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I.2.3. Opere di Pomponio Leto trasmesse in manoscritt

I.2.3.6. L’interesse per la topografia

Pomponio affiancò al suo interesse per la storia, di cui si parlerà più avanti, anche quello per la topografia e per l’antiquaria; infatti i monumenti antichi accanto ai quali sono sorti edifici cristiani e i reperti archeologici attirarono sempre l’attenzione del nostro umanista, soprattutto nella fase più matura del suo insegnamento.

Ciò ci è testimoniato da alcuni suoi scritti: gli Excerpta a Pomponio dum inter

ambulandum cuidam domino ultramontano reliquias ac ruinas Vrbis ostenderet, la

rielaborazione del catalogo delle quattordici regioni di Roma177, il componimento in versi Stationes Romanae quadragesimali ieunio e le numerose considerazioni su luoghi e monumenti che si trovano nei corsi su Varrone e Floro178.

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ZABUGHIN 1910-1912 pp. 146-148. 175

ZABUGHIN 1910-1912 pp. 148-153; l’Accame ritiene che le citazioni del Festo Farnesiano, contenute nel Vat. lat. 3263, in quanto autografe, si rivelino più preziose di quelle presenti sugli idiografi varroniani, sopra menzionati: in particolare, il passo su Saturno e quello sullo Spinter

armillae genus sembrano contenere una citazione di Festo più completa di quella che ci è pervenuta,

perché probabilmente Pomponio integra il Festo Farnesiano con l’epitome di Paolo Diacono, vd. ACCAME 2008 p. 157.

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ZABUGHIN 1910-1912 p. 148 e p. 153. Per l’Ovidio Mazzatosta vd. III.1.2. 177

Il catalogo regionario rielaborato da Pomponio ci è tramandato anonimo e in nessun testimone è citato il codice del regionario antico che Pomponio ha tenuto presente nella sua redazione. Il codice Vat. lat. 3394, quasi completamente autografo del Leto, contiene il regionario pomponiano in due versioni, di cui la seconda è frammentaria, con le aggiunte che egli andava man mano facendo fino a circa il 1488, anno nel quale Pomponio conobbe il calendario di Venosa, di cui non sono assolutamente presenti citazioni nel testo, vd. DE ROSSI 1882 p. 69, e più in generale sulla topografia pp. 49-87. Per la datazione del codice, Muzzioli ascrive al terzo periodo i ff. 21r-34v del Vat. lat. 3394 (contenenti estratti da Frontino, Dione Cassio, Rufo Festo e Ammiano Marcellino) e al quarto periodo i ff. 1r-20v, considerando non autografi del Leto i ff. 44r-48v, vd. MUZZIOLI 1959 pp. 347-349. Altre versioni, poi, del regionario di Pomponio con alcune varianti, ci sono tramandate nei codici Barberiniano lat. 28 e Marciano lat. X 195 (3453).

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Gli Excerpta costituiscono il resoconto di una passeggiata, reale o immaginaria, dell’umanista nell’Urbe in compagnia di un allievo d’oltralpe, alla quale si accompagna spesso la spiegazione dei monumenti che via via essi incontrano sulla strada179.

Nel percorso delineato negli Excerpta si scorgono tre itinerari: con il primo si inizia dal Colosseo e, dopo aver attraversato i fori, si perviene nei pressi del Pantheon, di San Lorenzo in Lucina e attraverso la via Flaminia si giunge nelle vicinanze del Pincio; con il secondo si parte dalla casa di Pomponio sul Quirinale e ci si ferma nella parte settentrionale del colle (la regione VI Alta Semita); con il terzo, infine, si va dalle pendici meridionali del Quirinale attraverso il Viminale e l’Esquilino fino a San Pietro in Vincoli. La visita nella zona del Celio, potrebbe, invece, costituire un itinerario indipendente, partendo dal quale, si va verso la regione Porta Capena, si attraversa l’Aventino, si visita la zona del foro Boario e del Circo Massimo e si termina il percorso giungendo nei pressi del Campidoglio180.

Le Stationes Romanae quadragesimali ieunio sono, invece, un’opera a carattere storico-religioso nella quale vengono elencati i luoghi di culto cristiani con lo scopo di offrire un itinerario sacro da compiere durante la Quaresima per ottenere la remissione dei peccati.

È interessante notare come, per indicare i siti in cui sorgono le chiese di Roma, si citino come punto di riferimento i monumenti antichi, come se fosse ovvia per i contemporanei di Pomponio la conoscenza degli edifici pagani181.

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Essi debbono essere stati composti dopo il 1484, data della morte di Sisto IV, perché l’espressione

tempore Xisti IIII, che si legge a proposito delle rovine del tempio di Ercole nel foro Boario, non

sembrerebbe indicare un tempo in cui il papa fosse ancora vivo. Il testo degli Excerpta ci è stato tramandato in quattro manoscritti: il codice Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Marc. Lat. X 195 (3453), il codice Firenze, Biblioteca degli Uffizi, V 2 7b, il codice Stuttgart, Württembergische Landesbibliothek, Hist. Qu. 316 e il codice lat. XI 108 (4365) della Biblioteca Marciana di Venezia (per quest’ultimo cf. GIONTA 2005 p. 153 n.1). Gli Excerpta erano noti col titolo De uetustate Vrbis nella prima stampa del 1510 ad opera del Mazzocchi e poi successivamente col titolo De uetustate

Vrbis ex Publio Victore et Fabio, nelle stampe ancora ad opera del Mazzocchi nel 1515 e nel 1523 (il

testo di queste edizioni, però, era molto scorretto); tra gli editori moderni degli Excerpta ricordiamo DE ROSSI 1882 pp. 58-64 (la cui edizione si basa sul codice Marciano lat. X 195 (3453), contenente anche il catalogo delle quattordici regioni rielaborato da Pomponio) e VALENTINI-ZUCCHETTI 1953 pp. 423- 436. Per una panoramica sugli Excerpta vd. ACCAME 2008 pp. 175-178.

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Vd. ZABUGHIN 1910-1912 pp. 171-173. 181

Pomponio, nella sua Difesa, scritta quando era imprigionato a Castel Sant’Angelo con l’accusa di congiura contro papa Paolo II, per testimoniare la sua religiosità, menziona le Stationes, opera in versi dedicata al cardinale Francesco Gonzaga e altri scritti di contenuto cristiano. Vd. CARINI 1894 p. 192 Secondo ZABUGHIN 1909 p. 52, le Stationes sarebbero l’unica opera, tra quelle menzionate, ad essere giunta fino a noi. Tale opera, in effetti, ci è pervenuta in due redazioni: la prima, edita da MARUCCHI 1909 pp. 62-65, risale forse ai primi anni del pontificato di Paolo II (dal 1464), la seconda, edita da SCHOTTUS 16254 pp. 505-508, presenta aggiunte e interventi apportati da Pomponio nel corso degli anni fin dopo il 1486. Vd. ZABUGHIN 1909 pp. 52-56 e ACCAME 1999 pp. 190-191.

La passione di Pomponio per l’antiquaria è, infine, evidente, come si è già detto, anche dalla collezione di epigrafi latine e greche che egli era solito conservare nel suo giardino sul Quirinale e che utilizzava come materiale per le sue lezioni, per gli allievi e per gli altri membri dell’Accademia182.