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IV.1. Premessa

L’edizione si fonda sul codice Vat. lat. 3285, unico testimone, siglato P; tutte le note seguono l’ordine del testo di Lucano, cui si premette l’indicazione del verso o dei versi relativi1.

Nel caso di glosse interlineari precederà il termine o l’espressione lucanea in maiuscolo e tra parentesi tonde seguito dai due punti; per le glosse marginali, si è scelto di riportare sistematicamente in maiuscolo tutti i lemmi di riferimento, a meno che non si tratti di passi di un certa ampiezza per i quali è sufficiente l’indicazione dei numeri dei versi.

Si tenga conto, però, che i lemmi di riferimento riportati nell’edizione delle note pomponiane sono stati presi dal testo di Lucano ricopiato dal Leto e contenuto nello stesso manoscritto (Vat. lat. 3285), per cui, in taluni casi, ci si potrebbe trovare di fronte anche a delle varianti, talvolta attestate nella tradizione e riportate dagli editori moderni2, talvolta, invece, omesse, come nei seguenti casi:

ad Phars. III, 630 Pomponio scrive: THORI sunt summae partes nauis, perché nel testo c’è ad summos repleta toros, laddove toros è una variante, non attestata nella tradizione, in luogo della lezione foros

ad Phars. IV, 740 Pomponio, a proposito di abrupto milite, scrive supra

lineam: milite inordinato mostrando di commentare un testo con la

lezione minoritaria milite in luogo della variante maggioritaria limite

Si è deciso di riportare di volta in volta nell’edizione come lemmi di riferimento quelli contenuti nel manoscritto Vaticano per evidenziare come Pomponio commenti proprio il testo lucaneo da lui ricopiato3.

1 Molti suggerimenti sui criteri di edizione adottati provengono dalla nota introduttiva di Augusto Campana come relatore di una tesi di laurea relativa al libro II delle note di Pomponio Leto a Lucano, vd. RIZZOa 1997 pp. 99-102.

2

In tal caso le edizioni lucanee di riferimento sono SHACKLETON BAILEY 1988e BADALÌ 1992.

3

La trascrizione critica delle note è stata fatta sciogliendo tutte le abbreviazioni e inserendo la punteggiatura con una normalizzazione delle maiuscole dopo il punto fermo e nel caso di nomi propri.

I numeri romani sia maiuscoli che minuscoli sono stati resi tutti maiuscoli.

I titoli di alcune note più ampie, anche se posti in maiuscolo dallo stesso Pomponio, sono stati resi in minuscolo e in corsivo, per evitare confusione con i lemmi (es. De

uoluptate, De parsimonia, De fide), mentre i notabilia compariranno sempre in minuscolo

(es. I, 631 Vaticinium A<r>runtis; II, 392-393 Pompeius Capuam petit; III, 307-372 Oratio Massiliensium ad Caesarem; IV, 793-798 Mors Curionis).

L’ortografia, pur trattandosi di un autografo, è stata uniformata nei modi seguenti:  introduzione del dittongo –ae ed -oe

(Cesar, penus, celo, Sabine, greci ecc.) collegamento del –que enclitico

integrazione o espunzione dell’h e sostituzione delle grafie ipercorrette (himber=imber; aphrica=africa; humentibus=umentibus; humor=umor;

iberis=hiberis)

riduzione della forma j ad i (Judei, Jones, Joue, Jonio)

 mancata distinzione tra il suono v consonantico e il suono u vocalico  normalizzazione di alcune grafie anomale

Si è ricorso alle parentesi angolari per indicare integrazione di lettere o di sillabe omesse da Pomponio Leto e alle parentesi quadre nei casi, invece, di espunzione di lettere o di sillabe inserite dall’umanista.

Sono stati corretti gli errori e le sviste evidenti, non quelli, naturalmente, derivanti dalle sue fonti, segnalando sempre, però, nell’apparato testuale la lezione scorretta dell’autografo.

Ci sono casi, infatti, in cui l’umanista riporta nella nota delle lezioni particolari, le quali derivano da fonte greca o da traduzione latina utilizzata; si tratta, di solito, di varianti non sempre accolte dagli editori moderni, ma riportate in apparato: ad esempio, nella nota

ad Phars. I, 196, Pomponio scrive Cerianas in luogo di Carinas e hippelees in luogo di Velia.

Nelle edizioni moderne di Dionigi d’Alicarnasso, che è qui fonte di Pomponio (D.H. 1,68,1), viene accolta nel testo Καρίνας che è una congettura dello Stephanus, mentre tutti i codici riportano Καιριάνας; ora, è chiaro che dal momento che il Leto scrive

Cerianas doveva avere davanti a sé un testo di Dionigi o una traduzione latina delle Antichità Romane che contenesse quest’ultima lezione, la cui traslitterazione induce a

scrivere Cerianas4.

Anche nel caso di hippelees, Οὐελία è una congettura del Cary, mentre i codici avevano o ὑπ’ ἐλαίως o ὑπἐλαίαις, da cui si spiega appunto la traslitterazione in hippelees5

.

In casi come questo, è stata accolta nel testo la forma data da Pomponio Leto, mentre in apparato è stata riportata la lezione generalmente accolta, con l’indicazione della pagina in cui, nel presente lavoro, si discute della suddetta questione.

Il testo edito delle note è stato corredato di due apparati posti nel margine inferiore della pagina: un apparato testuale e un apparato delle fonti classiche.

Nell’apparato testuale, mediante abbreviazioni e segni particolari, sono state segnalate tutte le lezioni scorrette, le cancellature, le espunzioni, le correzioni anche minime ed è stata indicata l’aggiunta di note o parti di esse e la loro collocazione non canonica:

[ ] = espunzione

<> = integrazione

s.l. = supra lineam

in mg. dxt. = in margine dextro in mg. sin. = in margine sinistro in mg. sup. = in margine superiore in mg. inf. = in margine inferiore

4

Cf. CARY 1968p. 222. JACOBY 1885p. 109, invece, accetta Καρίνας nel testo, riportando in apparato l’altra lezione contenuta nei manoscritti Καιριάνας/ Καιριανας.

5 Cf.

CARY 1968 p. 222. In tal caso, JACOBY 1885p. 109 accoglie nel testo ὑπ Ἐλαίαις, presentando in apparato le due lezioni dei manoscritti: ὑπ’ ἐλαίως e ὑπἐλαίαις.

scrip. = scripsit deleu. = deleuit add. = addidit

p.c.= post correctionem a.c. = ante correctionem

Nell’apparato delle fonti, collegato al testo pomponiano mediante il riferimento al numero di linee interessate (le note sono state numerate in margine di 5 in 5), sono state identificate e confrontate le citazioni esplicite e, nei limiti del possibile, anche le citazioni implicite, tenendo conto delle frequenti differenze verbali e della tendenza, tipica di Pomponio Leto, alla contaminazione delle fonti.

Per le abbreviazioni degli autori latini classici si è tenuto conto dell’Index auctorum in uso nel TLL; per le abbreviazioni degli autori greci si è seguito l’Index auctorum del

TLG, rinunciando a identificare le traduzioni latine d’età umanistica utilizzate da

Pomponio.

Nel testo i nomi degli autori citati dall’umanista sono stati posti in grassetto, per renderne più immediata l’individuazione.

Nell’apparato delle fonti il riferimento semplice ad un autore indica che la citazione pomponiana è esatta; il riferimento, invece, contrassegnato da cf. indica una citazione adattata dal Leto.

Ogni libro di note è stato accompagnato da un paragrafo, in cui è stato illustrato il carattere e il contenuto di esse e si è discusso, soprattutto, delle fonti, sia esplicite che implicite, utilizzate dal Leto, soffermandosi, in particolare, laddove possibile, su quelle più rare e problematiche; le note di cui si discute nei relativi paragrafi sono stati indicate con un asterisco (*).

IV.2. Le note al I libro (ff. 1r-12v)

5

10

15

20

25

30

ff. 1r-1v Lib. I vv. 1-30

1 EMATHIA T<h>essalia ab Emathio rege et Hemonia ab Hemone et

Thessalia a Thessalo filio Hemonis et Hesonia a Hesone filio Thessali et