valori che si andavano diffondendo per mezzo del dramma borghese: quella stessa
gallomania imperversante, quella “educazione popolare”, a suo avviso affatto esemplare,
che minacciava il rovesciamento dell’ideologia di una classe aristocratica ormai in declino
75.
Così come era accaduto con Goldoni e Chiari, Gozzi intendeva reagire contro le componenti
innovative della drammaturgia borghese – che vedeva ottenere crescente successo anche
grazie al sostegno della promozione della stessa Caminer sulle colonne dell’«Europa
letteraria» – dietro le quali coglieva pericolosi risvolti ideologici
76. Come sottolinea Sama:
Dal 1772 in poi, il dibattito tra Gozzi e la Caminer sarà aperto e mordente. Attraverso una serie di scritti i due si interpellano a colpi di citazioni reciproche, manipolando ciascuno le parole dell’altro per avere ragione. Gozzi attacca direttamente la sua rivale, anche in scritti pubblicati dopo la morte di lei. È un dibattito estremamente complicato, che comprende numerosi testi, tra i quali: articoli dell’«Europa Letteraria», le prefazioni della Caminer alle Composizioni moderne, la prefazione di Gozzi al Fajel, il suo Ragionamento ingenuo, l’Appendice al Ragionamento, il Manifesto del Conte Carlo Gozzi dedicato a’ magnifici sigg. giornalisti e le prefazioni e commenti nei volumi delle sue Opere. Per lo più dal 1772 fino alla fine del 1774, il dibattito tra la Caminer e il Gozzi si svolge quasi volume per volume delle loro rispettive opere (le Composizioni teatrali moderne e le Opere).77
scrivono del loro lavoro teatrale”: Catherine M. Sama, “Verso un teatro moderno”, cit., p. 68. Cfr. in proposito LuisaGiari, Carlo Gozzi in guerra con le traduzioni del teatro francese moderno, ovvero i sentimenti nascosti
sotto le idee, in Carlo Gozzi entre drammaturgie…, cit., pp. 197-210; Camilla M. Cederna, “Specchi pericolosi…”,
cit.
75 “L’aspide sta in quel sublime insidioso, che colla commozione degl’animi introducono alcun de’ novelli Drammi flebili famigliari dalla nobili passioni, tradotti, e (*) difesi ne’ nostri Teatri dagl’impostori per cecità, per venalità, o per malizia come strumenti di una sana morale educazione. Il sostenere con efficacia ed industria continuamente il ius di natura; il dipingere co’ più vivi tratti della eloquenza i superiori da mal consiglio ingannati, fallaci, e tiranni; pregiudiziale ben fondate regole delle famiglie, e le leggi; ingiustamente divise le facoltà; inumano il despotismo de’ padri; l’incitare ognuno alla libertà di pensare, e di operare; lo spargere delle palliate, e ingegnose empietà nel mezzo alla ‘commozione degli’animi, e alle nobili passioni’, è quella sublimità ch’io aborrisco, e quell’educazione popolare, ch’io non vorrei. (*) Supplico gli italiani infranciosati a
non prendere quel difesi per proibiti”: Carlo Gozzi, Ragionamento ingenuo…, cit., pp. 24-25. In corsivo nel testo.
Riporto la nota per l’interessante polemica contro gli italiani “infranciosati”, che ben si colloca sia nella visione conservatrice di Gozzi e nella sua avversità contro le mode culturali provenienti d’oltralpe riguardando, in questo caso, il dibattito sulla lingua. Cfr. poco più avanti due note analoghe: “Temo sempre, che gl’infranciosati
prendano il difendere per proibire”: Ivi, p. 29; “Ecco un altro difendere, chi mi fa temere gl’infranciosati, coi
quali a poco a poco non si sa più, come spiegarsi in italiano”: Ivi, p. 31. In corsivo nei testi, grassetti miei.
76
“Nella comédie larmoyante, sostenuta soprattutto dalla rivista «Europa letteraria» e da Elisabetta Caminer, Gozzi vede la presenza di un’etica borghese che coinvolgeva la sensibilità di un pubblico ansioso di novità e ne sollecitava la libertà di pensiero, per cui le contrappone una articolata azione teorica e pratica, rappresentata dall’appassionata polemica del Ragionamento ingenuo e dalla composizione di drammi desunti dal teatro spagnolo del ‘600”: Tommaso Scappaticci, “L’«altra» Venezia di Carlo Gozzi”, in Id., Fra “lumi”e reazione:
letteratura e società nel secondo Settecento, pp. 13-36, pp. 31-32.
77
29
Tuttavia l’ostilità di Gozzi
78, che si collocava all’interno delle più ampie polemiche suscitate
dall’esordio dell’attività teatrale della Caminer
79, si scatenò, a differenza di quanto accaduto
78 Cfr. quanto scrive Albergati Capacelli il 28 novembre 1772 nell’interessante Lettera ad un anonimo scritta ad
un suo amico: “La signora Elisabetta Caminer Tura [sic] quella è che ti ha sublimata la bile e t’ha infiammato i
polmoni e il fegato colla stampa delle sue traduzioni. Non avresti mai pensato che una fanciulla potesse gareggiar teco, e strapparti dal fronte quegli allori, de’ quali in sogno tu ti eri già coronato. Eppure la terribile inaspettata catastrofe è accaduta. Questa onesta giovane, benemerita veracemente della sua patria, ha sdegnato di fare a se stessa un lucro ed un nome o col sonnifero ago o cogli scandalosi corteggi ma, afferrata la penna, se n’è per tal modo invaghita che, resistendo ai pregiudizi del sesso, della educazione e dell’ordinario costume, ha voluto che sia essa sola ministra de’ suoi moderati passatempi, lodevole impiego delle sue ore, invitta fabbricatrice della sua gloria. Ella sì, soffrilo in pace o disumanato Gozzi, ha saputo raccogliere dalla Francia i più eletti drammatici componimenti e colla velocità del suo ingegno farne parte alle scene e alle stampe italiane. Sì, ella ha saputo coll’acquistarsi un onorevole carteggio, e fra risplendenti personaggi francesi e fra egregi francesi autori, ottener d’essere la prima in Italia a possedere quelle virtuose eleganti merci che ha poi provvidamente sparse e promulgate tra noi. Ella infine ha saputo in così dotte guise dare scacco-matto alle tue ammorbanti produzioni. E a lei è debitrice Venezia d’avere ripurgato e ingentilito il teatro che dopo la fatale partenza del Goldoni e dopo il pestifero sorgimento del vuoto Gozzi imbecille, minacciava ruina e stava sul punto di dare l’ultimo crollo. Inginocchiati, caparbio Gozzi; detesta il tuo errore, le tue bestemmie; confessa che il teatro non è, né fu, né sarà mai la tua strada, sulla quale altro non fai, battendola, che andarti a dimostrare pessimo autore e ascoltatore malvagio. Ti pare azione onesta e degna di plauso l’attaccare sì mordacemente e colla tua consueta rozzezza, una giovane che non commise altro errore fuorché quello di rispettarti, che merita di essere incoraggiata e premiata, e che ha dimostrato, anche dopo gli insulti tuoi, di quanta virtuosa moderazione abbia l’animo saldamente fornito? […] Comunque siasi, è la signora Elisabetta restauratrice del periclitante teatro, alle primarie colonne del quale tu miravi dare urto violento e scossa precipitosa, lieto di rimanere schiacciato tu stesso sotto le sue rovine, purché teco ci rimanessero stritolati anche i buoni amatori e gli avveduti conoscitori dell’arte drammatica. Ognuno evidentemente conosce che questa bene inclinata giovane ha ricondotto sul nostro veneto orizzonte l’aurora di quel teatrale buon gusto che aveva funestamente tramontato”: cito da Enrico Mattioda, Il dilettante “per mestiere”..., cit., pp. 186-188. Inoltre, in una lettera a Giuseppe Baretti del 25 settembre 1777 Gozzi definì la Caminer: “Una giovinetta di buona indole, d’ottimo costume, pregiabile nella sua inclinazione alle belle lettere, che faceva qualche verso armonico e prometteva di potersi ridurre un adornamento delle nostre società, fu eccitata a non contentarsi di una coltura filologica e del rendersi capace di una buona traduzione, ma divenire capitanessa d’un Giornale intitolato: L’Europa letteraria e far la comparsa repentina d’un diluvio universale di scienza; a far estratti e dar pareri, a condannare, a lodare, ad assolvere magistralmente, tutti i Scrittori, e tutti i libri di tutte le materie”: Carlo Gozzi, Lettere, cit., p. 120. Grassetti miei.
79 Già Cristoforo Venier, nel 1770, sulle pagine del suo «Nuovo corriere letterario» l’aveva criticata sia per le scelte stilistiche e la lingua utilizzata per le traduzioni che per il fatto stesso di aver tradotto opere teatrali, arrivando a imputare tale intraprendenza alla “ridicola vanità di parer Saccentuccia” («Nuovo corriere letterario», 4 agosto 1770, p. 233) e insinuando una relazione sessuale con l’abate Fortis. Ciò scatenerà una forte polemica condotta da Domenico Caminer, con il sostegno di Pelli Bencivenni, che costerà al Venier l’incarico di correttore delle stampe per lo Stato di Venezia come punizione da parte dei Riformatori dello Studio di Padova. Altre note testimonianze delle avversità nei confronti della Caminer, alla quale si rimprovera soprattutto un uso rivolto all’esterno dei propri studi intellettuali, sono il pamphlet satirico di Batto Nemutilli, pseudonimo in anagramma di Giambattista Mulinelli, veronese, “Il giornalista”, del 1770 e rivolto contro Fortis e Caminer e un racconto del 1772 di Antonio Piazza, dal titolo sarcastico “La poetessa”, contenuto nella raccolta I castelli in aria che la ritrae in tono ridicolo: “Questa decima musa, comparisce di tanti ghiribizzi adornata che pare una bottega portatile di galanterie all’ultima moda. L’aria sprezzante, il portamento virile, una mano in un fianco, l’altra in un moto perpetuo per tenere ed aprire il ventaglio, parer la fanno piuttosto un granatiere sull’armi, che una poetessa da nozze. Chi se la prende contro di tutti ha sempre tutti contro di sé. O non bisogna vivere in una città, che non piace; o bisogna per prudenza adattarsi al suo genio. Mostrata a dito sino dagli artigiani volgari, e dalle donnette plebee, non sa più dove dare un passo, senza suscitar i motteggi, le risate, e le ingiurie, che di mira la prendono. Si giunse persino alla temerità di credere che quanto v’ha di cattivo nelle opere sue, sia parto legittimo della sua fantasia, e che tutto il buono che trovasi nelle medesime