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Cosa intendere per “trasparenza” nel mondo bancario e finanziario IV.A) Sulla nozione di “trasparenza”

ROPPO V., Il contratto del duemila, Torino , 2011, in part.18.

LA TRASPARENZA NEI RAPPORTI BANCAR

IV) Cosa intendere per “trasparenza” nel mondo bancario e finanziario IV.A) Sulla nozione di “trasparenza”

Oramai invalsa nel linguaggio giuridico, la nozione di trasparenza viene prevalentemente intesa quale puntuale espressione del principio di correttezza nei rapporti contrattuali. Minoritari sembrano invece i tentativi di ricostruire detto sintagma come un principio normativo autonomo e dotato di una ratio specifica e propria, e dunque idoneo a dare una certa conformazione ad un contratto predisposto.

Invero, le difficoltà insite nella precisa delimitazione del concetto di trasparenza sono incrementate dal vorticoso moltiplicarsi delle previsioni normative ad essa trasparenza attinenti; quest’ultima nozione, peraltro, mostra una versatilità che ben si è adattata ai molteplici utilizzi che ne ha fatto il legislatore e che vanno dalla connotazione della trasparenza quale diritto fondamentale del consumatore (art. 2, comma 2 lett. e cod. cons.), a quella di regola di presentazione ed interpretazione del testo contrattuale (art. 35, comma 1 cod. cons.), dalla considerazione della stessa quale lemma condensante le modalità vincolate di forma e contenuto che debbono figurare in un contratto bancario (artt. 117 – 120-quater TUB), in un contratto di credito ai consumatori (artt. 121-126 TUB), in un contratto quadro per i servizi di pagamento (artt. 126-bis – 126-quinquies TUB), all’identificazione della medesima con una regola di comportamento dell’intermediario finanziario (art. 21, comma 1 lett. a TUF246).

246 Nell’art. 21, comma 1 lett. a TUF, trasparenza dell’informazione finanziaria e correttezza

sono usate come endiadi onde descrivere una regola di comportamento piuttosto complessa, dal momento che, se il rilascio di un’informativa completa ed esauriente sull’emittente e sul prodotto è condicio sine qua non per una consapevole autodeterminazione

Si può, invero, notare una certa alternanza, in dottrina e in giurisprudenza, tra una nozione di trasparenza che potremmo definire “in senso stretto” (o trasparenza del contratto) ed una nozione di trasparenza “in senso lato” (o trasparenza nel contrarre)247. In detto

panorama, assai variegato, vi è chi ravvisa nella trasparenza, più che un concetto giuridico, un problema in cui si annodano varie vicende declinabili in termini di volontà o di dichiarazione; vi è anche chi, invece, per esaltarne la funzione di contrasto all’asimmetria informativa, finisce per considerare la trasparenza alla stregua di una formula adattabile a vari utilizzi, talvolta identificandola, ad esempio, con l’equità del contratto o con l’equivalenza tra le prestazioni contrattuali.

Si tratta certamente di orientamenti distanti tra loro, e molti altri ve ne sono, ma tutti hanno, in definitiva, contribuito ad evidenziare e ad enfatizzare il carattere scarsamente definito del concetto di trasparenza.248

del cliente investitore, ne discende un apparato protettivo strutturato in una sequenza di controlli prima sulla completezza del prospetto, poi sulla comprensibilità, coerenza e veridicità delle informazioni (art. 94, commi 8 e 9, art. 94-bis, comma 1 TUF), con un richiamo ad un diritto del cliente ad essere informato sull’inappropriatezza del prodotto offerto (art. 42 delibera Consob 29 ottobre 2007 n. 16190, regolamento intermediari). Il tutto al fine di servire al meglio l’interesse dei clienti e l’integrità del mercato (ex art. 21 TUF).

247 Così come, del resto, tra i concetti di formazione del consenso ed informazione.

248 Il nuovo art. 125-bis TUB, inserito dall’art. 1 d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141 (attuazione

della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori nonché modifiche del titolo IV del TUB in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi) prevede che i contratti di credito debbano essere redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole che soddisfi i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalla legge.

Il vecchio art. 124, comma 1 disponeva che si applicasse l’art. 117, comma 2 anche ai contratti di credito;detta norma imponeva la redazione dei contratti esclusivamente per iscriito. A ben vedere però già le Istruzioni della Banca d’Italia del 2003, tit. X, cap. I, sez. III, par 4, ritenevano soddisfatto il requisito della forma scritta se risultassero rispettate le

condizioni di cui al dpr 28 dicembre 2001 n. 445 in materia di documento elettronico. Le Istruzioni della Banca d’Italia del 2009 sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, inoltre, affermavano al par. 2, sez. III che il documento informatico soddisfa la forma scritta nei casi previsti dalla legge. Dunque, con il nuovo art 125 bis, sebbene non si ritenga più applicabile l’art. 117, comma 1 TUB anche ai contratti di credito, si è semplicemente recepito nel testo unico bancario quanto prevedeva l’art 117 comma 1 e quanto emergeva in riferimento ad esso dalle Istruzioni della banca d’italia.

Invero qualcosa nello scenario è cambiato con le modifiche apportata al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. Codice dell’amministrazione digitale) dal d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235. Quest’ultimo decreto ha abrogato il comma 2 dell’art. 20 del emnzionato Codice, e con esso l’affermazione che il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ex art 71 che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’art. 21, comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’art. 1350, comma 1 nn. 1-12 c.c., ed ha altresì modificato il comma 2 dell’art. 21 come segue: “il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale,

formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 20, comma 3, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile. L’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria”. Il medesimo legislatore ha previsto inoltre che “Salvo quanto previsto dall’articolo 25, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale”.

Dunque solo gli atti che devono farsi per iscritto ai sensi dell’art. 1350, comma 1 nn 1- 12 c.c. Richiedono, allo scopo di soddisfare il requisito della forma scritta, la firma elettronica qualificata o la firma digitale. Non quindi tutti gli altri atti specialmente indicati dalla legge di cui all’art. 1350, comma 1 n. 13 c.c., per i quali sarebbe sufficiente la firma elettronica avanzata, ossia quell’insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico che consentono l’identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati (art. 1, comma 1 lett. q-bis).

Potremmo osservare in relazione ai contratti di credito al consumo che mentre sulla base dell’abrogato art. 20, comma 2 CAD si poteva considerare valido il contratto di credito al consumo stipulato con un documento informatico sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata, adesso può ritenersi valido anche quello sottoscritto con firma elettronica avanzata.

Le Istruzioni della Banca d’Italia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti del 9 febbraio 2011 fanno riferimento al vecchio testo e dunque indicano il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, come documento idoneo a soddisfare il requisito della forma scritta.

Peraltro, poiché l’art 125-bis, comma 2 TUB dispone l’applicazione ai contratti di credito anche di quanto previsto dall’art 117, commi 2 e 3 dello stessi testo, anche per detti contratti il CICR può prevedere per motivate ragioni tecniche che essi vengano stipulati in forma diversa da quella scritta, rimanendo il CICR pur sempre vincolato a quanto stabilito dalla dir. 2008/48/CE e non potendo pertanto, con riferimento ai contratti di credito al consumo, derogare all’art 10 della citata direttiva il quale impone che i contratti siano redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole. Il CICR, quindi, dovrebbe potere, per motivate ragioni tecniche, attribuire valore ad altri supporti durevoli che integrino gli estremi della definizione di cui all’art. 121 e che siano diversi dal documento informatico sottoscritto con firma digitale o con firma elettronica qualificata.

Invero, la dir. 2008/48/CE impone l’armonizzazione massima ed il comma 1 del suo art. 10 dispone che i contratti di credito siano redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole. Ci si chiede se contrasti con detta previsione la disciplina del TUB. L’art. 125-bis TUB, infatti, limita l’equiparazione alla forma scritta al solo supporto durevole che soddisfi i requisiti della forma scritta nei casi previsti dalal legge e dunque, come anticipato, nel nostro ordinamento vi si possono ricomprendere al massimo i documenti sottoscritti con firma elettronica avanzata; in altri termini, non tutti i supporti durevoli rilevano bensì solamente alcuni. Ciò potrebbe apparire in contrasto con la scelta di armonizzazione massima, a meno che non si ritenga che la seconda parte del comma 2 dell’art. 10 della menzionata direttiva (a norma del quale l’art. 10 si applica fatte salve le norme nazionali riguardanti la validità della conclusione dei contratti conformi alla normativa comunitaria) debba intendersi nel senso che gli ordinamenti degli Stati membri possano prevedere prescrizioni particolari, nel nostro caso più restrittive, sul piano della

La trasparenza potrebbe anche essere intesa come un limite all’autonomia contrattuale del professionista, in nome di una politica di mercato incentrata sul punto di vista delle utilità economiche e non tanto sulla promozione e protezione di valori solidaristici e personalistici.

Di ciò si trova, talvolta, traccia nel diritto europeo dei contratti, se si intende il principio di trasparenza recepito per il tramite della nozione di informazione qualificata, e si considera detto tramite, di per sé, come prevalentemente permeato da un fine di espansione e di governo efficiente del mercato249.

E’ vero che nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea compare, tra gli scopi prescritti dalla solidarietà, la garanzia di un elevato livello di protezione dei consumatori, ma l’interesse consumeristico di cui all’art. 38 della Carta, seppur ritenuto prevalente sull’interesse alla libera circolazione delle merci, si trova ad essere comunque collocato all’interno della cornice del mercato concorrenziale; di conseguenza, dovrebbero prevalere quelle tecniche protettive che, se da una parte debbono essere efficaci alla tutela del

validità dei contratti; il che tuttavia potrebbe finire per essere una forzatura e permane il rischio, piuttosto alto, che la disciplina sul punto possa esser ritenuta difforme dalla previsione comunitaria (in tal senso, vedasi MAUGERI M. – PAGLIANTINI S., Il credito ai consumatori. I rimedi nella ricostruzione degli organi giudicanti, Milano, 2013, in part. 23 ss.; PAGLIANTINI S., Tutela del consumatore e limiti normativi alla dematerializzazione dei contratti solenni?, in Studi in onore di Giorgio Cian, tomo II, Padova, 2010, in part. 1849 ss.

Va evidenziato che, ai sensi del comma 3 dell’art 117 TUB, è previsto che la mancanza di forma determini la nullità del contratto, e si tratta di una nullità che opera a esclusivo vantaggio del cliente e che può esser rilevata d’ufficio dal giudice ex art. 127, comma 4 TUB.

249 Vedasi GRUNDMANN S., L’autonomia privata nel mercato interno: le regole di

informazione come strumento, in Eur. Dir. priv., 2001, 257 ss., in part. 264 ss., 281 ss., 302. Vedasi anche Cass., SU, 4 febbraio 2005, n. 2207.

consumatore, al contempo debbono evitare di restringere il commercio all’interno dell’Unione.250.

La corretta informazione del consumatore, dunque, accanto all’effetto di consentire una selezione responsabile tra le offerte commerciali, contempla anche quello di innescare un controllo sulle condotte imprenditoriali potenzialmente dannose per il mercato; in altre parole, per il tramite di contratti trasparenti appare possibile raggiungere una trasparenza del mercato, idonea a sua volta a produrre sia vincoli fondati sull’affidamento sia, in definitiva, anche più consumi, come è stato affermato in svariate occasioni anche dalla giurisprudenza comunitaria251.

Invero, alcuni252 evidenziano che l’idea della trasparenza come un fenomeno totalmente

positivo contrasti con la constatazione che l’incremento dell’informazione standardizzata a beneficio di alcune fasce di utenti, e in maniera inversamente proporzionale alla loro forza economica, potrebbe innescare un fenomeno in cui, per la conseguente contrazione della diversificazione qualitativa dell’offerta, vengano privilegiati i clienti consumatori a scapito dei clienti professionisti, con una consequenziale limitazione dell’autonomia delle imprese a livello di strategia gestionale.

In questo senso si nota che, talvolta, è utilizzato un ulteriore argomento: pensare alla trasparenza come ad un fattore capace di orientare virtuosamente i consumi può reggere in un sistema concorrenziale perfetto ma non in un modello economico diverso, dove, peraltro, è possibile che la standardizzazione dei contratti venga percepita dai professionisti

250 GRISI, Informazione (obblighi di), cit., in part., 606; ROPPO V., Il contratto del

duemila, cit., in part. 7, 10.

Cfr. Corte Giust., CE 16 dicembre 2008, causa C-205/07, Gysbrechts.

251 Corte Giust., UE 3 giugno 2010, causa C-484/08, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de

Madrid c. Ausbanc.

Cfr. Cass. SU, 4 febbraio 2005 n. 2207.

come un incentivo, in vista di un vantaggio collettivo per le imprese del settore, verso pratiche collusive sui prezzi e/o sulla qualità dei prodotti.253

E’ noto quanto il diritto dei contratti bancari sia stato influenzato dalla crisi finanziaria del 2008 e dalle successive pulsioni innovatrici254.

La formula della trasparenza bancaria, tuttavia, continua ad essere spesso utilizzata in termini di trasparenza delle relazioni contrattuali, senza osservare che essa potrebbe, altresì, provocare una più complessiva trasparenza del mercato, da intendersi come immediata osservabilità delle scelte di mercato da parte dei consumatori ma anche da parte degli altri concorrenti.

Secondo più di una teoria economica255, una simile trasparenza del mercato, in mercati di

tipo oligopolistico, poterebbe ostacolare il mantenimento di un adeguato livello di dinamicità della competizione, proprio a causa di meccanismi idonei ad uniformare forzatamente le scelte strategiche delle imprese grazie ad una rigida standardizzazione dell’offerta o comunque alla determinazione di un eccessivo livello di trasparenza nel mercato.

Invero, la trasparenza bancaria viene intesa solitamente come un valore positivo, rispetto al quale si porrebbe essenzialmente un problema di affinamento dei meccanismi regolamentari e di miglioramento delle informazioni offerte al mercato, tenuto conto della necessità di verificare in concreto gli effetti delle singole regole sulle dinamiche di mercato.

253 MIRONE A.,L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi:

istruzioni di vigilanza, credito al consumo, commissioni di massimo scoperto, in Banca borsa tit. cred., 2010, I, 573 ss.; MINERVINI G., Il controllo del mercato finanziario. L’alluvione delle leggi, in Giur. comm., 1992, I, 16 ss.

254 MIRONE A., op. cit., in part. in part. 557.

255 Tra le varie analisi possono vedersi OVERGAARD, MOLLGAARD, Information

Exchange, Market Transparency and Dynamic Oligopoly, Economic working paper, University of Aarhus, 3-2007, disponibile su http://ssrn.com, STIGLER, A Theory of Oligopoly, in Journal of Political Economy, vol. 72, 1964, 44 ss.

Tuttavia, la necessità di assicurare la trasparenza nel settore bancario è difficilmente revocabile in dubbio, considerando la scarsa propensione delle imprese bancarie e finanziarie alla diffusione di informazioni alla clientela.

La trasparenza nelle relazioni bancarie consente, potenzialmente, una più efficiente allocazione delle risorse, in quanto la clientela viene messa in grado di individuare con maggiore consapevolezza le operazioni che adeguatamente soddisfano i propri bisogni finanziari; d’altronde, maggiormente consapevole è la scelta più oculato sarà l’investimento. Inoltre, relazioni trasparenti permettono di dare al cliente importanti indicazioni su quale altro intermediario eventualmente fornisca lo stesso servizio a costi inferiori o con qualità più elevate, ecc. In tal modo, viene incentivata l’estromissione dal mercato delle imprese che non operano in modo soddisfacente o comunque che non sono competitive, con un meccanismo di selezione che potrebbe portare alla riduzione della fragilità del sistema ed alla promozione della sopravvivenza degli operatori più efficienti e meglio rispondenti alle esigenze della clientela256.

Appare opportuno soffermarsi, seppur brevemente, sul rapporto tra trasparenza e correttezza, due nozioni che, ad esempio, vengono entrambe richiamate dall’art. 127 TUB, il quale richiede che ad ambo i detti principi – trasparenza delle condizioni contrattuali e correttezza dei rapporti con la clientela – sia informato l’esercizio, da parte delle autorità creditizie, dei poteri di cui al titolo VI.

Poiché non sembra che, nelle intenzioni del legislatore, detti termini si possano considerare endiadi, si può pensare che essi esprimano due diverse finalità dell’azione: la trasparenza, concentrata sull’esigenza di irrobustimento del consenso per il tramite degli obblighi informativi e finalizzata a rendere la scelta negoziale critica e consapevole; la correttezza, focalizzata sulla necessità di canalizzare la discrezionalità, caratterizzante determinati

256 CARATELLI M., La trasparenza tra banche e clienti, Milano, 2006, in part. 19; DE

POLI M. La contrattazione bancaria. Tra tutela della liquidità e obblighi di trasparenza, Milano, 2012, in part, 132 ss.

comportamenti dell’intermediario, a vantaggio del cliente e finalizzata a garantire l’effettiva simmetria, in executiviis, tra volontà ed attuazione della volontà257.

Chiaramente, la normativa relativa alla trasparenza è intesa a proteggere la parte più debole del rapporto negoziale, a rafforzare e a soddisfare le esigenze di tutela portate avanti dal cliente, e richiamate anche dall’art. 117-bis, comma 4 TUB. Nella norma da ultimo citata, in particolare, la menzionata finalità è perseguita attraverso la possibilità data al CICR di estendere la portata della stessa disposizione anche ad altri contratti per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela, con conseguente compressione della libertà negoziale.

Invero, il TUB dà chiare indicazioni circa la funzione protettiva della disciplina.

Va ricordato che l’art. 127 TUB richiama le finalità di cui all’art. 5 del medesimo testo come finalità che le Autorità creditizie devono tenere presenti nell’esercizio dei loro poteri accanto a quelle della trasparenza delle condizioni contrattuali e della correttezza dei rapporti con la clientela. Il riferimento alle finalità di cui al menzionato art. 5 è da intendersi, dunque, alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario.

Ne discende che gli obiettivi della trasparenza e della correttezza devono necessariamente combinarsi con altre finalità, cercando con esse una conciliazione.

Altre indicazioni circa le finalità del legislatore possono trarsi dai provvedimenti regolamentari, consistenti principalmente nelle Istruzioni di vigilanza per le banche (circolare n. 229 del 21 aprile 1999 della Banca d’Italia). Queste affermano infatti – capitolo I, Titolo X, Sezione I, punto 1, comma 1 – che la disciplina della trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari persegue gli obiettivi, nel rispetto dell’autonomia negoziale, di rendere noti ai clienti gli elementi essenziali del rapporto contrattuale e le loro variazioni; in più, si aggiunge che la disciplina persegue, altresì, la finalità di promuovere e salvaguardare la concorrenza all’interno dei mercati bancario e finanziario, così

evidenziando l’importanza, dal punto di vista della Banca d’Italia, di far sì che coloro che sono interessati ad un servizio bancario possano trarre vantaggio dalla comparabilità delle differenti offerte, la quale, a sua volta, favorisce l’efficienza e la competitività del sistema finanziario258. La stessa Banca d’Italia, sempre al punto 1 menzionato, del resto, afferma che

il rispetto delle regole e dei principi di trasparenza e correttezza nei rapporti con la clientela attenua i rischi legali e quelli di reputazione, concorrendo, pertanto, alla sana e prudente gestione della banca (comma 2).259

Vi sono, comunque, alcune disposizioni del TUB chiaramente intese a favorire lo sviluppo della concorrenza. In particolare, si fa riferimento agli artt. 120-bis, 120-ter e 120-quater di detto testo.

In altri termini, le disposizioni del titolo VI sono finalizzate a irrobustire la posizione del cliente, tanto da essere derogabili solo a favore del cliente stesso (art. 127, comma 1 TUB) e, inoltre, le nullità previste operano solo a vantaggio di questi, essendo rilevabili d’ufficio. Altresì, le disposizioni che le Autorità creditizie hanno facoltà di emanare in base ai poteri loro conferiti dal TUB, come anticipato, dovrebbero perseguire la trasparenza delle condizioni contrattuali e la correttezza nei rapporti con la clientela, in modo combinato agli scopi indicati dall’art. 5 del medesimo testo normativo.

La disparità di potere negoziale tra le parti del rapporto, che il testo unico vorrebbe attenuare, potrebbe dunque essere corretta attraverso interventi operanti nella fase delle trattative, della formazione dell’accordo e della sua esecuzione nonché attraverso strumenti

258 DE POLI M., op. cit., in part. 135 s. Vedasi deliberazione CICR 4 marzo 2003.

259 La Sezione XI delle Istruzioni di vigilanza, intitolata ai requisiti organizzativi, correla il