1.3 «Tutta quasi la letteratura converge al Dramma»
1.4. La Biblioteca Drammatica
L'interesse manifestato dal gruppo mazziniano nei confronti della tragedia fu all'origine di una serie di progetti che condussero alla nascita dell'«Italiano»146
.
Nella primavera del 1835, insieme ad Antonio Ghiglione e ai fratelli Agostino e Giovanni Ruffini, Mazzini decise di dare inizio alla pubblicazione di una piccola Biblioteca Drammatica147
: nelle intenzioni dei suoi curatori, questa collezione doveva assumere le forme di un «Corso Drammatico in azione» in cui, ai testi delle tragedie di alcuni autori francesi, tedeschi e inglesi, si sarebbero affiancati degli scritti teorici sul dramma (analisi critiche, biografie degli autori, discussioni), in linea con l'impianto metodologico del progetto culturale mazziniano che, unendo pratica e teorica, testi letterari e recensioni, mirava alla elaborazione di una critica militante che fornisse ai letterati gli strumenti necessari alla produzione della nuova letteratura
144 I testi pubblicati sul giornale, che hanno attinenza con il teatro, sono: la leggenda drammatica di Antonio Ghiglione, La testa mi trascina il cuore; il saggio di Mazzini, Sulla filosofia della musica, che si estende per tre fascicoli; l'altro testo di Mazzini, Della fatalità considerata come elemento del dramma; il primo atto della tragedia La colpa di A. Müllner, tradotta da Agostino Ruffini; due articoli di Gustavo Modena, uno sul teatro drammatico contemporaneo e un altro dedicato ai cantanti d'opera. In totale, quindi, si tratta di otto articoli.
145 E.J. [Giuseppe Mazzini],Della fatalità considerata come elemento del dramma, «L'Italiano», fasc. 3, luglio 1836, p. 149. Questo articolo riprendeva in parte la prefazione alla traduzione del Ventiquattro Febbraio di Zacharias Werner, che Agostino Ruffini aveva da poco tradotto e che fu pubblicato a Bruxelles nel 1838. Nella prefazione al Cromwell, Hugo aveva espresso un concetto analogo circa il ruolo centrale che la tragedia era destinata a occupare nella letteratura contemporanea, affermando tra l'altro: «C'est donc au drame que tout vient aboutir dans la poésie moderne». Il corsivo è nostro.
146 Per la ricostruzione di questa vicenda si è fatto ricorso soprattutto a una serie di testimonianze epistolari: Epistolario di Giuseppe Mazzini, in SEI; Carlo Cagnacci, Giuseppe Mazzini e i fratelli Ruffini.
Lettere raccolte e annotate, Porto Maurizio, Tipografia Berio, 1893; Lettere inedite di Giuseppe Mazzini ad alcune de' suoi compagni d'esiglio, pubblicate da L. Ordoño de Rosales, Torino, Fratelli Bocca, 1898; Dora
Melegari, La Giovine Italia e la Giovine Europa. Dal carteggio inedito di Giuseppe Mazzini a Luigi Amedeo
Melegari, Milano, Fratelli Treves Editori, 1906; A. Codignola, I fratelli Ruffini. Lettere di Giovanni e Agostino Ruffini alla madre, op. cit. Si veda anche Emilia Morelli, L'esilio di Mazzini e dei fratelli Ruffini,
Roma, 1990.
147 Sulla collezione drammatica si rimanda a Uberto Limentani, Un'idea prediletta di Mazzini, in «Pensiero mazziniano», IV (1949) e all'analisi fatta da Angiola Ferraris nel capitolo Giuseppe Mazzini e la
nazionale, come Mazzini dichiarava in una lettera a Melegari del febbraio del 1836:
Presto, se non pongono inciampi, ti manderò un Manifesto stampato in Genova d'una Biblioteca Drammatica, che riunirebbe pratica e teorica, ossia sarebbe una specie di Corso Drammatico in azione. - Si caccerebbero verità letterarie che potrebbero tradursi politicamente148.
A spingere il gruppo dei mazziniani alla realizzazione di questo progetto oltre a motivazioni di carattere ideologico (il dramma come genere appartenente alla letteratura sociale e come mezzo di propaganda politica) se ne aggiungevano altre, legate alla convinzione più volte espressa da Mazzini, secondo cui il dramma era il genere che meglio si prestava a favorire il tanto auspicato ampliamento del pubblico dei lettori: le trasformazioni sociali e l'evoluzione dei costumi ne facevano la forma letteraria più adatta a interpretare il gusto della giovane borghesia, e quello delle donne in particolare, categoria quest’ultima a cui era necessario che il sistema editoriale prestasse maggiore attenzione. Al fine di suscitare l'interesse di potenziali lettori e lettrici, inoltre, Mazzini giudicava essenziale che gli editori investissero sulla veste grafica, così da rendere le loro opere degli oggetti attraenti, poiché era convinto che il nuovo pubblico andasse conquistato anche sulla base di requisiti esterni alla qualità letteraria di quanto si pubblicava. Del resto, notava Mazzini, anche la critica straniera tendeva a emettere giudizi sulla produzione letteraria italiana a partire dalla qualità tipografica dei testi.
Nelle intenzioni dei mazziniani, la collezione doveva essere inaugurata dal Chatterton di Alfred de Vigny. Nei primi mesi del 1835, infatti, il gruppo mazziniano si era entusiasmato per quella pièce, di cui Ghiglione e Ruffini avevano assistito a una rappresentazione a Parigi149
. Non solo: è possibile che in quel periodo Ghiglione avesse fatto la conoscenza di Vigny, col quale in seguito dichiarerà di intrattenere rapporti di amicizia150.
148 Lettera di Mazzini a Luigi Melegari dell'1 febbraio 1836; Epistolario, IV, SEI, p. 227. Il corsivo è nostro. Per ulteriori approfondimenti sulla raccolta drammatica progettata dai mazziniani rimandiamo al cap. 4.2 di questo lavoro.
149 La prima del Chatterton era stata rappresentata a Parigi il 12 febbraio 1835. 150 Cfr. Appendice.
Subito dopo la rappresentazione del Chatterton, Agostino e Ghiglione ne avevano riferito in termini tali da suscitare l'attesa febbrile di Mazzini che, in una lettera alla madre del 20 marzo 1835, scriveva:
Aspetto con una certa impazienza un dramma d'Alfred de Vigny, che hanno rappresentato a Parigi e di cui la cugina che l'ha sentito mi dice miracoli151.
La rappresentazione del destino tragico del giovane Chatterton, descritta nel dramma di Vigny, sembrava compendiare in modo efficace l'essenza del pensiero estetico mazziniano: la sorte del giovane poeta talentuoso – che avrebbe voluto poter vivere della sua arte, ma era costretto dal bisogno a svendere il proprio ingegno a uno stuolo di voraci imprenditori, per poi soccombere e scegliere il suicidio – era un modello di dramma perfetto per Mazzini, per il quale ogni tragedia doveva racchiudere in sé il conflitto tra la legge generale dell'epoca e la legge universale dell'umanità152. Letto secondo queste categorie, il Chatterton di Vigny metteva in scena, dunque, la sconfitta della poesia (il principio morale universale) da parte dell'avido mercato editoriale capitalistico, che in quegli anni stava cominciando ad affermarsi (la legge dell'epoca). Si trattava di un tema che, come avremo modo di vedere nei capitoli che seguono, in quegli anni sarà al centro della riflessione di Mazzini.
Nel progetto dei mazziniani, dopo il Chatterton, i titoli che dovevano continuare la collana erano: Angelo, tyran de Padoue di Victor Hugo, il Ventiquattro Febbraio di Zacharias Werner, la trilogia schilleriana del
Wallenstein, il Werner di Byron e L'avola di Grillparzer.
Perché questa impresa potesse sperare di riuscire a decollare, il gruppo sapeva di poter contare sul sostegno di Filippo Bettini, l'Avvocato, che da Genova si era attivato per cercare un prestito, così da consentire la stampa dell'opera153
.
151 Epistolario, SEI, vol. III, p. 390. Con la «cugina», in questo caso, crediamo ci si debba riferire ad A. Ruffini.
152 Cfr. G. Mazzini, Del dramma storico, art.2, p. 46.
153 Vedi A. Codignola, I fratelli Ruffini. Lettere di Giovanni e Agostino Ruffini alla madre, op. cit., lettere dell'aprile 1835. Su Filippo Bettini, amico genovese di Mazzini, già collaboratore dell'«Indicatore Genovese», si rimanda al Dizionario Biografico degli Italiani, ad vocem.
Nella primavera del 1835, quindi, Mazzini, i due Ruffini e Ghiglione si misero all'opera e ciascuno si impegnò a tradurre una parte del Chatterton154
. Il lavoro fu ultimato nel maggio del 1835, ma per la stampa fu necessario attendere più di sei mesi: oltre ai ritardi causati dai controlli della censura, infatti, un'epidemia di colera esplosa quell'estate contribuì a rallentare la pubblicazione, che avvenne solo nel dicembre del 1835, per i tipi della Tipografia Arcivescovile di Genova.
Alla sua uscita, però, il gruppo si mostrò insoddisfatto del volume, soprattutto a causa della trascuratezza della veste grafica. Scrivendo a Bettini, Mazzini così se ne lamentava:
Si fa tutto male in Italia – ed anco le stampe s'hanno a far male? Paion minuzie, ma voi non sapete, che da un'edizionaccia italiana un feuilletoniste francese prende occasione di sentenziare la civiltà in Italia, e che i molti applaudono155.
Sarebbero stati necessari una bella carta e una maggiore attenzione ai caratteri:
Così facendo, bisognavan più spese; - ma il prezzo poteva porsi 4 franchi – 3 franchi di meno della francese – la edizione avrebbe trovati men sottoscrittori a Genova forse; ma più nell'altre contrade, nella Lombardia specialmente, dove le signore avrebbero voluto, anche a patto di non leggerlo mai, avere il Chatterton nella loro biblioteca: dove così, non ismercerete certo gran numero di copie – se ne sarebbero vendute a Parigi, dove ora è impossibile affacciarlo156.
Oltre a offrire l'occasione per l'esplicitazione di un programma di intervento culturale, quindi, la collezione drammatica poteva fornire
154 Si veda, tra le altre, la lettera che Giovanni Ruffini inviò alla madre l'1 aprile 1835: «Il [Agostino] va m'envoyer Chatterton à peine édité. En dix jours, nous devons l'avoir traduit, nous nous y sommes obligés, lui, Emilie [Mazzini] et moi, chacun pour un acte. J'ai réfléchi que Ponthenier était dans l'impossibilité de donner une réponse, car ça ne dépend pas de lui» (A. Codignola, I fratelli Ruffini, op. cit., vol. I, p. 257). Inizialmente Mazzini e i suoi si erano rivolti ad Antonio Ponthenier, l’editore- tipografo a cui si doveva la stampa dell’«Indicatore genovese», ma alla fine la scelta ricadde sun un altro editore.
155 Lettera a Filippo Bettini, del dicembre 1835. Cfr. Epistolario, in SEI, vol. IV, p. 173. La delusione di Mazzini e dei suoi fu tale che pensarono di mettere da parte il Chatterton per inaugurare la collana con l'Angelo di Victor Hugo, la cui traduzione era stata ultimata nel novembre del 1835.
156 Ivi, p. 174. Anche Giovanni Ruffini si era lamentato con la madre della qualità della stampa del
Chatterton, sempre avendo in mente le donne come lettrici ideali della raccolta: «Comment voulez-vous
que nos belle lettrées consentent à donner une place sur leurs toilettes à votre maigre et souffreteur volume?» (lettera di G. Ruffini alla madre del 25 novembre 1835, in Arturo Codignola, I fratelli
l'opportunità di un guadagno economico per l’organizzazione mazziniana, costantemente afflitta da problemi finanziari. A proposito dei progetti di quei mesi e dell'idea di pubblicare una raccolta di tragedie, Giovanni Ruffini scriveva, infatti, alla madre: «Nous faisons mille projets littéro- pécuniaires»157
.
A interferire con la prosecuzione del progetto, poi, sorsero nuovi ostacoli: nello Stato Pontificio la censura vietò la circolazione del Chatterton, perché giudicato immorale per apologia di suicidio; dopo mesi di attesa, infine, la censura del regno di Sardegna restituì la traduzione dell'Angelo mutilata da numerosi tagli158.
A seguito dell'accanimento della censura e visto che anche i fondi continuavano a scarseggiare, il gruppo decise dunque di sospendere il progetto159 per tentare un disegno di politica culturale di più largo respiro: se la pratica (le traduzioni) veniva ostacolata dalla censura, non restava allora che dedicarsi all'esercizio della teoria, attraverso la pubblicazione di quegli scritti teorici che nel progetto originale dovevano affiancare le traduzioni. Nacque così l'idea di creare una rivista dedicata alla letteratura europea (drammatica, ma non solo).