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L’azione di contraffazione e le misure correttive e sanzionatorie previste dalla legge.

CAPITOLO III: LE AZIONI A TUTELA DEL TITOLARE DEL MARCHIO ANTERIORE.

3) l’azione di condanna o di contraffazione permette, all’esito del giudizio di merito, al titolare del marchio di ottenere l’accertamento della violazione da

3.3.5. L’azione di contraffazione e le misure correttive e sanzionatorie previste dalla legge.

L’azione di condanna o di contraffazione è lo strumento in forza del quale, all’esito del giudizio di merito, il titolare del marchio ha la possibilità di ottenere l’accertamento della violazione da parte del convenuto dei diritti di esclusiva nascenti dalla registrazione, oltre all’applicazione dei rimedi previsti della legge.

I presupposti per poter configurare una condotta di contraffazione sono stati analizzati nel capitolo II a cui si rinvia, in questa sede vengono affrontate le conseguenze previste dall’ordinamento a fronte dell’accertamento, in sede di cognizione, di una tale condotta illecita.

Le misure correttive e sanzionatorie (c.d. di deterrence) tipicamente disposte con la sentenza di condanna sono quelle di cui all’art. 124 c.p.i.257

Sul punto si precisa che trattasi di rimedi aventi carattere oggettivo, nel senso che prescindono dalla colpevolezza del destinatario della misura.

Si tratta in primo luogo dell’inibitoria definitiva che consiste in un ordine rivolto all’autore dell’accertata violazione di astenersi in futuro dall’uso del marchio contraffatto e si pone come misura complementare rispetto alla tutela risarcitoria o riparatoria258.

L’inibitoria può, pertanto, essere disposta anche quando la contraffazione è cessata, purchè il titolo non sia scaduto.

L’inibitoria definitiva viene inquadrata nell’ambito della tutela preventiva, preliminare e complementare rispetto alla tutela risarcitoria da cui differenzia perché, appunto, prescinde dalla sussistenza di un danno e non comporta la necessità di accertare lo stato psicologico all’autore dell’illecito259.

La dottrina maggioritaria attribuisce all’inibitoria natura condannatoria, dal momento che si risolve in un ordine esecutivo di cessare e non ripetere la condotta vietata260.

257 M. SCUFFI, Diritto processuale dei marchi e dei brevetti, Giuffrè Editore, Milano 2009, p. 303 e ss.

258 M. SCUFFI, Diritto processuale dei marchi e dei brevetti, Giuffrè Editore, Milano 2009, p. 303 e ss. M.

SCUFFI, M. FRANZOSI, Diritto industriale italiano, CEDAM, Padova, 2014, p. 1237 e ss..

259 M. SCUFFI, M. FRANZOSI, A. FITTANTE, Il codice della proprietà industriale, sub 118, CEDAM,

Padova, 2005, p. 1005 e ss.

260 Si tratterebbe cioè di una condanna ad un determinato comportamento futuro allo scopo di prevenire

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Altri261 tendono ad inquadrare l’inibitoria nell’ambito della tutela di accertamento poiché, in ragione dell’ineseguibilità diretta di tale provvedimento attraverso le forme dell’esecuzione forzata, ritengono che quest’ultimo non possa essere qualificato tra quelli di condanna. In questa prospettiva, l’effetto della pronuncia inibitoria si risolverebbe nella reiterazione di un comando già presente nella legge.

Per altri, infine, l’inibitoria deve essere annoverata tra i provvedimenti costitutivo-normativi con la conseguenza che i rapporti tra il titolare della privativa e il destinatario dell’inibitoria non solo disciplinati dalla legge, ma anche dalla regola di diritto contenuta nella sentenza definitiva 262.

Tra le misure di deterrence di natura reale per la difesa dei diritti di proprietà industriale vanno ricompresi, altresì, i rimedi tipici della rimozione, distruzione e di ritiro dal commercio delle cose costituenti violazione dei diritti di esclusiva.

Non possono formare oggetto di tale ordine le cose che abbiano per la collettività un valore così rilevante per cui la loro eliminazione comporti un grave pregiudizio per l’economia nazionale, in ossequio all’art. 2933 c.c., ovvero quelle appartenenti a chi ne faccia un uso meramente personale o domestico.

Sia l’inibitoria sia la rimozione/distruzione/ritiro sono misure facoltative, il Giudice, infatti, “può” e non “deve” disporre tali misure ed, in ogni caso, operano su istanza di parte in conformità con il principio della domanda ex art. 112 c.p.c.263

Entrambe dette misure possono essere assistite da una penalità di mora. Trattatasi di una misura additiva avente una finalità essenzialmente dissuasiva e non risarcitoria volta a prevenire attraverso l’operatività di una sanzione pecuniaria l’inosservanza o il ritardo nell’esecuzione del provvedimento

Si veda in tal senso C. RAPISARDA, Tutela preventiva, inibitoria cautelare ex art. 700 ed inibitoria finale, in Riv. Dir. Proc., 1986, p. 138; S. CHIARLONI, Misure coercitive e tutela dei diritti, Milano, 1980, p. 220 e ss.; M. SCUFFI, Diritto processuale dei marchi e dei brevetti, Giuffrè Editore, Milano 2009, p. 303 e ss; M. SCUFFI, M. FRANZOSI, Diritto industriale italiano, CEDAM, Padova, 2014, p. 1311 e ss.

261 S. SPOLIDORO, Le misure di prevenzione nel diritto industriale, Milano, 1982. M. BINA, L’esecuzione

indiretta delle inibitorie, in A. GIUSSANI, Il processo industriale, Quaderni AIDA n 23, Giappichelli

Editore, Torino, 2012.

262 A. FRIGNANI, L’injunction nella Common Law e l’inibitoria nel diritto italiano, Giuffrè, Milano, 1974,

p. 456. M. BINA, L’esecuzione indiretta delle inibitorie, in A. GIUSSANI, Il processo industriale, Quaderni AIDA n 23, Giappichelli Editore, Torino, 2012.

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interdittale concesso dal giudice e di esso costituiscono mezzo di esecuzione indiretta264.

Tale strumento di coercizione è oggi previsto, in via generale, dall’art. 614 bis c.p.c. a garanzia dell’adempimento di obblighi di fare infungibili e di non fare e rientra nelle ipotesi di c.d. astreintes di diritto francese265.

Fra i rimedi di carattere restitutorio previsti in caso di contraffazione dal Legislatore possiamo, poi, ricordare l’assegnazione in proprietà che opera quale misura alternativa alla distruzione/rimozione/ritiro.

L’art. 124, infine, contempla, quale strumento riparatorio, la pubblicazione della sentenza di condanna che ha la finalità di ristabilire la certezza delle situazioni giuridiche soggetti.

È riservato al Giudice valutare l’an e il quomodo della pubblicazione nel caso concreto. Di regola è solo la parte dispositiva della sentenza ad essere resa pubblica, a spese del soccombente, almeno per una volta, a caratteri doppi del normale, su uno o più giornali e/o riviste specializzate individuate dal titolare della privativa.

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