Sulla terra c’è un giardino chiamato Paradiso. Al cancello d’ingres-so sta una scritta: “Questo giardino è dono di Dio, non sciuparlo perché unico”.
Giuseppe lesse e sorrise. Dopo tanto peregrinare era giunto alla meta. Si appoggiò stancamente al bastone, nel mentre il cancello si aprì e alcuni fanciulli gli corsero incontro.
– Togliti i sandali! – lo apostrofò uno.
– Chi sei? – gli chiese un altro.
Lì guardò stupito. Si tolse i sandali e, presi i ragazzi per mano, si incamminò in quel luogo di sogno.
Un tenue profumo aleggiava nell’aria. Rammentò il colloquio con la sua sposa Maria.
– Nostro Figlio abita il Giardino, un lembo di terra ancora in-contaminato. Tu, Giuseppe, dovrai raggiungerlo. È necessario che tu vada. Egli desidera la tua presenza. Ma prima dovrai visitare i paesi della terra. –
– Non sarà facile giungere sino là. Troverò ostacoli, vedrò cose mai viste e udrò cose mai udite. –
– Mio buon Giuseppe, l’uomo nella sua stoltezza ha distrutto le cose più belle e pure. Dello splendore di nostra madre terra non è ri-masto che inquinamento. Preparo la tua bisaccia con pane e acqua. – La voce di Maria era dolce, ma velata di emozione. Era la prima volta che Giuseppe lasciava il luogo eterno della felicità dove gode-vano della presenza di Dio Creatore.
Giuseppe sorrise a Maria. Agitò la mano in segno di saluto e la-sciò il Paradiso.
Raggiungere la terra non era difficile, ma lo era visitarla tutta.
Gesù desiderava che il “falegname” vedesse con i suoi occhi ciò che accadeva nel mondo.
Qualcuno stava tirando il suo mantello. Ritornò alla realtà. Si sentiva stanco. Aveva camminato per lungo tempo. Le stagioni si erano alternate. Quello che lo aveva maggiormente affaticato era stata la consapevolezza di un mondo lontano dal timore di Dio. Un mondo alla deriva.
I ragazzi lo fecero entrare in una casetta. Era fatta di fiori. Tutto era fatto di fiori.
Lo lasciarono solo. Giuseppe si appoggiò al letto e di colpo si addormentò. Alcuni angeli vegliavano sul suo sonno. Gesù gli sor-rideva. Insieme camminavano lungo un sentiero fiorito. il Paradiso!
Com’era bello quel sogno, non avrebbe mai voluto svegliarsi.
Ma un angelo entrò e gli porse del cibo.
‘Forse ho sognato!’ Ma il vassoio era vero, così il cibo. Un legge-ro brusio gli fece capire che qualcuno stava entrando nella casetta.
Sull’uscio, alto, dai lunghi capelli, dal sorriso misericordioso, dal volto leale e dallo sguardo penetrante, entrò il Figlio dell’Uomo, suo figlio Gesù, il Figlio che Dio gli aveva affidato.
– Benvenuto Giuseppe, ti aspettavo. –
– Figlio! Tu, Signore del Giardino! – sul volto di Gesù brillava una luce soffusa.
– Il tuo viaggio è stato lungo e faticoso – disse Gesù.
– In verità sono molto stanco – rispose Giuseppe sedendosi.
– Qui, nel mio giardino, la gente che vi abita vuole conoscere ciò che accade nel mondo, ciò che avviene oltre il Giardino. –
– Ora ho bisogno di riposo. –
– Quando sarai riposato e sereno tuci racconterai. –
– Così potrò meditare quanto i miei occhi hanno visto e le mie orecchie hanno udito. Pregherò e digiunerò, affinché ciò che acca-de, non accada più. – Il giovane lo guardò con dolcezza.
– Mio buon Giuseppe, la tua pazienza è forse sopita?
– No, la mia pazienza è stata messa a dura prova, è vero, ma ho
dato volto alla Provvidenza, dove ve ne era bisogno Gesù prese le mani del vecchio Giuseppe.
– Devi aver sofferto molto durante il tuo peregrinare. –
Tanto ratio – Signore, a te posso raccontare. – Giuseppe guardò il volto luminoso del giovane e raccontò:
– Oltre il Giardino, gli uomini vivono senza Dio. Il tuo nome è oltraggiato e così quello di tua Madre Maria, Madre di tutte le gen-ti. Molte chiese sono vuote, non vi si celebra più l’Eucaristia. Non c’è più amore sulla terra.
I figli non amano più i loro genitori. Molti genitori non amano i loro figli.
Alcune donne uccidono le loro creature, ancora prima che na-scano. Altre le gettano nelle pattumiere gli sposi, uniti nel Sacro Vincolo, non vivono più l’unione del matrimonio, altri non pensa-no neanche a consacrare il loro amore.
Le virtù sono state abbandonate, per vivere una vita dissoluta e priva di ogni buon senso. I giovani abbandonati a loro stessi e alle loro cattive abitudini. Tanti di loro non conoscono Dio. Nessuno
“parla” loro d’Amore. Si commettono abomini di ogni genere. Il corpo è divenuto ricettacolo di malattie e merce di scambio. L’or-goglio, Figlio mio, è il peggiore peccato dell’umanità.
Ma, il peccato che mi ha più colpito è l’aborto e la violenza sui fanciulli. – Giuseppe piangeva, mentre raccontava tutte quelle co-se.– Figlio mio, il mondo è caduto di nuovo nella già conosciuta
“strage degli innocenti”. Gli uomini sono ciechi, ciechi d’orgoglio, di superbia, di accidia.
Non c’è più felicità perché non si ama più la Croce. La Croce su cui Tu hai offerto la vita, figlio mio! Hanno dimenticato il Sacrifi-cio della Croce. Hanno perso la coscienza, hanno perso l’Amore, hanno perso Te. Nel cuore non hanno più la dolcezza e la finezza che viene dallo Spirito Consolatore. –
Giuseppe parlava al Figlio, che ben conosceva quanto Giuseppe stava raccontando e continuava a piangere di dolore.
– Figlio, Signore del cielo e della terra, cosa possiamo fare? Cosa possiamo fare per gli uomini che abitano oltre il Giardino? –
Gesù, prendendo le mani di Giuseppe, disse:
– Non tutti sono come tu li hai visti. Molti onorano e amano la mia Madre Santissima, così il Signore Dio mio Padre, amano an-che te, mio silenzioso Giuseppe: l’uomo della pace, del silenzio, del lavoro e della preghiera e amano me. –
Gesù un poco triste abbracciò Giuseppe.
Il suo Giardino non conosceva le brutture del mondo! Nel Giar-dino solo profumo, sorrisi, amore, fratellanza, speranza, ma, sopra ogni cosa, la Carità.
– Qui regna l’Amore – il segreto del Giardino era lì nell’Amore.
Prese Giuseppe per mano e insieme si avviarono verso la grande casa, dove il sole regnava eterno.
– Tu stai per vedere la casa dei fiori. –
Giuseppe provò untuffo al cuore. Si sentiva felice. Nel cuore una gioia indicibile lo faceva sentire pago. Entrarono nella casa, do-ve un immenso numero di bambini giocava.
– Quelli che vedi sono i bimbi non nati, perché sulla terra non c’è più amore per la vita. Qui dimorano tutti i bimbi che non han-no trovato casa nel mondo. –
– Oh! – sussurrò Giuseppe, mentre uno strano tremore lo scuo-teva di felicità.
Il giovane continuò: – Qui sono amati, curati, felici, qui vivono. – L’emozione di Giuseppe divenne estasi. Suo Figlio continuava a donare la Vita!
– Padre, non andartene più da questo Giardino! Qui abbiamo bisogno di Giuseppe, il Santo dei bimbi nel dolore, il Santo dei bimbi non amati. Se nel mondo c’è solo “morte”, noi la combatte-remo con l’Amore. –
Giuseppe volse lo sguardo sul volto di Gesù, ancora avvolto da una nube d’oro.
Ora c’era anche Maria, la Sposa e Madre delle genti. Erano di nuovo in tre.
Gesù levò lo sguardo su Giuseppe e Maria: – Questo lembo di terra è dono di Dio Padre, dono per coloro che non trovano Amo-re, qui ogni giorno è Natale. –
(pubblicata su “Jte ad Joseph”)