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L’ESEGESI A LUCANO PRIMA DI POMPONIO LETO

II.5. L’esegesi lucanea successiva ad Arnolfo (XII-XIV sec.) Dopo Arnolfo la fortuna della Pharsalia aumenta e si espande 58

II.5.3. Benvenuto da Imola interprete di Lucano

A questo punto, tappa obbligata della storia dell’esegesi lucanea è il commento di Benvenuto da Imola (1338-1388) a Lucano.

Benvenuto nacque ad Imola nel terzo decennio del 1300; nulla di certo è testimoniato delle sue vicende giovanili, studiò diritto e grammatica nella propria città sotto la guida del padre. Cominciando a godere di buona fama, come storico e lettore di auctores, nel 1361-62 fu a Bologna al seguito di Gòmez Albornoz, per cui compose tra il 1361 e il 1364 il Romuleon, un compendio di storia romana dalla distruzione di Troia a Diocleziano. Nuovamente ad Imola, lì ebbe nel 1364 l’incarico più importante della sua vita, ovvero fu mandato, senza avere però buon esito, in ambasceria ad Avignone per sollecitare l’intervento di Urbano V contra Azzo e Bertrando degli Alidosi. Successivamente si

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D’ALESSANDRO 2006p. 310: Intencio Lucani est narrare hec bella ciuilia ut illa uituperet alienos errores

ad aliorum ostendendum cautelas, ideo incipit: Quis furor o ciues, (...) et quia Senece hec inceptio nimis aspera et non ydonea uidebatur, scripsit hos uersus in principio: Bella per Ematheos.

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D’ALESSANDRO 2006pp. 308-316: l’intento pedagogico è molto importante perché, qui, per la prima volta nell’esegesi lucanea, viene esplicitato chiaramente e messo in grande rilievo: Dignum putans ut antiquorum

doctus laboribus posteris prolaboret, ego Gorus de Aretio extimaui Lucanu exponere, ut que audiendo uel legendo didiceram iunioribus traderem. Ergo hystorialia et poetica noscere cupientes si quid in hoc ope utile est, deo gratias agant, vd. D’ALESSANDRO 2006p. 307.

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68 stabilì a Bologna dove visse tenendo scuola privata (dal 1369 sicuramente nelle case di Giovanni da Soncino), leggendo non solo gli autori classici ma anche i moderni. Certamente la sua opera più importante è il Comentum super Dantem97. Da Bologna, infine, si trasferì a Ferrara dove morì tra il 1387 e il 138898.

L’attenzione su questo commentatore, conosciuto per il famoso commento all’opera maggiore di Dante, si ebbe allorché nel 1888 Vincenzo Crescini pubblicò un contributo su un codice contenente il commento di Benvenuto a Lucano99.

Si trattava del manoscritto 653 della Biblioteca Universitaria di Padova, recante prima dell’indice conclusivo un explicit molto chiaro: Expliciunt recollectiones super libro

Lucani recollecte sub reuerendo uiro magistro Beneuenuto de Imola in ciuitate Ferarie anno Domini M XXVIII Amen”100.

Tale codice fu studiato successivamente da Vincenzo Ussani, il quale pur avendo individuato nel manoscritto due commenti distinti alla Pharsalia, anche se copiati da una stessa mano, sostenne che entrambi potessero essere attribuiti a Benvenuto sulla base di alcune analogie contenutistiche tra il commento della prima parte e quello a Dante101.

Fu, molti anni dopo, merito del Rossi aver, invece, capito che il commento della prima parte non era riconducibile a Benvenuto quanto piuttosto a Goro d’Arezzo.

Il Rossi, inoltre, in due contributi che sono l’uno il leggero ampliamento dell’altro102

, ha anche individuato altri testimoni manoscritti del commento di Benvenuto, oltre al padovano: il codice II 192 della Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara, che fu il punto di riferimento per ossi per l’edizione dell’accessus a Lucano e del commento fino a

Phars. I,1103, e il codice 144 del Balliol College di Oxford104.

Gli explicit di questi tre codici, dal momento che dichiarano di contenere

recollectae, hanno permesso a Rossi di ipotizzare una lettura di Lucano iniziata da

Benvenuto a Ferrara tra l’inverno del 1377 e il 1378, i cui materiali sono poi conflutiti nei codici sopra citati105.

97 Vd.

PAOLAZZI 1979, pp. 319-363, ora raccolto in PAOLAZZI 1989. 98

Sulla biografia di questo personaggio vd. PAOLETTI 1966pp. 691-694. 99 CRESCINI 1888, pp. 115-123. 100 ROSSI 1991p. 168. 101 USSANI 1902 pp. 199-211. 102

ROSSI 1991pp. 165-203, di cui una versione leggermente ridotta si trova in ROSSI 1992pp.47-101. 103

ROSSI 1991pp. 194-203. 104

A questi codici si aggiungano quelli contenenti solo alcune glosse di Benvenuto e non il commento continuo: il manoscritto Colombino 5.5.13 (cart. Sec. XV) e il Laurenziano 35.6 del 1412, ROSSI 1991p. 179. 105

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Il commento di Benvenuto a Lucano si apre con un accessus106, nel quale l’Imolese si impegna a confutare le posizioni dei commentatori a lui precedenti107:

1) nome del poeta con relativa etimologia108

2) la uexata quaestio se Lucano sia stato poeta o historiographus (Benvenuto per risolvere la questione ricorre per la prima volta alle parole stesse del poeta)109 3) materia110

4) scopo dell’opera111 5) utilità112

6) valore etico dell’opera113 7) titolo dell’opera114

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ROSSI 1991p. 194: In principio istius libri intendo querere aliqua et primo quis autor, 2° que materia, 3°

que intentio, 4° que utilitas, 5° cui parti filosofie supponatur, 6° quis sit libri titulus.

107 Per esempio egli criticò aspramente la notizia riferita sia da Zono che da Goro secondo cui Seneca e Lucano furono portati a Roma dopo che Nerone ebbe conquistato Cordoba: Omnes commentatores dicunt

quod Nero grandi copia fortique brachio transiuit in Hispaniam et capta Corduba duxit inde Senecam et Lucanum Romam et accepit Senecam in magistrum. Sed hoc totum certe est falsissimum, quia certe Nero numquam uidit Hispaniam nec arma tractauit, vd. ROSSI 1991p. 199, ma anche D’ALESSANDRO 2006p. 308 n. 33.

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ROSSI 1991p. 195: Omnes tamen expositores dicunt quod dictus est Lucanus quia lucem canens et quod

historiam que latebat in tenebris produxit in lucem, sed hoc est falsum. Imo Titus Liuius eleganti stillo et nobilissime, prosaice, clare descripsit hanc historiam; similiter Iulius Celsus, qui fuit semper comes Iulii Cesaris in omnibus notabilibus gestis eius, dillucide ipsam descripsit et clarius. Ymo audeo dicere quod ubi historia erat clare descripta ipse descripsit obscure et succinte. Hoc tamen non dico in detrationem poete, quia ipse sub nube uerborum succissa uoluit uelare precisam sententiam et bene. Si tamen uis aliquo auspicio uocabuli denominare, dic potius quod dicitur Lucanus quia luctum canens, eo quod tractat de materia lugubri et lacrimosa, quia de ciuilibus bellis que excesserunt omnia atrocia bella Romana.

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ROSSI 1991pp. 195-196: Dicitur 4° poeta, sed contrarium uidetur. Lucanus semper conatus est appellari

poeta et tamen numquam potuit laureari, quia sibi obiiciebatur quod descripserat meram historiam. Dicit ergo tamen quod est poeta quia, licet descripserit meram historiam, tamen poetice [se] in multis locis se habuit, et ipsi met comatum dicit (dici, ms.) poeta et se ipse uocat ubi dicit «Nec, te si pectore uates/accipiam, Cirrea uelim secreta mouentem/ solicitare deum Bachum» (Phars. 1. 63-65).

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ROSSI 1991 p. 196: Dico quod materia istius libri est ipsum bellum ciuile gestum inter Cesarem et

Pompeium, quod ipse pro materia suscepit.

111

ROSSI 1991 pp. 196-197: Certe intentio optima, quia intendit arcere tam principes quam plebeios a

perpetratione bellorum intestinorum, ostendendo fines miserabiles ad quos deuenerunt principales qui commiserunt ipsa bella ciuilia et eorum sequaces.

112

ROSSI 1991p. 197: Vtilitas est maxima, quia ut homines docti exemplo istorum fugiant bella intestina et

sectentur studia pacis [...]

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ROSSI 1991p. 197: Dico quod pollicite, quia tractat de regimine principum. Bene etiam potest supponi

ethice et phisice et methaphisice, in quantum etiam tractat de rebus moralibus, naturalibus et diuinis; principaliter tamen pollicite.

114

ROSSI 1991 pp. 197-198: Vltimo querebatur quis sit libri titulus; et nota quod omnes commentatores

uidentur i norasse ro rium titulum uius libri dicunt enim solumodo “incipit liber Lucani”, et tamen bene nouerunt titulos aliorum librorum, ut Eneidos Virgilii, Thebaidos Statii. Titulus er o est “incipit Farsalia

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8) commento dell’epitaffio Corduba me genuit115

9) attribuzione dei primi sette versi del poema (egli li considera lucanei, senza menzionare, però, l’opinione di Arnolfo, che già aveva rifiutato l’attribuzione di essi a Seneca)116.

Benvenuto, come consuetudine dei commentatori medievali, poi, divide il testo in sezioni, offre spesso ricapitolazioni della materia, inserisce ampie schede di storia romana e fa numerose riflessioni di natura retorica; mancano tuttavia interventi di natura critico- testuale.

Spesso nelle note di geografia, per essere più chiaro nella spiegazione, ricorre ai corrispettivi toponimi moderni, fa dei paralleli col mondo contemporaneo, si serve del volgare per chiarire il significato di termini latini, e a volte, nelle glosse si abbandona a notazioni personali o aneddoti117.

Per quanto riguarda i modelli da lui seguiti, pare abbondante la presenza di Arnolfo, minore quella dei Commenta e delle Adnotationes118; spesso egli critica Zono, tacciato solo di saper dire multa friuola, anche se però poi non mancano casi in cui egli segue le sue spiegazioni119.

Lucani”, ut ipse Lucanus, indicat, scilicet: Pharsalia nostra/uiuet et a nullo tenebris damnabitur euo. Dicitur

enim Farsalia quia de rebus gestis in Farsalia tractat, sicut liber Petrarche nominatur Affrica quia de bellis gestis in Affrica tractat. Certe libri titulus est iste Marci Annei, Lucani poete Cordubensis Farsalie liber

primus incipit. In quo quidem titulo tangitur primo autoris nomen cum dicitur Marci Annei Lucani poete, et

tangitur locus natiuus eius cum dicitur Cordubensis, tangitur locus ubi facta sunt ipsa bella ciuilia, tangitur ordo cum dicitur liber primus, quia sequitur secundus et tercius et sic de singulis.

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ROSSI 1991pp. 198-199: His uisis, descendendum est ad illa prima carmina que premittuntur, de quibus

omnes commentatores dixerunt uaria et diuersa. Dicunt aliqui quod Seneca patruus Lucani fecit, sed non est uerum, quia ipse Lucanus uixit eo tempore quo Seneca, et eodem genere mortis et eadem de causa et eodem tempore mortui sunt; ideo Seneca non potuit ipsa fecisse. Dicunt alii quod Ouidius ipsa fecerat, sed hoc est falsum (f. 1va), imo et impossibile, quia Ouidius floruit tempore Augusti secundi imperatoris, Lucanus autem tempore Neronis VI imperatoris. Dico ergo bene quod potuit esse Seneca sed non ille moralis patruus Lucani, sed alius Seneca tragedus qui longo tempore post floruit, qui scripsit tragedias que falso intitulantur Senece morali <et>epitafium Lucani quod semper inscribitur gratia diuturne fame.

116

ROSSI 1991pp. 180-182; e pp. 202-203: [...] Primo cogor extirpare unum errorem comunem, quia inter

ceteros de quibus maxime indignor. Est ille error quod communiter omnes comentatores dicunt: quod Lucanus non incepit hic, imo ibi Quis furor (Phars. I, 8). Et pro tanto hoc dico quia si exponunt dicta autoris male, peius est, quia peruertunt mentem principalem autoris, quia dicunt quod inceperat nimis turgide et inflate: ideo uolens hoc Seneca declarare premiserit ista carmina. Sed est falsum quia hoc incepit: nam de more est omnium bonorum poetarum primo poponere, 2o inuocare, 3o narrare. Et sic Lucanus primo proponit, quia dicit Bella canimus et sequitur Virgilium qui dicit Arma cano; secundo Seruius Virgilii commentator dicit expresse quod incepit hinc. Et si non placet Seruius, placeat Augustinus De ciuitate Dei

<qui> dicit “ uam iusto, uam rationabili doloris instinctu ucanus exclamat Bella per Emathios”. Et sic

proponit Lucanus. Et sic continuat Nos canimus (Phars. I, 2), id est canere intendimus, id est poetice describere, bella plus quam ciuilia.

117 ROSSI 1991p. 184. 118 ROSSI 1991p. 185. 119 ROSSI 1991pp. 186-187.

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Tra gli autori citati si ha la prevalenza assoluta di due storici: Giulio Celso e Tito Livio; tre volte poi egli cita Dante ed una volta Boccaccio, mentre più problematico è il suo rapporto con Petrarca: egli cita l’Africa per giustificare il titolo del poema lucaneo come desunto dal contenuto (Pharsalia nostra) e poi, poco dopo, a proposito del suicidio di Lucano120; in ciò si colgono delle analogie con il Preambulum siue introductio libri

Lucani di Pietro da Parma121, di cui si parlerà più avanti.