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Un maestro di grammatica commentatore di Lucano: Goro d’Arezzo

L’ESEGESI A LUCANO PRIMA DI POMPONIO LETO

II.5. L’esegesi lucanea successiva ad Arnolfo (XII-XIV sec.) Dopo Arnolfo la fortuna della Pharsalia aumenta e si espande 58

II.5.2. Un maestro di grammatica commentatore di Lucano: Goro d’Arezzo

Prima di passare all’altro caposaldo dell’esegesi medievale lucanea, ovvero Benvenuto da Imola, pare opportuno soffermarsi, poiché cronologicamente di poco anteriore, su un personaggio dello Studium aretino, ovvero Goro d’Arezzo.

Magister grammaticae che operò nello studium aretino prima della peste del 1348 ed ebbe il merito di

aver dato alle sue opere una grande valenza didattica83.

Il suo commento a Lucano, tuttora inedito, ci viene tramandato da cinque manoscritti: Vindobonensis, Schottenkloster 249 (222), Ambrosianus H 174inf, Patavinus B.U. 653, Londra Harleianus 2458, Par. lat. 8047, dei quali tre tramandano l’intera opera, mentre due sono acefali e adespoti (Ambrosianus H 174inf e Patavinus B.U. 653)84.

Il Weber nella sua trattazione del 1831 riportò alcuni excerpta del commento di Goro, attribuendoli però ad altri chiosatori85.

La Sanford, nel suo lavoro sui manoscritti di Lucano, ha fatto spesso riferimento al commento di Goro, descrivendone alcune caratteristiche, anche se non conosceva tutti e cinque i testimoni manoscritti oggi individuati86.

Il Rossi, nel suo lavoro su Benvenuto da Imola, a cui si accennerà ampiamente nel prossimo paragrafo, ha il merito di aver attribuito a Goro d’Arezzo un commento a Lucano contenuto nel Patavinus B.U. 653, a lungo ritenuto di Benvenuto come l’altro commento a Lucano in esso conservato87.

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NOVATI 1908p. 176 definì Zono “il padre della pedanteria, il tipo più compiuto del grammatico medievale, che, non sapendo nulla di nulla, insegna tutto; che affronta le maggiori difficoltà senza nemmen avvedersi che esistano, e ripete le più viete cose con l’aria di fare delle scoperte...”.

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La MATTHEWS SANFORD 1934bp. 282 tenta un confronto tra Zono e Pomponio Leto, considerando però erroneamente di Pomponio il commento a Lucano contenuto nel Vat. lat. 3284, in quanto ritiene, come si è già detto sopra, pomponiana una delle mani presenti su tale codice.

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Oltre al commento a Lucano, Goro compose anche i Vocabula, le Regule parue e le Regule ortographie

per alphabetum compilate, vd. D’ALESSANDRO 2006 pp. 300-302. 84 Vd. D’ALESSANDRO 2006pp. 305-306. 85 WEBER 1831pp. XXVIII-XXIX. 86 MATTHEWS SANFORD 1934b pp. 278-295. 87 Vd. ROSSI 1991 pp. 169-174 e pp. 179-180 n. 45.

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Per quanto riguarda la datazione del commento di Goro a Lucano si può porre come

terminus ante quem la data del 1368, contenuta nel manoscritto milanese e come terminus post quem la data del 1348, se si tiene conto di un riferimento alla peste contenuto nel

manoscritto londinese88.

Goro, come Zono, Benvenuto e Domenico di Bandino era un magister

grammaticae, pertanto probabilmente si servì del commento a Lucano nel suo

insegnamento della grammatica.

Il commento di Goro a Lucano si presenta come un’opera che ha una propria natura rispetto al testo lucaneo; il commento si apre con un accessus:

1) vita dell’autore (particolare del rapimento di Nerone e singolare notizia relativa alla morte di Lucano che si sarebbe gettato nel fuoco)89

2) etimologia del nome90 3) titolo dell’opera91 4) materia92

5) scopo dell’opera93 6) breve riassunto storico

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D’ALESSANDRO 2006p. 306 n. 26. 89

D’ALESSANDRO 2006p. 308: Lucanus fuit patria cordubensis cuius patruus et magister Seneca fuit. Unde

dum ciuitas Corduba rebellasset romanis, uicta et capta fuit a Nerone et ipse Lucanus et Seneca Romam captiui sunt ducti quorum Seneca in magistrum Neronis electus et honoratus est. Primo demum eligere sibi mortem est coactus ipsius crudelitate Neronis cui uoluptas erat occidere bonos uiros. Lucanus autem ut famam compararet animum ad scribendum applicuit, sed Nero cum cognosceret aliqua in obprobrium sui dicta, ut in principio patet, fecit ipsius Lucani linguam euelli eumque in igne proici, ex quo liber nec correptus nec completus est. Quest’ultimo particolare della morte di Lucano è molto originale e verrà ripreso

successivamente anche da Benvenuto da Imola e da Pietro da Parma, di poco posteriori a Goro; per Benvenuto vd. ROSSI 1991 pp. 200-201: Nec dicas quod Nero fecit ipsum elinguari, sicut comuniter dicitur; e per Pietro da Parma vd. MONTI 1994pp. 271-272: Aliqui dicunt quod Nero fecit Lucanum abacinari, alii

extirpari linguam per occipitium.

90 Goro riporta il gioco etimologico lucem canens o lucide canens, enim inter ceteros poetas eluxit, ben attestato, ma preferisce la forma dicitur Lucanus quasi luctum canens, vd. D’ALESSANDRO 2006p. 309. 91

Per Goro il libri titulus è semplicemente liber Lucani, vd. D’ALESSANDRO 2006p. 310. 92

D’ALESSANDRO 2006p. 307 n. 30: In principio uidenda sunt aliqua de auctoritate de materia libri et de

ipsius intentione finali [...];D’ALESSANDRO 2006p. 309: materia libri huius est narrare ciuile bellum quod

gestum est inter Cesarem et Pompeyum [...] sed ut sequencia plenius elucescant summatim aliqua de romana historia sunt scienda.

93 L’intenzione di Lucano è da un lato quella di raccontare la guerra civile perché venga biasimata e spinga i posteri a non commettere gli stessi errori: Intencio Lucani est narrare hec bella ciuilia ut illa uituperet

alienos errores ad aliorum ostendendum cautelas, vd. D’ALESSANDRO 2006 p. 310, dall’altro è quella di raggiungere la notorietà: Lucanus autem ut famam compararet animum ad scribendum applicuit, vd. D’ALESSANDRO 2006p. 308.

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7) attribuzione dei primi sette versi del poema94

All’inizio di ogni singolo libro, Goro suddivide la materia in sezioni a loro volta frazionate in sottounità più brevi.

Egli si mostra molto attento alle componenti retoriche e mostra di avere un forte debito verso le fonti classiche; si leggono note di medicina, di mitologia, di astronomia, di geografia con il ricorso al volgare per spiegare alcuni termini latini; il suo interesse primario, però, rimane fornire ai suoi allievi le conoscenze necessarie per la comprensione del testo; ciò, dunque, conferisce al commento un intento strettamente pedagogico95.

Anche se la D’Alessandro tenta di mettere in luce l’originalità di Goro per il ricorso alla citazione e alla schematicità della spiegazione con lo scopo di un’immediatezza didattica, l’impianto del commento appare tipicamente medievale; in comune con Arnolfo la suddivisione della materia in sezioni e sottosezioni e l’attribuzione al poema di un valore etico96; in comune con Zono il racconto secondo cui Nerone, conquistata Cordoba, portò a Roma Seneca e Lucano, la convinzione che il poeta cordovese si sia dedicato alle lettere per amor di gloria, la non attribuzione dei primi sette versi della Pharsalia a Lucano e il ricorso a false etimologie del nome Lucano.