3. Profili di bilancio
3.1. Costi e passività ambientali
3.1.1. Le spese ambientali e le immobilizzazioni materiali
in conto impianti: cenni - 3.2. Le quote di emissione gas ad effetto serra ai sensi dell’OIC 8 – 3.2.1. Il mercato delle emissioni (ETS) – 3.2.2. Natura, ambito soggettivo e oggettivo – 3.2.3. Valutazione e rappresentazione in bilancio – 3.2.4. Informazioni in Nota Integrativa – 3.2.5. Differenze con IAS/IFRS – 3.3. Certificati verdi e bianchi: cenni
Con il passare del tempo le esigenze e le aspettative degli stakeholders sono aumentate fino ad attribuire una “crescente valenza economico-patrimoniale nel breve e nel lungo
termine180”; ciò costringe ed incentiva al tempo stesso le imprese a rappresentare e descrivere la relazione con l’ambiente, mediante gli strumenti di comunicazione volontaria181 ed il Bilancio di esercizio stesso.
Con riferimento a quest’ultimo, il Bilancio d’esercizio gode di proprietà e caratteristiche che lo qualificano come strumento base e ideale ai fini di una completa e chiara comunicazione ambientale. Una delle caratteristiche principali del bilancio è quella della pubblicità: esso è, infatti, per definizione uno strumento pubblico in quanto il deposito e la pubblicazione vengono disciplinati da una norma di legge, ovvero dall’art. 2435 c.c.182 Il bilancio, inoltre, a differenza di tutti i principali strumenti di comunicazione ambientale, è ampiamente regolamentato dalla legge che disciplina i principi di
180 P. Cavicchi, A. Dalledonne, C. Durand, G. Pezzuto, Bilancio sociale e ambientale, op. cit., pag. 147 181 Per approfondimenti si veda il paragrafo 2.2.
182 Art. 2435 c.c. - Pubblicazione del bilancio e dell’elenco dei soci e dei titolari di diritti su azioni: “Entro trenta giorni
dall’approvazione una copia del bilancio, corredata dalle relazioni previste dagli articoli 2428 e 2429 e dal verbale di approvazione dell’assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere, a cura degli amministratori, depositata presso l’ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio a mezzo di lettera raccomandata.
Entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio le società non aventi azioni quotate in mercati regolamentati sono tenute altresì a depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese l’elenco dei soci riferito alla data di approvazione del bilancio, con l’indicazione del numero delle azioni possedute, nonché dei soggetti diversi dai soci che sono titolari
di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime. L’elenco deve esserecorredato dall’indicazione analitica delle
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redazione183, la struttura e le informazioni che devono essere inserite184. Proprio per quest’ultimo aspetto “l’informativa ambientale inserita all’interno del bilancio
d’esercizio fruisce dello stesso sistema di tutela della qualità dell’informazione”185. Il problema principale da affrontare con riferimento alla comunicazione ambientale nel bilancio è, però, quello di evitare una carenza di informazione tale da compromettere la chiarezza, la verità e la correttezza della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’impresa fino a costituire una vera e propria violazione delle norme.
È comunque opportuno precisare che la questione ambientale interessa due diversi sistemi di contabilità: la contabilità gestionale, da un alto, la quale ha l’obiettivo di fornire al management le informazioni necessarie ai processi decisionali, fa riferimento, principalmente, alla rilevazione ed alla misurazione dei costi (interni, esterni, indotti) ambientali; e la contabilità finanziaria, invece, è volta a fornire informazioni di natura economico-finanziaria ai terzi e si basa, appunto, sul Bilancio d’esercizio.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, nel presente capitolo, relativamente ai profili di bilancio verranno, dunque, analizzate le modalità di rilevazione dei costi e delle passività ambientali che un’impresa deve sostenere attraverso l’esposizione degli obblighi e degli effetti prodotti sulla comunicazione d’impresa dal D. Lgs. n. 216/2006186, con cui è stato introdotto il sistema di Emission Trading Scheme187.
183 Disciplinati all’art. 2423-bis c.c., Principi di redazione del bilancio
184 La struttura del bilancio di esercizio è disciplinata dai seguenti articoli del codice civile: 2424 (Contenuto dello stato
patrimoniale), 2425 (Contenuto del conto economico), 2427 (Contenuto della nota integrativa), 2428 (Relazione sulla gestione), 2435-bis (Bilancio in forma abbreviata), 2435-ter (Bilancio delle micro-imprese)
185 P. Cavicchi, A. Dalledonne, C. Durand, G. Pezzuto, Bilancio sociale e ambientale, op. cit., pag. 149
186 D. Lgs. n. 216/2006, Attuazione delle direttive 2003/87 e 2004/101/CE in materia di scambio di quote di emissioni
dei gas a effetto serra nella Comunità, con riferimento ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2006
82 3.1. Costi e passività ambientali
I primi profili di bilancio che è necessario analizzare con riferimento agli aspetti ambientali riguardano i costi che un’impresa si trova a sostenere al fine di prevenire, ridurre e riparare i danni provocati all’ambiente dallo svolgimento delle sue attività. È possibile ricondurre tali costi al concetto di spesa ambientale, la cui definizione viene fornita dalla Raccomandazione della Commissione e delle Comunità Europee n. 1495 del 30 maggio 2001. All’interno di tale concetto rientrano, tuttavia, differenti tipologie e casistiche di costi che un’impresa può trovarsi a sostenere nel corso della propria attività, che verranno approfondite nei paragrafi successivi.
Sempre nei paragrafi successivi verranno esposte le modalità di valutazione e rilevazione delle passività ambientali188 previste sia dai principi contabili nazionali ed internazionali
la cui quantificazione ed esposizione risulta fondamentale ai fini di una corretta rappresentazione della situazione patrimoniale, economico e finanziaria della società.
3.1.1. Le spese ambientali e le immobilizzazioni materiali
Come anticipato, una definizione di spesa ambientale viene fornita dalla Raccomandazione della Commissione Europea, n. 1495. Questo documento, risalente al 30 maggio del 2001, si inserisce in un contesto in cui i lettori del bilancio ritenevano insufficienti od inattendibili le informazioni ambientali comunicate dalle società proprio a causa di una mancanza di regole esplicite. Fermo restando che la Raccomandazione non
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mira ad introdurre l’obbligo di redigere documenti separati in materia ambientale, ma a fornire un ausilio alle imprese in merito a quali voci debbano essere rendicontate, vengono, da un lato, illustrati “i criteri di rilevazione, valutazione e divulgazione delle
spese ambientali, degli oneri e rischi ambientali, nonché delle connesse attività, che derivano da operazioni e da avvenimenti che influiscono, o che potrebbero influire, sulla situazione e sui risultati finanziari dell'impresa interessata” ed individuate, dall’altro, il
tipo di informazioni ambientali che è opportuno registrare189.
In base a tale Raccomandazione e alle definizioni fornite dalla dottrina, il concetto di
spesa ambientale include tutti quei “costi sostenuti dall’impresa atti a prevenire, ridurre o riparare danni causati all’ambiente dalle sue attività operative, ovvero per conservare risorse scarse rinnovabili e non rinnovabili”190. Da una prima lettura, risulta evidente che a qualificare una spesa come ambientale non è, dunque, la sua natura, ma il fine per cui tale spesa è sostenuta. A confermare questo profilo vi è, senza ombra di dubbio, il comma 3 dell’art. 2 della stessa Raccomandazione secondo cui sono escluse dal concetto di spesa ambientale eventuali sanzioni o multe inflitte a seguito di violazioni della normativa ambientale e di indennizzi per i danni causati dall’inquinamento191: infatti, tali oneri
richiedono uscite monetarie a fronte di un “comportamento scorretto” tenuto dall’impresa senza, dunque, riconoscere le finalità della prevenzione e della riduzione dei danni ambientali.
189Art. 1 – Campo di applicazione,Raccomandazione della Commissione, n. 1495 del 30 maggio 2001 relativa alla
rilevazione, alla valutazione e alla divulgazione di informazioni ambientali nei conti annuali e nelle relazioni sulla gestione delle società
190 CNDC, Fondazione Aristeia, Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti, Investimenti ambientali, documento n.
4, giugno 2001, pag. 2
191Ai sensi dell’art. 2, comma 3 della Raccomandazione “i costi sostenuti a seguito di ammende o sanzioni inflitti per
infrazione della normativa ambientale e di indennizzi di terzi per la perdita o i danni causati dall'inquinamento ambientale del passato sono escluse da questa definizione, come si dirà al punto 6, lettera f), della sezione 4 del presente allegato. Benché siano connessi all'impatto delle attività dell'impresa sull'ambiente, questi costi non prevengono, riducono o riparano i danni causati all'ambiente”.
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Con riferimento alla quantificazione delle spese ambientali, queste possono essere destinate interamente a scopi ambientali oppure contenere soltanto una quota parte destinata alle finalità ambientali, il criterio più coerente, tra i tre individuati dalla dottrina192, risulta essere il Wholly and Exclusively Approach, conosciuto anche come
approccio del costo incrementale. In base a questo approccio, è possibile individuare e,
dunque, scindere all’interno del costo complessivo sostenuto dall’impresa, la quota di spesa ambientale sostenuta. L’utilizzo di tale approccio consente, pertanto, una perfetta coerenza con la definizione di spesa ambientale193. L’approccio globale ed il Wholly and
Exclusively Approach puro, invece, contrastano entrambi con il concetto di costo
incrementale: mentre il primo, infatti, rileva interamente l’onere sostenuto indipendentemente dal fatto che effettivamente tutta la spesa sia stata sostenuta per perseguire finalità ambientali con il rischio di fornire una valutazione esagerata; il secondo metodo considera ambientali solo gli oneri sostenuti da un’impresa per il perseguimento di finalità esclusivamente ambientali con il rischio di escludere alcune spese sostenute in parte anche al fine di ridurre l’impatto ambientale.
È possibile, inoltre, effettuare una discriminazione delle spese ambientali che, infatti, si distinguono principalmente in costi che direttamente od indirettamente producono
benefici ambientali e che, dunque, possono essere capitalizzati nel Bilancio d’esercizio in
quanto rientrano nella fattispecie dei cosiddetti investimenti ambientali, oppure in costi
di periodo o perdite che non possono essere capitalizzati in quanto non produttivi di utilità
futura, tra i quali vi rientrano il fondo recupero ambientale ed i costi per smantellamento,
ripristini e bonifiche ambientali. Quest’ultimi, inoltre, costituiscono le cosiddette
192 La dottrina ha, infatti, individuato tre criteri operativi di rilevazione e misurazione delle spese: l’approccio globale,
l’Wholly and Exclusively puro e l’Wholly and Exclusively Approach
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passività ambientali per cui, ai sensi dell’art. 3 della Raccomandazione, “dà luogo a rilevazione contabile quando si prevede che l'adempimento di un'obbligazione di carattere ambientale determinata da eventi passati comporterà un'uscita di risorse, alla quale corrisponderà un beneficio economico, e quando sia possibile quantificare in modo attendibile l'entità dell'obbligazione da adempiere”.
Tra gli investimenti ambientali, oltre ai costi sostenuti per l’ottenimento di certificazioni, le cui peculiarità verranno analizzate nel paragrafo seguente, quelli più significativi sono rappresentati dalle immobilizzazioni.
Il legislatore ha, infatti, definito come investimento ambientale “il costo di acquisto delle
immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424 c.c., primo comma, lettera B), n. II del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge”194. Da tale definizione appare evidente come ai fini della qualificazione di spesa ambientale, questa debba soddisfare la caratteristica dell’impatto ambientale migliorativo che si traduce, in base ad una lettura del primo periodo, in una prevenzione, vale a dire in una riduzione del rischio di danno ambientale, oppure in una riduzione della probabilità di danneggiare l’ambiente stesso o, addirittura, in una riparazione dei danni provocati precedentemente.
Relativamente, invece, alla possibilità di riconoscere la natura pluriennale dell’investimento è necessario prendere come riferimento i criteri generali, ponendo l’attenzione su alcuni profili. In particolare, ai sensi dello IAS 16 un onere può essere capitalizzato solo se è attendibilmente misurabile, oppure se dal suo sostenimento
194 Art. 6 comma 15, Legge 388/2000, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
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derivino benefici economici futuri per l’impresa195. Ai sensi dell’art. 3 della Raccomandazione, i costi ambientali devono essere capitalizzati qualora ricorrano le seguenti condizioni:
1. “se i costi sono stati sostenuti al fine di impedire o ridurre un danno futuro o conservare delle risorse
2. se costituiscono elementi destinati a servire durevolmente l’attività
3. se comportano futuri vantaggi economici. Tali vantaggi devono consistere in
vantaggi economici futuri di cui l'impresa dovrebbe beneficiare e che permettono di prolungare la vita, aumentare la capacità o migliorare la sicurezza o l'efficienza di altre attività dell'impresa (al disopra del loro rendimento valutato in origine); oppure in costi che riducono o impediscono la contaminazione ambientale che potrebbe essere causata dalle future attività”. In entrambi i casi
si fa riferimento ad un vero e proprio impatto ambientale positivo; tuttavia mentre nel primo periodo si fa riferimento ad un beneficio diretto, che non necessariamente si traduce in termini monetari, nel secondo si ha un beneficio indiretto sull’ambiente che si sostanzia non in nuovi profitti, ma solo in una potenziale riduzione od eliminazione di costi futuri.
Quest’ultima condizione distingue la posizione della Raccomandazione da quella del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti. In base alla loro interpretazione, sicuramente più restrittiva, infatti, i costi per essere qualificati come ambientali devono soddisfare la caratteristica dell’impatto ambientale migliorativo oppure, in alternativa, devono essere tali da produrre un beneficio netto sull’ecosistema rispetto alla situazione precedente.
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La visione più restrittiva del CNDC viene confermata anche con riferimento alla distinzione tra le spese obbligatorie e le spese volontarie. Infatti, mentre le prime non rappresentano secondo tale posizione spese ambientali in senso stretto e, dunque, non rilevabili se non connesse ad errori del passato196, dal momento che non comporterebbero il generarsi di benefici economici futuri, le seconde costituiranno sempre spese ambientali in senso stretto che dovrebbero essere sempre rilevate a Conto economico, qualora non sussista il requisito dei benefici economici futuri necessario alla capitalizzazione. Tale visione risulta, ancora una volta, in contrasto con la posizione della Commissione Europea che prevede che l’acquisto di impianti e macchinari per finalità ambientali, anche se imposto da leggi o regolamenti, deve essere capitalizzato sempre laddove siano soddisfatti i criteri per la capitalizzazione.
In merito al problema dell’individuazione della competenza e della capitalizzazione, esistono diverse opinioni, le quali sono riconducibili a due criteri:
• l’additional cost of future benefits approach, che consente di capitalizzare i costi sostenuti anche dopo l’acquisizione del bene qualora migliorino ambientalmente il cespite ed indipendentemente dall’incremento dei futuri benefici
• l’increased future benefits approach che, invece, prevede la capitalizzazione solo qualora si prevedano maggiori benefici economici di quelli attesi.
In base a questi due principi, la dottrina ha proposto criteri differenti di applicazione (figura 11) a seconda che si tratti di:
1. “spese ambientali volontarie
196 Qualora l’impresa abbia, infatti, sostenuto tali spese solo al fine di uniformarsi a leggi, regolamenti, contratti, ecc.,
queste non comportano il generarsi di benefici economici futuri. Devono essere rilevate, invece, come sopravvenienze nel caso in cui siano sostenute per riparare danni passati causati dall’impresa all’ambiente. In questo caso sono, dunque, considerati sempre di competenza dell’esercizio in cui vengono sostenute.
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2. spese ambientali obbligatorie per leggi o regolamenti vigenti, che si distinguono ulteriormente a seconda che si riferiscano o meno a danni ambientali
3. spese ambientali obbligatorie per leggi o regolamenti successivi al sostenimento delle spese stesse”197.
Figura 11. Schema di capitalizzazione delle spese ambientali in base ai due approcci individuati dalla dottrina.
Fonte: P. Cavicchi, A. Dalledonne, C. Durand, G. Pezzuto, Bilancio sociale e ambientale, IPSOA, anno 2003, pag. 210
Per quanto riguarda i profili di bilancio, la Raccomandazione espone all’art. 4 le informazioni ambientali che devono essere divulgate, qualora rilevanti per i risultati finanziari o la situazione finanziaria della società, all’interno dei conti annuali comprendendo, tra essi, sia lo Stato patrimoniale ed il Conto economico, che documenti di natura descrittiva quali la Nota integrativa, la Relazione sulla gestione e la relazione ambientale, ove redatta. Tale articolo deve essere letto tenendo di conto delle nuove disposizioni in materia di informativa non finanziaria198 con le necessarie integrazioni del
caso.
197 P. Cavicchi, A. Dalledonne, C. Durand, G. Pezzuto, Bilancio sociale e ambientale, op. cit., pag. 210 198 Si fa riferimento, in tal senso, al D. Lgs. 254/2016, approfondito ai paragrafi 2.1.2., 2.1.3. e 2.2.3.
Tipo di spesa
• Spese volontarie
•Spese obbligatorie per
leggi vigenti
• Spese obbligatorie per
leggi vigenti, relative a danni ambientali
• Spese obbligatorie per
leggi succcessive
Additional cost of future benefits approach • Capitalizzate anche se non
esiste la ragionevole certezza di maggiori benefici • Spesate nell'esercizio • Capitalizzate • Capitalizzate
Increased future benefits approach •Capitalizzate se esiste la ragionevole certezza di futuri benefici •Spesate nell'esercizio •Spesate nell'esercizio •Spesate nell'esercizio
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Nella tabella di seguito (tabella 6) vengono, dunque, riepilogate le informazioni che dovevano essere inserite in merito alle spese ambientali antecedentemente all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 254/2016. È necessario, pertanto, leggere tale tabella considerando che, laddove sia redatta e pubblicata la Dichiarazione non finanziaria, le informazioni ambientali richieste nella Relazione sulla gestione saranno inserite nel nuovo documento, in base a quanto previsto dal decreto.
Informazione da fornire Riflessi di bilancio
➢ Aspetti ambientali rilevanti per la situazione finanziaria dell’impresa: • strategia e programmi adottati nei confronti delle misure di
protezione dell’ambiente e della prevenzione per l’inquinamento
• miglioramenti apportati nei settori della protezione dell’ambiente • grado di attuazione delle misure di protezione ambientale
• grado di efficienza ambientale dell’impresa in termini di utilizzo dell’energia, dei materiali e dell’acqua, di emissioni e di smaltimento dei rifiuti
• richiamo alla relazione ambientale, se redatta e pubblicata
Relazione sulla gestione (annuale o
consolidata)
➢ Accantonamenti effettuati per passività ambientali nella voce “altri accantonamenti”
➢ Oneri ambientali, da iscrivere separatamente, se di importo significativo Stato patrimoniale ➢ Le sopravvenienze passive di ordine ambientale
➢ Accantonamenti effettuati per passività ambientali nella voce “altri accantonamenti”, se non capitalizzati ai sensi dello IAS 16
➢ Spese ambientali straordinarie Conto economico
• Descrizione dei metodi di valutazione applicate alle questioni
ambientali
• Spese ambientali straordinarie iscritte a conto economico • Iscrizione e dettagli della voce “altri accantonamenti” • Le sopravvenienze passive di ordine ambientale
• Una descrizione della natura e dei tempi di liquidazione per ogni passività ambientale di significativo rilievo
• Importo non attualizzato e tasso applicato per ogni passività per la quale è stato utilizzato il metodo dell’attualizzazione
• La politica contabile utilizzata per i costi di risanamento e
smantellamento
• L’importo delle spese ambientali spesate a conto economico • L’importo delle spese ambientali capitalizzate nel periodo di
rifermento
• Costi sostenuti a fronte di ammende e sanzioni inflitte per infrazioni alla normativa ambientale e di indennizzi versati a terzi
• Incentivi statali finalizzati alla protezione dell’ambiente che l’impresa ha già ricevuto o a cui ha diritto
Nota integrativa
Tabella 6. Riflessi di bilancio delle informazioni ambientali da fornire ai sensi dell’art. 4 della Raccomandazione
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