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Benefici e profili di criticità

1. La centralità della questione ambientale

1.2. L’importanza dell’informativa socio-ambientale

1.2.1. Benefici e profili di criticità

Dato l’affermarsi della RSI nella gestione aziendale, il successo aziendale dipende anche dall’attitudine delle imprese ad interagire e a rispondere alle esigenze dei propri portatori di interesse. La responsabilità d’impresa è, dunque, una “responsabilità sociale

allargata” dal momento che “l’ambiente naturale diventa esso stesso uno stakeholder aziendale”58. Sebbene un comportamento green e socially responsible costituisca una vera opportunità per le imprese in quanto consente di ottenere benefici di tipo economico- reputazionale, è opportuno evidenziare anche i profili di criticità relativi alla RSI ed alla comunicazione esterna ambientale.

58 Paolo Oliva, Le spese per la certificazione ambientale – Una provocazione: vantaggi e opportunità della

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Un primo profilo di criticità riguarda la volontarietà dell’informativa socio-ambientale. Tale caratteristica è, tuttavia, sotto un diverso profilo di analisi, determinante al fine dell’ottenimento di un maggior valore aggiunto e di un maggior consenso da parte dei destinatari del bilancio: le prescrizioni normative, infatti, prevedono nella maggior parte dei casi un contenuto minimo non garantendo, da un lato, la qualità della comunicazione e lasciando, dall’altro, “un ampio margine di discrezionalità per cui l’esaustività e la

completezza delle informazioni contenute nei documenti pubblicati risultano significativamente influenzate dagli obiettivi che ciascuna azienda si propone di raggiungere con la propria comunicazione”59.

Secondo una prospettiva critica, la voluntary disclosure ha, dunque, come conseguenza che alcune imprese potrebbero decidere non comunicare all’esterno le azioni intraprese e gli obiettivi raggiunti proprio per evitare il rischio di incorrere in sanzioni. Il carattere della volontarietà comporta, inoltre, che, una volta individuati gli stakeholders dell’impresa, le azioni da intraprendere e le informazioni da comunicare, resta sempre il problema dell’attuazione pratica dal momento che, infatti, non vi è garanzia che quanto promesso o quanto dichiarato venga effettivamente messo in pratica. Secondo Zamagni vi sono due possibilità di soluzione a tale problema: la prima soluzione consiste nel cosiddetto meccanismo della reputazione secondo cui l’impresa si autoinfligge sanzioni a seguito di comportamenti contrastanti a quanto previsto dal proprio codice etico; in questo modo vedrà accrescersi il proprio capitale reputazionale e, di conseguenza, la sua

performance economica. La seconda soluzione è, invece, una conseguenza naturale del

funzionamento del mercato: la competizione, infatti, selezionerà le culture di impresa

59 Daniela M. Salvioni, Cultura della trasparenza e comunicazione economico-finanziaria d’impresa, Università

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fondate sui valori che si mostreranno più profittevoli e premierà coloro che promuovono culture etiche basate sui valori della RSI cosicché tali valori verranno ad identificarsi come vere e proprie virtù60.

Un secondo profilo di criticità riguarda l’assenza di una previsione normativa che regoli le modalità di comunicazione ambientale. Ciò, oltre a non garantire una comparabilità tra le aziende, potrebbe comportare che vengano considerate aziende socialmente più responsabili quelle che forniscono più informazioni e non quelle che effettivamente adottano una strategia, un comportamento etico e raggiungono risultati in campo ambientale.

Entrambi i profili di criticità possono, tuttavia, considerarsi risolti, anche se in parte, con l’attuazione del D. Lgs. n. 254/2016 che, oltre a prevedere l’obbligatorietà per le imprese con particolari caratteristiche di redigere un’informativa non finanziaria, ha previsto un set di informazioni che necessariamente devono essere incluse, nonostante non sia stata disciplinata, d’altro canto, la struttura che tali report devono avere. Anche se, di fatto, non è stato risolto il problema della comparabilità, mediante la previsione di maggiori controlli e l’attestazione da parte del revisore viene garantita l’effettività delle informazioni comunicate all’esterno.

L’introduzione di una disclosure non finanziaria vuole, inoltre, soddisfare l’esigenza palese della validità della comunicazione esterna. Non esiste, infatti, attualmente una cultura diffusa della trasparenza; tale assenza ha comportato una limitata qualità dell’informazione e, proprio per questo, la trasparenza rappresenta uno dei principi

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cardine che l’impresa deve seguire ai fini della qualifica di impresa socialmente responsabile.

Dal punto di vista dei benefici che la RSI, invece, l’attenzione alla questione ambientale consente alle imprese di conformarsi alle attuali regolamentazioni evitando eventuali sanzioni e di anticipare future problematiche. Inoltre, una volta che la sostenibilità diventa parte della cultura d’impresa, questa può consistere in un vero e proprio vantaggio competitivo per l’impresa stessa che sarà in grado di raggiungere nuovi mercati, come, ad esempio, il mercato dell’equo-solidale o del bio; ottenere benefici legati al mercato come un risparmio di costi e l’eco-efficienza; incrementare l’immagine e la reputazione dell’organizzazione. Questi vantaggi, accompagnati da un’adeguata informativa, consentono di ottenere un vero e proprio valore aggiunto sostenibile nel medio-lungo periodo. Dall’investimento in ambito ambientale, infatti, l’impresa si aspetta di aumentare la redditività economica. Proprio per questo le spese sostenute ai fini del consolidamento di un comportamento socialmente responsabile sono da intendersi come investimenti, che sottintendono il carattere del medio-lungo periodo, e non come costi all’interno del bilancio per i quali sarà, dunque, necessaria un’adeguata comunicazione. In pratica, secondo Miolo Vitali, “nelle imprese più avvedute la questione ecologica si trasforma in

occasioni imprenditoriali, che rafforzano le condizioni economico-finanziarie dell’impresa; l’assenza di una strategia ambientale provoca, dunque, all’impresa, dei danni ben superiori dell’onere richiesto dalla sua attuazione”61.

Tali occasioni si tradurranno, tuttavia, in risultati effettivamente percepiti dall’azienda e dagli stakeholders soltanto attraverso un’adeguata comunicazione esterna. Al fine del

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raggiungimento di un tale obiettivo, però, risulta fondamentale rivedere e revisionare le regole ed i comportamenti aziendali rispondenti ai criteri di veridicità, di chiarezza e di trasparenza.

Le opportunità che un comportamento socialmente responsabile consente di ottenere possono essere estese anche alle PMI. Infatti, la responsabilità sociale non è stata concepita esclusivamente per le grandi imprese dal momento che ciò metterebbe in discussione la sua applicabilità sul mercato italiano, dove “il panorama economico è

rappresentato in prevalenza da piccole e medie imprese”62. Anche se, circa la metà delle PMI risultano coinvolte sul piano sociale, le iniziative adottate risultano meramente occasionali e difettano di un’adeguata comunicazione presso il pubblico63; ciò comporta

l’assenza del valore aggiunto che solo l’attuazione di una consapevole strategia di responsabilità sociale può apportare. Sebbene il nuovo decreto sull’informativa non finanziaria preveda un sistema di riconoscimento per quelle imprese che volontariamente redigono una dichiarazione ai sensi del D. Lgs. 254/2016, tra cui vi potrebbero rientrare le PMI, diviene fondamentale che la responsabilità sociale si diffonda sempre di più tra le piccole e medie imprese, soprattutto nel panorama italiano.

Essere socialmente responsabili, dunque, significa per le imprese adempiere ai propri doveri morali nei confronti dei soggetti coinvolti, soddisfare le richieste dei propri

stakeholders, comunicare all’esterno le azioni intraprese, gli obiettivi raggiunti e gli

investimenti effettuati. Con il concetto di investimento socialmente responsabile si fa riferimento anche alla finanza etica, che è un’ulteriore questione positiva che si è sviluppata a seguito della diffusione del concetto di Responsabilità sociale di impresa. La

62 P. Cavicchi, A. Dalledonne, C. Durand, G. Pezzuto, Bilancio sociale e ambientale, op. cit., pag. 17 63 P. Cavicchi, A. Dalledonne, C. Durand, G. Pezzuto, Bilancio sociale e ambientale, op. cit., pag. 18

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finanza etica presuppone, di fatto, un coinvolgimento dei cittadini, ovvero dell’investitore etico che sarà interessato non solo al rendimento dell’operazione, ma che vuole anche essere consapevole del processo produttivo adottato dall’impresa in cui ha investito. Scegliendo, infatti, per un determinato fondo di investimento, l’investitore appoggia tematiche quali la tutela dell’ambiente, il riciclo dei rifiuti, lo sviluppo sostenibile ed altre questioni legate, ad esempio, alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori. “L’investimento

etico si sostanzia, dunque, nella selezione e nella gestione degli investimenti condizionata da criteri etici e di natura sociale”. Tra le diverse concezioni di finanza etica per le

imprese, risultano rilevanti quella che comprende tutti “gli intermediari finanziari che

svolgono un ruolo attivo nei CdA al fine di modificare i comportamenti delle aziende di cui possiedono le azioni, orientandoli verso un comportamento socialmente responsabile”; e quella che comprende tutti “gli intermediari che non investono in aziende che abbiano violato criteri etici definiti a priori”64.

In conclusione, sebbene i profili di criticità della RSI risultino diversi e fondati, nella realtà attuale un comportamento socialmente responsabile da parte degli attori economici del mercato risulta fondamentale a seguito della sempre più crescente globalizzazione la quale, oltre a generare un aumento degli scambi economici e finanziari, aumenta il rischio di depauperamento delle risorse naturali che costituiscono, oltre ad una garanzia per la vita dell’essere umano, un capitale naturale prezioso per le imprese che hanno, dunque, l’onere e il dovere morale di salvaguardarlo. Il comportamento delle imprese risulta, pertanto, essenziale: un’impresa verde infatti, non solo deve essere orientata alla salvaguardia dell’ambiente, ma deve incorporare una consapevolezza ed una cultura

64 Leonardo Becchetti, Luigi Paganetto, Finanza etica e commercio equo solidale, Donzelli Editore, Roma, anno 1990,

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etico-ambientale all’interno della propria organizzazione aziendale. La Responsabilità sociale d’impresa, inoltre, si afferma e diventa un pilastro del mercato attuale proprio per una mancanza di legittimazione in campo socio-ambientale; in tal senso, data l’assenza, infatti, di una normativa di riferimento e di un coordinamento stringente a livello mondiale, le imprese si trovano costrette ad autolegittimarsi, riconoscendo la necessità di un comportamento moralmente più responsabile, soprattutto a seguito delle pressioni della comunità esterna, sempre più sensibile alle questioni ambientali e sociali. In questo scenario nascono e si diffondono strumenti di rendicontazione ambientale volti, non solo a far emergere il valore aggiunto che una gestione RSI consente di ottenere, ma a ottenere un maggior consenso dagli stakeholders che divengono, in tale ottica, fondamentali nel processo di definizione degli obiettivi, delle strategie dell’impresa e delle modalità di comunicazione all’esterno dal momento che, la comunicazione stessa rappresenta un “patrimonio immateriale di primario livello per lo sviluppo delle imprese”65.