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La bella fiamminga

(belle flamande)

Anche oggi è giorno di visite. Due splendidi giovani escono dall’a-scensore: alti, lei bionda, lui moro. Sembrano due indossatori. Lei è diafana, il volto sofferente. Riconosco immediatamente le caratte-ristiche della dializzata. Lui è colorito, forte, aitante, sicuro e tiene per le spalle quella splendida e malata creatura. Forse è la moglie, penso. Invece no. È la sorella. I due chiedono dove sia possibile tro-vare il professore addetto ai trapianti.

“Basta svoltare a sinistra e dopo tre porte troverà una bellissima ragazza, la segretaria.” Il professore è vallone, la segretaria è fiam-minga. Noi della sala d’aspetto siamo curiosi. Forse è giunto un re-ne per la giovare-ne! Ma re-nessun elicottero è sceso re-nel piazzale del Saint Peter, né alcuna “scatola di polistirolo” è giunta.

Molti se ne vanno ora in sala d’aspetto ci sono io e un signore di Palermo. Il mio piccolo è via con la signorina Efigenia, mia con-cittadina che lavora al MEC. Ecco giungere i due giovani. Si siedo-no. Mi guardano e io guardo loro. Nel frattempo la bella fiammin-ga giunge per le domande di rito e fa firmare una decina di fogli al giovane. Giovanni, questo il suo nome, donerà il rene a sua sorella.

Lui l’unico in famiglia compatibile. È davvero splendido: due bel-lissimi legati, oltre che dal sangue, dall’amore fraterno più alto, che non ha prezzo, che non ha paragoni se non il dono della vita all’al-tro. E qui onestamente le parole di Gesù venivano confermate in tutta la loro pienezza: “Nessun amore è più grande di quello di chi dà la vita per l’altro”.

La giovane barcolla, subito mi avvicino.

– Ha mangiato? – Chiedo.

– No. Mi sono tenuta pronta per le analisi e gli accertamenti del caso.

– Mi scusi, come si chiama? – – Alessandra. –

– Da quando è in dialisi? –

– Da due anni, ma ora non è più possibile continuare. Urge il trapianto, abbiamo atteso un anno per un donatore da cadavere.

La famiglia si è sottoposta all’esame della compatibilità. Ho quat-tro sorelle e due fratelli, ma solo Giovanni è compatibile al cento per cento. E lui, il mio caro fratello, non ha avuto incertezze e si è subito offerto di salvarmi. –

– Anche mio marito ha ricevuto il rene da suo fratello gemel-lo. – dissi.

– Davvero? – Mi guarda piena di speranza. – E ora sta bene? – Non ho il coraggio di dirle che ha già avuto il primo rigetto.

Non posso allarmare nessuno. Non ne ho il diritto. Per chi attende un rene, quell’attesa è l’ultima speranza.

Giovanni è giunto, il suo volto è raggiante, ma anche preoccu-pato.

– Sai, – dice Alessandra – anche il marito della signora ha rice-vuto un rene dal fratello. –

– Fratello gemello. – aggiungo – stanno bene tutti due. Mio co-gnato, poi, è invaghito della bella fiamminga. –

– Chi non lo sarebbe? – aggiunge Giovanni sorridendo.

– Il professore dice che forse c’è un rene in arrivo, da Parigi, e che non ci sarà bisogno del mio. –

Qui Alessandra si alza di scatto e abbraccia convulsamente il fra-tello. – Vorrei tanto che fosse vero. –

– Tra un’ora lo sapremo. Ora dobbiamo mangiare e poi pregare.

Non possiamo non rivolgerci al Signore per questo “passo”, davve-ro difficile. Se il rene in arrivo dovesse avere pdavve-roblemi io sono qui.

– continua Giovanni.

Le bella fiamminga fa il suo ingresso.

– Tutto bene, signor Bosca. Siamo in attesa. L’aereo giungerà

all’aeroporto, poi con un elicottero “la bella scatola bianca” sarà qui al Saint Peter fra meno di due ore. Lei, mia cara, deve venire con me: dobbiamo iniziare a prepararla. Faremo una breve dialisi per pulirla, indi all’ammissione del plasma, compatibile con il suo san-gue, gruppo O + Rh positivo, vero? –

– Sì. – rivolta al fratello. Lo guardò sondandone lo sguardo, se-reno e pieno di comprensione. Si alzò.

– No, lei deve restare qui, in attesa. C’è Madame Ferrì. Le sarà d’aiuto, è con noi da più di un mese. Tranquillo.

Fu facile prendergli la mano e tenerla. Il suo cuore galoppava mentre il viso era divenuto esangue.

– Non mi svenga. Facciamo una cosa: preghiamo. –

Due ore dopo iniziò l’andirivieni tipico della chiamata d’emer-genza: transplant. Il rene è giunto. Giovanni viene chiamato per donare il sangue.

Nel frattempo giunge anche mio cognato. Non sembra davve-ro che abbia donato un rene e, onestamente, chi dona un rene sta molto più male di chi lo riceve.

La bella Caterina, la segretaria fiamminga, fa il suo ingresso. Lo sguardo del mio famigliare si illumina. L’occhiata tra i due è ine-quivocabile. Per giustificarsi Olimpio mi confessa che si sono dati appuntamento per la kermesse, festa della birra.

– Sei matto? È appena un mese che … – – Tranquilla, staremo via pochissimo. –

È grande, vaccinato, chi sono io per sollecitarlo alla ragione?

Il professore ha visto tutto e ridendo mi dice:

– Madame Ferri, son frèr est bien sur. –

Scuoto il capo, rassegnata. Mi viene da piangere. Quando si è giovani si è anche incoscienti.

Il mio piccolo ha fatto ritorno. Efigenia mi ha detto:

– Siamo arrivati tardi, perché dopo mangiato si è addormenta-to. –

– Mamma, mamma ho visto lo zio baciare la signora coi capelli di “fuoco”. –

Osservo la mia amica.

– Noi italiani ci distinguiamo ovunque.– dico tesa.

Sorridente, ella mi osserva. Lo sa che sono preoccupata. E’ l’ora della mia visita a Romualdo. Il piccolo mi prende la mano. Bacio la mia carissima amica. Anche lei è un angelo, in questo drammatico momento della nostra vita. Scoppia in una fragorosa risata. L’ascen-sore si è aperto e i due: la bella flamande e il donatore sono ancora lì a scambiarsi effusioni, non si sono accorti che noi del dodicesimo piano li stiamo guardando.

– Tutta salute, Anna. – dice ridendo Efigenìa, prima di essere in-ghiottita dall’ascensore.

A Olimpio

per aver donato il rene a suo fratello gemello Romualdo.

Dedicato a mio cugino Glauco Travaglini e a zia Armida, entrambi dece-duti nella terra della “statua della libertà”.