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Belice/Epicentro della Memoria Viva

3. La Sicilia creativa e contemporanea.

3.2. Le Destinazioni creative e contemporanee in Sicilia.

3.3.7. Belice/Epicentro della Memoria Viva

Belìce/Epicentro della Memoria Viva è un museo nato con il progetto “Le

Terre che Tremarono – cultura dell’ospitalità e sviluppo del turismo sostenibile nella Valle del Belìce”, ideato dal CRESM di Gibellina,

85 Ufficio stampa Musei del Belìce, Arch. Fiammetta Vincenzo, Arch. Salluzzo Giuseppe, La

rete di Musei della Valle del Belìce, 10 aprile 2011

da CLAC, Le Mat, Eco con il sostegno della Fondazione per il sud e della Provincia di Trapani.

Il  museo  nasce  con  l’intenzione  di  raccontare  al  visitatore  la  storia  degli  ultimi   cinquant’anni   della   Valle   del   Belìce   e   del   suo   popolo,   meritevole   di   aver   prodotto uno dei più interessanti esperimenti di democrazia partecipativa in Italia, grazie alle denunce sociali e alle inchieste socio-politiche del suo carismatico leader Danilo Dolci (più volte candidato al riconoscimento al Premio Nobel per la Pace), passando per la storia locale delle pratiche di agire sociale e delle lotte dei vari Comitati Cittadini per lo sviluppo del Belice, per arrivare alle vicende legate al terremoto del 1968 e alle lotte popolari per la ricostruzione della Valle.

Lo spazio museale contiene racconti, disegni, fotografie, video, mappe virtuali   e   documenti   d’epoca   con   i   quali   si creano itinerari inediti, per un viaggio che rappresenta la coscienza storica della gente, e non sono il racconto storico di lotte e di mobilitazioni popolari prima e dopo il terremoto del 1968 nella valle e in Sicilia.

Belìce/EpiCentro della Memoria Viva, ospitato in una porzione del pianterreno della struttura del CRESM (Centro Ricerche Economiche e Sociali  per  il  Meridione,  un’associazione  senza  scopo  di  lucro  che  promuove   e opera con progetti di sviluppo locale, di solidarietà e cooperazione con le fasce sociali e con i territori più svantaggiati)87, opera promuovendo la

massima partecipazione, cooperazione e coesione locale e, nel contempo, il massimo incontro tra territori locali di varie regioni e di vari Paesi interessati alla costruzione di un mondo policentrico fatto di territori locali, regioni, Paesi e organizzazioni mondiali impegnati a costruire un mondo responsabile e solidale, dove siano valorizzate le identità e le risorse locali.

Il complesso museale è suddiviso in tre sezioni:

Il Pre-Sessantotto:   dall’arrivo   di   Danilo   Dolci   in   Sicilia   alle prime mobilitazioni popolari;

Il Sessantotto: le prime scosse naturali, il freddo e la paura per la perdita della propria città e della propria identità;

Il post-Sessantotto: città distrutte, città ricostruite, città utopiche e l’incontro  con  l’arte  e  l’architettura  contemporanea.

All’interno  del  museo  si  trova  anche  l’archivio  del  Centro Studi e Ricerche per

la Piena Occupazione del Centro Studi Valle del Belìce, del CRESM e del Centro Studi per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci.

E’   possibile   anche   visionare una raccolta di documentari e cinegiornali del periodo  prima  e  dopo  terremoto  del  ’68,  provenienti  dal Centro Regionale per l’Inventario,   la   Catalogazione   e   la   Documentazione   della   Filmoteca Regionale Siciliana e  dall’Aamod di Roma.

Favara  è  un  piccolo  comune  dell’agrigentino,  distante  appena  10 km dal suo capoluogo di provincia, sito su un declivio a ridosso di un sistema collinare a tre punte. Le prime testimonianze della presenza dell'uomo nella zona sono alcuni manufatti di ceramica rinvenuti nella grotta di contrada Ticchiara, risalenti al periodo tra il 2400 e il 1900 a.C. Il territorio fu interessato dalla dominazione greca, come dimostra la presenza di una città-fortezza militare edificata nel più alto dei monti del declivio su cui il comune si estende, il Monte Caltafaraci. Il periodo di dominazione musulmana è testimoniato dall'insediamento di Contrada Saraceno e dalla permanenza di numerosi toponimi di matrice araba, tra cui lo stesso toponimo del comune, che significa  “bolla  d’acqua”.  Nel  Medioevo,  la  città  si  sviluppò  attorno  al  Castello   costruito nel 1270 dalla famiglia Chiaramonte che, insieme ad altre famiglie nobili, determinò la definitiva trasformazione di Favara da borgo agricolo a vera e propria cittadina. Storicamente, il castello è famoso per essere stato la dimora di caccia di Federico II: oggi è sede del Comune di Favara, e ospita frequentemente conferenze e manifestazioni o mostre pittoriche.

Tutto ciò che Favara può offrire dal punto di vista monumentale si trova all’interno   della   piazza   principale   del   paese,   Piazza   Cavour   (o   Castello),   considerata una delle piazze più interessanti della Sicilia per via del suo impianto urbanistico e per i palazzi signorili, le chiese e le botteghe che la attorniano. Nei pressi di Piazza Cavour si trova la Chiesa del Rosario, chiesa barocca  costruita  all’inizio  del  Settecento,  la  Chiesa  Madre,  risalente  alla  fine   del XIX secolo, famosa per i mosaici di artisti toscani del rinascimento realizzati al suo interno, e la chiesa barocca della Madonna del Carmine, celebre per il suo campanile settecentesco. La contrada Stefano presenta

testimonianze di vita della prima età del bronzo, del periodo romano- bizantino  e  Normanno  e  un’antica  necropoli,  in  cui  sono  state  rinvenute  delle   tombe scavate   nella   roccia.   All’interno   di   Favara   si   può   trovare   anche   la   Biblioteca-Museo "Antonio Mendola", che raccoglie più di 20.000 volumi e possiede una collezione di minerali e uccelli imbalsamati88.

Fin qui sembra di aver riportato la storia e le caratteristiche di una delle innumerevoli  piccole  città  siciliane.  Ma  è  quando  ci  si  addentra  all’interno  del  

Cortile Bentivegna, che sorge una delle eccellenze del panorama culturale

siciliano   e   dell’arte   Contemporanea   nazionale   e   internazionale:   la   “Farm   Cultural  Park”.