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Il segreto svelato

L’emigrazione non è solo un problema di oggi, ma è antica come la terra. Dopo la prima guerra mondiale c’era fame di lavoro. Quanti di noi se ne andarono nelle lontane Americhe! Prima della seconda guerra mondiale si espatriava per motivi politici, in seguito per cer-care un marito e l’incontro tra i due veniva combinato da sensali o parenti interessati a sistemare ragazze, che ragazzi “vernarecci”, cioè ormai in età avanzata e con poche prospettive per il futuro andava-no sistemate.

Un’amica di mia madre, ricevuta una lettera dal Canada, era poi convolata a nozze. Dopo i primi timori per quel matrimonio com-binato Ermes, la donna comprese di aver avuto fortuna.

Nel dopoguerra era quasi normale trovare marito a una ragazza che per timidezza, riservatezza e ritegno non aveva, all’età di venti-cinque anni, trovato ancora un marito. La povertà poi giocava a fa-vore. Un matrimonio con un emigrato, che si era fatto la casa, con un buon lavoro e un certo gruzzolo era più di quanto ci si poteva augurare.

Fu così che Ermes, cresciuta nelle vicine campagne, se ne andò oltre oceano per incontrare Vincenzo, residente con i genitori a Ot-tawa, dove era diventato direttore di una fabbrica di scatolette me-talliche e contenitori per carni, tonno e altro.

Ella partiva con un segreto in cuore: in passato si era innamora-ta, ma per lui lei era semplicemente inesistente. Un amore andato in una sola direzione. Lui l’aveva ignorata.

Quel suo andare oltre oceano l’avrebbe alleggerita del dolce pe-so. Appena toccato il suolo americano lasciò il segreto del cuore al vento.

Vincenzo era gentile, più bello che in fotografia. Alto, slanciato e un interessante accento francese, acquisito nei tanti anni in Ca-nada, tanto da suscitare in lei una certa attrazione.

Vincenzo usò tutte le tattiche possibili per non spaventarla, ma per conquistarla. La bella italiana dai capelli rosso-Tiziano, gli oc-chi azzurri come il cielo, alta, slanciata e magra, così magra che Vincenzo pensò: ‘la nutrirò come si deve, sarà ancora più bella. Sa-rà una splendida sposa per me e una splendida madre… chissà!?’ Il cuore di Vincenzo aveva cominciato a battere, quando lei gli aveva inviato una sua foto, anzi più foto, specie quella che la vedeva in costume, dentro il mare, mostrando un bel corpo e belle gambe.

Era più in carne nell’ immagine. Davvero i sogni possono essere più belli di quelli immaginati!

Vincenzo ed Ermes formarono una bella coppia, allietata da tre figli. Tutto sembrava andare bene, quando Ermes apprese da una telefonata che la salute dei suoi era davvero precaria. Occorreva la sua presenza, specie per il padre, davvero grave. Vincenzo non po-teva partire con lei. I figli, impegnati con l’università e il lavoro, non potevano seguirla e così ella partì sola.

Vincenzo osservava il volto triste della sua donna, il nuovo ta-glio di capelli, l’elegante tailleur, mentre l’accompagnava all’aero-porto.

– Ti prego, fatti coraggio, non sarà una passeggiata, ti aspettano giorni di dolore, ma tu sei sempre stata una roccia. – La baciò con trasporto. Ebbe un attimo di smarrimento, per la prima volta in venticinque anni la lasciava sola. In cuor suo si promise di farle una sorpresa. Di lì, a giorni, c’era la ricorrenza dei loro venticinquesimo anniversario di nozze. Ermes, lui e i loro figli meritavano una fe-sta, una bella festa italiana. Se anche il lutto era una realtà, non gli avrebbe permesso di rovinare quel loro ricordo d’amore. Sì, perché d’amore si era trattato, era stato fortunato. Ermes aveva le lacrime agli occhi. Dopo un quarto di secolo avrebbe rivisto la sua Fano.

Fece scalo a Parigi, poi a Roma.

Fu suo cugino Monaldo ad accoglierla a braccia aperte. Dietro

un esercito di parenti. Finalmente la famiglia. Ma la gioia dell’in-contro fu subito smorzata dalla notizia che il babbo se n’era andato e che avevano atteso lei per i funerali. Le lacrime di gioia si tramu-tarono in lacrime di dolore. Non avevano voluto rovinarle il viag-gio. Il silenzio dentro il piccolo pullman era caratterizzato dalla babele dei bimbi che erano venuti a riceverla per vedere la zia ca-nadese. A Cagli si ricordarono che erano al paese dei loro antena-ti. Ermes si rese conto di tremare, troppe emozioni e tanto affetto inaspettato.

Erano a tavola quando il telefono squillò. Monaldo, nel frat-tempo, rispose a Vincenzo che da oltre oceano gli comunicò il suo progetto di raggiungerli con i figli per l’anniversario di matrimo-nio con l’amata. Una raccomandazione: – Tieni la notizia segreta. – Ermes, ignara, narrava la loro bella storia d’amore e il cammino del loro essere divenuti coppia attraverso delle fotografie, ma quan-ti delusi! Lei era stata fortunata.

Dopo aver dedicato tempo alla mamma, tanto bisognosa di cure e di affetto, Ermes si recava ogni giorno al cimitero. Quella matti-na stava aggiustando i fiori, quando vide a pochi metri il suo ricor-do, la sua memoria: l’amore dei suoi anni giovanili. L’uomo sembrò non riconoscerla, ma fu sorpreso di vederla curare la tomba. Pensò:

sono veramente cambiata! Fu il volto invecchiato dell’uomo a farle dare un balzo al cuore. Il volto di suo padre e dell’uomo si sovrap-posero come una magia e, se le braccia dell’uomo non fossero state pronte a sorreggerla, sarebbe caduta rovinosamente.

– Mi scusi – disse – se non ci fosse stato lei, mi ha salvata. – – Si è sentita male? –

– Ho perso mio padre da pochi giorni. –

– Suo padre? – questa volta il volto scrutava il suo.

– Lo conosceva? – chiese, mentre il cuore batteva all’impazzata.

Un certo imbarazzo, un certo silenzio da parte dell’uomo, men-tre lei, osservandolo, vide in quella figura suo cugino di Roma, espatriato in Svizzera, che i parenti dicevano assomigliare in manie-ra impressionante a suo padre.

– Sì, no, sì… era, era anche mio padre. La rassomiglianza le ha fatto capire qualcosa, vero? –

Nel frattempo lui l’aveva presa per il gomito e condotta fuori.

L’aria era dolce e il sole la faceva da padrone.

– Sì, non potevo immaginare, ma è così evidente! –

– Diamoci del tu, così potrò spiegarti meglio, perché quando tu vivevi la tua “cotta” per me… sì, sapevo… io dovevo usare pruden-za o meglio ancora indifferenpruden-za. Non potevo permettermi di coin-volgerti in qualcosa che non ci sarebbe mai appartenuto. Avevamo un ben altro legame. –

– Sono felice, molto. Ho trovato un fratello, non sono più so-la! –

– Ferma, non ti entusiasmare troppo. Ho promesso a mia madre di non disonorare mai la memoria di nostro padre. Tu sai che io ci sono, ora tu sai di me. Lui, nostro padre, ci ha amati entrambi, sia-mo sangue del suo sangue, ma ti prego dimentica. –

– Come potrei, dimmi come potrei? – – Ermes, il tuo bel nome maschile. – – Ippolito, non dimentichiamoci. – – Devi. –

– Non è possibile! Come si può vivere con questo segreto in cuore?–

– Per amore di nostro padre. –

Lei si slanciò verso lui con un abbraccio. Fu un abbraccio eterno quello che li avvinse. Solo al momento dell’addio, si accorsero di avere lo stesso colore degli occhi ereditati dal loro padre.

Ermes tornò a casa diversa. Cercò di essere disinvolta nonostan-te l’emozione che la coinvolgeva anima e corpo. Questo sembrava non interessare nessuno quando una porta si aprì e lo sguardo si pose sulla famiglia, che sembrava in posa per una foto ricordo. Il cuore subì un tuffo quando Vincenzo e i figli l’avvolsero nel loro caldo abbraccio. Era felice… era infelice… era sorpresa… doppia-mente sorpresa! Ma questo nessuno lo sapeva.

– Amore so del tuo dolore, mamma è viva e quindi

festegge-remo fra giorni i nostri venticinque anni di matrimonio, vivfestegge-remo quello che allora non abbiamo vissuto. – Le lacrime la presero fino a scuoterla.

– Sì, sì, sarà bello – sussurrava.

– Mamma, mamma, la nostra bella mamma! – Le dissero i figli sommergendola di baci.

Un dolore, un segreto svelato, una festa in “agguato”. Ermes non sapeva come agire.

Solo più tardi, fra le braccia di Vicenzo, comprese che non c’è amore più grande che quello di una coppia “sana”.

Fu il sonno a vincerla, mentre la luna si nascondeva dietro una nuvola bianca che annunciava cattivo tempo.

La giornata, avvolta dal calore del sole, le aveva procurato più di un’emozione. Si sentiva debole, come fosse stata colpita da un im-provviso malore mentre, a pensarci bene, il buon Dio le aveva fatto ritrovare un mondo d’amore. Un amore le cui radici testimoniava-no e facevatestimoniava-no di loro, oltre il tempo e lo spazio, dei protagonisti.

Un supporto di vita, anche se nel suo cuore, ora, abitava quel “se-greto svelato”.