RAPPORTI TRA I CANONI ERMENEUTICI CODICISTICI E LE DISCIPLINE SPECIAL
M., L’interpretazione dei contratti del consumatore, cit., in part 166.
70 Detta teoria tende a far prevalere, nel dubbio, l’interpretazione idonea a conservare il
contratto, in ragione della necessità di un contemperamento del canone della interpretatio
contra proferentem con il principio della conservazione.
polisemia, l’interprete potrà applicare, quale unico criterio oggettivo, l’interpretatio contra proferentem.
Peraltro, il consumatore potrebbe, ad avviso di chi segue detto orientamento, far valere la sua eventuale preferenza per l’eliminazione della clausola non trasparente ed il risarcimento del danno rispetto alla sua conservazione tramite l’applicazione del criterio interpretativo di favore, e ciò considerato lo stretto legame tra i primi due commi dell’art. 35 cod. cons. Dunque, sarebbe lasciato alla scelta del consumatore chiedere che la clausola non trasparente sia espunta dal contratto oppure, rinunziando alla relativa nullità, chiedere che essa sia interpretata nel senso ad esso maggiormente favorevole.
Una terza possibile strada, alternativa ai due insiemi di teorie appena accennati, prende le mosse dall’enfatizzazione dell’art. 34, comma 1 cod. cons., norma che tra l’altro consentirebbe, ampliando l’oggetto di indagine dell’interprete, di adeguare i criteri soggettivi delineati dagli artt. 1362-1366 c.c. alle peculiarità del contratto non negoziato stipulato tra professionista e consumatore.
L’art, 34, comma 1 cod. cons., che secondo la teoria in parola deve considerarsi cronologicamente anteriore all’art. 35, comma 2 cod. cons.72, farebbe applicazione del
canone della totalità. In particolare, onde accertare la vessatorietà della clausola, si dovrebbe far riferimento non solo alle altre clausole del contratto (sulla base dell’art. 1363 c.c.) ma anche alle clausole di un altro contratto collegato o dipendente nonché alle circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto.
Ovviamente si parte dal presupposto che, sebbene il termine “interpretazione” sia contenuto nella rubrica dell’art. 35 cod. cons., in realtà è nell’art. 34 cod. cons. che sono contenuti i criteri ermeneutici preordinati all’accertamento della vessatorietà.
72 SIRGIOVANNI B.,Interpretazione del contratto non negoziato con il consumatore, in
Se è pur vero che gli artt. 34 e 35 cod. cons. sono dettati ai fini dell’accertamento della vessatorietà di una clausola e, quindi, dell’efficacia di un contratto – che costituisce una delle funzioni dell’interpretazione – è vero anche che gli stessi criteri possono essere utilizzati, altresì, per le altre funzioni svolte dall’interpretazione, ossia la determinazione del contenuto del contratto ed il controllo di liceità dello stesso.
Si potrebbe obiettare che, per accertare la vessatorietà di una clausola, occorre prima interpretarla, e dunque l’art. 34, comma 1 cod. cons. non inciderebbe sul sistema dell’interpretazione del contratto ma si porrebbe in un momento cronologicamente e logicamente successivo rispetto all’attività ermeneutica; pertanto, continuerebbero ad applicarsi al contratto non negoziato gli artt. 1362 c.c. ss. per determinare il significato delle clausole e, una volta finita l’operazione interpretativa, si ricorrerebbe all’art. 34, comma 1 cod. cons. per accertare la vessatorietà.
Tuttavia, si potrebbe replicare che l’interpretazione della clausola e l’accertamento della sua vessatorietà costituiscono due attività che si svolgono contemporaneamente, essendo espressioni del medesimo procedimento conoscitivo e non momenti ontologicamente diversi ed aventi oggetti differenti.
Essendo la vessatorietà uno dei possibili significati attribuibili alla clausola medesima, si può ritenere che il legislatore, onde accertare la vessatorietà di una clausola, abbia indicato i criteri ermeneutici da adoperare per interpretarla e quindi per qualificarla come vessatoria; in questa prospettiva, l’art. 34, comma 1 cod. cons. incide sull’interpretazione del contratto non negoziato e, del resto, indici normativi a supporto dello stretto collegamento tra interpretazione e qualificazione possono essere rinvenuti negli artt. 1369, 1371 e 1364 c.c.. L’art. 34, comma 1 cod. cons. individua un materiale ermeneutico più ampio di quello di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., i quali non fanno riferimento alle clausole contenute in
contratti collegati73 o da cui dipende74 quello in esame nè alle circostanze75 esistenti al
momento della conclusione, e ciò nonostante l’art. 1363 c.c. preveda l’interpretazione complessiva delle clausole.
Grazie a tale più ampio materiale ermeneutico, che estende l’oggetto dell’indagine, l’art. 34 cod. cons. potrebbe consentire un adeguamento dei criteri soggettivi codicistici di cui agli artt. da 1362 a 1366 c.c. alle peculiarità del contratto non negoziato tra professionista e consumatore.
L’articolo in parola, infatti, non ha introdotto un diverso criterio ermeneutico ma ha, invece, ampliato il contesto verbale a clausole contenute in contratti diversi da quello sottoposto ad interpretazione, seppur collegati o da cui esso è dipendente, e d’altro lato ha introdotto un differente elemento, rappresentato dalle circostanze esistenti al momento
73 L’art. 34 (previgente art. 1469 ter c.c.) è il primo riconoscimento normativo della
nozione di collegamento (MONTICELLI S., art. 1469 ter, in Clausole vessatorie e contratto del
consumatore, a cura di Cesaro E, Padova, 1996, 526 ss., in part. 526; SIRGIOVANNI B., Interpretazione del contratto non negoziato, cit., in part. 737 ss. Pur nella consapevolezza che non
pare esistere una nozione univoca di collegamento, solitamente con esso termine si fa riferimento, per quanto concerne l’art. 34, comma 1, :al collegamento bilaterale volontario funzionale; fattispecie individuabile a partire dal criterio ermeneutico volto a comprendere l’intenzione dei contraenti di realizzare un unitario regolamento di interessi perseguito da tutti i partecipanti alla complessiva operazione economica; prospettiva unitaria atta a risolvere qualsiasi problema interpretativo.
74 La nozione di “contratto dipendente” cui fa riferimento l’art. 34 non si trova né nella
normativa né in dottrina. Potrebbe intendersi per “contratto dipendente dal contratto non negoziato” qualsiasi contratto cui quest’ultimo sia legato unilateralmente (ad esempio, il contratto stipulato dal professionista con il fornitore o le intese anticoncorrenziali, SIRGIOVANNI B., Interpretazione del contratto non negoziato, cit., in part. 740).
75 Ci si è interrogati sul significato del termine “circostanza”, partendo dall’etimologia latina
circumstantia, letteralmente “luogo vicino”, per poi osservare che, nel linguaggio comune,
esso indica da una parte la condizione particolare che accompagna un fatto e ne determina la natura e l’importanza (significato oggettivo) e dall’altra lo stato particolare in cui si trova una persona in un determinato momento (significato soggettivo).
della conclusione del contratto, da cui si deve evincere la comune intenzione delle parti nei contratti non negoziati stipulati tra professionista e consumatore; detto elemento tiene luogo delle trattative (cioè i comportamenti anteriori) nonché i comportamenti posteriori. In questo senso si potrebbe sostenere che in relazione ai contratti del consumatore il testo perda centralità, divenendo un tassello da inserire in un contesto che lo travalica, investendo i fattori esterni che lo circondano, e dovendo essere esaminato quale frammento di un’attività di impresa e non come un negozio isolato.
In virtù dell’art. 34 cod. cons., si permette dunque all’interprete di volgersi verso una prospettiva improntata alla totalità e di scendere negli affari o nelle operazioni che rimangono celati dietro le clausole. Peraltro, ove si concludesse per la vessatorietà di una clausola, essa non sarebbe utilizzabile nell’interpretazione basata sull’art. 1363 c.c., poiché essa viene espunta dal testo contrattuale (cd. contesto verbale) per confluire nei comportamenti (cd. contesto situazionale).
Nell’art. 34 cod. cons., pertanto, il termine “circostanze” rimanda sia al tempo e al luogo di stipulazione del contratto sia allo stato soggettivo dei contraenti al momento della stipulazione medesima.
Si ipotizza, dunque, che possano rientrare nella nozione di “circostanze”: la forza contrattuale delle parti ossia la loro condizione economica; la presenza di sollecitazioni commerciali; la richiesta di beni o servizi su ordinazione dell’acquirente; l’opportunità di concludere il contratto alle stesse condizioni con altri senza dover accettare una data clausola; la ragionevole conoscenza da parte dell’acquirente dell’esistenza della clausola, tenuto conto degli usi di commercio e/o dei precedenti rapporti tra le parti; i comportamenti tenuti da terzi; le condizioni di mercato.
Il termine “circostanze” usato nell’art. 34 non è sovrapponibile all’espressione “comportamenti precedenti, contemporanei e successivi” di cui all’art. 1362, comma 2 c.c. Infatti, nelle circostanze sono certamente inclusi i comportamenti delle parti ma questi
ultimi non le esauriscono. In altre parole, i comportamenti sono delle circostanze ma non tutte le circostanze sono comportamenti delle parti.
E’ pur vero che l’art. 1362 c.c. prevede che la comune intenzione delle parti si tragga da elementi esterni all’accordo, che rappresentano la situazione esterna al testo contrattuale (cd. contesto situazionale) ma questo materiale è definito soggettivamente dalla qualità degli autori cioè le parti del contratto. Dunque, nell’interpretazione del contratto in generale possono esser valutati dall’interprete i soli comportamenti delle parti e non ciò che è estraneo a queste ultime. Invece, l’art. 34 cod. cons. introduce, tra gli indici da prendere in considerazione, anche elementi estranei alle parti del contratto oggetto di interpretazione. L’art. 34 cod. cons., peraltro, fa riferimento non semplicemente alle circostanze ma più precisamente alle circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto. Se, da un lato, tutti i comportamenti sono circostanze, alla nozione di circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto non sono riconducibili tutti i comportamenti, restando esclusi i comportamenti anteriori e posteriori alla conclusione del contratto. In altri termini, non tutti i comportamenti sono circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto e non tutte le circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto sono comportamenti.
Prevedendo le circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto, il contesto situazionale assume, nell’interpretazione del contratto non negoziato, una configurazione diversa rispetto a quanto statuito dall’art. 1362, comma 2 c.c. Infatti, il materiale ermeneutico di cui avvalersi non è né costituito dai comportamenti anteriori e posteriori alla conclusione del contratto, né esclusivamente da elementi (comportamenti) circoscritti alle parti del contratto, ma si estende ad elementi non riferibili alle parti, non solo esterni all’accordo bensì anche estranei alle parti (cioè le circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto).
Quindi, le circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto ed i comportamenti contestuali alla conclusione del contratto ma non esauriti in essi (cd. contesto situazionale) contribuiscono a ricostruire la comune intenzione delle parti, in altri termini il fine pratico comune.
Neppure nei contratti non negoziati stipulati tra consumatore e professionista, difatti, lo si ripete, si prescinde dalla dimensione concreta dello specifico rapporto contrattuale. Ma in detti contratti tale concretezza, che non può inferirsi dai comportamenti anteriori delle parti data l’assenza di trattative o dai comportamenti posteriori, viene tratta dalle circostanze, oggettive e soggettive, esistenti al momento della conclusione del contratto.
Avere previsto la considerazione delle circostanze consente proprio di adeguare le disposizioni sull’interpretazione soggettiva ai contratti non negoziati stipulati tra consumatore e professionista. Peraltro, la previsione delle circostanze come parte del materiale ermeneutico da cui trarre, nei contratti non negoziati tra professionista e consumatore, la comune intenzione delle parti, pare discendere dalla considerazione che la verifica dello squilibrio dei diritti e degli obblighi, presupposto assieme alla mancanza di trattative del giudizio di vessatorietà, implica una valutazione globale del complessivo assetto di interessi; del resto sembra confermato dall’art. 34 cod. cons. che l’interpretazione conferisce un significato all’economia dell’affare come stabilito dai contraenti. Infatti, una clausola che, isolatamente presa, potrebbe esser fonte di squilibrio tra le parti, potrebbe risultare invece giustificata alla luce di altre clausole del contratto oggetto di interpretazione o collegato o da cui esso è dipendente (cd. contesto verbale) ma anche alla luce delle circostanze esistenti al momento della conclusione del negozio stesso (cd. contesto situazionale), che potrebbero riportare ad equità la situazione complessiva.
Così, se la considerazione isolata di una clausola potrebbe condurre ad escluderne la vessatorietà, un’analisi estesa al contesto verbale e situazionale potrebbe risolversi nell’accertamento della vessatorietà.
CAPITOLO III