli Spagnuoli. Moliere, l’istesso Moliere, quel ristoratore, anzi vero creatore della commedia, ha ricavato da questa copiosa sorgente. Lasciando a parte que’ genj superiori, a cui le vostre lezioni sono state cotanto utili, è certo, che i dilettevoli scrittori, le cui produzioni possono esser riguardate come l’aurora di quel bel giorno, che sparse il Secolo di Luigi XIV, quelli, dico, si sono formati tutti tra voi, e tra voi unicamente. Voture, Benserade ec. erano, per così dire, più Spagnuoli, che Francesi. La vostra lingua era in que’ tempi tanto comune a Parigi, quanto lo fosse il naturale idioma; ella faceva le delizie di tutte le oneste persone. Dalla unione della stessa colla nostra è nata in questa una dolcezza, ed una maestà alla medesima prima d’allora ignote ec.”. Ecco in qual maniera i Poeti Francesi seppero profittarsi del Teatro Spagnuolo, prendendo le invenzioni, le bellezze degne d’imitazione, e purgandolo de’ difetti, in cui inciamparono i nostri Poeti, e non corressero, troppo impazienti della lima. Se gl’Italiani si fossero in tal guisa adoprati, non sarebbe forse restato nella desolazione il loro teatro nel secolo XVII.106

105 Ivi, p. VI.

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Il prologo dell’avvocato-traduttore prosegue con una nuova difesa preventiva volta ad

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