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La tristezza dell’armatore

Da quando hanno inaugurato la camminata del “Lisippo” i miei concittadini, e non solo, vanno per recuperare forza ed energia. Una sana passeggiata di diversi chilometri tra andata e ritorno. Io che sono pigra, vuoi per l’età, vuoi perché sono fondamentalmente una

“pantofolaia”, ho sempre guardato salire e scendere senza mai av-venturarmi. Ma la mia natura curiosa non è riuscita a resistere. Un bel mattino di giugno mi sono alzata col proposito di provare quel percorso. Per non smentirmi non vado a piedi, bensì in bicicletta.

Salire è come un’avventura, che non sai dove ti porta, quando gli scogli che fanno da barriera a una piccola insenatura, sulla mia destra, annunciano il mare. Continuo a “sbiciclettare” quando im-provvisamente l’immensità del mare è di fronte e si confonde con il cielo. Istintivamente freno, appoggio la bicicletta ai piedi del para-petto e mi faccio vicina sotto scogli giganteschi incontrano il mare intimidito. Oggi è bonaccia, il sole la fa da padrone. Il mio volto e le mie braccia nude sono sfiorate dal calore come una carezza. Allo-ra mi appoggio, cerco una penna e un foglio…

– Pizzichi di sole inondano il mare annunciano l’estate ormai prossima l’azzurra distesa si confonde con il cielo mentre piccole barche prendono il largo.

È ancora presto

la brezza è come la carezza che il giorno vuole donarti sola e l’immensità

fra cielo e mare.

Sugli scogli uomini e ragazzi con i loro ami in attesa che la canna si pieghi al peso di un pesce.

Ho smarrito la cognizione del tempo la spiaggia prende vita

dopo giorni di pioggia e di cielo coperto è il desiderio di un bagno di luce

è il sole di giugno che non brucia ma dona generoso

la tenerezza dell’estate. –

In fretta metto via carta e penna. Riprendo a pedalare. Il Lisip-po è ancora lontano. Sono tropLisip-po affascinata dall’azzurro, che mi lascia senza fiato. Scendono due lacrime, Dio è buono ma come possono gli uomini di questo mondo distruggere, sporcare, umilia-re così il cumilia-reato?

L’emozione mi ha presa. Sono confusa. Il cuore inizia il suo ga-loppo verso l’Amore per Colui che ha fatto tutto ciò che lo sguardo non si stanca di guardare. Ecco giungo di fronte al Lisippo che par-la di storia di passato ma ancora una volta par-la natura ha par-la meglio.

Desidero contemplare il creato.

Riprendo la bicicletta, ma nel fare la curva sbando e... “paffete”.

Tutto vola di sotto, dove la darsena ospita splendidi yacht fermi in attesa dell’alto mare.

Un giovane e un signore di una certa età mi apostrofano:

– Più avanti c’è un passaggio per pedoni e biciclette. Scenda che le teniamo noi le sue cose volate qui. –

Rossa come un peperone, raggiungo i due signori e davvero po-tevo definirli solo tali. Il loro aspetto, la loro personalità, la dignità mi avevano subito fatto immaginare “gente ricca”. Mentre prendo dalle mani del più giovane tutte le mie cose, il foglietto con la po-esia cade di nuovo.

– Posso? – chiese curioso.

– Sì, è poca cosa. Una poesia nata nel momento in cui il mio sguardo si è perduto in quella meraviglia che è il mare. –

– Può donarmela? –

– A un patto: che possa ricopiarla. – Il giovane divertito sorri-de. L’altro signore, sicuramente suo padre, si avvicina curioso che una vecchia dialoghi così disinvoltamente con un bel giovane, suo figlio.

– Babbo, è la signora delle cose volate sul nostro yacht per for-tuna sulla banchina. –

Dopo le strette di mano e i ringraziamenti del caso mi giro.

– Scusate, ma quello yacht è vostro? –

– Sì, anche altri – dice indicando un punto verso ovest.

– Vero? – Chiedo in maniera infantile.

– Sì, sì, sì – rispondono all’unisono con un ammiccamento tipi-co di chi sta per sorridere.

– Lei è un armatore!?! – – Sì. –

– Ohhh! Allora posso vedere questa meraviglia da vicino? – – Prego. –

Per la prima volta visito quella casa viaggiante, che dico, quello splendore che lo sguardo vede, la mente registra, il cuore gode. Mi fanno accomodare in un salottino e subito mi viene servito un otti-mo caffè… Poi, mi ritrovo a raccontare un po’ della mia vita. Così l’armatore: ricco, una vita splendida d’affetti, tutto, proprio tutto quello che un uomo può sperare dalla vita. Ma, una velata malin-conia traspare dal suo volto. È come scoprire che la ricchezza non è tutto.

– Preghi – dico senza riflettere.

– Cosa? – – Lei prega? –

– No, ho avuto una vita lontana dalla fede. La religione mi è sembrata sempre cosa per vecchi e ora che sono vecchio non so da dove cominciare. –

– È più facile di quanto possa immaginare. Vede quel campani-le? Lì c’è la “Chiesa del Porto”, ci sono sacerdoti splendidi che pos-sono aiutarla. –

Lo vedo imbarazzato. Ha abbassato lo sguardo. Nel frattempo ri-torna il figlio, che poco prima si era allontanato col suo smarthpho-ne. Mi alzo:

– Scusate, non voglio abusare della vostra ospitalità. Fano è una bella città. Conduca suo padre là – dissi indicando – il campanile e lei è giovane, avrà modo di trovare l’anima gemella. La sua posizio-ne economica l’aiuterà sicuramente, no non sono i soldi a farci fe-lici, né le facili avventure, ma l’Amore, non quello orizzontale, ma quello verticale. –

Mi aspetto una risatina o una sgomitata complice, no…

– Lei è una scrittrice? –

– No, no, ma ci provo… sono una catechista, che ama vedere la gente nella gioia. –

– La fede non è abbastanza credo. –

– Ha ragione, lei è ricco, sapesse quanti poveri ci sono… – – Capisco dove vuole andare a parare… dovrei vivere la carità, allora? –

– Sì. Se lei dovesse lasciare tutto a suo figlio non creda che sarà un armatore felice. Lasci che qualcosa se la conquisti con le proprie forze, forse lo vedrà sorridere. –

La terra mi manca sotto i piedi… penso di aver osato troppo.

Tendo loro la mano che stringono con simpatia.

– Torni a trovarci, le faremo fare un giro in alto mare. –

– Soffro il mal di mare – aggiungo sorridendo – cercherò di im-maginare come sarà il vostro correre sull’azzurra distesa. –

Una volta salita in bicicletta, mi giro. L’anziano armatore agita la mano a mo’ di saluto.