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B).2 Parametro di riferimento per la chiarezza e la comprensibilità

INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO CON IL CONSUMATORE

III. B).2 Parametro di riferimento per la chiarezza e la comprensibilità

Peraltro, si può notare come i due elementi rappresentati dalla chiarezza e dalla comprensibilità mutano di senso a seconda del parametro di consumatore che si assume come riferimento.

…Consumatore medio

Generalmente, la trasparenza delle clausole viene valutata in relazione al parametro del “consumatore medio”; si tratta di una nozione aperta e dai confini variabili, soprattutto con riferimento al bene che forma oggetto del contratto, al settore in cui lo stesso viene stipulato, alle peculiarità del consumatore, ecc…85 .

Assumendo come parametro la figura del “consumatore medio” – quale soggetto critico e responsabile in quanto normalmente informato e normalmente immune da condotte decettive, come del resto sembra confermato dalla giurisprudenza comunitaria in materia di

84 ROSSI CARLEO L., sub. art. 5, in Alpa G., Rossi Carleo L. (a cura di), Codice del

Consumo. Commentario, Napoli, 2005, 131 ss., in part. 131 s.; ROSSI CARLEO L., Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, in riv. dir. priv., 2004, 366 ss., in part.

366 s.; NAVARRETTA E., sub 1469-quinquies, in Bianca C.M., Busnelli F.D. (a cura di),

Commentario al cap XIV-bis del codice civile: dei contratti del consumatore (artt. 1469-bis - 1469-sexies),

in Nuove leggi civ., 1997, 768 ss., in part. 1245.

85 PONCIBÒ C., Il consumatore medio, in Contratto e impresa/Europa, 2007, 734 ss., in

marchi d’impresa e pubblicità ingannevole o comparativa86 – la valenza prescrittiva della

trasparenza subisce una drastica riduzione ai minimi termini, a tutto vantaggio del professionista, il quale, sapendo di poter contare su di un consumatore ragionevolmente attento ed avveduto, non si sentirà affatto tenuto ad adoperare un linguaggio didascalico, esplicativo di eventuali sigle ed abbreviazioni, comunque deviante dalle consuetudini lessicali del settore. Se è vero che sembra supportare questo indirizzo l’esame del considerando n. 18 della dir. 2005/29/CE87 e se è vero anche che il riferimento del

menzionato considerando n. 18 ai fattori sociali, linguistici e culturali contribuisce in parte a relativizzare dei parametri naturalmente mutevoli e vaghi quali sono “normalmente” (riferito al grado di informazione del consumatore) e “ragionevolmente” (riferito al grado di spirito critico del consumatore), si deve riconoscere quanto comunque questi avverbi ammantano di indeterminatezza “il bagaglio cognitivo ed esperienzale del cosiddetto consumatore medio”88.

…Consumatore debole

Si potrebbe, invece, pensare di assumere come parametro la figura del “consumatore debole”, intendendo questo come un soggetto vulnerabile e presuntivamente incapace di apprezzare il significato complessivo del regolamento contrattuale, un soggetto che si assume negozi per lo più senza attentamente vagliare quanto poi firma, un soggetto, dunque, che, in ragione di ciò, è ritenuto meritevole di una tutela officiosa da parte del

86 Corte Giust., 12.02.2004, causa C-218/01, Henkel KgaA; Corte Giust., 6.05.2003, causa

C-104/01, Libertel Groep BV; Corte Giust., 19.04.2007, causa C-381/05, De Landtsheer

Emmanuel; Corte Giust., 19.09.2006, causa C-356/04, Lidl Belgium.

Ma possono vedersi anche, per la commercializzazione di categorie specifiche di prodotti, C. Giust. CE, 24 ottobre 2002, causa C-99/01, Linhart, e C. Giust. CE, 13 gennaio 2000, causa C-220/98, Estée Lauder Cosmetics.

87 La quale ha sostituito la definizione inizialmente presente nella proposta di direttiva

presentata dalla Commissione nel 2003 (COM (2003) 356 def. del 18.06.2003, art. 2 lett. b).

giudice. In tal caso, la prospettiva inevitabilmente cambia ed il grado di trasparenza richiesto al professionista viene ad essere incrementato.89 Solo per fare un esempio,

dovrebbe essere evitato l’utilizzo di clausole articolate in commi separati o collegate tra loro.

Detta prospettiva appena esposte si rivela, dunque, antitetica rispetto a quella che si è illustrata in precedenza90. A questo proposito è stato peraltro segnalato più volte come una

chiarezza calibrata su un’alfabetizzazione minima, doverosamente arricchita da accorgimenti quali legende esplicative, possa essere considerata (specie nel settore bancario e finanziario)91 un valido strumento di composizione degli interessi.92

89 Vedsasi C. Giust. CE, 4 giugno 2009, causa C-243/08, Pannon GSM Zrt. c. E.S. Gyorfi,

C. Giust. UE 17 dicembrre 2009, causa C-227/08, Eva Martin Martin c. EDP Editores SL, C. Giust. CE 15 aprile 2010, causa C-511/08 Heine Gmbh c. Verbraucherzentrale Nordhein-

Westfalen eV.

Cfr. ZORZI GALGANO N., Il consumatore medio ed il consumatore vulnerabile nel diritto

comunitario, in Contr. Impr., 2010, 549 ss., in part. 549 ss.

90 L’una del “consumatore imprenditore di se stesso” e l’altra del “soggetto

intrinsecamente vulnerabile”, secondo la bipartizione proposta da DENOZZA F.,

Aggregazioni arbitrarie v. “tipi” protetti: la nozione di benessere del consumatore decostruita, in Giur. Comm., 2009, I, 1057 ss., in part. 1057 s. e in www.agcm.it.

91 Vedasi le Istruzioni della Banca d’Italia, che parlano di elevati livelli di leggibilità e di

allegati riportanti una guida con le principali indicazioni redazionali che gli intermediari possono applicare per assicurare il rispetto dei criteri di chiarezza e comprensibilità. Ma a dar l’idea della complessità del quadro normativo e della sua ambiguità, basta ricordare che il testo originario della proposta di direttiva sui diritti dei consumatori, COM(2008) 614 def. del 8.10.2008, faceva espresso divieto agli Stati membri di imporre prescrizioni in materia di presentazione per il modo in cui le clausole contrattuali sono state espresse o messe a disposizione del consumatore (art. 31 § 4).

Vedasi FERRO LUZZI P., Lezioni di diritto bancario, Torino, 2004, in part.188, nt. 10.

92 GORGONI M., Spigolature su luci (poche) e ombre (molte) della nuova disciplina dei contratti di

credito ai consumatori, in Resp. civ. e prev., 2011, 4, 755 ss., in part. 755 s. In parte della

…Consumatore “confiant”

Può essere considerata una soluzione intermedia rispetto alle due accennate opzioni93 quella

di assumere a parametro la figura del cosiddetto “consumatore confiant”, con tale

disclosure dalla prospettiva dei «consumatori» perché l'intensificazione degli obblighi di

informazione, che dovrebbe offrire l'opportunità di fare scelte razionali (ZENO

ZENCOVICH V.,SANDICCHI G.B., L'economia della conoscenza e i suoi riflessi giuridici, in Dir.

infor., 2002, 971 ss., in part. 971), non è in grado di fornire protezione a tutti i consumatori,

ma solo a quelli già in grado di autotutelarsi (cd. “well-educated middle-class consumers”). Non beneficerebbero, in sostanza, della tutela proprio le fasce più vulnerabili, già socialmente escluse (WILHELMSSON T., Consumer Law and Social Justice, in RAMSAY, I (Ed), Consumer Law

in the Global Economy, 1997, 224) , le quali non sono in grado di trarre profitto dalle

informazioni ricevute (per HOWELLS, The Potential and Limits of Consumer Empowerment by

Information, in Journal of Law and Society, 2005, 32, 357, «information is only useful if it can be acted upon. The poor may rationally decide not to make use of information, if they feel no alternatives will be available to them».Sul contraente debole, che popola il mercato senza assumervi un ruolo da

protagonista, per definizione inconsapevole, insorabilmente miope e dalla razionalità ineludibilmente limitata, cfr. R. PARDOLESI, Conclusioni, in GITTI-VILLA (a cura di), Il terzo

contratto, Bologna, 2008, 331 ss.). La loro debolezza deriva, infatti, da una mancanza di bargaining power piuttosto che dall'ignoranza di ciò che viene loro proposto e delle

condizioni dell'offerta. Semplicemente, essi non hanno possibilità di scegliere. A questo dato si aggiungono gli effetti perversi del fenomeno dell'information overload che, soprattutto in un contesto così contrassegnato da tecnicismo, può tradursi in «un deficit di conoscenza sino ad integrare una specifica tipologia di vizio» (GRECO F., Informazione pre-

contrattuale e rimedi nella disciplina dell'intermediazione finanziaria, Milano, 2010, in part. 56; PERRONE A., Obblighi di informazione, suitability e conflitti di interesse: un'analisi critica degli

orientamenti giurisprudenziali e un confronto con la nuova disciplina MifiD, in PERRONE A.(a cura

di), I soldi degli altri. Servizi di investimento e regole di comportamento degli intermediari, Milano, 2008, in part. 20; PEPE A., La giurisprudenza sugli intermediari finanziari, in Corr. giur., 2008, 123 ss.,

in part.140; RORDORF R., La tutela del risparmiatore: norme nuove, problemi vecchi, in Società,

2008, 272 ss., in part. 272; ANNUNZIATA F., Regole di comportamento degli intermediari e riforme

dei mercati mobiliari, Milano, 1993, in part. 321).

93 DENOZZA F., Aggregazioni arbitrarie v. “tipi” protetti: la nozione di benessere del consumatore

definizione alludendo al soggetto portato a riporre un ragionevole affidamento sulle qualità e sulle prestazioni abituali di un prodotto di un determinato tipo, secondo il modello di cui fa applicazione l’art. 129, comma 2, lett. c) cod. cons.

Parlare di una ragionevole aspettativa sottende, in definitiva, un riferimento a ciò che, secondo regole di comune esperienza, una persona di media avvedutezza può esser indotta ad aspettarsi da un certo tipo di contratto.

Conseguentemente, non dovrà esser vagliato in via preventiva se una determinata categoria di consumatori sia da ritenersi debole, dovendosi invece appurare se un certo tipo di struttura del testo contrattuale si presti a sviare concretamente l’attenzione del consumatore medio di uno specifico settore94.

Peraltro, si è fatto notare che aggravare l’obbligo di chiarezza a vantaggio dei consumatori più sprovveduti verosimilmente significherebbe incrementare i costi di produzione e di allocazione per tutti i consumatori e, quindi, anche per quelli tra essi che siano provvisti di una capacità cognitiva maggiore di quella presa come riferimento.

La decisione circa come declinare il modello di consumatore, sulla cui base verificare il rispetto dell’imperativo di chiarezza e di comprensibilità, fa quindi mutare, insieme al grado di protezione riservato al consumatore stesso, anche l’ammontare dei costi imputati all’impresa.

Non solo. E’ stata anche avanzata l’idea per la quale optare per un parametro di elementare chiarezza e comprensibilità esteso a tutti i consumatori, oltre a comportare la menzionata possibile conseguenza negativa dell’aumento dei costi, potrebbe rivelarsi anche poco in armonia con quel principio di proporzionalità che sembra ispirare l’azione dell’Unione e che riverbera nell’art. 5 del Trattato UE (ex art. 5 Trattato CE).

94 MELI M., “Diligenza professionale”, “consumatore medio” e regola di “de minimis” nella prassi

dell’AGCM e nella giurisprudenza amministrativa, 2011, in www.orizzontideldirittocommerciale.it.

Vero è che il riferimento al consumatore medio compare di frequente, come si nota negli artt. 20, comma 2, 21, 22, commi 1 e 2 e 24 cod. cons.

Tuttavia, la normativa di origine comunitaria sembra effettivamente tendere verso una suddivisione dei consumatori per categorie, adattando la stessa nozione di consumatore medio a seconda che la pratica in oggetto si mostri rivolta a un gruppo determinato di soggetti (art. 20, comma 2 cod. cons.) oppure dando risalto, segnatamente nei contratti conclusi a distanza, alle specifiche esigenze di protezione riconosciute a certe categorie di consumatori particolarmente vulnerabili (art. 52, comma 2 cod. cons.).

Si tratta, in definitiva, di una commisurazione casistica degli elementi della chiarezza e della comprensibilità che riprende un orientamento piuttosto presente in Germania, seppur non senza contestazioni95.

Tuttavia, non si può omettere di considerare quanto una parcellizzazione del criterio valutativo possa rendere la questione della trasparenza ancor più complessa.

Se da una parte, del resto, diversificare fa risaltare, in modo anche opportuno, le differenze esistenti e contingenti tra gli interessi protetti, può celare, d’altra parte, il limite di comportare nei riguardi di determinati gruppi di soggetti oneri supplementari di diligenza, che potrebbero risultare non sempre giustificati dalla complessità dell’operazione economica di cui essi sono parte.96