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INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO CON IL CONSUMATORE

S. T., La nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile, cit., in part 140.

III. D) Trasparenza e vessatorietà

Nella prospettiva accennata al precedente paragrafo, pertanto, la trasparenza non potrebbe esser considerata come un autonomo parametro di controllo sull’abusività di una clausola120.

Peraltro, anche sulla base della direttiva n. 93/13/CEE, non vi è una correlazione diretta tra trasparenza e giudizio di vessatorietà; difatti, l’intrinseca non opacità delle clausole,

118 Non sono da considerare casi di trattativa individuale le ipotesi in cui il professionista

abbia confezionato lo schema contrattuale e a negoziazione individuale sono state assoggettate soltanto specifiche clausole.

119 Vedasi DOLMETTA A.A., Dal testo unico in materia bancaria e creditizia alla normativa sulle

clausole abusive, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 1994, 458 ss., in part. 458 s.;

SCIARRONE ALIBRANDI A., Prime riflessioni sulla direttiva comunitaria n. 93/13 (clausole

abusive nei contratti stipulati con i consumatori), in Banca borsa tit. cred., 1993, I, 727 ss., in part. 727

s.

presupposto affinchè sia possibile imputarle negozialmente al consumatore, non implica un’automatica ricorrenza di un loro contenuto equilibrato121.

Inoltre, si deve aggiungere che la mancanza di trasparenza delle clausole relative alla determinazione dell’oggetto e all’adeguatezza del corrispettivo importa sì un’eccezione alla regola dell’esclusione di cui all’art. 34, comma 2 prima parte cod. cons., ma senza che venga ad integrarsi, per ciò stesso, un’ipotesi separata di vessatorietà, visto che comunque dovrà valutarsi l’abusività secondo il consueto parametro dello squilibrio contrario a buona fede di cui all’art. 33, comma 1 cod. cons..122

Tra gli argomenti portati a sostegno di detta opinione c’è anche la circostanza che l’art. 34, comma 2 cod. cons. è una regola strettamente pertinente alla clausole essenziali, cosicchè la mancata trasparenza delle altre clausole – eccettuato il ricorso all’interpretazione più favorevole al consumatore – è priva di sanzioni specifiche123.

121 BUSNELLI F.D., Una possibile traccia per una analisi sistematica della disciplina delle clausole

abusive, in Bianca C.M., Busnelli F.D. (a cura di), Commentario al capo XIV-bis del codice civile: dei contratti del consumatore (artt. 1469-bis – 1469.sexies), in Nuove leggi civ., 1997, 4-5, 768 ss., in

part. 768 ss.

122 PODDIGHE E., I contratti con i consumatori. La disciplina delle clausole vessatorie, Milano,

2000, in part. 317 s.; ROPPO V., Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto

con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Riv. Dir. Priv., 2001,

769 ss. Sembra avvalorare detta riflessione C. Giust. CE 21 novembre 2002 causa C- 473/00 Cofidis SA c. Fredout. Relativa a un’apertura di credito utilizzabile in modo frazionato e munita di carta di credito, di cui si contestava l’equivocità lessicale. Nello specifico si trattava di un modulo stampato su ambo le facciate con la facciata anteriore che riportava a grandi caratteri una formula che lasciava presagire la gratuità dell’operazione e quella posteriore che ospitava invece in caratteri piccoli la menzione sia del tasso di interesse convenzionale che una penale. Da qui l’equivocità fonte di abusività ad avviso del Tribunale di Vienne, che aveva sollevato la questione pregiudiziale, mentre la Corte di Giustizia mostra molti più dubbi.

123 Come evidenziato da MINERVINI E., Dei contratti del consumatore in generale, cit., in

Alcune volte, poi, si trova utilizzato l’argomento – invero piuttosto equivoco124 – per cui

sarebbe prospettabile una nullità delle clausole intrasparenti per contrarietà rispetto all’art. 143, comma 1 cod. cons., ove esso prevede che questa sia la sanzione comminata per ogni pattuizione contrastante con le previsioni del Codice del Consumo125.

Difatti, se è vero che l’art. 2, comma 2 lett. e) cod. cons. riconosce il diritto alla trasparenza tra i diritti fondamentali del consumatore e l’art. 5, comma 3 del medesimo corpus garantisce che le informazioni siano espresse in modo chiaro e comprensibile, e anche se si dovesse ammettere che l’art. 143 cod. cons. sia una norma imperativa di carattere generale, permarrebbe comunque il dubbio che ad un valore così assorbente della trasparenza osti la circostanza che una nullità conseguente alla violazione di una regola di comportamento del professionista contrasti con il divieto di nullità senza fattispecie126.

E non cambia di molto il quadro127 affermare che l’oscurità è in sé pregiudizievole al

consumatore128, o che le prescrizioni di trasparenza sono norme imperative cosicchè il

contratto non trasparente sarebbe nullo ex art. 1418, comma 1 c.c.129; infatti, i rimedi alla

mancanza di trasparenza non possono venire declinati secondo il modello di una nullità innominata ope iudicis.

Inoltre, se la nullità di cui all’art. 143 cod. cons. dovesse intendersi come assoluta130, si

avrebbe un contesto normativo in cui la vessatorietà per significativo squilibrio, sebbene

124 PAGLIANTINI S., voce Trasparenza contrattuale, cit., in part. 1299.

125 GIROLAMI M., Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali, Padova, 2008, in

part. 382.

126 D’AMICO G., Nullità virtiuale – Nullità di protezione. Variazioni sulla nullità, in

PAGLIANTINI S.(a cura di), Le forme della nullità, Torino, 2009, 1 ss., in part. 9.

127 PAGLIANTINI S., voce Trasparenza contrattuale, cit., in part. 1299

128 Così VALLE L., L’inefficacia delle clausole vessatorie, Padova, 2004, in part. 137 e nt. 22 129 ROPPO V., Il contratto, cit., in part. 84; SCALISI V., Diritto europeo dei rimedi: invalidità e

inefficacia, in Remedies in contract a cura VETTORI G., Padova, 2008, 241 ss.

manifestazione di un abuso, causerebbe una mera nullità di protezione ex art. 36, comma 3 cod. cons., esito che appare francamente paradossale.

Per di più, l’idea di una forte scissione esistente tra trasparenza e giudizio di vessatorietà si rafforza131 se si pensa a quante perplessità reca con sè l’accostamento, da taluno

effettuato132, tra trasparenza e correttezza. In altri termini, si allude qui al riferimento ad una

culpa in contrahendo del professionista per aver fornito informazioni oscure e/o carenti; anche a voler ritenere responsabile il contraente forte, difatti, l’art. 1337 c.c. al limite comporta un rimedio risarcitorio, e non un rimedio invalidante rispetto ad una determinata clausola.