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gracchi il volgo, chi è iniziato ne’ misteri dell’arte confesserà che anche in questo genere l’andare a Corinto non

è da tutti”: Melchiorre Cesarotti, “Osservazioni alla seconda filippica”, in Le opere di Demostene tradotte e

illustrate, Firenze, Molini Landi, 1807, vol. VI, pp. 161-162. Grassetti miei. Così invece conclude il Cassoli il suo Ragionamento sulle traduzioni poetiche, del 1775: “Non cedettero questi grand’uomini d’avvilir sé medesimi

riproducendo cose di genio a sé uguali, di cui essi comprendeano tutti i pregi, e però si proposero di farli comprendere anco ai meno periti. Credettero di recar vantaggio alla nazionale letteratura col diffondervi un nuovo bello, e cedettero al tempo stesso di procurare al proprio nome gloria non ordinaria, persuasi che il tradur bene sia un vero comporre, e che a riprodurre felicemente un gran poeta nulla meno richieggasi d’un gran poeta”: Francesco Cassoli, Ragionamento sulle traduzioni poetiche, Torino, Edizioni RES, 1991, p. 82. 168 La polemica sulla traduzione dei poemi in verso o in prosa animava da anni il dibattito francese: se Madame Dacier, cimentandosi nella traduzione dell’Iliade (1756), affermava che i classici dovessero essere tradotti in prosa, D’Alambert sosteneva l’assoluta impossibilità di tradurre la poesia, tanto in verso quanto in prosa, mentre Delille, sostenendo quale caratteristica imprescindibile di qualunque traduzione l’infedeltà al testo originale, del quale si doveva tentare di riportare quanto meno lo stesso numero di bellezze tramite una “giusta compensazione”, traduceva in versi le Georgiche (1770), in opposizione alle teorie di Desfontaines che nel suo

Discours sur la traduction des poétes – premesso alla traduzione in prosa delle opere di Virgilio (1743) –

condannava le traduzioni in verso in quanto imprecise e grossolane.

169 “La grande novità del Cesarotti consiste dunque non solo nell’aver portato all’estrema conseguenza la tradizionale distinzione fra lettera e spirito facendovi corrispondere due distinte e complementari traduzioni, ma anche nell’avere superato quella stessa distinzione storicizzandone i termini”: M.MARI, Momenti della

traduzione fra Settecento e Ottocento, Milano, Istituto di Propaganda libraria, 1994, pp. 192-193.

170 Melchiorre Cesarotti, L’Iliade d’Omero recata poeticamente in verso sciolto italiano insieme col

Volgarizzamento del Testo in prosa ampiamente illustrato da una scelta delle Osservazioni originali de’ più celebri Critici antichi e moderni, e da quelle del Traduttore, Padova, Penada, 10 voll., 1786-94; Melchiorre

Cesarotti, L’Iliade o La morte di Ettore, Poema omerico ridotti in verso italiano, Venezia, Antonio Curti, 4 voll., 1795. Cfr. in proposito l’interessante studio di Michele Mari, “Le tre Iliadi di Melchiorre Cesarotti”, in Id.,

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Due sono gli oggetti che io mi son proposto con essa [la duplice traduzione dell’Iliade]: l’uno di far gustar Omero, l’altro di farlo conoscere. Parrà strano per avventura ch’io distingua questi due oggetti, quando sembra a prima vista che debbano e possano formarne un solo ed indivisibile, ch’è quello stesso che si contempla universalmente dai Traduttori d’ogni spezie. Io la penso altrimenti, e credo che i non grecisti d'Europa non abbiano un’idea esatta d’Omero appunto perché gl’Interpreti intendono di soddisfar con un solo mezzo a due oggetti diversi, ed essenzialmente inconciliabili. Per far gustare un originale straniero la Traduzione dee esser libera, per farlo conoscere con precisione è necessario ch’ella sia scrupolosamente fedele. Ora la fedeltà esclude la grazia, la libertà e l’esattezza. Omero dunque tradotto sarà sempre poco o molto diverso da quel ch’egli è. Qualunque traduzione va a rompersi ad uno di questi scogli: né ciò talora per colpa degli artefici, ma per la Natura medesima d’un tal lavoro. Gli esempi degli Autori sfigurati dalle traduzioni sono frequenti: pure è più facile che un Autor tradotto riesca miglior che lo stesso. Quelli che tengono una via di mezzo, e cercano di conciliar l’eleganza colla fedeltà non appagano comunemente abbastanza né gli amatori d’un genere, né quei dell’altro: e la loto fatica non può aver né gloria distinta, né molto uso. Perciò sembra pensarla meglio chi prende francamente il suo partito, e si risolve di essere o Poeta ed emulo del suo Originale, o puro Copista e Grammatico. Così almeno ciascheduno farà tranquillamente il suo uffizio; poiché l’uno rinunzia all’ambizione, l’altro agli scrupoli: ciascheduno otterrà compiutamente il suo fine; il Copista serve all’erudizione, l’emulo alla Poesia, quello ci dà la figura dell’Originale e questo l’anima ed il Genio. Quindi è che chi vuole sulla fede delle traduzioni accertar un giudizio sul merito di quel Poeta trova sempre dalla parte degli oppositori una eccezion plausibile. […] Qual è dunque il sistema a cui mi sono appigliato nel dar Omero all’Italia? Eccolo. Io ho deliberato di soddisfar separatamente ai due mentovati oggetti, e di presentarli adempiuti nel volume medesimo con doppio e diverso lavoro. Risolsi di dar ai miei lettori due traduzioni in cambio di una: la prima in verso e poetica, la seconda in prosa ed accuratissima, quella libera, disinvolta, e per quanto mi fu possibile originale, questa schiava della lettera fino allo scrupolo, e tale che quanto al senso e al valor preciso dei termini potrà servire di testo a chi non intende la lingua. Così queste due versioni si compenseranno a vicenda nelle loro mancanze e gli studiosi d'Omero avranno il loro poeta compiuto, e lo stesso nel solo modo possibile, vale a dire, diviso in due quadri: troveranno nell’uno tutti i membri, tutte le parti, tutti gli articoli del corpo omerico, e perfino le pieghe, e lo strascico delle due vesti: vedranno nell’altro la fisionomia, il portamento, lo spirito di quel poeta, sotto un vestiario alquanto diverso.171

Non poteva certo mancare, tra gli articoli dell’allora «Nuovo Giornale Enciclopedico d’Italia»,

oramai sempre più orientato alla “propaganda” editoriale che alla diffusione delle idee

illuministe, una recensione a tale opera di Cesarotti. L’articolo venne pubblicato nell’aprile

del 1793, ossia ormai sei anni dopo l’avvio del progetto editoriale, tempo che, si spiega, era

servito a valutare i reali meriti della traduzione onde evitare un immediato entusiastico

giudizio che non trovasse poi effettivo riscontro nel prosieguo. Si commenta nella

recensione:

[…] Leggendo nel suo insigne ragionamento preliminare il prospetto del piano ch’ei si propose in questo lavoro […] ci sentimmo sgomentati per lui all’idea d’un assunto pieno di novità, d’arditezza e di

171

Melchiorre Cesarotti, “Ragionamento preliminare”, in L’Iliade d’Omero…, cit., vol I, 1786, pp. 198-199. Riguardo alla traduzione “schiava della lettera fino allo scrupolo” cfr. Fray Luis de León, che qualche decina di anni dopo affermava: “El que traslada ha de ser fiel y cabal, y si fuere posible, contar las palabras para dar otras tantas y no mas, de la misma manera, qualidad, y condición y variedad de significaciones que las originales tienen, sin limitallas á su propio sonido y parecer; para que los que leyeren la traducción, puedan entender la variedad toda de sentidos, á que dá ocasión el original si se leyese, y queden libres para escoger de ellos el que mejor les pareciere”: introduzione alla traduzione del Cantar de los cantares de Salomón, Salamanca, 1798, pp. XII-XIII.

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difficoltà. […] E quantunque i primi due canti dell’Iliade Italiana dessero a quest’Opera i più fondati e prosperi augurj, noi non sapemmo difenderci da un qualche timore, che tosto o tardi egli avesse ad inciampare in così scabroso cammino. […] Affine dunque di farci una idea adeguata di questa impresa, e di non avventurar sopra di essa un giudizio soggetto a ritrattazioni, ci parve di dover attendere fino a tanto che il progresso dell’opera avesse dato occasione all’Autore di sviluppar tutta l’attività del suo spirito. […] Ora dunque che l’Autore della nuova Iliade ha varcato più che la metà del cammino, e che il più pieno […] successo ha coronata la sua fatica possiamo […] con vera compiacenza render adeguata giustizia […] al merito […] d’un tal lavoro col fissarne il carattere, e col farne cogliere il vero spirito, e presentar […] l’analisi ragionata d’un Opera, di cui la letteratura moderna non ne vanta un’altra né più luminosa, né più proficua alla perfezione della Poesia e della Critica.

[…] il confronto perpetuo delle due traduzioni, letterale e poetica, e l’esame continuato delle osservazioni, ci mette in istato di ravvisar pienamente il vero spirito del suo progetto. […] Egli […] si prefisse di riformar l’Iliade conservandone il piano, e la progressione, e di darci un Omero corrispondente a quella idea di perfezione, che i Commentatori suppongono in esso gratuitamente, e che non si trova verificata, che in alcune sue parti, e più spesso nell’intenzione, che nel fatto. […] Con questo metodo egli si rese più benemerito alla Poesia che se ci avesse dato un Poema originale del tutto nuovo. […] Per una spezie di magia egli seppe dar vita, e vivacità giovanile anco alle parti inanimate e appassite; e innestando il suo genio in quello d’Omero ne fece un misto indiscernibile, un’opera unica di due autori egualmente originali, e de’ quali sommando il tutto, non saprebbe dirsi chi abbia contribuito di più. Fu detto da non so chi, non senza malizia, che ne risultava un tutto mal accozzato. Noi però sfidiam chicchessia a citar un solo passo ove tutto non comparisca uniforme quanto alla bellezza dello stile e del sentimento, ove non sia conservata tutta la varietà conveniente. […] Parlisi adunque schiettamente, onde abbiano fine una volta le ridicole, o maliziose questioni di parole. No, questa non è una traduzione né servile e contraffatta come quella del Salvini, né […] fedele, ed elegante, come l’Italiana del Cerutti […] non una parafrasi come quella del Bozzoli, non una imitazione come quella del Pope […] non un compendio imbellettato come quella del De la Motte; ella è propriamente una riforma, e potrebbe chiamarsi piuttosto un’Iliade Italiana, che una traduzione. Certo è che la posterità metterà il Sig. Ab. Cesarotti nella classe degli Epici ben più che in quella dei Traduttori. […]

Per conchiudere diremo, che osiam proporre quest’Opera sotto il doppio aspetto d’un Codice di gusto per la teoria, e d’un esemplare di perfezione per la pratica. […]

(pp. 3-20) 172

Dalla recensione traspare un’apprezzabile imparzialità, soprattutto considerando che lo

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