I.2.3. Opere di Pomponio Leto trasmesse in manoscritt
I.2.3.1. Possibili codici pomponiani anteriori al
Stando all’opinione di Vladimiro Zabughin, non sarebbero conservati codici o documenti pomponiani anteriori al 1468, anno della congiura e dell’imprigionamento,
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ZABUGHIN1906 pp. 223-227. Tale impostazione e terminologia è stata ampiamente accolta da Maria Accame, vd. ACCAME 2008 pp. 93-95.
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FERA 2002 p. 74. 134
CARINI 1894 pp. 167-177, in effetti, ha distinto le opere di Pomponio in opere a stampa, edizioni curate da Pomponio, manoscritti pomponiani e opere frutto degli studi archeologici, topografici ed epigrafici del Leto.
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Per una cronologia dei manoscritti autografi resta fondamentale l’analisi paleografica compiuta da Muzzioli, il quale, in base ai suoi studi, individua quattro periodi nella scrittura di Pomponio: il primo rappresentato dal ms. Ottoboniano 1956, da lui individuato, si distingue soprattutto per la presenza della g comune ed è ascrivibile ad un periodo antecedente al 1470; il secondo periodo è caratterizzato da una scrittura perfetta, con uso regolare della g onciale, per il quale si ricordano gli eleganti codici della serie Mazzatosta; il terzo periodo si distingue, invece, per il ricorso ad una scrittura ampia e per l’uso del θ in luogo di th, che si ritrova, ad esempio, in alcuni fogli del Vat. lat. 3233 e del Vat. lat. 3263; al quarto periodo, infine, appartiene una scrittura ampia e trascurata, tipica del grande miscellaneo, ovvero il Vat. lat. 3311, del Floro (Vat. lat. 3333) e di alcuni fogli del Regionario del Vat. lat. 3394. Vd. MUZZIOLI 1959 pp. 348-349 e più in generale pp. 337-351.
perché la biblioteca pomponiana andò distrutta a seguito delle perquisizioni ordinate prima dal governo veneto e poi da quello romano136.
Ma già il Muzzioli, nel 1959, nell’esaminare la scrittura pomponiana aveva indicato nell’Ott. lat. 1956 della Biblioteca Apostolica Vaticana (contenente Ditti Cretese) l’unico rappresentante del periodo anteriore al 1470, per la presenza di una corsiva minuta, arrotondata, vagamente scolastica e non ancora caratterizzata perché priva della tipica g onciale137.
Successivamente, Paola Scarcia Piacentini ha dimostrato, in base alla tipologia della scrittura e ad un esame della tradizione manoscritta, che ben cinque codici sono ascrivibili ad un periodo anteriore al 1470 e probabilmente al processo (1468-1469):
Roma, Biblioteca Vallicelliana, C 95: Siluae e Achilleis di Stazio Napoli, Biblioteca Nazionale, Farnesiano IV. E. 51: Lucrezio
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Chigiano L.VI.203: Diomede
Biblioteca Apostolica Vaticana, Ottoboniano lat. 1956: Ditti Cretese (il medesimo nominato da Muzzioli)
Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3378: Institutio oratoria di Quintiliano
Questi codici dovevano essere serviti allo studio personale di Pomponio che li avrebbe poi utilizzati successivamente nel corso del suo insegnamento: il codice di Quintiliano, ad esempio, fu annotato, come si è già detto138, di nuovo da Pomponio quando lesse e commentò l’Institutio nello Studium dopo il 1473; o ancora il codice
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Tale affermazione si trova in ZABUGHIN 1909 pp. 5-6 e 1910-1912 pp. 7-8. In realtà, però, Pomponio perdette effettivamente, tutta o in parte la sua biblioteca, nel 1484, quando la sua casa venne saccheggiata in seguito agli scontri tra gli Orsini e i Colonna, vd. il diario della città di Roma di Stefano Infessura in TOMMASINI 1890 p. 118.
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Il manoscritto cartaceo contiene nei ff. 1r-76r la Ephemeris belli Troiani di Ditti Cretese; nello stesso f. 76r ha inizio il proemio di Cornelio Prisco a Darete Frigio, che si interrompe solo cinque righe dopo; sono bianchi i ff. 76v-94v, mentre ai ff. 95r-110v si trova il Libellus de Augusti Caesaris
progenie dello pseudo Messalla, vd. MUZZIOLI 1959 pp. 340-344, 348, tav. XXIX. 138
di Lucrezio conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli (Farnesiano IV E 51), scritto ed emendato da Pomponio nel 1459, presenta alcune sottoscrizioni che dimostrano che l’umanista aveva svolto un’attività di copista a Roma tra il 1450 e il 1460139.
Vanno, inoltre, retrodatati al 1470 anche gli opuscoli di grammatica composti da Pomponio Leto.
Queste opere rivestono una notevole importanza nella produzione pomponiana, in quanto il Leto rappresenta l’unico umanista che tentò di scrivere realmente delle grammatiche scolastiche nuove, non più impiantate sui sistemi tradizionali di stampo medievale, ma basate esclusivamente sui grammatici antichi (tra cui anche Varrone e Quintiliano)140.
Zabughin ascriveva al secondo periodo d’insegnamento (1479-1484), e quindi ad un periodo successivo al 1470, la composizione di quattro manuali di grammatica pomponiani a lui noti:
Vat. lat. 2727 (dedicato nel 1479 a Thomas James)141 Vat. lat. 1497 (Romulus)
Vat. lat. 2793 (manuale in versi)
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SCARCIA PIACENTINI 1984 pp. 491-495, 500-503, 510-513, 515-516. Tale lavoro è stato ripreso ed arricchito in SCARCIA PIACENTINI 2007 pp. 88-110. Questo codice napoletano di Lucrezio (IV E 51), in effetti, potrebbe essere stato scritto, per una parte, dal Leto a Napoli (1.1-2. 859) e poi successivamente a Roma, come dimostra la sottoscrizione originale del IV E 51, dove non viene indicato il luogo della copia, f. 166v: 1458 (?) p...idus septembribus (sic) usque ad XIII kalendas octobres hic Lucretius
emendatus Rhome mense octobri a me Iulio magna cum diligentia, habuique exemplar exscriptum a uetustissimo codice an. M. LVIIII. CCCC. (visibile ai raggi ultravioletti), mentre nella sottoscrizione
posteriore si legge: Exscripsit Romae Pomponius et correxit XIII dierum spatio (su rasura). Questa seconda sottoscrizione non è una prova sufficiente per negare la possibilità che una parte della trascrizione da parte di Pomponio sia avvenuta a Napoli, vd. REEVE 1980p. 37 n. 3; inoltre, il codice napoletano (N) appare copiato da due codici diversi ed emendato su un terzo, tra essi ricordiamo il Vat. lat. 3276 (A) copiato, forse, a Napoli nel 1442 e glossato dal Panormita e il Barb. Lat. 154 (B), che reca le armi di Andrea Matteo III d’Aquaviva d’Aragona. Ciò potrebbe far pensare ad un gruppo di codici di Lucrezio napoletani, vd. REEVE 1980pp. 32-33. Per una descrizione del codice pomponiano di Lucrezio vd. BERTELLI 1965.
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La novità di queste grammatiche pomponiane non riguarda solo il contenuto ma anche la terminologia, come ad esempio il ricorso ad espressioni varroniane, vd. PERCIVAL 1976 pp. 84-86. Alcune osservazioni, inoltre, riguardanti la nuova terminologia applicata da Pomponio alla sintassi dei verbi, si trova in RIZZO 2002pp. 203-204.
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Al f. 2r di questo manoscritto è contenuta una definizione di grammatica di Pomponio Leto, molto vicina a quella del suo maestro Lorenzo Valla: Grammatice est semota quedam a uulgo loquendi
consuetudo, vd. RIZZO 2002 p. 92 n. 16. Sulla concezione della grammatica e più in generale sulle teorie linguistiche di LorenzoValla, vd. RIZZO 2002 pp. 87-118.
incunabolo stampato nel 1484 a Venezia presso Battista de Tortis (HCR 9834; IGI 7984; ISTC il00023000)142
Tale cronologia, però, è stata completamente ribaltata da Ruysschaert143, il quale aggiunge ai quattro manuali composti da Pomponio e noti a Zabughin, anche il
Fabius, contenuto nel Vat. lat. 11532.
Alla luce di questi nuovi studi, Ruysschaert, retrodata agli anni 1466-1467, cioè al periodo precedente l’imprigionamento del Leto in Castel Sant’Angelo, i seguenti manuali:
Romulus contenuto nel Vat. lat. 1497
Fabius, sfuggito a Zabughin e contenuto nel Vat. lat. 11532 il manuale in versi conservato nel Vat. lat. 2793
E di conseguenza, il quarto manuale:
una rielaborazione del Romulus offerta nel 1479 a Thomas James (Vat. lat. 2727)
che era per Zabughin il primo in ordine di tempo, diventa l’ultimo144.
L’incunabolo del 1484 rappresenta, invece, un compendio dei primi tre. Questa retrodatazione delle opere grammaticali, ad opera di Ruysschaert, confermerebbe un interesse più antico di Pomponio per tali questioni, testimoniato ancora una volta dal codice quintilianeo Vat. Lat. 3378, copiato e annotato da Pomponio quando, nel 1452, Lorenzo Valla leggeva Quintiliano nel suo Studium.