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Un'impresa italiana «sulle sponde della Senna»

1.3 «Tutta quasi la letteratura converge al Dramma»

1.9. Un'impresa italiana «sulle sponde della Senna»

Mentre in Italia, dopo i moti del 1831, la libertà di stampa era fortemente ostacolata e si assisteva ad un ulteriore restringimento degli spazi di espressione, che portò tra l'altro alla soppressione, nel 1833, dell'«Antologia» di Giovan Pietro Vieusseux, il più importante giornale italiano di quel periodo; la Francia della monarchia di Luglio garantiva l'esercizio della libertà di espressione, consentendo anche agli esuli di dar vita ad iniziative editoriali.229

Questa politica tollerante resisteva, pur tra limitazioni e revoche: in particolare, nell'agosto del 1835 l'attentato di Fieschi contro Luigi Filippo fu all'origine di una serie di misure restrittive, volte a rafforzare la sorveglianza della stampa da parte del governo, che portarono alla promulgazione di una legge che, oltre a rendere molto più severo il controllo sui periodici, faceva espresso divieto ai giornali stranieri pubblicati in Francia di trattare di questioni di carattere politico.230

                                                                                                               

228 Lettera a E. Mayer del 25 marzo 1836, vedi A. Linaker, La vita e i tempi di E. Mayer, op. cit., vol. I. p. 366.

229 Vedi anche quanto affermato da A. Galante Garrone, quando dice che «Nella Francia della Restaurazione, nonostante i rigori della polizia e le angustie della politica governativa, l'esule politico riusciva a inserirsi spontaneamente nell'ambiente a lui più congeniale, e a immedesimarvisi, qualunque fosse la sua provenienza sociale o culturale» (A. Galante Garrone, L'emigrazione politica

italiana del Risorgimento, in «Rassegna Storica del Risorgimento», 1954, p. 236).

230 «A la suite de l'attentat de Fieschi contre le roi (28 juillet 1835), attentat qui a bénéficié de complicités républicaines, le gouvernement fait voter les lois de septembre 1835 qui établissent la censure des spectacles publics, celle des dessins, des gravures, double le cautionnement des journaux, aggrave les sanctions contre les délits de presse, interdit de remettre en cause “le principe ou la forme du gouvernement”. Le nom même de “républicain” est désormais interdit» (Francis Démier, La France du

XIXe siècle. 1814-1914, Paris, Editions du Seuil, 2000). Vedi anche B. Deschamps, che accenna all'effetto

prodotto sull'«Italiano» da questi provvedimenti legislativi, che lo costrinsero a evocare «l'idea nazionale […] in maniera indiretta» (Bénédicte Deschamps, Echi d'Italia, La stampa dell'emigrazione, in

Storia dell'emigrazione italiana. Arrivi, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi, Piero Franzina,

Donzelli, 2002). Tra le altre conseguenze della nuova legislazione sulla stampa, va segnalata anche la soppressione del «Réformateur», il giornale diretto da François-Vincent Raspail, a cui collaborava anche Tommaseo. In una lettera alla madre del luglio 1836, circa il provvedimento contro la stampa messo in atto da Louis Philippe, Mazzini affermava che Metternich aveva chiesto a Thiers «l'anéantissement de la presse périodique: on l'aurait voulu positif et consacré par une loi; mais M.r Thiers a positivement répondu que cela n'était pas immédiatement possible: que les habitudes, les mœurs politiques et l'intérêt de la multitude d'écrivains, que les journaux font vivre, s'y opposaient: qu'il voulait bien prendre l'engagement d'user par adresse la presse périodique, parce qu'il en entrevoit les moyens, mai sinon celui de la comprimer légalement, parce que c'est d'une exécution impossible».

Per pubblicare un giornale, inoltre, la legge stabiliva il deposito di una cauzione, intesa come misura preventiva, volta a garantire il pagamento di eventuali ammende231, cosa che indirettamente limitava l'accesso alla stampa da parte di quanti non godevano di una rendita consistente. Ma come sappiamo Mazzini e i suoi potevano contare sulle disponibilità finanziarie di Accursi.

Presso le Archives Nationales di Parigi sono conservati due documenti inediti che ci forniscono una serie di informazioni precise sull'«Italiano»: si tratta della richiesta di pubblicazione del giornale presentata da Michele Accursi, e del conseguente Avis de publication d'un nouveau journal emesso dalle autorità francesi.

Nella dichiarazione, che risale al 19 aprile 1836, Accursi attestava che:

En exécution du dernier paragraphe de l'article 6 de la Loi 18 juillet 1828 sur les journaux et écrits périodiques, je soussigné Miche Accursi, avocat de Rome ayant l'intention de publier un journal littéraire en langue italienne fait la déclaration qui suit: Le journal aura pour titre « L'Italiano » (L'Italien). Il paraîtra une fois par mois. Le soussigné Michel Accursi est le propriétaire unique du journal et demeure Rue Clichy n° 25. Le journal sera imprimé dans l'Imprimerie Baulé et Jubin, rue du Monceau t. [sic] Gervais n° 8. Paris, 19 Avril 1836 Michel Accursi, Avocat. Rue Clichy n° 25.232

Quattro giorni più tardi veniva trasmesso al re l'avviso di pubblicazione del nuovo giornale, nel quale si ribadiva che esso sarebbe stato «uniquement consacré à la littérature».233

L'impresa, quindi, aveva ricevuto l'autorizzazione ed era finalmente pronta a partire. Benché Accursi fosse il proprietario unico del giornale, si trovò a dover spartire la direzione con Antonio Ghiglione che, rientrato a Parigi da pochi mesi, poteva svolgere questo incarico in rappresentanza del piccolo gruppo mazziniano da cui l'idea del giornale originariamente era                                                                                                                

231 Vedi Cristina Cassina, Idee, stampa e reazione nella Francia del primo Ottocento, Manduria, Lacaita, 1996, p. 11.

232 ANP, F/18/363.

233 ANP, F/18/363: «Au Procureur Gal. et au Procureur du Roi. Monsieur le Procureur Gal. (Mr. Le Procureur du Roi), j'ai l'honneur de Vous informer qu'en exécution du dernier paragraphe de l'articule b de la loi du 18 juillet 1828, le Sr. Michel Accursi, demeurant à Paris, rue Clichy n° 25, a déclaré à mon ministère, le 19 Avril, avoir l'intention de publier, comme seul propriétaire, un journal en langue italienne uniquement consacré à la littérature, le quel aura pour titre : L'jtaliano. Ce journal paraîtra une fois par mois et sera imprimé chez le Sr. Beaulé (Mr. Cavé)».

sorta e conservarne quindi la guida. La realtà effettiva di una duplice direzione, tuttavia, appare piuttosto controversa perché, se è vero che Ghiglione è formalmente riconosciuto come uno dei due direttori, nelle comunicazioni ufficiali Accursi rivendicava solo a sé la proprietà e la guida dell'impresa.

Prima dell'uscita del giornale, Accursi si era preoccupato di trovare una rete di librai che garantisse una buona distribuzione per l'«Italiano». In particolare, grazie a Tommaseo, era riuscito ad entrare in contatto con Vieusseux, che contava di poter associare all'iniziativa, fatto che avrebbe consentito al giornale di usufruire dell'appoggio di un'impresa editoriale dal prestigio riconosciuto, che intratteneva rapporti commerciali sia dentro che fuori dalla penisola, particolare questo non di secondaria importanza per favorirne la diffusione.

La posizione di Vieusseux nei confronti di questa nuova iniziativa editoriale promossa dagli esuli italiani a Parigi è descritta in una lunga lettera, inviata a Tommaseo nel marzo del 1836. Si tratta di un testo che è indizio delle aspettative che anche all'interno della penisola si nutrivano circa questo nuovo progetto e che mostra come Vieusseux fosse interessato non solo a prestare la sua collaborazione dal punto di vista tecnico- organizzativo, ma si proponesse soprattutto di esercitare un ruolo di indirizzo culturale sul giornale.

Quella di Vieusseux era la lettera misurata di un imprenditore culturale accorto, che ben conosceva tanto l'ambiente della stampa periodica, quanto la situazione politica in cui versavano gli stati della penisola e, prima di mettere le proprie capacità e la propria esperienza al servizio di questa nuova impresa, preferiva attendere per non arrischiarsi in un’iniziativa dall'esito incerto. Anche se al momento non intendeva accollarsi la sua distribuzione, tuttavia, Vieusseux affermava di valutare seriamente quell'offerta, anche perché l'idea di quel nuovo giornale faceva balenare in lui la speranza mai del tutto tramontata di dare un seguito all'esperienza dell’«Antologia».

Dapprima, quindi, voleva sincerarsi della serietà dell'iniziativa e dell’impegno da parte di chi la dirigeva; in un secondo momento, una volta che la sua solidità fosse stata appurata, l'altra sua preoccupazione era di natura eminentemente culturale: Vieusseux si interrogava, infatti, sull'identità di cui intendeva farsi portatore un giornale intitolato

«L'Italiano»: sarebbe stato in grado – si domandava Vieusseux – «“L'Italiano” trasferitosi sulle sponde della Senna» di resistere alle sirene della letteratura francese?

Se mi verranno fuora con delle letterature alla mode, con dello spirito alla Dumas, alla Hugo, alla Balzac; se scenderanno alla piccola polemica, alla personalissima, e se

saranno francesi vestiti all'italiana; si perderanno presto in quella voragine che ne ha

inghiottiti tanti.234

Con questo accenno a Dumas, Hugo e Balzac, Vieusseux prendeva di mira una corrente letteraria che nella sua analisi era riconducibile al campo delle «letture amene», un modello da respingere in toto in quanto assolutamente estraneo alla tradizione letteraria nazionale. Agli occhi di Vieusseux, infatti, il principale rischio da scongiurare era che i collaboratori dell'«Italiano» rinnegassero la propria identità, per lasciarsi condizionare dalla cultura d'oltralpe, fino a trasformarsi in «francesi vestiti all'italiana». Egli temeva che lo sguardo rivolto all'Italia da quanti si trovavano fuori dai suoi confini potesse essere sviato e viziato da mode e interessi estranei allo spirito che avrebbe dovuto animarli e che, prima di tutto, doveva essere alimentato dall'«amor della patria comune». Ciò che Vieusseux voleva, insomma, era un giornale italiano a Parigi.

Perché quel nuovo giornale potesse sperare di durare e di esercitare una positiva influenza culturale, a Parigi come in Italia, Vieusseux suggeriva che la linea editoriale si articolasse attorno a tre distinti nuclei di interesse: la realizzazione di seri studi storici, alla ricerca dei documenti italiani conservati nelle biblioteche parigine235; una serie di biografie dedicate agli italiani illustri del XVIII sec. («biografie rettificate»); e infine il terzo punto, a cui Vieusseux attribuiva una notevole importanza, consistente nella creazione di uno spazio dedicato all'analisi e alla discussione di quanto si produceva in Italia in campo non solo letterario, ma anche politico ed economico, in modo da aprire una finestra sulla penisola, da mantenere

                                                                                                               

234 Vieusseux a Tommaseo, Firenze 26 marzo 1836. Cfr. Carteggio inedito fra N. Tommaseo e G.P.

Vieusseux (1835-1839), a cura di Virgilio Missori, vol. I, Firenze, Olschki, 1981. Il corsivo è nostro.

235 L'interesse per gli studi storici – che all'interno dell'impresa di Vieusseux troverà compiuta espressione con la fondazione, nel 1841, dell'«Archivio Storico Italiano» – troverà spazio anche nell'«Italiano», dove un’apposita rubrica ospiterà interventi e analisi di natura storiografica.

aperta grazie allo spoglio sistematico della produzione a stampa italiana (i «quattrocento e tanti giornali che si pubblicano presentemente in Italia»).

Chiamato direttamente in causa da Vieusseux, circa due mesi più tardi, in qualità di proprietario e direttore del giornale, Accursi si rivolse personalmente all'imprenditore ginevrino, per illustrare la sua visione del giornale e chiedere il suo sostegno. Questo fatto ci è noto grazie ad una lettera inedita, risalente al 9 maggio 1836, conservata tra le carte di Tommaseo presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.236

Si tratta di un documento che ci aiuta a comprendere natura e scopi del giornale e che – al di là delle ragioni più o meno nascoste che lo muovevano – testimonia dello zelo con cui Accursi aveva assunto l'incarico che gli era stato affidato.

Dopo aver dichiarato che il giornale perseguiva un duplice intento, «il bene e l'onore dell'Italia», insieme alla finalità più pratica di offrire agli intellettuali italiani in esilio l'opportunità di esprimere la loro voce («creare un'utile occasione ai varj scrittori che sono all'estero»), Accursi sintetizzava così l'impostazione teorica del giornale:

Per me penso che un Giornale non debba essere una collezione d'opere d'arte, ma una collezione e dimostrazione de' teoremi che governano l'Arte: che vi debban bene essere lavori di fantasia, ma che questi debbon stare ad un Giornale come gli

entremets a un pranzo, e vogliano essere introdotti con parsimonia: che, onde un

giornale abbia voga, unico mezzo onde possa rendersi universalmente utile, convenga che i letterati possan dire “oh ecco un giornale come va!”. Ebbene l'Italiano, credo, sarà un giornale come va.

Con questa dichiarazione, Accursi non faceva che declinare l'assunto centrale nel progetto letterario mazziniano che, come sappiamo, assegnava alla critica il compito di tracciare il percorso che avrebbe dovuto condurre alla nuova letteratura sociale. Il gruppo intellettuale dell'«Italiano», insomma, rivendicava per sé un ruolo di indirizzo culturale, da compiersi attraverso l'elaborazione di una serie di scritti teorici con lo scopo di guidare i letterati, suggerendo loro le tendenze da seguire e quelle da respingere.

                                                                                                               

Con la sua lettera, inoltre, Accursi si preoccupava di rassicurare l'ex- direttore dell'«Antologia» circa la bontà dell'iniziativa degli esuli e per fugare ogni suo dubbio rispondeva punto per punto alle domande, alle osservazioni e ai suggerimenti che Vieusseux aveva formulato nella lettera a Tommaseo di un paio di mesi prima. In particolare, Accursi mostrava di far propria la raccomandazione di Vieusseux circa l'impostazione generale del giornale, che secondo il ginevrino doveva distinguersi in modo radicale dalla tendenza «amena» che caratterizzava la cultura francese contemporanea, per ricercare piuttosto la serietà e la profondità delle ricerche erudite della tradizione italiana («l'Italia tutta non desidera un giornale italiano per ridere, e fare, come si dice, una lettura amena», aveva scritto Vieusseux). Accursi, quindi, rassicurava l'editore dichiarando in modo netto che il suo giornale sarebbe stato un'«intrapresa seria, meditata, non polvere brillante» e, a riprova di quanto detto, proseguiva elencando brevemente gli argomenti di cui avrebbe trattato il suo foglio:

curerà la filosofia e la storia patria, si caccerà nelle biblioteche e ne estrarrà il bello sepolto de' nostri grandi; rivendicherà a questi la gloria di tanti pretesi nuovi pensamenti del giorno, in Telesio [,] Bruno, Campanella (...).

Quanto agli aspetti pratici e organizzativi, Accursi segnalava che, per dar conto della situazione della penisola, avrebbe fatto ricorso a una serie di corrispondenti italiani. Nella lettera non si fa menzione dei compensi previsti per i collaboratori, aspetto che invece stava particolarmente a cuore a Vieusseux che, per rispondere in modo adeguato alle trasformazioni che investivano il mondo della cultura, riteneva indispensabile favorire i meccanismi di professionalizzazione della figura dell'intellettuale.237

Per questo, egli considerava essenziale che ogni collaborazione fosse pagata e, anzi, scoraggiava i contributi a titolo gratuito, nella convinzione che, per funzionare, un giornale non potesse dipendere da collaborazioni volontarie,                                                                                                                

237 Si veda anche la raccomandazione che Vieusseux fa a Tommaseo, nella letteradel26 marzo: «Ma poi non siate dupe, e subito che le spese saranno assicurate, sappiate farvi pagare. Ne siano tutti persuasi quei signori, il giornale non prospererà che se gli interessati prima di pensare ai loro interessi penseranno a quei dei loro collaboratori, e se prima di ogni cosa non penseranno agl'interessi del pubblico, ed alla propria gloria». Sull'opera di organizzatore culturale svolta da Vieusseux, attraverso il Gabinetto di lettura e le riviste, si rimanda agli studi di U. Carpi, Letteratura e società nella Toscana del

Risorgimento. Gli intellettuali dell'«Antologia», Bari, De Donato, 1974; Id., Egemonia moderata e intellettuali nel Risorgimento, in Intellettuali e potere, in Storia d'Italia, Annali IV, Torino, Einaudi, 1981.

ma dovesse poter fare affidamento su un numero certo di contribuzioni, che come tali dovevano necessariamente essere retribuite.

Questa lettera, con cui Accursi presentava il giornale all'editore ginevrino, testimonia, dunque, la sua piena adesione al progetto culturale mazziniano, fondato su un'idea di critica militante, che trovava una sua sintesi nella dichiarazione, espressa in modo quasi perentorio, secondo cui «L'Italiano» non avrebbe dovuto essere «una collezione d'opere d'arte, ma una collezione e dimostrazione de' teoremi che governano l'Arte».

Diversamente dal suo precedente parigino, «L'Exilé», il cui interesse era rivolto al passato, allo scopo di ricostruire una storia della letteratura italiana; «L'Italiano» spostava il suo sguardo sul presente238

, per fornire agli intellettuali italiani gli strumenti teorici utili alla creazione di una letteratura nazionale che sapesse interpretare i bisogni della società attuale.