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Una rosa per San Giuseppe

In una scatola, foderata di carta colorata, trovai una vecchia imma-gine di San Giuseppe con accanto il piccolo Gesù. Il Bambino tiene in mano un piccolo cesto di rose. Giuseppe ha lo sguardo rivolto a chi lo guarda, mentre Gesù ha lo sguardo rivolto verso suo padre: è uno sguardo colmo d’amore. Sulla manina destra che si eleva verso Giuseppe, tiene una rosa color vermiglio, mentre con la sinistra tie-ne un cestino con due rose bianche. Dietro l’immagitie-ne una scritta:

“Conosci la leggenda delle rose?”. La stessa domanda rivolgo a te che mi leggi. Prosegui la lettura e la conoscerai.

Gesù era tornato dal suo ritiro nel deserto. Giuseppe non stac-cava mai lo sguardo da quel giovane, ormai prossimo al disegno del Padre. Quanto amore era costato quel figlio! Innanzitutto il ‘fiat’ di Maria per quanto da Dio disposto per lei; il censimento a Betlem-me e il parto improvviso in una stalla. Maria avrebbe Betlem-meritato una reggia per dare alla luce il figlio di Dio, ma i disegni dell’Altissimo erano stati altri. Indi la fuga in Egitto, per colpa di Erode.

Ricordi lontani, ma ancora vivi nel suo cuore.

Era passato per Ebron e Betsabea. Indi aveva preso una strada che lo avrebbe ricongiunto con l’antica carovaniera che, rasentando il mediterraneo, ricongiungeva la Palestina con l’Egitto. Fu proprio a Betsabea, dove iniziava la steppa vuota e squallida, che incontrò una carovana. Il viaggio, temuto anche dai soldati, tanto era im-pervio il cammino, si presentava durissimo. Una carovana era una manna dal cielo. Infatti, avvicinandosi al delta del Nilo, vi era il de-serto chiamato “mare di sabbia”, dove né cespuglio, né filo d’erba, né un sasso si offrivano al pellegrino. Nulla, solo sabbia. Giuseppe era molto preoccupato per Maria, ma sopra ogni cosa per il

picco-lo Gesù. Li attendevano otto, nove, forse dieci giorni di cammino.

Troppi per Maria, ancora debole, e grande difficoltà per il piccino.

I carovanieri si fermarono ad assistere quei tre pellegrini con un somarello. Erano davvero stati incauti, con quel deserto così osti-le! Sole forte di giorno, freddo polare la notte. Bisognava pensare al cibo e all’acqua occorreva ubbidire all’Angelo e porre in salvo il Figlio di Dio.

I carovanieri rifocillarono di tutto i tre esuli e li scortarono sino alla terra egiziana. Giuseppe non era il primo a rifugiarsi in quel-la terra: milioni di ebrei vi si erano rifugiati, ogni qual volta si era-no trovati nella necessità di una fuga. La sosta della Santa Famiglia non fu facile. Giuseppe, nonostante fosse un bravo falegname e un bravo carpentiere, non incontrava molte richieste di lavoro. Maria accudiva la casa e cresceva il piccolo. Un giorno giunse nella loro piccola casa una donna. La riconobbero subito: era stata la soccor-ritrice durante la fuga. Faceva parte della carovana.

– Sono venuta a voi, perché la mia bambina è gravemente am-malata. –

Giuseppe la riconobbe per colei che aveva fatto dono al Bambi-no di una rosa del deserto, che aveva posta nel sacco, dove eraBambi-no i tre cofanetti con oro, incenso e mirra. Il piccolo Gesù sorrise alla donna e allungò le braccine. La donna, di nome Riya, lo sollevò e lo prese fra le braccia. Una gioia infinita le sciolse il cuore dall’affanno e dal dolore per la sua piccola ammalata. Era come se qualcosa fosse accaduto, qualcosa di straordinario. Sin dal suo incontro con quella famiglia in fuga, aveva sentito in cuore una grande serenità. L’ave-va definita la “Santa Famiglia”, perché le daL’ave-va un senso di speranza.

Ecco perché li aveva cercati: aveva bisogno di quella “speranza”.

Anche Erode li aveva cercati, perché? Ora quell’uomo era morto.

Il piccolo continuava a sorriderle: era una meraviglia. Quello che più la colpì fu lo sguardo. Uno sguardo di bambino “adulto”.

Aveva uno sguardo puro, colmo d’amore e di grazia. La Santa Ma-dre riprese il piccolo e, rivolgendosi alla donna, disse: “Preghiamo il Signore Dio dei nostri padri, indi ritornate alla carovana.

Vedre-te, tutto sarà appianato”. Riya aprì il paniere e lasciò loro in dono tanta Provvidenza.

Maria sorrise felice. La donna ritornò alla carovana, dove la bambina, sanata, era ad attenderla. Ci fu grande festa.

Giuseppe, informato da Riya della morte di Erode, pensò di fa-re ritorno a casa, ma anche Archelao si era dimostrato violento co-me il suo predecessore, massacrando migliaia di persone: quelle che non avevano in simpatia la sua famiglia. Dunque il pericolo incom-beva ancora.

Giuseppe, ubbidendo all’angelo, decise di fare ritorno nella sua vecchia terra: Nazareth, sotto il controllo di Erode Antipa, fratello di Archelao, ma meno violento. Ora cominciava una nuova vita e Gesù cresceva in sapienza e grazia e aiutava, giovinetto, suo padre falegname. Maria si interessava alla casa. Giuseppe le aveva messo a punto delle tavole, dove Ella depose i tre cofanetti, doni dei Magi.

Maria prese anche la rosa del deserto. Ma al posto della pietra si trovò un cestino profumato di rose fresche, come appena colte. Il piccolo, come vide quella meraviglia, corse festante verso sua ma-dre. Indi, preso il cestino, corse fra le braccia di Giuseppe, che si gi-rò verso Maria, sorpreso dell’audacia del piccolo. Il Bambino porse una rosa vermiglia a suo padre e lasciò le bianche per sua Madre.

(Pubblicata su “Jte ad Joseph)