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Ciò chiarito, solo i segni che corrispondono alla definizione legale di marchio possono essere validamente registrati: si parla di idoneità del segno ad

essere registrato come marchio.

La definizione di marchio è contenuta nell’art. 7 c.p.i. in forza del quale “possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purchè siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese”.

Il fatto che l’entità per cui si chiede la registrazione debba essere un “segno” va intesa nel senso che essa deve essere in grado di trasmettere un significato, una comunicazione alle persone che con essa entrano in contatto.

E tra i concetti che il segno esprime al pubblico vi deve essere un significato distintivo, ossia di individuazione della provenienza imprenditoriale del prodotto o servizio (“purchè sia atto a distinguere”)58.

Oltre che un segno atto a distinguere, l’entità da registrare come marchio deve essere rappresentabile graficamente, ossia riproducibile in un documento59.

Si richiede cioè che il segno possa essere “raffigurato” in modo chiaro, preciso, completo, facilmente accessibile ed intellegibile”60.

Tra i segni registrabili l’art. 7 c.p.i. indica in primo luogo le parole e i disegni.

Il marchio costituito da solo parole è detto marchio denominativo o verbale ( ad es. “Coca-Cola”).

58 M. RICOLFI, Trattato dei Marchi: diritto nazionale ed europeo, Giappichelli Editore, Torino 2017, p.

64 e ss

59 M. SCUFFI, M. FRANZOSI, Diritto Industriale, CEDAM, Padova, 2014, p. 53.

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Il marchio formato esclusivamente da figure, lettere o numeri è invece detto marchio figurativo o emblematico (ad esempio le due C incrociate di Chanel).

Nel caso delle figure, ossia dei marchi rappresentati per mezzo di raffigurazioni, elementi grafici o immagini la giurisprudenza ha affermato che un segno eccessivamente semplice, quale può essere una figura geometrica di base (si pensi ad un cerchio, ad una linea o ad un rettangolo) non può essere validamente registrato come marchio61.

E’ detto misto il marchio che risulta dalla combinazione di parole e figure (ad es. la locuzione “Rolex” accompagnata da una corona oppure “Lacoste” accompagnata da un coccodrillo).

I marchi di forma sono quelli che consistono nella forma o nella confezione del prodotto; sul punto va detto che non possono essere registrati come marchi i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto ovvero dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico ovvero dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto (art. 9 c.p.i.).

Per potersi registrare come marchio deve quindi trattarsi di una forma non consueta, arbitraria o di fantasia alla quale, cioè, siano estranei sia i compiti estetici che quelli funzionali o, comunque, di utilità particolare62.

In altre parole, conditio sine qua non per poter ammettere la registrazione di tali marchi è che si tratti di una forma individualizzante63.

Si parla, a tale proposito, di estraneità del marchio rispetto al prodotto: in altre parole affinchè una certa entità sia idonea ad essere registrata come marchio è necessario che sia concettualmente separabile dal bene contraddistinto, altrimenti il marchio non sarebbe più segno distintivo, ma componente intrinseco, caratteristica qualitativa del bene64.

61 Trib. UE 21 Aprile 2015 con nota di M. ANDREOLETTI, Commento alle decisioni del Tribunale

dell’Unione Europea sul motivo damier di Luis Vuitton, in Riv. Dir. Ind. 2015, p. 349 in cui il c.d. motivo

damier (motivo a scacchiera marrone e beige) è stato considerato privo di capacità distintiva in quanto basico e banale. Sentenza analoga è stata pronunciata in Cina nel 2013 sul motivo Burbery Check (composto da una peculiare combinazione di linee di colore rosso e nero su un fondo beige).

62 Cass. Civile Sez. I, 21 Maggio 1981, n. 333 in Foro it., 1981, p. 491 63 Trib. Venezia , 15 Febbraio 2012, in Foro it. , 2012 p. 1300

64 P.AUTERI, G.FLORIFA, V. MANGINI. G.OLIVIERI, M. RICOLFI, M. ROMANO, P. SPADA, Diritto

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Per i marchi di forma la disciplina è particolarmente rigorosa in quanto si vuole evitare che il monopolio sul segno si traduca in un monopolio sul prodotto sottraendolo alla libera disponibilità degli altri operatori del settore.

Il codice ammette, poi, la registrazione di marchi consistenti in combinazioni o tonalità cromatiche capaci si esprimere un’effettiva funzione individualizzante e non una mera funzione attrattiva e decorativa65.

Quanto ai marchi di suono essi si traducono nel trasferimento sul pentagramma di una composizione musicale (c.d. jingle), sempre laddove idonei a svolgere la funzione distintiva dell’origine imprenditoriale dei beni contrassegnati66. Viceversa non sono registrabili i suoni che non si riescano a codificare all’interno dello spartito musicale ( v. gracchio di un corvo).

Meno fortuna ha avuto il marchio olfattivo, in primo luogo, per l’impossibilità di essere rappresentato graficamente in modo completo ed inequivocabile: si è ritenuto, infatti, che la formula chimica non sia in grado di soddisfare il requisito della rappresentazione grafica chiara e precisa67.

In secondo luogo, lo scarso successo del marchio olfattivo dipende dall’impossibilità di configurare una fragranza quale segno che valga a distinguere il prodotto in funzione della sua particolare provenienza, ma piuttosto in termini di prodotto in sé considerato.

Una disciplina particolare è poi dettata per i segni presi in considerazione dell’art. 8 c.p.i. e 10 c.p.i: si tratta dei ritratti, dei nomi di persona e dei segni notori e degli stemmi e degli emblemi di cui all’art. 10 c.p.i.

Infatti, in questi casi, il legislatore riserva la loro registrazione a soggetti c.d. aventi diritto in quanto titolari, sul segno, di diritti anteriori diversi da diritti sul segno come segno distintivo.

Si prevede così un’eccezione (c.d. riserva di registrazione) alla regola generale prevista dall’art. 19 c.p.i. secondo cui chiunque può essere validamente titolare di un marchio senza che siano richiesti particolari requisiti soggettivi ed in

65 Cass. Civ. Sez. III, 14 Maggio 2001, n. 3666 in Foro it., 2002 p. 2539.

66 A. VANZETTI, C.. DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffè, Milano, 2016, p. 165 e ss..

67 S. SANDRI, R. RIZZO, I nuovi marchi. Forme, colori, odori suoni ed altri, Ipsoa, Milano, 2002 p. 3 e

ss..

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particolare senza che il titolare debba necessariamente essere un imprenditore, come si riteneva prima della riforma della Legge Marchi del 199268, ferma l’intenzione di impiego del marchio sul mercato69.

In particolare in base all’8 c.p.i. comma 1 “i ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado incluso”.

Si precisa, sul punto, che all’interno di ciascuna di queste cerchie i vari congiunti risultano posizionati dalla legge in una condizione di parità: pertanto l’autorizzazione alla registrazione e all’uso del segno come marchio, qualora vi siano più soggetti all’interno della stessa cerchia, deve essere resa da tutti questi soggetti, all’unanimità.

Laddove non vi siano più parenti entro il quarto grado il segno deve ritenersi liberamente utilizzabile.

La forma del consenso è libera.

I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la registrazione possono essere registrati come marchi, purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi.

L'Ufficio italiano brevetti e marchi ha tuttavia la facoltà di subordinare la registrazione al consenso dei prossimi congiunti. In ogni caso, la registrazione non impedirà a chi abbia diritto al nome di farne uso come ditta.

Se notori, possono essere registrati o usati come marchio solo dall'avente diritto, o con il consenso di questi o dei prossimi congiunti: i nomi di persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi.

68 SENA, Il diritto dei marchi, Giuffrè Editore, Milano, 2002 p. 41 e ss.

69 P. SPADA, La legittimazione alla domanda in G. MARASA’, P. MASI, G. OLIVIERI, P. SPADA, M.S.

SPOLIDORO, M. STELLA RICHTER, Commento tematico alla legge dei Marchi, Giappichelli Editore, Torino, 1998 p. 221 e ss..

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Nel caso di ritratti, ossia delle raffigurazioni di una certa persona fisica comprese le caricature e le riproduzioni parziali tali da identificare e riconoscere, in esse, la persona raffigurata, la riserva di registrazione è assoluta70.

Parimenti accade nel caso dei nomi di persona notori; mentre nel caso di nomi di persona non notori, l’uso del nome altrui come marchio incorre nei limiti sopra menzionati (l’uso non deve ledere la fama, il credito o il decoro del titolare del marchio; ferma la discrezionalità dell’UIBM di subordinare comunque la registrazione al consenso del titolare del nome o dei suoi congiunti); precisando che, analogamente a quanto accade per i ritratti, la nozione di nome si estende non solo al prenome e al cognome, ma ad ogni segno capace di individuare una determinata persona, compresi i soprannomi e gli pseudonimi.

Il più rigoroso regime rispetto alla tendenziale libera appropriabilità come marchio del nome altrui non notorio è dovuta al fatto che è possibile che un marchio denominativo, che il registrante ritiene di fantasia, in realtà corrisponda al nome di un altro soggetto.

Ma, nel caso del nome altrui notorio, la norma vuole riservare in via esclusiva al titolare di tale nome il potere di vendita ( c.d. selling power) insito in quel segno, consentendogli di trarne tutte le utilità economiche che può generare e proteggendolo contro forme di sfruttamento parassitario della notorietà da lui acquisita da parte di terzi.

Infine l’art. 10 c.p.i. prevede che gli stemmi, gli emblemi e i simboli di interesse pubblico non possono costituire oggetto di registrazione71 a meno che l’autorità competente non abbia prestato il proprio consenso.

B) Nell’ambito degli impedimenti assoluti alla registrazione di un marchio