Noi ragazzi andavamo spesso a giocare ai piedi di una collina, sul-la cui sommità stava un castello. Non era un castello come tutti gli altri, perché era di cristallo.
Quando il sole scendeva dietro la collina, il castello sembrava di fuoco. Cambiava di colore secondo il tempo. A noi piaceva quan-do diventava rosso.
Benché di cristallo non lasciava vedere nulla di ciò che stava all’interno, eravamo curiosi di poterlo visitare, ma un certo timore impediva di avvicinarci. Qualcuno ogni tanto faceva finta di fare cadere la palla ai piedi del castello, le cui guglie sembravano d’o-ro, ma una volta là, nessuno osava andare a prenderla. Io, che sono sempre stato un poco impulsivo, mi ero avvicinato, quasi a sfidare il misterioso castello, ma una volta presa la palla, ero scappato dal-la paura.
Ma la curiosità dei ragazzi è sempre più forte del timore e così un giorno, la compagnia al completo prese l’iniziativa di giungere sino alla soglia del castello. Era uno splendido pomeriggio di mag-gio. Ci accorgemmo che era dello stesso colore del sole, che stava scendendo dietro i monti. Sembrava un paesaggio irreale, ma era tutto vero, noi compresi. Ci arrestammo a pochi metri. Nessuno osava il grande passo che ci avrebbe permesso di tirare la luminosa campanella di cristallo. Qualcuno aprì la grande porta. Sulla soglia stava una donna bellissima! Ci sorrise e ...
– Venite, venite, senza timore. – Noi scappammo. La paura era stata forte. Nessuno di noi aveva immaginato che il castello fosse abitato! Tacemmo con i nostri genitori, ma in cuore avevamo un
solo desiderio: ritornare lassù, sulla collina. Così accadde. La voce della donna era dolce, limpida e musicale, come il suono del più puro cristallo. Ci precedette su per una scala d’oro, indi ci fece en-trare in una enorme “rotonda”. All’ingresso della sala erano due an-geli, che ci sorrisero. Lo stupore ci impediva di parlare, ma conti-nuavamo a scambiarci occhiate di meraviglia. Al centro della sala tre troni: in uno stava il “Re vegliardo bianco vestito”.
Ai lati, il “Principe” e la “Regina”. Lei era la stessa che ci aveva fatto salire. Ognuno di noi voleva porre domande, ma una forza ancestrale ci impediva di parlare. Sull’unica parete circolare, erano raffigurate le quattro stagioni.
Anzi, si vivevano le quattro stagioni: perché la neve, il sole, la pioggia e tutto ciò che vedevamo era vero, così i fiori e i frutti, di ogni specie. Milioni di piccoli mondi giravano. I venti soffiavano in varie direzioni. Il tutto in un’armonia silenziosa. Quello che più colpiva era la perfezione e la sincronia degli accadimenti atmosfe-rici e dell’universo intero. Ogni tanto tutto diveniva immobile, co-me se il tempo si fosse fermato, ma la natura si ribellava causando disastri e morte.
Avevamo paura: perché la “perfezione” subiva un arresto?
La Regina ci condusse via da lì, verso il piano più alto del castel-lo e aprì una finestra. Sotto di essa milioni di persone volgevano castel-lo sguardo sulla Regina.
Alcuni piangevano, altri erano seri.
– Chi sono? – riuscii a dire.
– Coloro che cercano Dio, ma non riescono a trovarlo, perché non sanno che cosa è il silenzio. Cercano la pace spirituale. –
– Che cosa è la pace spirituale? – chiese un altro.
– La gioia del cuore, che deriva dalla purezza, dall’amore, dalla carità. Solo Dio può donarla. –
La voce era splendida, dolce e musicale! La Regina era tanto bella!
– Voi siete stati più fortunati di altri, perché avete visto Dio cre-atore. –
– Quando? – chiesi. Lei girò lo sguardo e come per miracolo ci
ritrovammo nella sala circolare, dove il Re, la Regina e il Principe ci guardavano con dolcezza. In alto, sulla volta, anch’essa circolare, una scritta: “È del Padre ogni cosa”.
I nostri volti rossi come porpora ammiravano i “Tre”. Oltre la scritta miriadi di stelle. Il sole e la luna permettevano il susseguirsi delle stagioni. La neve era gelata e si scioglieva sotto le nostre mani.
Allora ci avviammo verso il sole, ma una forza potente ce lo impedì.
– Tutto ciò che vedete è del Padre. E’ da Lui ogni cosa. Lo “Spi-rito Santo” che è in “Lui” dirige ogni cosa, ma quando gli uomini offendono il nome di Dio, Egli si addolora. Ciò provoca l’arresto del perfetto meccanismo cosmico. Nell’intero universo, dopo l’of-fesa, i corpi perdono sincronia sino a scontrarsi fra loro. Così cado-no sulla terra dove causacado-no eventi disastrosi, quali terremoti, ma-remoti e tutto ciò che può colpire gli uomini, gli stessi che hanno peccato d’orgoglio, di vanità, di superbia. L’armonia del cosmo è spezzata dal peccato. –
Era tutto così difficile! Non capivamo quasi nulla, ma eravamo affascinati da quella splendida avventura del sapore di Paradiso.
– Qui è l’essenza di tutte le cose. La perfezione è Dio. Ora, ra-gazzi, andate e dite al mondo: Dio c’è. Esiste e ha bisogno degli uo-mini. – La voce dolce e musicale ci accompagnò sino all’uscio. Ci voltammo, Lei ci sorrideva. Non avremmo mai dimenticato. Mai!
Il Principe ci benedisse con la destra:
– Il Padre ha bisogno di Amore! Non dimenticate! –
Ritornati al nostro prato, non riuscimmo a riprendere a giocare, neppure a sorridere. Improvvisamente esclamammo: – il Castello di cristallo! È ancora lassù! Lo vediamo solo noi? No, ma gli uomini ne ignorano l’esistenza. Noi l’abbiamo visitato! –
Ci pervadeva una gioia indicibile. Quand’ecco, un uomo matu-ro coperto da un mantello colore dell’autunno, ci disse:
– Ragazzi, oggi avete avuto il dono della “Sapienza”, quella che permette a ognuno di amare la “Trinità”. –
– Chi sei tu? – chiesi. Nessuno ci aveva visti entrare nel castello.
– Sapevo che prima o poi sareste entrati nel mistero. –
Non ci disse chi era, né lo sapemmo mai! Il mistero! Grande, in-sondabile, incomprensibile per noi ragazzi.
Ma avevamo capito che: “Non nominare il nome di Dio inva-no” è uno dei comandamenti più grandi. Perché la bestemmia ad-dolora il cuore di Dio e scombussola l’armonia dell’intero universo.
(Pubblicato su “Jte ad Joseph”)